L’amore
è masochista: se non ti vede soffrire, non è felice.
Chi
non ha mai amato senza essere pienamente corrisposto? Forse, ancora più tragico
di non amore non corrisposto, c’è un amore corrisposto a metà poiché una
persona ti ama così intensamente, follemente e tragicamente tanto e tu non
riesci che a donarle una piccola, minima ed altamente insignificante parte di
te; ci provi, ci provi e ci riprovi eppure non riesci a donarle quel cuore che
è rimasto attaccato, ancorato e ferito ad un passato che non tornerà mai. Un
cuore infranto può tornare ad amare solo una volta e spesso, per degli
sfortunati casi della vita, perdiamo quell’occasione o la scialacquiamo come se
l’amore fosse cosa da poco, credendo davvero che in questo infinito oceano si
possa trovare un’esca migliore.
È
l’orgoglio. È la consapevolezza di se stessi. È il materialismo. È la sete di
potere: è l’uomo. Creatura così piccola eppure capace di provocare così tanti
danni ed a cui la natura fece un unico fatale dono: l’uso della ragione. Oh, se
per la ragione, per aver ragione non ci siamo infangati le mani di
sangue innocente e con le carni di quelle medesime vittime poi ci siamo
riempiti lo stomaco, banchettando con l’eleganza di re e regine; ce ne siamo in
seguito puliti la coscienza, credendo che la fede potesse salvarci da quel famoso
inferno che tanto temiamo. E se domandassimo cos’è la cosa più preziosa al
mondo, sicuramente risponderemmo l’amore.
L’amore,
l’amore, l’amore.
Avete
mai amato qualcuno così sadicamente da amarlo nonostante vi avesse estirpato
l’anima e strappato il cuore? E ancora, ancora, ancora, quasi fosse un hobby
malsano di una generazione che si è persa nel ritorno a casa. Amato così scioccamente
o forse ingenuamente o talvolta davvero così stupidamente tanto da perdonare,
perdonare e perdonare ancora? Ah, che bellissima umiliazione l’amore…
Io,
sì. Ma colei di cui non posso pronunciare il nome ancora di più.
Nei
miei sogni di bambina ti ho idealizzato, idolatrato, amato e nel fiore della
mia adolescenza ti ho reso parte integrante di me. La tastiera è divenuta il
pianoforte che ha urlato, pianto e sanguinato questi sentimenti contrastanti e
mentre la mia mente si contorceva in se stessa e faceva finta di non capire, il
mio cuore aveva già accettato ciò che la chiesa cattolica chiama sacrilegio.
Ma
l’amore può davvero essere sporco?
Eravate
così giovani, così felici, così innocenti. Dietro i miei occhi cioccolato ardevo
solo di gioia per voi, le persone da me più amate, e sui tasti del mio pianoforte
fiorivano rose, lillà, gigli.
E
poi, spaventosamente, tutto cambiò.
Della
mia infanzia ricordo poco: quel periodo felice che tutti i bambini trascorrono
insieme a mamma e papà, io lo trascorsi insieme a te; ma crescere è inevitabile
e scelsi il peggiore degli anni per divenire una preadolescente che credeva di
sapere tutto di questa tragica esistenza che siamo costretti a sopportare ogni
giorno.
Eri
l’angelo più bello, il più luminoso, il più perfetto; ma già all’inizio dei
tempi ci fu un altro angelo altrettanto meraviglioso e come lui fosti destinato
a cadere, e così facesti: Lei, che così tanto ti aveva amato, fu la prima a
venir divorata dai tuoi artigli e la lasciasti moribonda, con cicatrici così
profonde che forse nemmeno Dio sarà mai capace di cancellare ma, più di ogni
altra cosa, ne divorasti il cuore, così da assicurarti che non potesse mai
amare nessun’altro all’infuori di te. Trascorrono i secondi e
perdi sempre più umanità, lasci dietro di te la scia di quello che un giorno
fosti ma io lo vedo: nei tuoi occhi intrisi di sangue io riesco ad intravedere
il nome di ogni lacrima che trattieni: Pentimento, Perdono, Penitenza,
Umiliazione, Orgoglio ed è proprio quest’ultimo che non ti permette di
tornare indietro.
Sei
sempre stata una persona piena d’orgoglio, come se di esso potessi vivere. La
verità è che tu eri un Grande Gatsby: quell’aria misteriosa ed affascinante che
hanno in pochi, quel sorriso così ammaliante che tuttavia la sa lunga, quegli
occhi che hanno visto cose che gli altri possono solo ascoltare sbalorditi e
l’unica cosa che ti differenza dal vero Jay Gatsby, è che l’hai superato: non
un singolo pettegolezzo tocca la tua così perfetta persona. Tu eri, sei
il Grande Gatsby e Lei era la tua splendida Daisy. La vostra storia, così da
favola e così surreale, avrebbe avuto un finale felice se non fosse per un
piccolo, insignificante dettaglio: i vostri ruoli si sono invertiti rispetto al
romanzo originale. E così, invece di un Gatsby romantico e premuroso, il
protagonista di questo dramma è senza cuore, plastico, egoista e troppo pieno
di sé: ti mostri al mondo sotto le mentite spoglie di Gatsby eppure dentro non
sei altro che il meschino Tom Buchanan. E Daisy? Oh, la tua povera Daisy,
lei si è esposta al mondo ed ha urlato all’universo intero il suo amore per te.
Ma
come a Gatsby a te non basta, a te non basta mai: come un
Dio, desideri che non ami nessun’altro all’infuori di te. E più vi amate,
più vi avvelenate.
Amore
folle, amore assassino, amore delirante.
Distruggere
solo Lei però non ti è bastato e così sei venuto da me, armato di
incomprensione, invidia, dolore represso e, strappandomi la pelle, hai riso
mentre morivo dissanguata; e più ero vicina alla morte, più mi donavi vita solo
per farmi sputare fino all’ultimo pezzo della mia anima, poiché non c’è
divertimento a giocare con un cadavere.
Ed
eccoci qui: ci hai torturate, denigrate, umiliate, uccise in vita… Eppure non
ce ne siamo andate: siamo rimaste qui col cuore, abbiamo pregato e sperato affinché
qualcosa facesse tornare in vita quell’angelo che abbiamo amato così tanto e
per un istante, per magico istante abbiamo creduto che tutto potesse tornare
come una volta.
L’estate
ha portato via con se i nostri momenti più felici e siamo entrati nell’autunno
mano nella mano tutti e tre, anzi, tutti e quattro ora che ho anch’io trovato
il mio Principe da le ali bianche e nere perché sì, alla fine persino il male
in te io ho amato: l’Angelo e il Demone. Ma non c’è amore epico che
conosca il lieto fine e come Romeo e Giulietta, vi siete nuovamente uccisi a
vicenda, mordendovi, graffiandovi, devastandovi e quando ho visto le tue ali
nere sovrastare quelle bianche che divenivano polvere, ormai era troppo tardi e
il mio Principe era troppo lontano per correre in mio soccorso.
Hai
banchettato con i nostri corpi, hai bevuto il nostro sangue ed hai stuprato la
nostra fede lasciandoci in un mare di sangue, esanimi e prima del buio ho visto
solo una cosa: il tuo sorriso rigato di lacrime.
Un
anno.
Il
tempo mi scivola via dalle mani, scorre lentamente, inesorabilmente,
colpevolmente. Ho guardato il cielo nella notte: nessuna stella cadrà per me
stasera. Sarai per sempre il Suo eterno amore e la figura più bella con la
quale io sia mai cresciuta, eppure sappiamo bene che non tornerai mai più poiché
quel Gatsby puro che eri un tempo è ormai morto, sepolto, inghiottito nel mare
del dolore, riaffiora solo per ricordarti che un giorno hai amato.
Eppure...
C’è
un posto nei nostri cuori che nessuno ha mai visto e che terremo per sempre
nascosto, intoccato, sacro: lì custodiamo la felicità conosciuta insieme a te e
con essa la tua lapide sulla quale non c’è giorno che Lei ancora più di me non
versi lacrime di sangue, anche il terreno sottostante ne ha assorbito il colore
cremisi.
Lei
ti ama ancora, ti amerà per sempre e se per questo, anch’io.
Ma
sei un’anima troppo difficile da salvare.
E
quindi partiamo, ci allontaniamo, le mani in mano e seppur le nostre gambe
avanzino, i nostri cuori rimangono indietro.
Eppure...
Sei
la nostra luce verde.
Eppure...
Eppure
a te non basta mai. Non ti è mai bastato e non ti basterà mai.
E
quindi siamo qui, siamo ancora qui, siamo sempre qui a
ricordarti, ad amarti, a…
Cry, cry, cry
Over the the Love
of you.