Fanfic
nata da questo periodo che si può facilmente definire “di
cacca”. -.-
Ero
ispirata e ho deciso di postare, per una volta.
Manca
ancora la parte finale, che è in elaborazione^^
Si
tratta di una Kakuzu/Hidan con il “What If…” che corrisponde
alla domanda: “E se non si fossero incontrati a causa
dell’Akatsuki?
E’
scritta in un modo abbastanza strano, infatti, anche se scritta in terza
persona, ogni capitolo cambia POW, ma non verrà specificato.
Basti
sapere che si alterneranno Hidan e Kakuzu ^^
Mi
piace questo stile di scrittura. E’ introspettivo ma allo stesso tempo
non troppo diretto^^
Forse
bisogna farci un po’ l’orecchio… -.-
A
Tobichan, che non so come, è riuscita a farmi piacere la coppia
X°°°D
E
detto questo…cominciamo^^
Punti
Di Vista
File
01
Ansimavano
entrambi dal dolore, dalla tensione dei muscoli.
L’uno
godeva di quella sensazione dolorosa.
L’altro
stava pregando che quella tortura finisse il prima possibile.
L’albino
rise.
Una
risata sadica, vincente.
La
sua vittima rantolava, a terra, implorava pietà, con la poca voce che
gli rimaneva.
Lui,
invece, avrebbe voluto rimanere così com’era, sdraiato sul
terreno, i sassi che sfregavano sulle ferite autoinflitte.
Colpo
allo stomaco, colpo al cuore.
La
libertà tanto agognata dalla vittima giunse inaspettata.
Fin
troppo repentina dopo tutto quel tempo di dolore.
Hidan
si rialzò lentamente, estraendo da sé il paletto usato per la sua
cerimonia.
Il
Dolore lo aveva colpito nello stesso identico modo.
Diretto,
veloce, micidiale.
Perchè
era stato condannato alla vita eterna?
Si
rialzò in piedi, traballante sulle sue stesse gambe, a causa del sangue
perso dalla ferita all’addome, che l’aveva trapassato da parte a
parte.
Una
vita eterna equivaleva alla morte.
Si
perde la cognizione del tempo, si diventa parte del paesaggio, diventa
inevitabilmente una vita priva di alcun significato.
A
me no che qualcosa non ti ricordi che esisti e che non sei solo parte di uno
sfondo storico.
Qualcosa
di eterno come te.
Di
solito si diventa pazzi, ci si concentra ulla creazione di un proprio pari
immaginario.
Ma
lui sapeva la verità.
Si
appoggiò ad un masso, tenendo tra le mani il suo amuleto, la sua fonte
di stabilità mentale, il suo scopo di vita.
Il
simbolo di Jashin.
Jashin
l’aveva relegato, l’aveva condannato e l’aveva salvato.
Salvato
dalla pazzia, salvato dall’immobilità del mondo.
Grazie
a lui, aveva una vita, ma non una morte.
Iniziò
a camminare sotto il sole, la falce nella mano sinistra.
Avrebbe
continuato a offrire distruzione a chi lo aveva maledetto, rendendogli grazie
per quel modo di vivere che gli permetteva di rimanere lucido.
Integro.
Scoppiò
a ridere.
Nonostante
compisse i più atroci delitti, il suo animo non si deteriorava e, anzi,
si rafforzava, conscio dello star sprofondando sempre di più nelle
tenebre.
Ma
il suo Dio era con lui.
Era
questa l’unica cosa vera e importante che gli interessava.
Non
era solo.
Si
avvicinò al tempio buddista, pieno di sangue, causa dello sterminio a
cui aveva sottoposto i monaci poco prima.
Non
gli faceva né caldo né freddo avergli donato la morte e negato la
vita.
La
morte, anzi, era un dono, raro e prezioso.
Doveva
essere sentita fortemente, doveva essere…vissuta.
Attraverso
il dolore, attraverso la paura, l’agonia, il sangue.
Ed
era grato a Jashin di avergli dato in dono il poter vivere la morte
continuamente, anche se senza mai raggiungerla.
Fine
File 01
File
02
Non
gli importava che lo trovassero minaccioso.
Non
gli interessava che i suoi vestiti spessi e la sua pelle scura spaventassero la
gente.
L’unica
cosa che voleva era il riscatto per quei corpi freddi che s trascinava dietro.
Voleva
il denaro.
Era
l’unica cosa che per lui era davvero essenziale.
Buttò
il cadavere che stava trascinando contro un albero.
Sembrava
un sacco. Pesante e ormai vuoto.
Odiava
i cadaveri.
Storcendo
il naso, guardò l’espressione contratta della sua vittima;
Gli
occhi sbarrati,la bocca mossa dallo spasimo di un grido che non sarebbe mai
stato sputato fuori da quelle labbra.
Di
certo la vita era meglio.
Da
vivo potevi avere soldi, potere.
Da
morto, al massimo una lastra di pietra bianca.
O
peggio, l’essere scaraventato in una fossa comune da solo…o
meglio,neanche “solo”.
La
solitudine è un concetto che non esiste per un morto,
perché…pouf! Tho, guarda! Sei morto! Non puoi sentire la
solitudine, non puoi provare nessuna di quelle sensazioni che caratterizzano la
vita.
Rise
sommessamente, avvicinandosi al cadavere della donna uccisa di fresco.
La
fissò negli occhi.
Non
gli piacevano gli occhi dei morti, ma servivano per ricordargli che se avesse
ceduto all’idea de strapparsi i suoi cuori sarebbe finito come loro.
Kakuzu
era un essere immortale per scelta.
Voleva
il denaro.
I
soldi erano l’unica fonte di gioia.erano qualcosa che lo spingeva a
vivere, per averne ancora, sempre di più.
Si
rimise in spalla il cadavere.
Izumi
Fugotta, trentacinque anni, jonin del villaggio della Nebbia.
Gli
dispiaceva che non fosse stata abbastanza attaccata alla vita da sopravvivere.
Come
tutti quelli che lo incontravano.
Non
era maifelice di dover uccidere.
Non
portava la pace, come dicevano molte stupide religioni.
Portava
all’annientamento totale.
Non
era un “dono”, era una maledizione.
Fine
File 02
Fatemi
sapere che ne pensate!
Per
una volta non è una One-sot…ma non sarà molto lunga anche
se sono indecisa sul come concluderla XD
A
presto!^^