TCP PROLOGO
Ciao a tutti!
Se passate di qui per la prima volta sappiate che questa è
stata la mia prima fan fiction.
Inspiegabilmente, visto che non avevo mai scritto niente in vita mia,
è piaciuta tanto e mi ha portata a scriverne una raccolta di
missing moments (''Tutto
come prima: Reloaded'') ed un seguito che
è attualmente in lavorazione.
In più di un anno di scrittura assidua su Efp il mio stile
è cambiato molto, e nonostante le mie storie più
recenti
mi soddisfino maggiormente delle primissime, questa rimane quella a cui
sono più legata, così, ad un anno di distanza
dalla sua
prima ''messa in onda'', ho deciso di riprenderla in mano e modificarne
tutto ciò che non mi piaceva, che fossero typo o refusi di
varia
natura, incoerenze o, semplicemente, parti del testo che avrei
omesso/modificato/approfondito maggiormente col senno di poi,
approfittandone per inserire tutte le fanart al posto giusto (sono
tutte opera della meravigliosa Spirit99)
e per eliminare i commenti osceni che amo inserire ad inizio/fine
capitolo.
Chiedo scusa a chi l'ha amata così com'era, spero capiate
che
sono stata mossa dalle migliori intenzioni e che la versione ''rivista
e corretta'' della storia vi piaccia almeno quanto la precedente.
Rinnovo i miei ringraziamenti a chi è passato o
passerà di qui.
Violet.
You better watch out what you
wish for.
It better be worth it,
so much to die for.
When I wake up in my
makeup
have you ever felt so
used up as this?
It's all so sugarless.
Hooker, waitress, model,
actress, oh, just go nameless.
Honeysuckle, she's full
of poison, she obliterated everything she kissed.
Now she's fading
somewhere in Hollywood,
I'm glad I came here
with your pound of flesh.
Hole,
Celebrity skin.
Nerima, 28 luglio 1994, interno giorno.
Si svegliò ancora più stanca di quando si era
messa a
letto, con gli occhi rossi e cerchiati per il pianto e l'insonnia.
La sera precedente avevano litigato, proprio come quella prima e quella
prima ancora, ed anche quella mattina il risveglio di Akane Tendo era
stato segnato dalla rabbia, dalla frustrazione, dalla voglia di
ucciderlo in modo da zittirlo per sempre o di dirgli addio una volta
per tutte.
Stupido fidanzato, stupidi padri che li avevano messi insieme con la
forza, stupida famiglia, stupida Nerima, stupida scuola che era finita
un anno prima gettandola nello sconforto e nell'indecisione
più
neri.
Era diplomata da un anno, si allenava duramente e di tanto in tanto
dava una mano nella gestione del Dojo, soprattutto per quel che
riguardava le pratiche burocratiche. Generalmente era abbastanza
soddisfatta della sua vita, ma in quel momento
detestò l'attestato di licenza superiore che campeggiava
fiero
sulla parete della sua
stanza, appeso lì contro la sua volontà dodici
mesi prima
da un Soun
piangente ed orgoglioso.
Almeno tra i banchi avrebbe potuto pensare ad altro.
Sdraiata ad occhi chiusi sul letto della sua camera iniziò a
fare un bilancio della sua vita negli ultimi anni, gli anni segnati dal
passaggio dei Saotome nelle loro esistenze, ed il quadro finale che ne
derivò fu desolante.
Vent' anni e non aveva realizzato assolutamente niente.
Vent' anni ed era ancora la ragazzina goffa ed impacciata di quattro
anni
e mezzo prima: non sveglia, disinibita e sensuale come Nabiki,
più
vecchia di lei di solo una manciata di mesi, nè tantomeno
una
vera donna di casa come Kasumi, la bella della famiglia, l'angelo del
focolare, quella su tutti contavano.
Lei era semplicemente Akane.
Era sbadata, rozza, racchia, violenta, per niente carina, con poco seno
e troppi fianchi, insolente, orgogliosa, maschiaccio, combinaguai,
infantile, stupida.
O meglio, questo era ciò che era arrivata a pensare di
sè dopo esserselo
sentito dire così tante volte da quello stupido che,
segretamente, amava ancora definire il suo Ranma.
Dal suo arrivo a Nerima, la vita della famiglia
Tendo era stata letteralmente stravolta dal giovane Saotome, ma a
pagare lo scotto più alto era stata proprio lei, la dolce
Akane.
Prima che il suo ''futuro marito'' e le sue tremende
corteggiatrici le piombassero in casa, Akane era la ragazza
più forte e corteggiata di Nerima. Non c'era ragazzo che non
desiderasse uscire con lei, non c'era combattente che non avesse paura
di sfidarla.
Spesso suo padre, ormai alla soglia dei 50, aveva delegato a lei
l'onere di difendere la palestra Tendo da strani sfidanti venuti da
fuori città, e lei, sebbene ancora ragazza, aveva sempre
portato
a termine ogni compito.
I suoi lunghi capelli corvini erano l'invidia di tutte le ragazze della
scuola, ed il suo fisico, così femminile, il sogno di tutti
i
ragazzi.
Era vero, odiava gli uomini.
Odiava le loro attenzioni incessanti, la loro
superficialità, la loro inettitudine.
Li odiava perchè la consideravano solo un pezzo di carne, un
bel pezzo di carne, e lei lo sapeva.
Ma nello stesso momento in cui quelle attenzioni le vennero a mancare
iniziò a rimpiangerle.
Non sapeva quando nè come fosse successo, ma era capitato.
Ranma le aveva portato via tutto.
Era più forte di lei, molto più forte di lei, ed
il
compito di difendere la palestra veniva sempre più spesso
affidato a lui, visto che in un certo senso ne era l'erede.
Nessuno si sarebbe mai sognato di sfidarlo per il cuore di Akane: Ranma
era, letteralmente, invincibile.
E le sue corteggiatrici... Beh, erano bellissime.
Forti, forse più di lei.
E disinibite, molto. Non avevano idea di cosa fossero l'imbarazzo e la
timidezza quando si trattava di corteggiare un ragazzo, di essere belle
e provocanti o, semplicemente, di esprimere i propri sentimenti.
Ah e poi quello.
Erano entrambe delle ottime cuoche.
Akane rifutava categoricamente di considerare Kodachi Kuno una rivale,
perchè, lo sapeva, era una pazza con cui nessun uomo avrebbe
avuto il coraggio di uscire, ma Shampoo ed Ukyo erano decisamente
più adatte alle inclinazioni di Ranma di quanto non lo fosse
lei: entrambe lavoravano nella ristorazione, erano belle, femminili e
dolci, proprio come lui le rimproverava sempre di non essere. Avevano
dei fisici perfetti e delle chiome lunghe e morbide, che spesso la
giovane Tendo si incantava a guardare.
Ranma non le aveva mai fatto un complimento se non in situazioni
estreme, ed in quelle occasioni aveva sempre provveduto a
rimangiarselo; la
insultava in continuazione e, soprattutto, ogni volta in cui qualcuno
provava a parlare del loro fidanzamento tagliava corto, insistendo
sul fatto che fosse stato deciso tutto contro la propria
volontà.
La goccia che fece traboccare il vaso fu il matrimonio mancato.
Quando Ranma credeva che fosse morta le aveva dichiarato il suo amore,
dicendole di essere sempre stato pessimo con le parole, di essere
pentito per non essersi dichiarato in tempo.
Ad Akane la scelta dei loro padri di farli sposare immediatamente era
sembrata più che ovvia: lui l'amava, lei lo ricambiava ed il
mondo sembrava remar loro contro, quindi perchè non unirsi a
dispetto di tutto?
Non poteva immaginare che Ranma fosse stato portato sull'altare con
l'inganno, no, credeva che nemmeno i loro folli genitori sarebbero
stati in grado di commettere un'azione tanto stupida.
E invece.
Si alzò e si diresse verso il suo armadio, dove gelosamente
ancora custodiva l'abito da sposa che aveva indossato quella mattina,
solo pochi mesi prima, colma di speranze per il futuro.
Solo pochi mesi prima, ma era esausta come se fosse passata una vita.
Si era addirittura imposta di imparare a cucinare e di iniziare ad
essere più sexy, dopo le nozze.
Che stupida.
Tolse dalla custodia il vestito e lo annusò: sapeva ancora
di
vaniglia, come la crema per il corpo che aveva utilizzato quel
maledetto giorno, nell'assurda speranza che il suo odore piacesse al
suo futuro marito.
Ma lui quelle cose nemmeno le notava.
Ovviamente dopo l'incidente tutti i soldi della famiglia Tendo furono
impiegati nella ricostruzione del Dojo distrutto, e la faccenda
matrimonio passò in sordina.
Per la gioia di Ranma, che non faceva che comportarsi come se nulla
fosse successo, nonostante le loro liti fossero, se possibile,
peggiorate.
Si teneva dentro quel pianto da troppo tempo, e così,
nell'intimità della sua stanza da letto, in un assolato
giovedì mattina, la piccola Akane pianse.
Pianse finchè non ne potè più,
finchè anche
le lacrime non furono stufe di uscire, ma soprattutto finchè
il
forte vociare al piano di sotto la riportò in sè,
incuriosendola e distraendola dalle sue miserie.
"Figlio degenere! Perchè mi hai fatto questo?"
"Io non capisco... Così all'improvviso..."
"Kasumi, non è stata una scelta così improvvisa".
Il vecchio maestro Happosai aveva ragione, come sempre.
Dopo quanto accaduto il rapporto tra Ranma ed Akane si era incrinato
notevolmente: anche se ad un occhio non esperto poteva sembrare che i
due si punzecchiassero come sempre, ad un più attento esame
si
poteva percepire il rancore della piccola Tendo. Lo si notava dal modo
in cui gli rinfacciava, sempre più spesso, di non essere un
uomo
completo, cosa che non sembrava l'avesse mai turbata. E si notava di
come Ranma patisse la situazione più del solito: si
trasformava
sempre meno spesso e quasi sempre contro la sua volontà.
Aveva
smesso di utilizzare il suo procace corpo femminile per ottenere favori
o schivare i problemi: semplicemente, quando pioveva o veniva
accidentalmente bagnato dall'anziana vicina di casa dei Tendo,
imprecava e correva a bagnarsi con l'acqua calda.
I commenti erano più aspri, taglienti, volti a ferire e non
a
difendersi. Gli sguardi erano gelidi, le piccole attenzioni quotidiane
sparite, il dialogo pressochè nullo.
Akane scese le scale controvoglia e raggiunse la famiglia al completo,
che appena la vide trasalì tutta.
"Buongiorno! Che succede?"
"Bambina mia, non pensare nemmeno per un secondo che sia colpa tua!"
"Ma che dici, papà? Dai, smettila di piangere! Insomma!
Qualcuno può dirmi cosa succede?"
L'arduo compito spettò ovviamente a Nabiki, figlia di mezzo
ed
unica persona dotata di razionalità in tutta la casa.
Guardò greve la sorella minore, le intimò di
rimanere
calma e le porse un biglietto.
Spesso Akane aveva desiderato di uccidere Ranma in modo da zittirlo una
volta per tutte, aveva desiderato che sparisse per sempre.
Quella mattina fu accontentata.
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