'Giorno. Se
volete potete saltare queste note e andare direttamente alla storia, ma
la capirete meglio se leggete.
Allora, questo
è il mio esordio nel fandom dei Bring Me The Horizon, era un
bel po' che volevo scrivere qualcosa ma fino a ieri notte non ho avuto
ispirazione.
La shot è ispirata ad alcuni dei problemi che ha avuto
Oliver. Bullismo, obesità, autolesionismo. (Problemi da cui
fortunatamente è riuscito ad uscire.)
Naturalmente l'immagine
che do di lui nella storia è del tutto di fantasia: non
posso sapere in che modo ha affrontato i suoi problemi, in quali
periodi della sua vita, i suoi comportamenti da ragazzino. Non posso
sapere se i testi delle sue canzoni sono ispirati a questi problemi,
è solo la mia versione non a scopo di lucro. Spero di non
aver trattato queste tematiche in modo stupido e indelicato.
Ho voluto immaginare che
scrivere canzoni fosse per Oliver come un toccasana, il suo modo per
sfogarsi, e che abbia continuato a farlo perché anche dopo
aver superato quei problemi ci sono momenti in cui non può
fare a meno di ricordare quello che ha passato. E quindi ha bisogno di
scrivere.
Spero che la storia vi
piaccia, a presto.;D
*
Anche stasera la penna è tornata ad
essere la tua migliore amica.
Sei seduto sul letto come al solito,
tra le mani fogli un po' stropicciati. Davanti a te, una parete
bianca, una finestra spalancata sul giardino che circonda la tua
casa. Lì fuori ormai si è fatto buio, il cielo
è una bellissima
tela d'inchiostro e la tua camera è illuminata solo dalla
soffusa
luce dorata di una piccola lampada.
È il tuo momento preferito della
giornata, quando sul mondo calano quelle ombre che per te sono
così
dolci, accoglienti, il rifugio sicuro per la tua mente che durante il
giorno trabocca di parole, parole fervide, parole che ti rimangono
bloccate sulla punta della lingua, parole che non sanno come uscire
fuori.
Ma ora è buio, è iniziata quella
benedizione o forse quella maledizione che ti permette di scrivere.
Scrivere, scrivere fino a consumarti la
mano, scrivere fino a sentire le dita doloranti. Ricordare e tremare
e combattere contro le lacrime. Imprimere la tua anima su un
qualsiasi foglio bianco.
Anche stasera la tua mano trema mentre
impugna la penna. La punta si poggia sulla carta immacolata e inizia
a tracciare lentamente le parole.
“Go out alive but with scars I can't
forget. This kid back in school, subded and shy, an orphan and a
brother unseen by most eyes.”
I tuoi occhi non vedono più la
finestra affacciata sul giardino. Vedono solo volti, volti di
ragazzini appena adolescenti. Le loro labbra sono piegate in una
smorfia, i loro sguardi derisori e sprezzanti ti perforano l'anima,
le loro risate prive di qualsiasi genuinità ti seguono
ovunque, le
loro mani ti afferrano per i polsi, ti strattonano, ti spingono.
“Sei
grasso da far schifo, Oliver.”
“Come diavolo ti vesti? Sei
ridicolo.”
“Non hai tutte le rotelle a posto, credo che
dovremo aggiustartele noi.”
Le loro voci ti sembrano così
dannatamente vive e presenti. Ti sembra di essere di nuovo quel
ragazzino timido che si ritirava nel banco in fondo all'aula,
desiderando solo di sprofondare ed essere invisibile, pregando che i
suoi compagni non lo vedessero, non lo notassero, non iniziassero a
parlare di lui.
Anni passati così, con le loro risate aspre nelle
orecchie, i vestiti troppo stretti intorno al corpo grassoccio, le
lacrime trattenute dietro gli occhi. Finché per la prima
volta in
vita tua non hai provato a scrivere una canzone.
Sei rimasto lì,
a fissare le parole impresse sulla carta con un senso di rivelazione
che ti apriva il cuore. Perché quelle parole erano un grido
nel
silenzio, parlavano di te meglio di quanto avresti potuto fare tu
stesso. Forse una penna poteva parlare meglio di te, per te.
Forse un giorno quelle parole sarebbero state accompagnate dalla
musica; perché la musica era l'unica cosa che ti dava la
forza di
tenere insieme gli allora fragili pezzi della tua vita.
Hai scritto,
scritto finché la mano non ti pulsava di dolore. E continui
a
scrivere ancora oggi. Perché i demoni di una vita si possono
sconfiggere e dimenticare, ma non spariscono mai veramente del tutto.
Mai.
“You say that you can save me, don't hope to ever find me.
Pray for the dead. Pray for the dead.”
Ti guardavi
nervosamente intorno, osservavi le persone intorno a te che ridevano
e parlavano e vivevano. Speravi che un giorno qualcuno potesse
distaccarsi da quella folla tutta uguale per avvicinarsi a te,
prendere la tua mano e salvarti; ma forse quel qualcuno non ci
sarebbe riuscito.
Non mentre il tuo
mondo interiore ti risucchiava sempre di più e tu ti
nascondevi, ti
nascondevi e innalzavi tra te e il mondo un muro di ghiaccio dietro
il quale nessuno avrebbe potuto trovarti.
“Heaven and hell live
in all of us.”
Un inferno dietro il tuo sorriso forzato, dietro
il tuo silenzio da angelo.
“I've said it
once, I've said it twice, I've said it thousand fucking times that
I'm ok, that I'm fine, that it's all just in my mind.”
Sto
bene, dicevi a tutti. Sto bene, è tutto nella mia mente,
dicevi a te
stesso davanti all'immagine che ti rimandava lo specchio, davanti a
tutta quella carne che doveva solo sparire, sparire, sparire. Ma il
tuo corpo era così disgustosamente reale. Reale come il
sangue
fresco che ti scorreva sul polso, la pressione della lametta contro
l'avambraccio.
“Every
second, every minute, every hour, every day... IT
NEVER
ENDS.”
Ti aggiustavi
meticolosamente gli orli delle maniche intorno ai polsi. Cercavi di
ignorare i ragazzi che ti additavano e ridevano. (“Maglione
in
estate, Sykes? Sei schizzato.”) Andavi avanti.
E ogni secondo
era una battuta sferzante dei tuoi compagni di classe, ogni minuto
era un ingombro come quel corpo che avresti voluto far sparire, ogni
ora era un nuovo rivolo di sangue, ogni giorno era un dolore
infinito. Che non terminava mai, mai, mai.
“Everything I
touch turns to stone so wrap your arms around me and leave me on my
own.”
Tutti sembravano abbandonarti e lasciarti da solo. Ma non
la penna, la tua migliore amica. L'unica che ti permetteva di
vomitare tutto quel dolore mentre nella tua stanza suonava un disco
dei Pink Floyd o di qualche gruppo metal e tu sedevi alla scrivania e
continuavi a scrivere.
“No one wants to
hear you, no one wants to see you, so desperate and pathetic.”
Scrivi
anche ora che sulle tue braccia non c'è traccia di un
graffio da
anni, ora che puoi guardarti allo specchio con un sorriso e non
temere il disprezzo da parte di nessuno.
Scrivi perché
ricordi. Perché quando cala la notte, la notte che ti culla
e ti
ispira, ci sono quei momenti in cui ti ritorna tutto in mente, senza
un motivo preciso. E non puoi fare nulla per scacciarlo,
così
afferri un foglio, scrivi e la penna torna ad essere la tua migliore
amica. Perché i demoni non spariscono mai veramente.
I tuoi
testi sono sempre più personali, più oscuri. Gli
altri ragazzi non
li capiscono, non fino in fondo. Credono che tu voglia semplicemente
un cambio di stile, mentre la verità è che ti
sembra più spesso di
affondare nei ricordi e hai bisogno di
sfogarti.
“I'm scared to get close and I hate being
alone...”
Eri solo. Eri spaventato. Ora non più, ora stai bene,
ma le memorie ti martellano il cervello e tu vorresti solo tremare e
piangere e urlare al mondo cosa hai provato veramente.
“I long for that
feeling to not feel at all. The higher I get, the lower I sink, I
can't drown my demons, they know how to swim.”
La tua mano
trema, traccia incerta le parole. I ricordi si mescolano nella tua
mente insieme a una tristezza e una rabbia che non ti appartengono
più, ma che in questo momento provi come se fossero
più vive che
mai.
E sai che il passato non si può mai veramente dimenticare,
che la notte è la tua benedizione e la tua maledizione, che
i lupi
saranno sempre alla tua porta ad aspettare la tua caduta.
Ma non
cadrai. Non questa volta.
Perché ci sono sprazzi di paradiso in
ogni giorno della tua vita, in ogni cosa che fai, nella tua voce,
nella tua musica, nei sorrisi dei tuoi amici, nell'amore che
provi.
Ed è questo che ora scrivi, come introduzione di una
canzone che forse chiamerai “Hospital for souls”, e
trovi
finalmente il modo di affogare i tuoi demoni.
Scrivendo della
speranza. Perché stasera la penna è la tua
migliore amica. E
neanche il più forte dei demoni può vincere in
eterno.
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