Atonement
"Quando avete finito potete
prepararvi un caffé."
Aveva detto quella
frase con una cadenza di voce stanca, di chi ha davvero trattenuto una
rabbia esplosiva e l'aveva faticosamente sostituita con la tipica
rassegnazione di dover avere a che fare con un esercito di ragazzini
testardi e avventati, oltre che quasi del tutto privi di una
qualsivoglia forma di amor proprio.
Una che si era
amputata il braccio da sola e che aveva praticamente rischiato la vita,
ed aveva ancora la malsana
intenzione di farlo; una bambina, tra l'altro ferita, che non perdeva
occasione di attaccare la ragazza sopra citata per una strana questione
nazionale; uno strano gatto che non aveva niente di paragonabile ad una
creatura felina e quel ragazzo imprigionato in un'armatura, Alphonse,
probabilmente il più calmo e razionale del gruppetto. Ma era
anche quello che parcheggiava un moccioso dopo l'altro in casa sua e
che inoltre sembrava letteralmente fregarsene di lui, del sottoscritto,
che quasi non sapeva
più nemmeno dove sedersi. Però,
doveva ammettere che lui era anche quello che dava meno problemi di
tutti e forse anche quello più maturo, insieme alla
bestiolina bianca e nera.
Fatto stava che tutta
quella confusione in casa lo irritava molto, non essendone abituato, e
il suo lavoro eseguito in una macabra compagnia di soli cadaveri di
certo non l'aveva aiutato per niente a relazionarsi meglio con le
persone vive. Tanto che aveva già urlato contro quei
marmocchi per ben cinque volte in un solo giorno, per svariati motivi.
Avevano portato con
loro sfrontatezza, rivalità, disperazione; ma non poteva
negare che gli avevano anche regalato la dolce ed appagante sensazione
di essere un eroe, un uomo che salva la vita agli altri senza
pretendere nulla in cambio. In quei momenti in cui si occupava di loro,
il medico legale burbero e sarcastico si era fatto miseramente da parte
per fare spazio ad un dottore.
Ancora rozzo e scontroso, certo, ma che aveva tirato fuori di
sé la parte più bella di ogni uomo.
Non aveva mai capito
cosa si potesse provare a salvare la vita di qualcun altro, ed ora che
ne aveva avuto la prova, si sentiva strano, completo, in pace con se stesso.
All'inizio si era
parecchio arrabbiato del fatto di non poter dormire comodamente nel suo
letto o sul suo altrettanto confortevole divano, ma infine si disse che
non importava. Aveva interpretato quella banda di sciocchi combinaguai
che Mustang e compagnia gli aveva lasciato come una strana forma di espiazione che Dio
gli aveva offerto, e l'avrebbe accolta come una benedizione, come
l'occasione più importante della sua esistenza, come una
piccola, ma essenziale possibilità concessagli contro
l'orrore della guerra delle terre del Sud.
Perché
quella guerra, come tutti gli altri conflitti, non strappò
soltanto la vita a migliaia di persone. C'era dell'altro che veniva
lacerato, distrutto, frantumato: i rapporti umani, le relazioni che
intercorrevano tra fratelli, fra
padre e figlio, fra marito e moglie.
Ciò che ne
derivava non erano altro che incrinature pressocché
insanabili. Il caos aveva coinvolto nel proprio vortice di inquietudine
anche gli animi della gente, e di conseguenza provocava divisioni delle
quali era estremamente difficile ricucire la trama della
riconciliazione.
E lui, un medico
legale che lavorava sporco al fianco dell'esercito, non aveva la pur
minima chance di giustificarsi di fronte alla sua famiglia, anzi. Aveva
persino preteso comprensione, sapendo bene che aveva sbagliato, e che
avrebbe potuto abbandonare quel suo "compito" e ritirarsi con loro. Era
un senso di colpa che incombeva sulla sua testa e dal quale non sarebbe
riuscito a liberarsi. Figurarsi tentare un modo per riprovare a
relazionarsi con la sua consorte e con suo figlio. Prima di trovare un
modo per riappacificarsi con loro, era necessario impiantare la
serenità nel proprio cuore, e quest'ultima gli risultava
quasi irraggiungibile.
Sapeva che in fondo,
il motivo di quella sua separazione dalla coniuge era principalmente
colpa sua. Poteva tentare di calmare gli animi all'interno della sua
famiglia e non l'ha fatto, preferendo di gran lunga il suo orgoglio,
divenuto spropositato.
Ecco perché
non riusciva a sopportare quelle due isteriche che sembravano sul punto
di scannarsi da un momento all'altro. Lui stesso aveva portato su di
sé il peso del disaccordo, come adesso. E aveva imparato che
litigare non porta a niente di buono, se non un odio che potrebbe
crescere di anno in anno. Era più o meno plausibile che un
uomo che aveva superato la mezza età avesse collezionato una
serie interminabile di errori, ma non era assolutamente accettabile che
dei ragazzi piccoli come loro cominciassero a caricarsi quel macigno
insopportabile, qualunque fosse la ragione. Prima o poi, avrebbero
accusato il colpo del pentimento, e non bastava un motivo valido per
attenuarlo o per cancellarlo.
Spettava al
responsabile pagare il prezzo dei propri peccati. E Knox aveva il serio
timore che non sarebbe mai riuscito a sanare quel debito.
Almeno, fino a qualche
solitaria sera prima. Adesso, sembrava che davanti a sé si
fosse presentata una porta luminosa che attendeva di essere aperta solo
e soltanto da lui. Ma una cosa simile suonava quasi come una beffa alle
sue orecchie. Lui era l'ultima persona sulla faccia della Terra ad
essere in grado di rapportarsi con gli altri senza quei modi bruschi
che lo caratterizzavano tanto. In più, era così
poco adatto per il ruolo di
bravo dottorino che gli sembrava quasi surreale essersi
dedicato a persone ancora in vita.
Forse, dopo di loro,
non avrebbe mai più ricevuto richieste di cure, e con questa
consapevolezza nel cuore, voleva godersi appieno quella situazione
unica, che quasi lo faceva sentire fuori luogo.
Era una sensazione, la
sua, tanto paradossale quanto magnifica. E la cosa più
assurda era che lui ne era segretamente felice.
Se avesse dovuto
descrivere ciò che provava con una parola ben definita,
avrebbe senza ombra di dubbio considerato il termine rinascita, o forse
sarebbe stato più appropriato dire rinnovamento. Come
se i suoi sentimenti si fossero risvegliati da un torpore destinato a
perdurare in eterno.
Quella mattina stessa,
la ragazzina con l'animaletto si erano dileguati, non senza ringraziarlo. Fu
piacevolmente inaspettato,
quel "Grazie"
detto con sincerità e completa gratitudine. Quella ragazzina
straniera lo aveva scosso come nient'altro era riuscito a fare nell'arco di
quei lunghi anni passati in solitudine, tanto che si era sentito
tremendamente a disagio ed aveva lasciato di fretta e furia la stanza,
con il timore di arrossire, o peggio ancora, di mettersi a piangere
davanti a tutti.
I due fratelli Elric
se n'erano andati prima di lei, e dopo aver saputo che la bambina
orientale se l'era svignata, porbabilmente si erano messi sulle sue
tracce. Solo la ragazzina di nome Lan Fan era ancora convalescente.
Infine, erano rimasti
in casa solo loro due. Medico e paziente. L'uno intento a rimanere
accanto all'altro. Gli avevano assicurato che presto qualche suo
familiare sarebbe venuto a prenderla, però.
Knox aveva da poco
finito un romanzo giallo; era così simile alla sua vita che
ci s'immedesimava benissimo.
Si alzò da
quella sedia malridotta su cui aveva trascorso buona parte del suo
tempo in quei due giorni sorvegliandola, affinché non
facesse qualche sciocchezza. Era sul punto di lasciare la stanza,
quando si fermò, voltandosi. La giovane si era addormentata
fra le lacrime la terza volta consecutiva, sfinita. A conti fatti
però, doveva dire che era molto forte, nonostante sembrasse
gracile come un rametto. Si era ripresa in poco tempo, anche se non
abbastanza da reggersi in piedi, ovviamente, e non era ancora in grado
di lasciare la sua postazione da sola senza che le girasse
convulsamente il capo. Ci aveva provato altre volte di nascosto, molto
probabilmente per ritornare al fianco di quel ragazzo Xingese che era
con loro in quella catapecchia abbandonata nella foresta, ma
fortunatamente lui l'aveva beccata e rispedita a letto con una furia
cieca, rifilandole sotto il naso la minestra che aveva preparato con
fatica e sparendo oltre lo stipite della porta, sbattendola per
evidenziare la sua esasperazione.
Il motivo di tutta
quella veemenza era molto semplice. Knox ci teneva davvero molto a
rimetterla in sesto. Per tutte le ragioni di prima, ma anche
perché si era preso cura di quella pazza autolesionista come
una figlia,
e vederla che si prendeva una ricaduta per la febbre era l'ultima cosa
che desiderava.
Però, tutto
quel tempo in casa lo sfiaccava parecchio. Avrebbe sfidato chiunque a
non sentirsi stretto dopo una manciata giorni passati chiuso in casa.
Inoltre, dopo averle offerto i suoi vestiti di ricambio, aveva notato
che le stavano esageratamente grandi. Così, prese
l'occasione di uscire a prendersi una boccata d'aria, tranquillizzato
anche dal fatto che Lan Fan si era addormentata come un sasso.
***
Al suo ritorno la
ragazza era già sveglia e, ancora piuttosto debole, si era
messa a rovistare in un cassetto forse in cerca di qualche indumento
adatto per andarsene, senza nemmeno curarsi di coprirsi per non
prendere freddo. Aveva sentito la porta di casa aprirsi e richiudersi,
e lei, invece di far finta di niente e di rimettersi a letto,
racimolò altri vestiti ancora più in fretta di
prima. Purtroppo, la sua debolezza, assommata alla scarsa
capacità di movimento causata dalla presenza di un solo
braccio, la tradì facendola sorprendere un'ennesima volta in
piedi dal dottore, il quale dapprima fece una faccia stranita, poi
assunse la tipica espressione di chi raccoglie tutte le sue forze per
poter emettere una bella e tuonante sfuriata.
"Stupida cretina,
quante volte devo ripeterti che così come sei non puoi
andare da nessuna parte?! Ho già fatto il possibile per
farti riprendere in così poco tempo, ed ora tu..."
Dapprima leggermente
spaventata per il tono duro dell'uomo, Lan Fan abbassò lo
sguardo, non badando alla camicia bianca che le scivolava via
dall'avambraccio destro. Lo interruppe con poche parole che
letteralmente costrinsero Knox a far tacere la sua collera.
"Mi dispiace,
dottore..." sussurrò solo, flebilmente. Le gambe le
tremavano e sapeva che doveva tornare al suo posto da sola, ma le forze
residue stavano per abbandonarla e lei si fece attrarre dalla
gravità di peso, finendo in ginocchio. Si sostenne
poggiando la mano destra sul pavimento ma, nel momento in cui
cercò di rialzarsi, si sentì sollevare dalle
braccia forti e solide del medico e portata sotto le coperte. Lo vide
allontanarsi, per poi ritornare con due buste rigide, una bianca e
verde, l'altra scura, tendente al nero. Appoggiò la prima
approssimativamente accanto alla soglia, e si piazzò al
bordo del letto, mentre lei si alzò a sedere.
"Ecco..."
borbottò Knox, gettandole la confezione degli indumenti
nuovi accanto alle ginocchia. "Non ne sono convinto, ma dovrebbero
andarti bene..." Dal tono si sentiva che era fortemente a disagio.
Non essendosi preso
cura di nessuno in quel modo, non aveva la più pallida idea
di dove cominciare. Così, aveva deciso di procurarle dei
vestiti nuovi e che le stessero decentemente. Aveva provato una
vergogna colossale nell'entrare in quel negozio e chiedere del
vestiario femminile, ma rimediò dicendo che erano per sua
figlia.
La commessa gli aveva
addirittura sorriso. Valle a capire le persone...
Lan Fan intanto
osservava quel pigiama da donna con aria incredula. Non poteva credere
che un estraneo si occupasse di lei al punto tale da preoccuparsi di
comprarle qualcosa. Di così elegante, poi.
"Laggiù ci
sono altri vestiti" proseguì il medico indicando un angolo
della stanza su cui era poggiata l'altra busta. "E' probabile che
qualcosa ti stia più larga o più stretta, non
sono pratico in queste cose. Dovrai accontentarti..."
Si accorse di averle
procurato un sorriso riconoscente, ma lui cercò di fare
l'evasivo, sul punto di uscire per lasciarle la sua privacy.
"Non provare ancora a
scappare, mocciosetta!" ringhiò sommessamente dopo qualche
secondo. "Altrimenti, ti guadagnerai un'altra botta su quella testaccia
dura che ti ritrovi!". Lo avrebbe fatto se avesse ancora tentato la
fuga, questo era quasi certo.
"Sei la mia prima paziente,
ragazzina..."
Già, paziente. Una
paziente, ovvero una persona ancora viva che aveva bisogno di cure
amorevoli, e non un cadavere da smembrare pezzo per pezzo.
"...E non ti
lascerò morire proprio ora."
NDA
Se qualcuno se ne
fosse accorto... Sì, sono una di quei tipi che diventano fan
in meno di mezzo secondo di quei personaggi burberi che poi dimostrano
di avere un cuore anche più grande di quelli che fanno gli
svenevoli dalla mattina alla sera. *cavoli, 'sta cosa andrebbe bene
nella presentazione del mio account; ci penserò su* XD
Bando alle ciance, il
dottor Knox è la prova tangibile che l'Arakawa non lascia
nulla al caso durante la narrazione. Lui è uno dei pochi
che, sebbene abbia un ruolo *più che marginale*, sicuramente
ha dimostrato molto nell'arco di pochissime scene, soprattutto durante
la scena insieme alla sua famiglia sulla soglia di casa e quella in cui
intima a May e Lan Fan di non litigare fra loro.
In verità,
mi piace pensare che Knox non abbia abbandonato Lan Fan neanche per un
solo istante, ma la scena mi serviva. ^-^'
L'ho scritta quasi
senza pensarci, perciò forse ci sono parecchie ripetizioni
sulle argomentazioni trattate. Chiedo venia, ma una volta finito mi
dispiaceva riprendere i paragrafi e modificarli. Ho preferito lasciare
la ff con la stessa naturalezza che ci ho messo nello scriverla.
Atonement significa
espiazione.
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