Autore: weeping_ice/kaos3003
Beta: appletree (chiesto dopo la chiusura del contest)
Pairing: Remus Lupin/Fabian Prewett
Rating: verde
Genere: generale, malinconico
Avvertimenti: pre-slash, morte di un personaggio minore
Lunghezza: 3087 parole (LibreOffice count)
Note Autore: partecipa al contest "Scegli un colore che giochi a tuo favore"
per cui, tra un virus orribile e impegni grossi, ho consegnato una cosa
terminata all'ultimo minuto, fortuna che la cara Mela è venuta in mio
aiuto e ha sistemato la storia (io ti adoro ragazza, lo sai). La storia
si figura come prequel di "Equazione di una sera ubriaca risolta in un'alba marina".
La notte non era quieta, per nulla, ma
in fondo forse era meglio così: quella giornata non si sarebbe mai
adattata ad una tranquilla nottata di campagna, come quelle che ben
conosceva fin da bambino. Fuori dal suo rifugio il vento faceva
sbattere le imposte e la pioggia scrosciava impunemente, tanto che
l'indomani al risveglio sicuramente avrebbe ritrovato il giardino
ingombro di foglie e rami e, con ogni probabilità, sarebbe stato
costretto a ripulirlo.
Be', a voler essere sinceri,
probabilmente avrebbe preferito qualsiasi cosa al dover rimanere in
quella casa più a lungo. La battaglia di quella mattina non l'aveva
solamente sfinito fisicamente e fra quelle mura non c'erano solo le sue
ferite da rimarginare.
Fabian aspirò a fondo l'aria umida e
profumata d'erba, agitando appena la bacchetta di fronte a sé; una
lieve fiammella scaturì dalla punta, illuminandogli il volto e le dita.
Fortunatamente non c'era uno specchio in quel capanno, non avrebbe
sopportato di rivedere così presto le sue ferite... sua madre aveva
pianto tanto per quelle ferite, terrorizzata dall'idea di perdere il
suo 'dolce ragazzo'... ma sua madre aveva pianto ancora di più per
Gideon in seguito, e ora c'era la vecchia Mizzy, inconsolabile.
Che ironia, pensò, agitando ancora la
bacchetta e facendo traballare la fiamma. Mizzy era venuta per
consolare sua madre, certa del peggio per suo fratello, e ora... come
si erano scambiate velocemente i ruoli, anche se probabilmente entrambe
maledicevano Silente e quella sua idea dell'Ordine della Fenice per
aver strappato loro una così 'brava ragazza'.
Se solo avessero saputo la verità su Eloise, ma in fondo a chi in quella casa interessava la verità.
Per questo, se fosse stato possibile,
Fabian sarebbe rimasto nascosto lì dentro per molto, molto tempo, e che
andassero pure al diavolo tutti quelli che lo chiamavano donnicciola,
ma, com'era facilmente prevedibile, il fato non sembrava essere dalla
sua parte.
Così, quando la porta del capanno si
aprì, maledì mentalmente Merlino, Morgana e soprattutto Gideon, che
purtroppo per lui, lo conosceva troppo bene e sapeva esattamente dove
mandare la gente per cercarlo.
La figura che si stagliava sulla porta
non si mosse per qualche minuto, quasi stesse analizzando la miseria in
cui il giovane Prewett si era rifugiato, dopo il casino di quel giorno.
Evidentemente doveva essere veramente troppo chiedere un po' di
tranquillità e di tempo per pensare.
La debole fiamma che danzava sulla
punta della sua bacchetta illuminava appena il volto del nuovo
arrivato, mettendo in risalto le cicatrici e le ferite che lo
costellavano. Quasi per pudore, Fabian agitò appena il braccio,
cercando di non colpire le cataste di legna alle proprie spalle, e
accese la piccola lanterna sul soffitto, prima di mormorare il contro
incantesimo e riporre la bacchetta nella tasca interna del soprabito.
“Che Merlino sia dannato, allora quel
pazzo aveva ragione,” sbottò infine il visitatore, entrando e
sbattendosi la porta alle spalle. “Gideon era sicuro che ti avrei
trovato qui.”
E come volevasi dimostrare c'era
quell'idiota di suo fratello dietro a tutto. Se non fosse stato in
condizioni tanto precarie, probabilmente Fabian avrebbe colto
l'occasione per dimostrare che persino lui sapeva picchiare, e forte.
Cavoli, e lui che sperava che quel
tempo inclemente e gli avvenimenti della giornata avrebbero recluso
tutti in casa. Peccato che sua madre sapesse essere veramente una
figlia di Banshee e, certamente, aveva fatto di tutto per convincere
Lupin ad uscire e venirlo a cercare.
Sospirando, evidentemente esausto,
Remus si lasciò cadere accanto a lui, infilando immediatamente la mano
in tasca. Così vicino Fabian poteva vederlo tranquillamente afferrare
ed estrarre un fazzoletto macchiato di sangue.
Per Merlino, non avrebbe assolutamente voluto rivederlo, non così presto.
Rabbrividendo, si strinse nel leggero
soprabito. Avrebbe dovuto prendere qualcosa di più pensante, visto che
il temporale non accennava a smettere, ma era praticamente fuggito di
corsa dalla casa, afferrando la prima cosa che gli fosse capitata a
tiro, ritenendosi fortunato per non aver preso qualcosa della madre o
di Molly.
“Lupin?”
“Tua madre sta ancora cercando di
consolare quella povera donna,” sbottò questi. “Madama Chips e la
McGranitt pensano che lo shock sia stato troppo grande per lei.”
Non che Fabian ne dubitasse, ma,
sinceramente, da una parte era sollevato non fosse sua madre quella a
piangere disperata, quella sera: quegli angoscianti momenti mentre
Madama Chips controllava Gideon gli sarebbero bastati per tutta la
vita. E che questo facesse pure di lui una persona orribile agli occhi
del mondo, in fondo era qualcosa a cui era fin troppo abituato.
Per Merlino, si sentiva così vecchio in questo momento.
“È stato un duro colpo per tutti,”
mormorò, sistemandosi la sciarpa intorno al collo. Le sue dita
sfiorarono appena le bende appena sistemate e Fabian le ritrasse in
fretta, quasi si fosse scottato, tremano leggermente. “Abbiamo subito
molti colpi oggi.”
“Già,” convenne Remus, stringendo il fazzoletto fra le dita. “Oggi abbiamo rischiato grosso.”
Fabian annuì, massaggiandosi
distrattamente quella bendatura che gli copriva metà del volto,
cercando di abituarsi alla sua presenza e grattando le piccole croste
che ne costeggiavano il bordo. Madama Chips aveva praticamente esaurito
i propri rimedi in quelle settimane, ma, con un po' di fortuna, quel
maleodorante impacco avrebbe fermato la maledizione, lasciandogli
solamente una lunga cicatrice. Non che a Remus importasse, e Fabian
questo lo sapeva fin troppo bene, ma forse ora sarebbe riuscito a
distinguerlo da Gideon.
La pioggia continuava a scrosciare,
battendo sul tetto del capanno e sulle piccole finestre, facendole
quasi tremare con la sua forza, e scuotendo le fronde della vecchia
acacia del giardino. Entro qualche ora, le assi di quel piccolo rifugio
avrebbero sicuramente impregnato i loro abiti con il loro odore di
muffa, mentre le schegge del legno economico già graffiavano loro la
schiena attraverso le camicie leggere, ma qualsiasi cosa era meglio che
rientrare in casa, almeno per lui.
Accanto a lui Remus sospirò,
abbandonandosi pesantemente contro la parete. Sotto la debole fiamma
della lanterna le sue occhiaie e il volto scavato e stanco si notavano
come non mai, segno che l'ultima luna piena non doveva essere stata una
passeggiata, ed esausto, Fabian fece scorrere velocemente lo sguardo
dal suo volto teso alla sua mano artigliata a quel vecchio fazzoletto
sporco di sangue, lo stesso sangue che gli macchiava leggermente le
dita e gli abiti, prima di afferrare nuovamente la bacchetta e,
ruotando velocemente il polso, far apparire due figure di fumo dinnanzi
a sé.
Le due figurine sembravano indossare
due cappotti dall'aspetto pesante e, ad un lieve cenno della sua mano,
cominciarono a danzare, quasi pattinassero su del ghiaccio, sollevando
e muovendo i piccoli piedi sfumati d'azzurro e verde.
Molti lo giudicavano un incantesimo da
vecchie streghe, e con ogni probabilità lo era, ma gli aveva sempre
dato una certa tranquillità osservare quei piccoli danzatori,
soprattutto in notti come quella, quando gli unici suoni erano il
bubbolare dei gufi durante le loro consegne, i tuoni impietosi e la
pioggia incessante. Era stata sua nonna, l'unica che non cercasse
costantemente di cambiarlo, ad insegnargli quel trucco per divertirlo;
se ci ripensava, poteva ancora sentire il profumo di lavanda e limoni
che riempiva ogni giorno il suo elegante soggiorno, facendolo sentire
completamente a casa e al sicuro, e le sue mani, così morbide che gli
carezzavano i capelli, mentre facevano giocare quei piccoli sbuffi di
fumo sul bordo dorato delle preziose tazze da tè che conservava nella
credenza, appartenute alla loro famiglia per generazioni e normalmente
esposte solo nelle occasioni speciali.
La nonna aveva sempre avuto un debole
per lui, più che per Gideon, lo preferiva perfino a Molly, che in
famiglia tutti adoravano senza riserve; se oggi fosse stata ancora tra
loro, probabilmente il suo cuore si sarebbe fermato per l'ansia e le
paure che quei tre scapestrati dei nipoti le davano.
Certo, loro erano andati così vicini a
non tornare, ma ora era lì, in qualche modo. Purtroppo Eloise non era
stata così fortunata.
Nella furia della battaglia non erano
nemmeno riusciti a recuperarne i resti e l'ultima cosa che avevano
visto, mentre scansavano maledizioni e fatture, era stato il suo corpo
dato alle fiamme e Bellatrix ridere isterica. Gideon aveva cercato di
lanciarsi su di lei, fortunatamente senza riuscirci.
Per Merlino, quegli istanti sembravano
essere durati un'eternità. Fabian aveva sentito il cuore scoppiargli,
quando quell'idiota di suo fratello si era lanciato, praticamente senza
pensarci, davanti alle bacchette dei Mangiamorte nel vano tentativo di
recuperare qualcosa della ragazza o, forse, vendicarla.
Se non fosse che ora era bloccato a
letto con le gambe completamente bruciate, probabilmente lo avrebbe
ucciso con le proprie mani per avergli dato i primi capelli bianchi
avanti tempo. Non aveva visto che tutto ormai era praticamente inutile?
Ormai Eloise era andata...
Le luci della casa erano ancora accese
e dal camino si levava un leggero fumo. Di fronte a lui i due piccoli
esseri danzavano ancora leggeri, sfiorando appena con le punte dei
piedi le assi sconnesse del pavimento.
Eloise era andata e sua zia Mizzy
piangeva; lui e Gideon erano a casa e loro madre aveva smesso di
piangere. Nonostante tutto lui continuava a sentirsi completamente
svuotato.
Remus sedeva accanto a lui, gli occhi
chiusi, completamente immerso nei propri pensieri, il che forse era un
bene: conoscendo i suoi amici, probabilmente lo avrebbe deriso a vita
per quel vecchio incantesimo.
Forse avrebbe dovuto prestare più
attenzione a quanto gli accadeva intorno, forse... forse aveva
semplicemente voglia che accadesse da tanto, troppo tempo.
Il suo sguardo era ancora fisso sui
movimenti ipnotizzanti dei ballerini, un passo a sinistra, due a destra
e una piroetta, quando si sentì sbattere contro la parete. L'impatto
quasi gli tolse il fiato, facendogli serrare gli occhi con forza e le
schegge del legno gli graffiarono brutalmente la schiena, perfino
attraverso il soprabito e la camicia leggera.
Piccole luci gli danzavano innanzi e
con fatica Fabian cercò di aprire gli occhi, schiarendosi la vista
annebbiata. Remus era praticamente sdraiato su di lui, il volto premuto
contro il suo collo, il naso affondato fra le sue ciocche. Sembrava
quasi lo stesse... fiutando?
“Lupin?”
La risata bassa di Remus vibrò contro
la sua pelle, facendogli rizzare i peli sulla nuca. “Sai, mi sono
sempre chiesto se fosse vero quello che si dice delle rosse,” mormorò
in tono basso, quasi gutturale. Fabian sperò non fossero i denti quelli
che lo stavano graffiando e che quell'idiota non lo stesse veramente
leccando. “Certo, non sei una ragazza, ma quelli come te si avvicinano
abbastanza, no?” lo stuzzicò, ridendo della sua espressione. “Non ti
incazzare, anche Gideon lo pensa, non ho forse ragione?”
E forse era stato nominare suo fratello
quella sera, o forse semplicemente l'avergli ricordato gli smalti e i
collant che quell'idiota gli aveva regalato per Natale insieme a quel
calendario pieno di streghe praticamente nude, ma Fabian lo colpì alla
mandibola con un pugno, togliendoselo di dosso, facendolo cadere
disteso sul pavimento.
Per Circe, Morgana e Serpeverde,
sentiva il cuore scoppiargli e il suo pene non era rimasto certo
indifferente alla vicinanza dell'altro. Ora doveva solo sperare che
Lupin non si fosse accorto delle sue reazioni o non avrebbe avuto pace.
Lupin... il ragazzo era ancora disteso
a terra, apparentemente incosciente. Merlino, doveva essere impazzito
completamente, pensò, risistemandosi la sciarpa e la camicia, eppure
era stato tutto così improvviso... per Morgana, si era scordato che la
luna piena fosse così vicina.
Remus si stava lentamente mettendo a sedere, poggiandosi contro la parete e massaggiandosi la parte dolorante.
“Per le mutande di Merlino, credo tu mi abbia spaccato qualcosa.”
“Nulla che un semplice incantesimo non possa riparare, bambinone,” lo derise. “Ma quanto hai bevuto?”
“Non molto, a dire il vero. Cielo, hai
veramente un sinistro niente male,” borbottò, abbandonandosi nuovamente
contro la parete e richiudendo gli occhi. “Perdonami, il lupo non è
così facile da controllare in questo momento.”
E Fabian respirò a fondo per calmarsi e
alzò appena le spalle, pensando che, sì, poteva essere una buona scusa
e con una tacita richiesta di ignorare l'accaduto, tornando a
concentrarsi sul suo incantesimo.
I due ballerini sparirono in un'ultima
piroetta e il ragazzo tornò per un attimo a fissare fuori dalla
finestra la casa della sua famiglia. “Credi che la vecchia Mizzy sia
ancora dentro?”
Remus aprì lentamente gli occhi, quasi
lo sforzo fosse troppo grande al momento per lui. La sua presa sul
fazzoletto si fece più disperata, quasi nient'altro quel giorno potesse
ancorarlo alla realtà, e si portò le ginocchia al petto.
Attraverso gli strappi sui calzoni e
sul fianco, Fabian riusciva ad intravedere la sua pelle e le ferite che
Madama Chips aveva guarito appena pochi minuti prima. Remus aveva
insistito per essere l'ultimo quel giorno a ricevere cure mediche,
osservando attentamente i membri dell'Ordine succedersi davanti
all'infermiera di Hogwarts, tendendosi particolarmente quando veniva il
turno dei suoi amici.
Black se l'era cavato con poco, sempre
che un'ustione sull'intero torace potesse definirsi 'poco', ma per
Potter le cose erano andate decisamente peggio.
Già, ormai c'era solo da sperare che prima o poi quell'idiota riuscisse ad alzarsi dal letto e camminare nuovamente.
La pioggia continuava a scrosciare
violenta e i tuoni ormai si facevano sentire forti e prepotenti, mentre
i lampi illuminavano il capanno e il giardino. Fabian poteva
intravedere da sotto la porta i piccoli gnomi affannarsi per
raggiungere le proprie tane, trascinandosi appresso pesanti rametti e
ghiande trovate qua e là. Lui e Gideon avrebbero dovuto occuparsi
insieme di quei fastidiosi parassiti, esattamente come avevano sempre
fatto, ma ora probabilmente mamma e Molly lo avrebbero costretto ad una
disinfestazione in piena regola appena il temporale si fosse calmato e
il prato non fosse stato un lago di fango.
Non che la cosa normalmente non lo
infastidisse, ma oggi... be', forse era solo grato di poter salire al
piano superiore e poterlo rinfacciare a quell'idiota di suo fratello,
magari senza vederselo cadere d'innanzi con i pochi brandelli di stoffa
appiccicati alla carne sanguinante, mentre urlava per il dolore.
L'immagine di Gideon era ancora così
viva, così... destabilizzante, che lo scatto che fece Remus per alzarsi
lo fece quasi cadere di lato, rischiando di finire su un vecchio
rastrello.
“Lupin?”
“Avrei dovuto esserci io,” mormorò,
stringendo nel pugno il fazzoletto. Con i denti digrignati e quell'aria
feroce, Remus gli ricordava terribilmente il lupo mannaro che aveva
appena intravisto quasi un mese prima, quando, stanco per i troppi
segreti, lo aveva spiato su quella spiaggetta di Fife, proprio mentre
si trasformava.
Vedere la pelle che si tendeva al
limite, mentre i muscoli e le vene sotto minacciavano di strapparsi da
un momento all'altro, lo aveva terrorizzato, semplicemente pietrificato
dietro la roccia che aveva usato come nascondiglio, facendogli
rimpiangere l'idea di averlo seguito di nascosto fino a lì. Fino a quel
momento, non aveva mai provato una sensazione tanto annientante ed
intensa, ma ora forse poteva equipararla a quel terrore cieco, che
qualche ora prima gli aveva impedito di correre in aiuto del suo stesso
fratello.
Fabian rimase in silenzio, lasciandogli il tempo di raccogliere le idee.
“Avrei dovuto esserci io vicino a
quella roccia,” continuò Remus, la voce ridotta a uno stridulo
gracchiare. “Stavo combattendo contro Malfoy, Bellatrix avrebbe dovuto
colpire me, ma sono caduto,” mormorò, come se ogni sillaba gli costasse
troppo sforzo. “Sono caduto, come un perfetto idiota, ed Eloise si è
dovuta gettare su Malfoy mentre James... James ha dovuto dimostrare per
l'ennesima volta di essere l'eroe Grifondoro che tutti si aspettano.”
E quello che successe subito dopo,
Fabian non lo avrebbe mai immaginato. Un secondo prima Remus si agitava
come un lupo selvaggio in gabbia, il minuto dopo sembrava preda della
depressione più nera.
“Per le mutande di Merlino, Lupin, e io
che speravo che 'quei tuoi giorni' fossero ormai finiti,” ridacchiò,
alzandosi e scuotendosi la polvere e la terra dai calzoni. “Ti prego,
dimmi che non dovrò correre a Diagon Alley per comprarti Cioccorane e
Api Frizzole. E sappi che non ho intenzione di guardare uno di quegli
stupidi film d'amore sulla campagna francese solo per assecondare i
tuoi ormoni sballati.”
Be', patetico come tentativo per
alleggerire la tensione, ma a qualcosa doveva essere servito, a
giudicare dal sorriso beffardo di Lupin.
Remus infatti abbassò la testa, ridendo
lentamente e Fabian si trovò a chiedersi se avesse sempre avuto quelle
piccole rughette agli angoli degli occhi.
“Ti prego, fa che non ti senta Sirius,”
mormorò, passandosi una mano sul volto. “Quell'idiota non aspetta che
un valido motivo per sfottermi a vita.”
“L'ennesimo motivo, vorrai dire,”
ribatté Fabian. “Ormai comincio a pensare che tu voglia sinceramente
rubarmi il posto di 'migliore vittima per le battute'.”
“Prewett, tu sarai sempre un passo
avanti a me nella scala di Sirius,” lo rimbeccò Remus, cacciando in
tasca il fazzoletto. “Forza andiamo, credo che tua madre presto manderà
qualcuno a cercarci.” E con questo uscì dal capanno.
Fabian rimase lì per qualche minuto,
prima di lasciarsi scappare un sospiro di sollievo e mettersi a cercare
la propria bacchetta. Chissà dove l'aveva lanciata...
“Bene bene, non posso dire sia una bella visione, ma meglio di niente, immagino.”
Perfetto, quale modo migliore di
concludere la nottata dell'essere sorpreso alle spalle da quell'idiota,
mentre era a quattro zampe sul pavimento.
Lentamente Fabian si rialzò,
rinfoderando la bacchetta in una tasca interna del soprabito. “Black,
cosa ho fatto di male per attirarti qui?” chiese, alzando lo sguardo su
di lui.
Il ragazzo lo fissava derisorio. “Nulla, passavo di qui...”
“Bene, allora ti lascio continuare la
tua passeggiata,” lo interruppe bruscamente, superandolo e dirigendosi
a passo svelto verso la casa.
Era quasi arrivato quando Black urlò il suo nome. “Prewett!”
Fabian si voltò. Black era ancora
accanto al capanno e lo osservava, stavolta con espressione seria.
“Domani Remus partirà per Fife. Sai, il suo piccolo problema peloso,”
lo informò, spostando appena la terra con la scarpa. Il temporale
sembrava calmarsi e l'aria fresca della sera gli solleticava il naso.
“Sai, io e James potremmo non riuscire ad andare a prenderlo fra
qualche giorno. Forse dovresti andarci tu.”
E Fabian avrebbe voluto chiedergli se
fosse pazzo o, semplicemente, volesse nuovamente prendersi gioco di
lui, ma Sirius continuò senza farsi troppi problemi. “Remus può essere
un po'... ingenuo, credo, a volte, ma è un bravo ragazzo. Dovresti
dargli qualche piccola spinta nella giusta direzione.”
E Fabian rise a quell'idea: Black lo stava praticamente accasando con uno dei suoi migliori amici.
La pioggia era ormai cessata e l'aria
fresca scuoteva leggermente le fronde. I gufi e le civette sorvolavano
ancora il giardino, lanciando i loro striduli richiami. Sì,
probabilmente sarebbe andato a Fife a recuperare quell'idiota: in
fondo, aveva sempre adorato il mare. |