Titolo: Troppi sotto un tetto
Autore: weeping_ice/kaos3003
Fandom: Supernatural
Pairing: Castiel/Dean
Personaggi: Dean W., Sam W., Castiel, Crowley, Samandriel
Genere: fluff
Raiting: verde
Avvertimenti: spoiler season 8, slash, mommy!Dean
Riassunto: dopo il finale della season 8, Dean deve prendersi
cura di una famiglia disastrata.
NA: colpa di sepherim_ml
che mi bulleggia per farmi scrivere queste cose. Amuuuuur, hai visto
che l'ho pubblicata <3?
Quando gli angeli
avevano cominciato a cadere, Dean aveva previsto sarebbe stato un
disastro e che loro vite sarebbero state più incasinate di prima, ma
mai aveva immaginato qualcosa di tale proporzione: incendi continui
in ogni città degli Stati Uniti, i giornali erano pieni di pazzi
invasati che urlavano di un'apocalisse mancata e di un dio disperso,
omicidi agli angoli delle strade... be', un aumento degli omicidi,
per alcune zone, e in tutto questo loro non riuscivano a dormire una
notte intera da... non ricordava nemmeno quanto tempo, ormai gli
sembrava una vita.
Aveva sperato che
almeno quella sera fosse diverso, ma evidentemente qualcuno lassù lo
odiava veramente tanto.
“Per l'amor del
cielo, Dean, fallo smettere!”
Dean sbuffò,
alzandosi a fatica dal letto, per quella che doveva essere la decima
volta quella notte. Sam si stava coprendo le orecchie con il cuscino
pur di non sentire il vagito del bambino nella stanza accanto. Da
quando lo avevano portato lì Dean non aveva più trascorso una notte
nella splendida camera che si era costruito, preferendola una delle
altre stanza che fosse più vicina alla cucina e all'uscita, e Sam...
be', non capiva perché, ma Sam lo aveva seguito di buon grado,
assecondando l'istinto iperprotettivo del fratello, che da quando
aveva interrotto il rituale lo aveva voluto sempre avere sotto gli
occhi.
“Cazzo!” imprecò
con voce impastata il maggiore dei Winchester, passandosi una mano
sugli occhi, cercando di svegliarsi. Non avrebbe mai pensato di
ridursi a fare la mammina borghese... be', magari non proprio
borghese, ma mammina lo era diventato senz'altro.
E non ci sarebbe
voluto molto perché anche quel piccoletto cominciasse a parlare e lo
chiamasse mamma, soprattutto con Sam in giro che non smetteva di
deriderlo.
La sveglia segnava
appena le tre del mattino, ma quella piccola peste non sembrava
intenzionata dormire, quindi tanto valeva alzarsi, risolvere
qualsiasi dramma stesse inscenando e provare a dormire, almeno per i
prossimi dieci minuti. Avrebbe dovuto ascoltare il consiglio di Sam e
portare la culla nella loro stanza, almeno si sarebbe risparmiato il
fastidio di doversi alzare ogni volta.
Imprecando ancora,
Dean uscì Con passo traballante dalla stanza ed entrò nella camera
accanto, cercando di non sbattere contro lo stipite e di evitare la
piccola mensola con libri e peluche che Sam aveva insistito per
mettere appena oltre la porta.
“Cristo, ma non
dormi mai?”
“Piange più di
prima. Non credo gli piaccia sentir nominare il nome di Dio invano.”
E il cacciatore
avrebbe sorriso a quella scena, se non fosse stato tanto incazzato
con Castiel per il casino che aveva fatto e se fosse riuscito a
chiudere occhio per più di dieci minuti di fila.
Di fronte a lui
quello
sfigato in trench reggeva fra le braccia il piccolo fagotto urlante e
scalciante, cercando di cullarlo, avvicinarselo al petto, tenere la
testa nell'incavo del gomito e camminare lentamente allo stesso
tempo, tutto con scarsi risultati. Il volto era segnato da occhiaie
profonde e il passo era quanto mai malfermo, segno di quanto
quell'idiota avesse bisogno di una buona notte di sonno.
Cristo, avrebbe
dovuto
togliergli il piccolo Alfie dalle grinfie, prima che quell'angelo
imbranato lo lasciasse cadere.
Divertito, e
spaventato, se doveva essere onesto, dalla scena, Dean si avvicinò.
“Cass...”
“Credo soffra ancora
per la Grazia,” spiegò questi, porgendogli il bimbo. Anche se non
lo voleva dare a vedere, si notava la gratitudine per essere stato
liberato da quel peso. “Questo bambino non sarebbe mai dovuto
nascere, ma è una fortuna che la sua anima non fosse ancora ascesa
al paradiso.”
E questo Dean non
avrebbe mai voluto sentirselo dire. Era già difficile immaginare un
mondo pieno di angeli incazzati che si impossessavano di poveri
bastardi adulti, ma che questo fosse successo anche ad un neonato...
Dean si strinse
inconsciamente il piccolo al petto. “Vuoi dire che...”
“Senza Grazia non
abbiamo bisogno che l'anima del tramite rimanga dentro il corpo,”
cercò di rassicurarlo Castiel. “Quell'infante era senza colpa,
probabilmente sarà già nel suo paradiso.”
E questo, in tutta
serietà, lo faceva sentire decisamente meglio. Occuparsi di un
bambino non era semplice, non con il disastroso gruppo che si era
nascosto in quel bunker, l'ultima cosa di cui aveva bisogno erano i
sensi di colpa che un casino simile avrebbe potuto portargli.
In braccio a Dean il
piccolo sembrava essersi un poco calmato e ora il suo petto era
solamente scosso da leggeri singhiozzi, mentre guardava il cacciatore
con due enormi occhi colmi di lacrime, protendendo appena i pugnetti
per toccargli la mascella e la bocca, cosa che faceva ogni volta che
aveva fame.
Be', decisamente
avrebbe potuto essere suo figlio, visto l'appetito.
“Dean...”
“Sembra che il
piccolo pozzo senza fondo abbia nuovamente bisogno di essere
riempito,” rise questi, poggiandosi il piccolo sulla spalla e
battendo leggermente la mano tra le scapole del piccolo per
confortarlo. Chissà perché spesso immaginava di veder spuntare due
piccole ali tozze e azzurrine su quella schiena. “Non è vero,
Alfie?”
“Il suo nome è
Samandriel...”
“Cass, non intendo
dare gli incubi al moccioso con quel nome,” lo interruppe Dean,
dirigendosi a passo spedito verso la piccola cucina
dell'appartamento, seguito a ruota dall'amico, facendo rimbalzare
leggermente il bambino sul suo braccio. “Inoltre, solo tu lo chiami
così. Alfie sarà decisamente più...”
“State ancora
discutendo sul nome?”
E be', a quel punto
la
famiglia era veramente al completo. Quando entrarono trovarono
infatti Sam e Crowley seduti al tavolo della cucina, ciascuno con una
tazza di caffè di fronte a sé e l'aria sfinita. Dean era sicuro che
da qualche parte vicino alle gambe del tavolo un cerbero stesse
scrutando lui e il piccoletto urlante come fossero un prelibato
pasto, specie dopo che Crowley era stato svegliato dal suo sonno di
bellezza... be', magari solo lui avrebbe fatto parte del prossimo
piatto di croccantini, in fondo era stata sua l'idea di portare lì
quel piccolo angelo e Crowley, d'altra parte, era stato costretto ad
adeguarsi dalle circostanze.
Da quando avevano
interrotto quel rito, il demone non era mai stato in grado di
recuperare i propri poteri e ora si spostava con loro... be', più
per una questione di sopravvivenza che altro, immaginava, ciò non
toglieva che, quando volesse, fosse un ottimo baby-sitter, perfetto
soprattutto durante le poche cacce che Dean ancora intraprendeva.
Alfie si stava
protendendo leggermente verso il demone, probabilmente attirato dalla
cravatta rossa, e Dean dovette sistemarselo meglio fra le braccia per
bloccarlo. Ci mancava solo un cerbero che provasse a masticare
quell'angelo in miniatura. “Davvero? Caffè?”
“Il tuo marmocchio
non ci lasciava dormire,” lo derise Crowley, massaggiandosi le
tempie. “Comunque perfetto tempismo, mammina, l'alce qui presente
ha scaldato del latte,” terminò, bevendo una generosa sorsata del
caffè.
Cristo, pensò Dean a
quella frase, tenendosi stretto il fagotto scalciante al petto. Se
quell'idiota non avesse smesso di chiamarlo mammina entro le prossime
ore, Dean non si sarebbe più ritenuto responsabile delle proprie
azioni.
Ad ogni modo doveva
sfamare Alfie e prima l'avesse fatto, prima sarebbe potuto tornare a
dormire, quini, sbuffando, si avvicinò ai due. Che Sam si fosse
alzato era veramente una novità, che avesse preparato un biberon
poi...
“Potevi farlo tu,
visto che Sam non è ancora in forze.”
“Lo so,” rispose
sarcastico Crowley. “Privarmi dei miei poteri è stato un enorme
sacrificio per voi. Mi viene da piangere.”
Be',
per Sam lo era stato, ma l'idea di vedere quell'idiota completamente
inutile, rigettato dal suo stesso regno non poteva non farlo
sorridere.
Il demone bevette
un'altra sorsata di caffè. “Odio questo schifo,” sbottò tra
varie smorfie che fecero ridere il bambino.
“Be', abituati,”
rimbeccò Dean, avvicinandosi alla piccola credenza e afferrando il
biberon. Purtroppo era ancora troppo caldo per il mostriciattolo e
dovette cominciare a scuoterlo per raffreddarlo. “L'ultima volta
che hai toccato il whisky ho dovuto raccogliere i tuoi abiti dal
tetto.”
E almeno a quel punto
il demone ebbe il buon gusto di rimanere in silenzio. In fretta
trangugiò quanto era rimasto nella propria tazza e uscì dalla
cucina, con somma gioia di Dean.
Purtroppo la cosa non
poteva durare troppo. Castiel era ancora sulla soglia, apparentemente
indeciso sul da farsi e Dean sbuffò per l'ennesima volta quella
notte continuando a scuotere leggermente il biberon. “Cas, diamine,
intendi rimanere sulla soglia ancora per molto?”
“Diamine?”
E no, Sam aveva
appena
fatto la domanda sbagliata. Non era stata certo un'idea di Dean
quella di controllare il linguaggio intorno al bambino: lui e Sam
erano cresciuti fra cacciatori ubriaconi e, ad essere onesti, erano
venuti su quasi decentemente, ma Castiel era stato irremovibile
sull'educazione che il piccoletto doveva ricevere, per evitare di
disturbare la sua Grazia, o qualche altra stronzata simile.
Cristo, forse aveva
ragione Crowley (e gli costava ammetterlo) ma 'adottare' un angelo
non era stata una dello loro trovate migliori.
Castiel era ancora
appoggiato allo stipite, immobilizzato, quasi l'immagine di Dean con
quel bambino appoggiato sulla spalla l'avesse ipnotizzato.
“Cass, te lo
ripeto...”
Ma Dean non dovette
terminare la frase. In un momento Castiel era entrato nella cucina e,
oltrepassato Sam senza degnarlo di uno sguardo, aveva afferrato una
sedia, facendo poi segno al cacciatore di sedersi.
Ok, questo negli
standard di Dean Winchester era decisamente strano ed inquietante. Da
quando erano arrivati al bunker, Castiel cercava in ogni modo di
farsi perdonare: faceva la spesa, ricordandosi ogni volta delle
riviste, e Dean era tanto certo non le approvasse da poter quasi
scommettere l'Impala, e della crostata, puliva quanto più poteva
e... be', si occupava di Alfie quelle poche volte che il poppante non
reclamava la presenza e le attenzioni esclusive del maggiore dei
fratelli Winchester.
Dean abbassò e scosse
la testa. Sam aveva ragione: prima o poi avrebbe dovuto perdonare
quell'angelo sfigato, perfino dopo il disastro che aveva combinato.
“Cass...”
“Preparo qualcosa
per la colazione,” mormorò questi, mentre il cacciatore si sedeva,
cercando di non scuotere troppo il piccolo perché non ricominciasse
a piangere. “Il commesso aveva la crostata, doveva solo cercarla.”
Be', almeno avevano
la
crostata ed era una consolazione, anche se misera. Mentre Castiel si
avvicinava alla macchina del caffè, Sam ridacchiava.
“Sam...”
“Scusa, amico,”
rispose a fatica tra le risate. “Sul serio? Diamine?”
“Sai per caso dirmi
quando questo coso comincerà a parlare?” mormorò, riferendosi al
bambino che ora gli tirava il collo della maglietta. “Non ho
intenzione di spiegare ad insegnanti o mamme del parco perché un
bambino così piccolo impreca. E per l'amor del cielo Castiel,
sbrigati con quel caffè.”
Non che volesse
necessariamente maltrattarlo, ma non dormiva da troppo, il mondo era
sull'orlo di una nuova Apocalisse e aveva bisogno di una doccia.
Sam guardò per un
attimo l'angelo, prima di riportare lo sguardo sulla porta da cui il
demone era uscito e infine sul fratello. “Continuo a dire che è
stata una pessima idea portarcelo qui.”
“Chi, Mister
Pannolino Sporco o il Re Scaricato dall'Inferno?”
“Non saprei.
Entrambi?”
Già, Sam non aveva
tutti i torti: portare angeli e demoni nel bunker non era stata una
delle trovate più geniale di Dean, eppure non aveva potuto farne a
meno, non con quel piccoletto.
Merda, Crowley aveva
ragione: era una mammina.
Dopo quella che parve
un'eternità il latte si raffreddò abbastanza e Dean poté
avvicinare la tettarella alla bocca del piccoletto che, in un lampo,
vi si attaccò con foga.
Nel salone vicino i
macchinari e i radar suonavano ancora all'impazzata, mentre mille
luci sul planisfero si accendevano ad intermittenza, segno che gli
angeli stavano ancora cadendo a poco a poco, e per un po' quello fu
l'unico rumore che si poteva sentire nei corridoi e nelle stanze.
Samandriel continuava
a bere dal proprio biberon, comodamente adagiato tra le braccia di
Dean, mentre Castiel, alle spalle del cacciatore, osservava il
piccolo e gli accarezzava le braccia.
Sam osservò per un
po' la piccola scena, prima di tossire leggermente, evidentemente a
disagio, e ritirarsi velocemente nella camera da letto, seguito dallo
sguardo penetrante di Castiel.
“Samuel non sta
bene.”
E Dean sarebbe
veramente scoppiato a ridere per la continua ingenuità di
quell'angelo, se non avesse avuto un bambino in procinto di
addormentarsi fra le braccia. Samandriel stava ancora bevendo, ma i
suoi occhi sembravano sempre sul punto di chiudersi, mentre le
piccole mani allentavano pian piano la presa.
“Non lo metto in
dubbio,” mormorò, poggiando il biberon sul tavolo e portandosi il
piccolo sulla spalla per fargli fare il ruttino. “Ma credo che al
momento fosse solo imbarazzato.”
E sì, anche
l'espressione perplessa di Castiel lo faceva ridere, di quei tempi.
Sicuramente quell'idiota avrebbe combinato altri disastri e
probabilmente il mondo sarebbe stato per molto tempo sull'orlo di una
crisi, eppure l'incapacità di quell'angelo sfigato di comprendere le
minime espressioni umane sarebbe sempre stato un motivo per
perdonarlo.
Samandriel si stava
addormentando fra le sue braccia e Dean si alzò, deciso a riportarlo
nella sua cameretta. Se qualcuno lassù lo avesse assistito, forse
sarebbe riuscito a dormire per qualche ora.
“Già, gli capita se
un angelo gioca al 'fattorino della pizza' con suo fratello,”
spiegò divertito, uscendo dalla cucina. “Anche se, non ricordo che
in quei film il fattorino diventasse papà.”
Be', non ricordava
proprio bambini, ma magari il riferimento avrebbe fatto capire a
Castiel che, forse, era ora di trascinarlo nel letto più vicino.
Crowley su questo
aveva proprio ragione: erano proprio una famiglia disastrata, eppure
Dean non l'avrebbe cambiata con nulla al mondo. |