Note:
Questa
brevissima storia è ambientata nella 03x10. È
l'unica scena fra
Tyrion e Sansa, in pratica. Ho francamente il timore di essere andata
OOC con Sansa, perché quella disgraziata non mi sta mai sui
binari
giusti e mi fa sempre di testa sua.
Il
tordo beffeggiatore, lo ricordo per chi non ha la fissa per Petyr
Baelish come la sottoscritta e giustamente non se lo ricorda,
è il
simbolo del sopracitato Littlefinger.
Ora,
e questo mi sa che è importante, questa fan fiction
è assolutamente
tratta dal telefilm, ma io ho anche letto i libri, quindi
c'è il
rischio che qualche elemento mi sia involontariamente sfuggito. Nel
caso, vi sarei grata di farmelo notare. (:
*
Il
Nord non dimentica
Si
fermò sull'uscio e si voltò per guardare il
pallido profilo della
giovane moglie.
«Sansa»
ripeté lentamente. «Io non--».
«Non
mi importa. La guerra è finita e re Joffrey ha
vinto» fu la gelida
risposta della ragazza. Girò il viso rigato di lacrime verso
di lui
e piegò le labbra in una fredda smorfia tirata.
«La mia famiglia ha
tradito la corona. Un Lannister paga sempre i propri debiti».
«Joffrey
non è un Lannister».
Sansa
non era mai stata una ragazza stupida. Ingenua e vanitosa,
sì, ma
mai stupida. E il suo sorriso affettato nascondeva una
malignità che
Tyrion non aveva mai visto sul suo viso innocente, che non avrebbe
mai desiderato vedere.
«Voi
lo siete».
Dovette
usare tutte le proprie forze per non sfuggire davanti al suo sguardo
accusatore. Dacché la conosceva, Sansa Stark aveva sempre
misurato
ogni lacrima versata. Piangeva con la stessa rigida educazione con
cui si muoveva fra i corridoi della Fortezza Rossa, silenziosa e
assente come le statue di pietra che un tempo avevano ornato le tombe
dei suoi antenati.
Non
erano i soli occhi di Sansa. Erano gli occhi dell'intero Nord, era il
pianto feroce di un intero popolo tradito e fatto a pezzi da suo
padre.
"Il
Nord non lo dimenticherà" aveva avvisato suo padre, ma lord
Tywin aveva sogghignato alla luce danzante delle candele con profonda
soddisfazione. E Sansa, la candida Lady Sansa costretta a sposarlo,
stava gridando senza emettere alcun suono.
Tyrion
sapeva che non avrebbe mai dimenticato il suo sguardo.
«Non
è il vostro perdono che sono venuto a cercare, Sansa. Non ho
alcun
diritto di pretendere da voi tale privilegio. Ciò che
è accaduto è--».
«Lord
Tyrion» lo interruppe fiacca lei, volgendo ancora lo sguardo
al di
là della finestra. «Vi ho detto che non mi
importa».
«A
me importa, Sansa. Ho visto il disgusto e la rabbia sul
volto di chiunque io abbia incontrato». "L'ho visto sul volto
del mio stesso padre", pensò. «Ma vederli impressi
sul vostro
mi sta uccidendo».
Sansa
sollevò una pallida mano e si asciugò delicata la
guancia umida.
«Sul
vostro collo c'è una testa ben salda, mentre su quello di
mio
fratello Robb ora ondeggia la testa del suo meta-lupo. A me sembrate
ancora piuttosto vivo, lord Tyrion».
Tyrion
chiuse gli occhi e si massaggiò provato le tempie. Si
domandò cosa
mai avesse sperato di poter risanare quando era tornato indietro e
aveva deciso di non ignorare il dolore di Sansa. Scrutò la
linea
morbida della sua schiena attraverso le dita, osservò la
durezza del
suo volto fissare immobile la linea dell'oceano all'orizzonte.
«Robb
non avrebbe alzato un solo dito durante il matrimonio di Joffrey e
Margaery» riprese con tono più vago e distante
lei. «Robb sarebbe
stato un sovrano migliore».
«Chiunque
potrebbe essere un sovrano migliore di Joffrey».
«Non
voi. Voi sareste peggio di chiunque altro».
Per
Tyrion fu come rivivere il dolore della battaglia delle Acque Nere,
il volto squarciato, la testa rotta e dolorante e il fango nel viso,
fra i denti, nel naso mozzato... tutto il dolore di un'intera
battaglia rinchiuso in una sola frase. "Oh, Lady Sansa... solo
uno stolto dimenticherebbe che siete una fanciulla del Nord".
Suo malgrado, Tyrion si ritrovò ad arricciare le labbra in
un
sorriso amaro.
«Io
mi fidavo di voi».
Tyrion
scoppiò a ridere.
Rise
e si lasciò scivolare contro la parete, con il volto
affondato nelle
mani e le ginocchia tremanti. Emise una lunga risata priva di
allegria senza nemmeno sapere per chi o cosa stesse ridendo.
Risuonò
nella stanza come ghiaia stretta fra i denti, e al pensiero di poter
essere un sovrano peggiore di Joffrey, Tyrion rise con più
decisione
quando capì di essere perfettamente d'accordo con la propria
moglie.
Rise
fino a quanto la sua risata non divenne più simile al
latrato di un
cane morente. Scosse il capo con una smorfia sghemba e
scrollò
distrutto le spalle.
«Immagino
che questo abbia più importanza di tutto il resto, non
è vero?» le
disse tristemente.
Sansa
si voltò con un improvviso moto feroce, scattò in
piedi e lo fissò
nauseata, con le labbra strette mentre tratteneva le lacrime e gli
occhi gonfi di pianto e carichi di furia.
«Non
importa più della morte di mia madre e di mio
fratello» sibilò con
durezza. «Non importa più della morte di mio
padre, né della morte
di mia sorella né della morte dei miei fratelli. Non importa
più
del fatto che Grande Inverno non esiste più».
Parlando, aveva
ricominciato a piangere, ma a Tyrion non sfuggì il tenace
orgoglio
con cui lo sovrastava, i piccoli pugni chiusi, le spalle rigide.
«Non
offendetemi: voi non siete mai stato così
importante».
Tyrion
annuì e socchiuse le palpebre. Fu sul punto di gridarle che
ciò che
era accaduto alle Torri Gemelle non era colpa sua. Lui non avrebbe
mai permesso un simile oltraggio, una simile viltà. Lui era
un
Lannister, era un uomo d'onore che ripagava i propri debiti, ed era
il figlio mai desiderato dell'uomo che aveva ordinato di sterminare
l'intera famiglia di Sansa Stark. Senza Robb Stark, Tyrion sarebbe
diventato il nuovo signore del Nord – e Sansa, la sua moglie
spezzata, doveva saperlo per forza.
«Dovreste
andare, ora» disse la ragazza. «Ho sentito due
serve attraversare
il corridoio parlando di un ricco banchetto voluto dal vostro
re».
Le sue labbra si piegarono in un fiacco sorriso nostalgico.
«Nelle
ballate che ascoltavo a Grande Inverno i vincitori delle battaglie
banchettavano sempre».
«Non
parlate in questo modo fuori da queste stanze, mia lady» le
consigliò lui mentre si avviava nuovamente alla porta.
«La vostra
salute mi è davvero cara: dimostrarvi incapace di misurare
le parole
potrebbe metterla in pericolo. In molti sono morti per aver chiamato
Joffrey il re di qualcun altro».
Quando
si fu trascinato la grossa porta alle spalle, Sansa si sentì
libera
di gettare fuori tutta la sofferenza che aveva trattenuto fino a quel
momento. Soffocò il pianto nel palmo della mano sinistra e
si
aggrappò alla tenda con la destra con tale forza che le
unghie
parvero conficcarsi nella carne. Piegò il capo in avanti,
con i
lunghi capelli ramati a coprire il viso pallido e stremato, e le
lacrime le scivolavano fra le dita maghe e cadevano sul davanzale.
La
sua mente si aggrappò beffarda al ricordo del volto di sua
madre, di
suo padre, di Arya e di ognuno dei suoi fratelli, e ogni ricordo che
riaffiorava nella sua testa la faceva tremare un po' più del
precedente. Ricordò i pennacchi di Grande Inverno, le
vallate del
Nord, il vento fra i capelli, il tepore delle mura calda e il
conforto del riposo fra le pelli d'orso, l'odore di sua madre, la
voce di suo padre, e tutto ciò che un tempo era stata la sua
vita.
Ricordò anche i ridicoli baffi di Rodrik Cassell, la
gentilezza di
Maestro Luwin, le risate con Jeyne e le storie della vecchia Nan,
saldamente legate a ogni ricordo della sua infanzia.
"Quando
un uomo del Nord scende in guerra" aveva raccontato una volta,
"l'inverno scende in guerra insieme a lui. E potrà marciare
per
miglia e miglia, superare valli, pianure e città straniere e
sconosciute, ma l'inverno cavalcherà sempre al suo fianco
per
impedirgli di dimenticare da dov'è partito e dove
dovrà tornare.
L'inverno non dimentica mai. E non dimentica nemmeno il Nord".
Sansa
asciugò il volto nel lungo vestito di seta,
scostò un ciuffo dalla
fronte e si risollevò davanti alla finestra.
Fu
allora che guardò in direzione del porto e lo vide.
Lo
stendardo era pallido e minuscolo nella foschia, eppure la ragazza fu
in grado di riconoscere l'esile profilo tracciato sulla stoffa
bianca. Forse fu solo un caso, forse fu solo il destino, ma fra tutte
le navi ormeggiate al porto i suoi occhi umidi si posarono proprio
sulla più modesta e invisibile fra tutte.
Le
sue labbra si aprirono in un timido sorriso fiducioso: sulla
cima del pennone sventolava un argenteo tordo beffeggiatore.
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