...LIEBE?
“C’è
speranza Sakura.
Stavolta…forse è arrivata la fine.”
La ragazza guardò stranita la donna che aveva appena
pronunciato quelle parole, ancora incredula, ancora certa di non avere
capito bene.
“Madre Tsunade…cosa…”
La badessa, solitamente sempre rigida e autoritaria, la
abbracciò stretta a sé; da quando era morto quel
suo amico, Jiraya, era diventata molto più emotiva ed
espansiva.
Ma stavolta c’era di più: Sakura la
sentì accarezzarle i capelli, dolcemente, e poi la frase che
la tramortì.
“Hanno liberato Parigi. La guerra sta finendo,
Sakura.”
Sakura aspettava quel giorno da ormai troppo tempo: pochi anni che
sulle spalle pesavano come secoli.
Lo sbarco degli alleati in Normandia aveva acceso in lei una speranza:
per la prima volta, aveva ricominciato a credere che
quell’orrore finalmente potesse finire.
La morte, il dolore, le persone che ogni giorni agonizzavano e morivano
tra le sue braccia; l’odore del sangue e dei corpi in
decomposizione erano ormai divenuti il suo incubo quotidiano.
La morfina un’alleata, le bende bianche che rapidamente
diventavano rosse, le provette con i sieri riconoscibili ad occhi
chiusi.
Gli occhi ormai gonfi a furia dei troppi pianti.
Ma la liberazione di Parigi stava ad indicare una cosa certa: Hitler
aveva perso, e gli Alleati vinto.
Guardò il camice logoro e macchiato, posandolo su un tavolo,
massaggiandosi le tempie.
Se tutto fosse realmente finito, forse ora avrebbe ricominciato a
vivere; ma si ricordava ancora la sua vita?
Aveva ancora senso parlare di una vita passata?
Due anni passati nella croce rossa avevano cancellato i ricordi di
tutto quanto vi fosse stato in passato: la guerra corrode e distrugge
ogni cosa.
Si guardò la mano, ormai priva di anelli: il pensiero
andò subito a Naruto, con rammarico.
La guerra li aveva divisi, il tempo annullato tutto quanto vi era tra
loro. Evidentemente troppo poco forte per sopravvivere a una
così dura separazione.
Non aveva rimpianti. Era lei che non aveva più risposto alle
lettere. Lettere che lentamente erano andate diradandosi, sparite poi
per un anno intero.
Fino all’ultima, ricevuta solo qualche giorno addietro: era a
Chicago, e aveva conosciuto una deliziosa ragazza inglese, cugina di un
suo
commilitone.
E Sakura aveva riposto con sollievo, per la prima volta dopo un anno:
sperava che fosse felice, e gli augurava ogni bene.
Lo pensava realmente. In fondo, lei gli aveva sempre voluto bene. Ma
l’amore…quello no.
Amare dopo due anni d’inferno come quelli. Impossibile.
Gli uomini per lei erano divenuti solamente corpi tumefatti, da
salvare, da curare, da strappare alla morte con ogni tentativo. I pochi
sani che vedeva erano soldati senza speranza, senza vita.
Una massa indistinta di volti anonimi.
Si sedette su una sedia, raccogliendo i capelli rosa in uno chignon
sfatto, cercando di cacciare d’istinto un repentino pensiero.
Solo una volta qualcuno ti aveva fatto battere il cuore.
Scosse la testa, mordendosi un labbro.
Non fare finta di nulla…un anno fa…e
chi, poi? Un
nemico…
Si alzò di scatto, facendo cadere alcune provette.
Ancora i ricordi di quel fatto, dannazione. E sì che era
stato solo un episodio.
L’incontro nel bosco con quel tedesco dagli occhi carbone.
Che tu hai salvato…e accudito per un
mese…altro
che episodio…
Sì, l’aveva salvato dalla morte. E quando
l’aveva consegnato, aveva come provato un assurdo senso di
perdita e smarrimento. L’aveva curato sapendo che era un
nemico e andava consegnato. E allora, perché si era sentita
tanto vile quando era giunto il momento?
I ricordi tornarono a tormentarla.
*
“Io…ti devo consegnare adesso. Lo sai.”
Aveva detto pallida e tesa guardandolo fisso negli occhi.
Sasuke aveva sorriso, gli occhi nerissimi quasi compiaciuti.
“Si sapeva. I patti erano questi. Tu mi curi, e poi mi
consegni.”
“Già.”
Lo fissava nervosa, fissava quel volto pallido, i lineamenti finemente
cesellati, i capelli ebano. Non aveva nulla di un tedesco.
Lui continuava a guardarla con quegli occhi profondissimi. Divertiti.
Che assurdo ragazzo, sta per morire e ride. Ma Sakura ormai era
abituata alla sua cinica ironia.
“Cosa c’è Sakura, ti sei affezionata a
un bastardo del genere?” le aveva chiesto sarcastico.
Lei lo aveva fulminato con gli occhi verdi, ignorando i forti brividi
intorno al corpo.
Quel mese che lui era rimasto al campo della croce rosse era stata
sempre lei ad occuparsi di lui, ogni giorno.
Gli cambiava le bende, gli controllava pressione, circolazione, gli
aveva personalmente dato i punti di sutura.
Quasi senza rendersene conto, cercava la sua vicinanza.
E per quanto non facesse che pensare al fatto che era un nazista, un
assassino…Beh, non lo aveva mai odiato. Neppure per un
istante.
Un assassino non aveva quella luce degli occhi così
malinconica. Non poteva essere così.
Glielo aveva chiesto, un giorno, il perché.
Perché uccidesse. Perché quella scelta.
Lui l’aveva fissata a lungo.
“Non sempre puoi decidere cosa fare della tua vita. Io mi ci
sono ritrovato, in questa guerra. E se nasci tedesco, le scelte sono
due.”
“Potevi schierarti contro Hitler e il regime” era
sbottata Sakura. Lui aveva amaramente sorriso.
“L’ho fatto. Hanno ucciso mio padre e mio fratello.
E non ho potuto nemmeno seppellirli. I corpi non sono mai
stati…ritrovati.”
Sakura aveva spalancato gli occhi. Lui aveva proseguito.
“Mia madre sarebbe stata salva a patto che servissi le truppe
naziste. Ed eccomi qui. Un giorno la rincontrerò, anche se
ormai…come potrebbe essere fiera di me?
Il perché servo Hitler, il fatto che detesti tutto questo
non mi rende più umano, sono pur sempre un assassino che
uccide. E pure codardo se vogliamo. Ma mia madre è il mio
unico legame, l’unica persona che mi resta. Se volevi sapere
il perché combatto…è questo.”
E Sakura era dovuta uscire, per non fargli vedere quando fosse scossa.
I singhiozzi che erano scesi a fiotti.
E adesso che lo stavano portando via, lui le stava chiedendo se si
fosse affezionata.
E lei aveva eluso la sua domanda, e poi l’aveva guardato
andarsene, accanto le due guardie inglesi giunte a portarlo via. Lui,
passandole accanto, aveva notato i suoi occhi lucidi,
l’espressione di chi si sforza di non piangere.
“Non mi farò uccidere così facilmente.
E…grazie, Sakura.”
Il giorno seguente, Sakura aveva saputo che un soldato tedesco prossimo
ad essere giustiziato era riuscito a scappare dal campo degli inglesi.
E in cuor suo, aveva sperato che fosse lui.
Anzi, aveva pregato.
Perché la risposta era sì. Si era affezionata.
Anzi.
Si era innamorata.
E al diavolo i suoi patetici discorsi sull’amore.
*
Turbata dai ricordi che quel giorno sembravano riaffiorare
così nitidi, si alzò per andare a controllare i
feriti, ma incontrò lo sguardo eccitato di Shizune,
l’altra infermiera che lavorava con lei.
“Sakura…grandi notizie! Pare che i nemici si
stiano man mano arrendendo, sono in arrivo da Parigi intere truppe dei
nostri soldati con a carico centinaia di prigionieri tedeschi! Vieni a
vedere, forza, passeranno da qui a breve!”
Si lasciò trainare fuori, la sua tenda che affacciava
direttamente sulla strada.
Era come aveva detto Shizune: i soldati inglesi marciavano a passo
spedito, i carro armati procedevano lenti e immensi.
I tedeschi erano ammanettati, camminavano fiacchi, un manipolo di
zombie.
La legge del contrappasso. Se qualcuno di loro si fermava, gli inglesi
li colpivano costringendoli a camminare, inveendo furiosi.
“Come on, fucking bastard!”
“Dirty shits!”
Americani, più che inglesi.
I tedeschi non parlavano, come se fossero automi.
“Spero che verranno barbaramente uccisi e trucidati.
Maledetti.”
Sussurrò Shizune livida di rabbia.
Sakura abbassò gli occhi. Altra violenza. Altre perdite.
Stavolta dalla parte dei cosiddetti “cattivi”,
ma…sempre vite umane che andavano a morte certa.
Guardò con occhi vacui il gruppo tedesco, tutti molto
simili: occhi celesti, lineamenti duri, marcati, capelli per lo
più chiari. Improbabile non riconoscerli.
E poi, tutto d’un tratto, lui.
Il cuore smise di batterle all’istante nel petto, non ci fu
dubbio riguardo a quello.
Sasuke.
Impossibile non notarlo, i lunghi capelli corvini che cadevano sul
volto esangue. L’aria fiera di sempre, nonostante tutto.
Era l’ultimo della fila.
Più alto e definito di quanto lo riguardasse, e con una
ferita che tagliava di netto la guancia destra. Un occhio era nero, e
il labbro sanguinava copiosamente.
“Sasuke…”
Il suo bisbiglio fu appena sussurrato, tanto che nemmeno Shizune
capì quanto detto.
E poi, Sakura iniziò a incamminarsi, veloce, senza pensarci,
il cuore impazzito, facendosi largo tra la folla accorsa a insultare e
lanciare sassi ai prigionieri.
Evitò per un pelo il colpo, e tra la confusione
riuscì ad avvicinarsi a lui.
Sasuke la riconobbe all’istante, e le iridi pece si
spalancarono.
Per una volta, lo sguardo sbalordito.
“Sakura…”
“Sasuke…”
Lui riuscì a sorridere amareggiato. Le parlò nel
suo inglese perfetto, la voce bassa e roca.
“Stavolta non mi è andata bene. Sono stato
catturato nei dintorni di Parigi, e questi non sono nemmeno i miei
compagni. Che fine indecente.”
“Zitto.”
Lui guardò sorpreso il suo volto sottile, gli occhi verdi
luminosi.
“Non parlare, ascolta e basta. Abbiamo pochi secondi prima
che mi raggiunga quel soldato grosso.” gli
sussurrò rapida e tremante. Sasuke
annuì, ancora incredulo.
“Sono tutti americani i soldati?”
“Si…qualche inglese, a dir la
verità.”
“Ti hanno sentito parlare? E intendo americani e
tedeschi.”
“Mi hanno picchiato troppo prima che potessi
parlare…meglio restare zitti, in certi casi. E no, qua non
c’è nessuno dei miei compagni. Nessuno sa chi
sono”
“Ok…Sasuke…sai il francese?”
gli chiese lei a bruciapelo.
Una speranza
assurda…flebilissima…eppure…l’unica
speranza che aveva per salvarlo.
La guardò stranito. Completamente sbalordito.
Ma, con suo enorme sollievo, annuì.
“Parfaitement, mademoiselle.”
Incredibile, aveva un accento perfetto. E con un po’ di
fortuna, quegli americani non avrebbe fatto troppo caso alla lieve
inflessione dura di fondo. Chi di loro conosceva il francese?
Deglutì. Ora o mai più.
In quell’istante la raggiunse alle spalle il soldato grosso e
nerboruto di poco fa, arrabbiatissimo.
“Ragazzina, che diavolo stai facendo con quel
“fucking nazi”…”
Sakura ispirò profondamente, e assunse
un’espressione irata. L’unico modo per farsi
rispettare da un soldato, era trattarlo rudemente e con aria sicura e
decisa.
“Damn it, ma non lo vedi che è
francese?! Cosa
fate, catturate gli alleati adesso? Questo ragazzo è stato
anche curato nel nostro campo medico”
Il soldato, un ragazzone alto, assunse un’ espressione
contrita.
“What’re you saying…”
borbottò con gli occhi socchiusi.
Sakura rivolse uno sguardo a Sasuke, che guardò il soldato
con acrimonia.
“Je suis francais, et pense que tu as confondu, mon
amì…* »
L’americano parve realmente costernato, e rivolse uno sguardo
interrogativo a Sakura. Non aveva capito molto di quanto detto dal
ragazzo moro, ma una cosa era quasi certa. Non era tedesco.
Sakura proseguì con aria severa, ignorando il cuore che
batteva all’impazzata.
“Non hai visto i capelli, la pelle, gli occhi? È
chiaramente francese, dico io ma come diavolo avete fatto a scambiarlo
per un tedesco…”
“Era…era in mezzo al altri nazisti…Li
abbiamo catturati in gruppo, ma…”
“Troppi intenti per controllare se magari non era un
prigioniero, eh?”
Sakura guardò di sbieco Sasuke: grazie al cielo che non
indossava la divisa.
Il soldato ora era realmente confuso.
“Io…forse è meglio che chiami il mio
superiore…”
“Oh certo, digli pure che hai catturato un innocente! Come
no, avrai una nota di merito. La tua carriera militare avrò
forte ascesa dopo questo episodio…”
E finalmente capì di aver vinto. Il ragazzo
deglutì, e le fece cenno di avvicinarsi.
“Portalo via veloce. E insomma…scusati in qualche
modo. Io…io non lo avevo nemmeno sentito parlare.”
Sakura disse qualcosa a Sasuke nel suo francese delicato e zoppicante,
e lui annuì. Guardò sorridendo
l’americano, il labbro ancora sanguinante.
“Merci, et…plus attention, là
suivant
fois…**»
Sakura trascinò via Sasuke, facendosi largo tra la folla,
portandolo verso la loro tenda. Non guardò Shizune negli
occhi, che ammirò con espressione interrogativa quel bel
ragazzo alto e ferito, non associandolo a nessuno che conoscesse. Per
loro fortuna, non aveva badato alla scena appena accaduta.
Sakura si fermò soltanto quando furono dentro, al sicuro. In
silenzio, ansante, si appoggiò alla parete, cercando di
riprendersi, il cuore che ormai rischiava di balzarle fuori dal petto.
Si toccò la fronte, bollente, e sentì le labbra
screpolate.
Non si voltò a guardare Sasuke, sebbene percepisse il suo
sguardo fisso sulla schiena.
Ma, prima, doveva assolutamente riprendersi, regolarizzare il suo
respiro.
Dopo alcuni minuti, finalmente si voltò, il volto
pallidissimo, i capelli aggrovigliati, la mani piccole e sottili
incrociate.
Sasuke continuava a fissarla.
“Sakura…ti rendi conto di quanto hai
fatto?”
Lei annuì, tremante. Sasuke, nonostante
l’apparenza lo mostrasse tranquillo, aveva la fronte madida
di sudore.
“Sakura…tu non
avresti…tu…”
“L’ho fatto. Ormai l’ho fatto. E se mi
chiedi il perché, io…io…non sopportavo
il pensiero che ti uccidessero…non potevo.”
Sakura si girò di nuovo, ancora scossa dai brividi.
Parlò con gli occhi fissi sulla parete bianca.
“Io ho salvato tante vite. E sono quella che la gente
definirebbe, in teoria, altruista. Sai cosa c’è,
Sasuke?”
Si girò di nuovo verso di lui, mordendosi un labbro.
“Per la prima volta in vita mia, voglio essere egoista.
Voglio pensare a me, e non avere rimpianti. E se questo significa
salvare un nemico, mettermi nei guai, rischiare la morte, rischiare una
possibile estradizione…rischiare tutto…Beh,
è quello che voglio. E tu…tu sei
l’unica cosa che vorrei al mio fianco, maledizione.”
Cercò di girarsi ancora, troppo debole per continuare, ma la
mano ferma di lui la bloccò.
Costringendola a guardarlo.
“Sakura.”
Lei alzò lo sguardo verso l’alto, incrociando gli
occhi scuri, intensi.
Sasuke la abbracciò, prima incerto. E poi stringendola
forte, il primo contatto umano che avesse…quanti anni erano,
ormai?
Quanto tempo era passato?
“Damm madchen…”***
sussurrò
lui, accarezzandole i capelli, la schiena, aspirando il suo profumo.
E finalmente Sakura scoppiò a piangere, il viso contro il
suo petto, le braccia esili che gli cinsero le spalle, frementi.
E stettero così, stretti, per minuti. O forse ore.
Dimentichi dell’esterno, dimentichi della diversa
nazionalità, dimentichi dei propri passati.
Semplicemente, uniti.
Semplicemente, loro due.
* sono francese, e mi sa che ti sei confuso, amico mio…
** grazie, e….più attenzione, la prossima volta
*** dannata ragazzina
Liebe vuol dire amore. In tedesco, naturalmente.
Allora, questa piccola one-shot nasce come spin off di
"Feind...?",
contenuta
nella raccolta di bambi88, "Memories of the last war".
L'ho letta, me ne sono innamorata, ho creato questa. Consiglio
vivamente a tutti di leggere la raccolta, e in particolare la
sasu-saku. Questa shot, quindi, è tutta merito tua, Robi.
Non sarebbe nata se tu non avessi scritto la tua!
Sei meravigliosa sempai!
Spero sia piaciuta, è sicuramente inusuale, ma devo dire che
mentre scrivevo avevo ben suggellate le immagini...il che
vorrà dire che può anche risultare plausibile:-)
Ah, e se qualcuno si chiedesse come era il rapporto di Sakura quando
stava ancora con Naruto prima della guerra...beh, andate a leggere oggi
stesso la spin off di Kaho_chan: merita tantissimo,
come li descrive
lei non c'è nessuno, garantito!
Anche se, cara Leti, alla fine Sakura finisce con
Sasuke:-)...vabbè, punzecchiatura ihih.
Vi saluto sperando vivamente che sia piaciuta,
la vostra fidata Camilla
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