Un amore pauroso e testardo
Una notte quieta come altre prima di allora. Un ruscello silenzioso
rischiarato dai gentili e tenui raggi lunari, e due figure, sdraiate
intorno al fuoco nell'intento di riposare le stanche membra provate
dalla battaglia affrontata in quel lungo e asfissiante giorno d'estate.
L'imponente satellite terrestre rifletteva la propria immagine distorta
nello specchio d'acqua ad esso sottostante, emanando tutt'intorno
bagliori argentati capaci di squarciare l'oscurità della notte e
rendere quel luogo un incanto per gli occhi. Una delle due figure si
mosse preda di un incubo, agitando la testa e scompigliando i
biondi capelli corti che le adornavano il viso madido di sudore.
Aprì gli occhi di scatto. Il cuore pompava sangue più
velocemente del solito, ma alla consapevolezza che ciò che aveva
vissuto pochi istanti prima non era stato altro che un sogno, cominciò a rallentare
la sua frenetica corsa e la ragazza si ritrovò a tirare un
sospiro di sollievo. Lo sguardo le cadde automaticamente sull'amica
sdraiata non molto lontana e si sorprese di trovarsi ad essere fissata.
Non ci vollero parole, bastò un unico intenso sguardo carico di
premura e preoccupazione che indusse la bionda a dirigersi alla fonte
di tanta attenzione e ad affiancarvisi in posizione fetale. Quella
presenza dai lunghi capelli corvini e occhi color ghiaccio riusciva
sempre a rassicurarla, nonostante ne avesse visto più di una
volta la furia e la forza distruttrice. Ripose la fronte nell'incavo
della spalla di fronte ad essa, lasciandosi andare a convulsi
singhiozzi, mentre una mano la stringeva a se accarezzandola, nel
tentativo di calmarla.
"Xena... I-Io... Ho ucciso Speranza, ho ucciso la mia bambina..."
Ormai era un incubo ricorrente, che pian piano lesionava l'autostima e
la moralità di Olimpia. La corvina posò le labbra sul
capo dell'amica, rimanendo in silenzio, partecipe del suo immenso
dolore. Passarono interminabili momenti in cui il pianto della
ragazza continuava incessante, ma come ogni cosa ebbe infine termine.
Il dolore che le attanagliava il petto si era attenuato con lo sfogo
delle ultime lacrime rimastele. L'alba era ormai prossima quando si
sentì calma abbastanza da alzare il viso e asciugarlo col dorso
della mano. Xena la guardava ancora con apprensione, aspettando che
dicesse qualcosa. Fu in quel momento che lo sguardo le si
soffermò sulle sue labbra e cominciò a desiderarle come se
non avesse mai desiderato altro al mondo, un desiderio tenuto dentro
per troppo tempo che era improvvisamente esploso con tutta la sua
dirompenza, come un fiume in piena. Vedeva muoverle, ma non sentiva
alcun suono uscirne, presa com'era da quelle nuove ed intense emozioni
scaturite in un momento del tutto inaspettato. I battiti cardiaci erano
aumentati freneticamente e il sangue le aveva imperlato le gote di un
rosso vivo. Il desiderio di poterle stare sempre accanto e di seguirla
ovunque era cresciuto a dismisura negli ultimi anni e adesso cominciava
a comprendere che ciò che provava non era una semplice amicizia,
ma andava ben oltre. La paura le attanagliò lo stomaco. La paura
del rifiuto e del distacco se gliene avesse parlato. Chiuse gli occhi,
sentendo le lacrime riaffiorare, ma riuscì a scacciarle e a
stirare in un sorriso rassicurante le labbra, sperando così di far
sparire l'occhiata dubbiosa dal volto dell'amica. Si risentì
stringere, con maggior vigore di prima, segno che Xena la conosceva
più di quanto sperasse, nonostante spesso sembrasse perfino
capace di leggerle nel pensiero. La foresta intorno a loro era
diventata un luogo calmo e pacifico, con i primi raggi del sole a
colorare la natura e a portar via i dubbi, le insicurezze e i rumori
della notte. Tutto pian piano prendeva vita e forma, comprese le mute
osservatrici di quello spettacolo, che notavano in esse stesse la magia
di quel passaggio da oscurità a luce. L'azzurro degli occhi
della guerriera scintillò, riflettendo la luce trasmessagli, e
mostrando tutta l'arguzia che possedeva. Ne distolse frettolosamente lo
sguardo, così da non lasciarsi sfuggire la nuova consapevolezza
acquisita.
"Grazie."
Fu l'unica cosa che riuscì a proferire, in evidente disagio
nello stare tra quelle braccia da cui cercava inutilmente e a malincuore
di
staccarsi. Xena cercava il suo sguardo e niente
poté impedirle di trovarlo. Rimase incantata dalla fermezza che
quegli occhi cerulei possedevano, che la osservavano come se
riuscissero a leggerle dentro, fin nell'animo e mettere così a
nudo ogni suo sentimento nascosto, ogni dolore e preoccupazione. Forse
questa volta quel che sentiva era tanto sorprendente e inaspettato che
la mora non riuscì ad intuire la natura di tutta quella paura e
insicurezza che le attanagliavano in una stretta morsa le viscere. Con
lo sguardo ancora fisso nel proprio si sentì chiedere proprio
ciò che a tutti i costi voleva evitare. Rispose col silenzio,
nel disagio più totale, tornando ancora una volta a volgere
altrove gli occhi. Fu allora che sentì qualcosa sfiorarle
dolcemente le labbra e sciogliere al contempo l'abbraccio in cui era
prigioniera. Quel sapore insieme aspro e dolce lo aveva già
sentito più di una volta prima di allora, ed era stato in
occasione di quei pochi baci d'addio che si era scambiata con Xena. Le
sue labbra morbide e decise ne rendevano inconfondibile il tocco.
Chiuse gli occhi, desiderando che quel momento potesse non finire e
ricambiando con desiderio il gesto. In risposta l'amica
allontanò il viso, accarezzando teneramente i contorni di
quello di lei. Aveva un'alone di tristezza nello sguardo, come se
avesse appena fatto qualcosa di proibito. Calde lacrime le scesero
sul volto, lacrime che Olimpia asciugò con le proprie labbra,
sussurrando col cuore in gola "Ti amo". Fu come se il disagio da
l'una si trasferisse all'altra. La principessa guerriera si
alzò, dirigendo i propri passi verso un albero lì vicino
e sfogandovi con tutta la forza la proprio frustrazione, sbucciandosi le
nocche delle mani. Il tronco assorbiva colpo su colpo, ricoprendosi
lentamente da lievi macchie di sangue, inutile fu il tentativo di
fermarla.
"Noi... N-Noi due non potremo mai stare insieme Olimpia!"
Il braccio della bionda era ancora fermo a mezz'aria, intento a fermare
il susseguirsi di colpi, quando quell'urlò disperato la
investì. Xena era certamente una donna saggia, ma se c'era una
cosa che aveva imparato nello starle accanto in quei lunghi anni e
nell'aver conosciuto il popolo amazzone era di dover lottare per
ciò in cui si crede e si desidera. La spinse via, stringendo le
mani in dei pugni nell'intento di raccogliere tutto il coraggio di cui
disponeva. Respirò a fondo, chiudendo gli occhi prima di
parlare, consapevole del fatto che ogni minima espressione contraria da
parte dell'amica l'avrebbero distolta dal suo proposito, facendole
salire le lacrime agli occhi.
"Negli anni abbiamo più volte
avuto prova che i nostri destini, le nostre vite, il nostro karma, sono
irrimediabilmente legati nel corso dei secoli, le nostre anime sono
destinate a stare insieme in un lungo ciclo, forse infinito. Come ci
è stato rivelato dal Mendi, sono due linee destinate ad
incontrarsi e... perché, sapendo questo, dovrebbe essermi
preclusa la possibilità di amarti? Perché il pensiero
popolare pensa che sia qualcosa di errato? Che vada contro le leggi
della natura? Xena, io... non posso andare contro i miei sentimenti
e sono una stupida per averci impiegato così tanto a
comprenderli. Lo hai detto tu stessa che noi siamo anime
gemelle, siamo un'unica entità e non posso credere che quel
bacio di prima non abbia significato nulla per te. Ti conosco da troppo
tempo per non sapere che quel che provo, tu lo hai scoperto tempo fa,
già da prima delle mie nozze e... nonostante tutto sei sempre
rimasta in disparte e in silenzio pensando solo al mio bene. So che
è quel che vuoi, ma il mio bene, la mia felicità sono con
te, in questa vita e in quelle future."
Rimase a fissarla in attesa di una risposta. Vide i tratti del volto
tramutarsi in un espressione sofferente, come se quelle parole le
avessero perforato l'anima, toccandole il cuore. Conosceva il motivo
della sua riluttanza nel dire ciò che desiderava, perché
quello stesso motivo era stato causa di molte preoccupazioni da parte
di entrambe; non era più la stessa da quando anni prima aveva
cominciato il suo viaggio con Xena. Era cambiata ed era visibile. Ogni
morte che aveva provocato l'aveva lentamente consumata,
indipendentemente da quale fosse la causa scatenante, ma era anche
maturata, sopratutto in veste di regina del popolo amazzone. Aveva
compreso l'importanza che ogni vita ha, e anche il grave reato che si
commette nello spegnerla e ancora, cosa voglia dire essere responsabile
di qualcun altro oltre se stessi, un enorme fardello che nessuno
dovrebbe mai portare. Si ritrovò nuovamente a specchiarsi nei
limpidi occhi della principessa guerriera, notando quanto fosse
palpabile, sui tratti tesi del viso, la sua indecisione. Qualunque fosse
stata la risposta non si sarebbe comunque arresa, sapeva di averci
visto giusto e col tempo avrebbe dimostrato l'infondatezza di quelle
paure. L'amica si aprì inaspettatamente in un sorriso,
scompigliandole in un gesto affettuoso i capelli e rimanendo in
silenzio. Olimpia si aggrappò a lei, come se non volesse
più lasciarla, terrorizzata all'idea che quello potesse
essere un addio.
"X-Xena, non andartene... Non puoi!"
"Non me ne sto andando, stavo notando il modo in cui se maturata e hai imparato
a conoscermi. Tutto ciò che hai detto è vero, ma non
posso far altro che pensare che lo starmi vicina sia solo un male per te."
"Tutto ciò che per me potrebbe essere un male consisterebbe nel
non averti accanto. Mi sorprende che tu non riesca a capirlo..."
Rabbia, delusione ed insicurezza, stavano lentamente prendendo il posto
di ogni altra emozione, creando un muro invalicabile in cui si sarebbe
ben presto rinchiusa. Diede le spalle alla mora, stringendo
ulteriormente i pugni, ormai rossi per la forte pressione esercitata in
breve tempo, e trattenendo a stento quelle nuove lacrime amare.
"Olimpia..."
La sua voce era rotta dal dispiacere, mentre guardava la bionda davanti
a se darle le spalle con fare irato. Sapeva di essere nel torto, ma pur
volendo porre rimedio veniva frenata dall'incontrollabile paura di
poterle arrecare danni maggiori di quanto non avesse già fatti.
Era combattuta tra il desiderio e la ragione. Ad effettuare la scelta
al suo posto fu la consapevolezza del serio rischio di poterla
così perdere e forse tentare non avrebbe arrecato conseguenze
irreparabili. La strinse a se da dietro, con fare protettivo,
sospirando.
"Ok, forse tentare non sarà così distruttivo come penso, no?"
"D-Davvero?"
Rimase stupita dalla velocità del cambio d'umore che trapelava
dalla voce della ragazza, era un'insieme di felicità e timore.
Sorrise, mugugnando una risposta affermativa intanto che la baciava sul
collo. Stette ferma qualche istante, gustando con piacere il sentire la
persona amata farsi rigida fra le sue braccia, per l'inaspettatezza di
quel gesto.
"Ti amo Olimpia."
"Ti amo anch'io."
|