Salve a tutti ^__^ lo so, sono piena di lavori questo
periodo, ma se voi mi conoscete anche solo un pochino sapete che la testa di
Ichi-chan è completamente andata ma tuttavia estremamente produttiva! Questa
volta mi lancio in una fanfiction parecchio particolare... estremamente triste
ed anche un po’ violenta (non troppo XD), esce un pochino dai miei soliti
canoni. Come già detto nell’introduzione non vi so ancora dire quale sarà la
coppia dominante... è importante tuttavia che sappiate che darò ampio spazio
sia al nostro biondino preferito (il mio bellissimo Ryou XD) sia all’alieno che
in tanti amano (Kisshu-chan ^__^). Una fanfiction per tutti i gusti insomma,
dove mai nulla andrà per scontato.
Tuttavia è giusto che dica alcune cosine, in modo tale da potervi
mettere in chiaro le idee:
1-La fanfiction è un’AU quindi è ambientata in un “universo
alternativo” di conseguenza le storie dei nostri personaggi sono un pelino
diverse. Da dire tuttavia che non ho alcuna intenzione di cadere nell’ooc,
quindi non preoccupatevi ^__^
2-La storia è ambientata in una Tokyo devastata dalla
guerra. Quelli che noi chiamiamo “Alieni” nella storia originale, qua si
chiamano “Stars” poiché ritenevo giusto dar loro un vero e proprio nome di
razza. Perché? Per il semplice fatto che in questa storia i nostri “alieni”
sono legittimi abitanti del pianeta Terra. Ma per qualche insano motivo
(inizialmente non molto chiaro agli umani) il loro nuovo governatore dichiarerà
guerra agli umani, compromettendo la convivenza tra le due razze. Non c’è un
vero e proprio possessore della terra quindi.
3-In questa mia storia il padre di Ryou è vivo. Ma dato che
non conosco il suo nome (l’ho cercato, ma non riesco proprio a scoprire come si
chiama ç__ç) ho deciso di chiamarlo Kaze Shirogane. Idem per la madre, che
nella storia si chiamerà Katy.
E’ meglio che non dica altro, anche perché comprometterei
solo la vostra lettura. Spero che vi piacerà. Un bacione a tutti!
p.s: Commentate per favore!
Disclaimer: I personaggi utilizzati appartengono a Mia
Ikumi, ed a lei soltanto.
EVERYTHING BURNS
1-Innocence
Una goccia di pioggia si poggiò sul freddo asfalto. Era
nuda, sola. Così piccola nell’immensità di quella grande terra. Di quella
triste Tokyo. Una città che allora fu splendente come il sole e che ora piange
alla ricerca della salvezza. E per quanto sia triste parlare in questo modo
della propria città, Ichigo non poteva che pensare ad essa che sotto un tale
aspetto. Come un luogo dove è facile vedere il sangue di un innocente sgorgare
sul freddo asfalto, quasi fosse un fiume in piena. Dove le bombe esplodono.
Dove le battaglie impazzano. Dove anche chi non vorrebbe, si trova a
combattere.
La goccia solitaria
emise un rumore sordo, appena percettibile da orecchio umano. E nonostante lei
fosse completamente umana, riuscì a sentirlo. Come un campanello dall’arme.
Come un suono improvviso portato dal vento. La destò a tal punto da farle
aprire gli occhi. Calde perle more osservarono stupite il panorama
tutt’attorno, chiedendosi probabilmente, dove fossero. Un sospiro. Poi la
certezza di non essere diventata completamente matta.
-Ma...- sussurrò Ichigo Momomiya, allungando una mano verso
la fronte bagnata appena dalla goccia solitaria. -Dove... dove sono?- si
chiese, sapendo di non poter ricevere risposta. Intorno a sé poteva scorgere
solo edifici bui e lasciati in rovina, strade rotte e quasi impercorribili. E
poi cielo. Quel cielo così nero e fitto di mistero, così grande ed immenso da
farle addirittura paura. Ichigo notò nel cielo una nuvola bianca, che
capricciosa, aveva deciso di nascondere la tanto luminosa luna. Non appena si
rese conto di non essere nel bel mezzo di un incubo si alzò in fretta in piedi.
Iniziò a tremare, consapevole del fatto di essere in serio pericolo. -Dove...-
si chiese ancora, facendo un passo insicuro. Lunghi capelli rosso fragola si
mossero a quel semplice movimento, facendole provare un brivido. Forse di
paura, forse di freddo. Ichigo Momomiya non lo sapeva, riusciva solo a
comprendere che quella, non era certo una bella situazione. Fece altri passi,
uno più sicuro dell’altro. Tentava di capire in quale zona della città potesse
essere, ma doveva ammettere che ormai la sua Tokyo era diventata tutta uguale.
Piena di palazzi diroccati, di strade impercorribili e lampi della luce pronti
a cadere da un momento all’altro. Tutto pericoloso insomma, capace di rendere
la vita ancora più opprimente di quanto già non fosse. Abbassò il capo
rendendosi conto di non saper davvero da che parte andare. -Ma si può sapere
chi diavolo mi ha portata qua?- domandò al vento, fermandosi nel bel mezzo
della strada. Sapeva di rischiare davvero tanto, ma non sapeva davvero cosa
fare. I non-umani avrebbero potuto tirarle un agguato in quello stesso istante,
catturarla ed in seguito ucciderla.
Perché la guerra è così.
Perché è la guerra a volere tutto questo.
Abbassò lo sguardo. Se era per quello non sarebbe stata né
la prima né l’ultima. Sbuffò facendo un nuovo passo, chiedendosi probabilmente,
cosa sarebbe successo da un momento all’altro. Ecco: come non detto. Sentì il
pavimento cedere sotto i propri piedi, e subito dopo la dura convinzione che
ben presto, avrebbe potuto sentire il freddo suolo a stretto contatto con la
schiena fragile. -No!- urlò, in preda alla paura. Tuttavia quella terribile
sensazione non arrivò: una mano forte ed abile strinse la sua, facendo cessare
quasi totalmente quell’assurdo batticuore che l’aveva presa. Osservò prima il
pavimento gelido al fondo della buca in cui era precipitata. Dopo aver
constatato che lei era ben lontana da là alzò lo sguardo, osservando negli
occhi il proprio salvatore.
-Cosa faresti senza di me?- il suo salvatore sorrise,
mostrandosi estremamente tranquillo.
-Kisshu-chan! Ti sembra il caso di fare questo tipo di
considerazioni?- domandò lei, guardandolo con aria a dir poco sorpresa. Il
salvatore piegò la testa su di un lato, osservandola con aria non poco
incuriosita.
-E cosa dovrei fare?- chiese, inumidendo le labbra fini.
-Tirarmi su!- tuonò la ragazza, strattonandolo forte. Kisshu
fu veloce nel sollevarla: in poco la giovane dai lunghi capelli rossi era
seduta sul freddo asfalto, con il fiato corto e la paura che ancora impazzava
nel suo cuore. Alzò lo sguardo su quell’amico fidato che tante volte l’aveva
aiutata. La pelle diafana, il sorriso furbo e malizioso; i capelli un po’
spettinati, quelle orecchie parecchio più grandi del normale. Ciò su cui
tuttavia Ichigo si fermò di più furono gli occhi: splendide lamine dorate,
calde come il sole, ma tristi come la solitudine. Il coraggioso Kisshu era
solo, e di questo Ichigo non si era mai data una ragione.
-Allora?- disse il ragazzo, portandosi entrambe le mani ai
fianchi.
-Allora cosa?- Ichigo si alzò in piedi, osservando il
venticello di marzo muovere appena i capelli dell’interlocutore.
-Bè... non mi ringrazi?- affermò, mentre la vedeva
incamminarsi verso un punto che neanche lei avrebbe saputo definire con un
minimo di esattezza.
-Grazie Kisshu-chan!- proferì semplicemente, senza neanche
voltarsi verso di lui. La guardò percorrere ancora qualche passo, perdendosi
nell’ondeggiare di quei lunghi capelli color passione. Avrebbe voluto correre
verso di lei e sentire il profumo di quei lunghi e lisci fili di seta.
Toccarli, sfiorarli e farli suoi come tutto il resto del suo corpo. Scosse il
capo a quel piccolo pensiero, intuendo che l’ora tarda gli stava dando davvero
alla testa . O è la venere davanti a me a farmi perdere la testa? Non aveva una
vera e propria risposta, tuttavia decise di risponderle.
-Come siamo ingrate...- proferì semplicemente, serrando gli
occhi dorati. Ichigo si fermò a quell’affermazione, tentando di riunire le
idee. Questa volta si voltò verso di lui, indignata.
-E cosa dovrei dirti? Grazie perché mi hai salvato la
vita... te l’ho detto no?- affermò, incrociando le braccia. Kisshu sorrise,
facendo di no con il capo.
-Io desidero qualcosa di più concreto!- socchiuse gli occhi,
osservandola.
-Tipo?- fece un passo in avanti, trovandosi praticamente di
fronte a lei. Pochi centimetri li separavano, ma Ichigo non sembrava esserne
minimamente toccata.
-Avanti... lo sai...- un sorriso malizioso gli colorò le
labbra fini, mentre la mano diafana carezzava veloce la gamba della ragazza. In
quello stesso istante Ichigo ebbe un sussulto, un sussulto tale che quasi
avrebbe gridato. Non ne ebbe neanche il tempo poiché un secondo dopo ecco
quella stessa mano a stretto contatto con la propria coscia. Si sentì tirare in
avanti con forza, cosicché il proprio bacino sfiorasse quello del proprio
interlocutore. -La tua pelle sulla mia... la tua lingua nella mia bocca... i
miei occhi nei tuoi... proprio come adesso.- le sussurrò ad un orecchio,
andando poi a spostare il proprio sguardo sugli occhi scuri della giovane. Ella
rimase qualche istante interdetta, forse stupita dalle parole inaspettate che
Kisshu aveva appena proferito.
-Ma...- il ragazzo avvicinò il volto in maniera improvvisa.
Così improvvisa che Ichigo ebbe appena il tempo di scansarsi e protestare di
fronte ad un tale comportamento. -Odio quando fai così! Saranno sedici anni che
tento di fartelo capire: tra noi due non ci potrà mai essere nulla!- esclamò,
indietreggiando velocemente di qualche passo. Un solo istante dopo eccola
percorrere il marciapiede a grande velocità, pronta a cercare la strada di
casa.
-Menti.- Kisshu rimase dietro alle sue spalle. Le mani in
tasca, gli occhi perennemente incollati alla figura di lei. Era troppo bella.
Voleva farla arrabbiare per farsi travolgere. Così come fa una pioggia estiva.
Una folata di vento fresco. Il suo sguardo, dolce ed infinito. I piedi di
Ichigo si fermarono nuovamente, facendo poi in modo che la sua figura si
voltasse verso Kisshu. Gli occhi socchiusi, i lunghi capelli color passione
leggermente mossi dopo quel movimento.
-No. E’ la pura verità.- disse semplicemente, prima di tornare
sui propri passi. Il ragazzo ricominciò a seguirla silenziosamente, senza
emettere alcuna parola. Un silenzio quasi imbarazzante, ma che Ichigo avrebbe
preferito a qualunque parola.
-Tu vorresti stare con me... ma hai troppa paura degli
altri.- sussurrò semplicemente, colpendo molto Ichigo. Le si fece accanto,
mantenendo un passo lento e a dir poco inquietante. Avrebbe voluto stringerla.
Avrebbe voluto baciarla. Avrebbe voluto farla sua. Ma naturalmente, lei non
voleva. E la ragione, secondo lui, era sempre la stessa.
-Kisshu-chan, guardami per favore.- si fermò, voltandosi
verso di lui. Il volto serio, l’espressione dura e stanca di chi purtroppo, non
ha più molta voglia di discutere. Il ragazzo fece come ordinato, specchiando i
propri occhi dorati in quelli profondi e scuri di lei. -Secondo te io avrei
paura degli altri? Se come dici tu avessi paura, allora non sarei neanche tua
amica.- sorrise leggermente, prendendogli la mano. -Non mi farei aiutare ogni
volta che ne ho bisogno.- un’altra pausa, seguita da una carezza sulla guancia
del ragazzo. -Non ti considererei il mio più grande amico!- sorrise ancora,
mentre Kisshu si preparava per quel tanto agognato bacio. Sì, è sicuro: ora mi
bacia! -Tuttavia... tra noi non potrà mai esserci niente per il semplice fatto
che noi due non siamo fatti per stare insieme!- lasciò la guancia diafana del
ragazzo, tornando a percorrere la propria strada. In quell’istante fu Kisshu a
rimanere interdetto, davvero deluso da quelle parole.
-Sono le orecchie vero?- chiese, mentre le si faceva
nuovamente accanto. -Sì, non ti piacciono le mie orecchie. Ok, lo ammetto: sono
un po’ più grandi rispetto alle tue, ma non puoi essere così razzista!-
-Smettila, non sono le tue orecchie.- ridacchiò la ragazza,
portandosi una mano davanti alla bocca. Si guardò poi intorno: la zona era
ancora sconosciuta.
-La pelle chiara? Guarda che ho visto un sacco di umani qua
in giro... e ti posso assicurare che avevano la pelle molto più chiara della
mia!-
-Non è la pelle...- si guardò ancora intorno, chiedendosi se
il proprio amico l’avrebbe potuta aiutare ancora.
-E cosa allora?- Kisshu assunse un’aria riflessiva, mentre
con piglio di chi vuol sapere si portava una mano al mento.
-Kisshu-chan?- fece la ragazza, venendo completamente
ignorata dal compagno.
-No no, secondo me è come penso io: tu hai troppa paura di
questa guerra per stare con me. Ma non devi preoccuparti, prima opoi gli umani
smetteranno di scontrarsi con la mia gente, e tu ed io potremo essere un punto
di riferimento per tutte quelle coppie formate da uno stars e da un’umana.-
sorrise soddisfatto. Vide tuttavia il volto della propria compagna farsi cupo,
capendo che non doveva aver ascoltato con attenzione quel suo ricercato
ragionamento.
-Ichigo?- disse quindi, osservandola. Pochi attimi dopo uno
scoppio li colse, facendoli preoccupare non poco.
-Cos’è stato?- chiese Ichigo, in preda al panico.
-Non lo so... scappiamo!- la prese per mano, iniziando a
correre. Era pericoloso rimanere per strada durante un possibile attacco delle
forze umane contro i “non-umani” come li chiamavano loro.
-No, è pericoloso!- esclamò la ragazza, che a stento
riusciva a tenere il passo.
-Meglio correre il rischio che morire no?- quella era più
una domanda retorica che un quisito vero e proprio. Proprio per questo Ichigo
non rispose, seguendo a ruota il proprio compagno. Arrivati dietro ad un grosso
palazzo diroccato si guardarono intorno, notando che nella vecchia e buia
Tokyo, armate di due tipi si erano schierate.
-Cosa facciamo...- si domandò Ichigo, che non ebbe una vera
e propria risposta. Si sentì tirare con forza contro un petto scolpito e
muscoloso. Il profumo forte ed inebriante di Kisshu le percorse immediatamente
le narici, in un viaggio silenzioso ed emozionante. Un viaggio veloce che la
portò sul tetto di un palazzo non propriamente distrutto come gli altri. La
rossina si trovò tra le braccia del “cavaliere” ed in breve si scansò con non
poco imbarazzo. Lo fissò un solo istante, notando che ben presto il proprio
interlocutore avrebbe detto qualcosa. Tuttavia, non appena osservato intorno,
non gli diede il tempo di dir nulla. -Guarda... qua vicino abito io! Ma allora
tu sapevi dove ci trovavamo!- esclamò quasi contenta. Tuttavia quel barlume di
felicità le si spense improvvisamente non appena udì un nuovo scoppio. E da
quell’esatto istante di rumore e follia, la sua vita non sarebbe stata più la
stessa. -No...- sussurrò semplicemente, portandosi una mano davanti alla bocca.
Osservò casa sua in piene fiamme, così alte e potenti da poter eliminare
qualunque cosa. Le osservò. Gravi e maledette. Forti ed inarrestabili. Potenti
e bastarde. Avevano inghiottito tutto. Come una doccia improvvisa. Come un
vento freddo che ti solletica l’animo. Come quell’urlo disperato che presto
sarebbe uscito dalle sue labbra. -No! Non può essere!- corse sino all’estremità
del tetto, osservando di sotto. Fu tutto talmente veloce che Kisshu poteva già
vedere la ragazza stremata al suolo dopo una caduta di trenta metri.
-Ma sei impazzita?- tuonò, afferrandola da dietro le spalle.
Il vento fresco della notte soffiò capriccioso sui volti stanchi, mentre con
affanno Kisshu riversava il proprio fiato e la propria preoccupazione sul collo
di Ichigo. -Non puoi correre così qua sopra: è pericoloso!-
-Parli di pericolo? Quella che sta bruciando è sicuramente
casa mia!- rispose di rimando lei, scansandosi con forza.
-Andiamo a controllare. Con tutto questo buio non puoi
esserne sicura!- tentò lui, ma non fu poi così convincente. Alzò lo sguardo sul
volto sofferente della ragazza. Ella lo fissava in completo silenzio, quasi
attendesse una sola frase: e cioè che quella che stava bruciando non era casa
sua. Che i genitori che sarebbero morti al suo interno non erano i suoi. Ma non
posso Ichigo, io questo non te lo posso dire. Vide i suoi occhi farsi lucidi,
mentre con paura emetteva un singhiozzo.
-Ho paura... ma devo sapere.- abbassò lo sguardo, tirando un
calcio in aria.
-Ma...-
-Portami là!- ordinò semplicemente, con voce ferma ed in
fondo, preoccupata. Kisshu obbedì subito, stringendole forte la mano e sparendo
poco dopo insieme a lei. Sarebbe potuta essere felice per via della scoperta
che in realtà era stata tutta una farsa. O soffrire un’intera vita per la morte
dei propri genitori.
Raggiunsero in breve il luogo dell’incendio. Ichigo non ci
mise molto a capire che quella che stava bruciando, era davvero casa sua.
Lacrime e sofferenza l’invasero tutta, facendo crollare quell’ultima briciola
di sensibilità rimasta. -No! Mamma, papà!- urlò, in preda alla collera. I passi
si fecero sempre più veloci, sino a diventare una corsa inarrestabile. –Vi devo
salvare!- tuonò, mentre lacrime trasparenti inondavano l’asfalto. Ma non
avrebbe avuto il tempo di fare ciò che avrebbe voluto. Non si sarebbe lanciata
nelle fiamme nel solo intento di salvare le uniche persone che le dessero un
po’ di sicurezza in quel pazzo mondo. Perché? Perché quelle mani le strinsero
forte le spalle. Perché entrò in gioco
la forza infinita di quei muscoli allenati che la trattennero, facendola poi
indietreggiare a grande velocità. Perché ora la propria schiena sfiorava poco
convinta il petto di colui che ora, la tratteneva da un suicidio sicuro. Ma non
le importava. A chi in fondo sarebbe importato?
-Lasciami, lasciami!- tuonò, dimenandosi. Per protesta
iniziò a tirare calci per aria, ad agitare le braccia e la testa in maniera
velocissima. Tuttavia non fu difficile per Kisshu trattenerla, e farla voltare
da quel triste spettacolo. La fronte della ragazza toccò improvvisamente quello
stesso petto, facendo bagnare la maglia del ragazzo delle proprie lacrime.
-Fammi andare...- pregò sommessamente, mentre il rumore delle fiamme nascondeva
la tristezza dei propri singhiozzi.
-Non posso... ormai non c’è più niente da fare.- proferì
semplicemente, portando una mano sulla nuca rossa. Spinse il volto della
ragazza a stretto contatto con il proprio petto, sperando forse, di poter
assorbire in maniera almeno minima quell’assurdo dolore.
-Non è giusto...- pianse, mentre lui la stringeva forte
forte a sé. Le baciò premuroso la nuca, mentre le lacrime sempre più copiose
gli bagnavano la maglietta scura.
-Lo so...- ma in fondo mia bella Ichigo, cosa è giusto in
questo mondo? Credo che tu non possa dirmelo in questo momento né mai. E non
potrò fare altro che stringerti e consolarti, mentre tu ti disperi perché chi
amavi tanto ti ha lasciata. E la strinse forte a sé, sussurrandole quanto quel
mondo fosse matto ed inaspettato.
Quella fu una notte estremamente lunga. Una notte in cui
Ichigo Momomiya non fece altro che piangere, mentre si rendeva conto di essere
rimasta sola. Anche se forse, non completamente sola.