“Questa
è Berk. Un’isoletta abitata da
‘simpaticissimi’ vichinghi, immersa nelle
‘refrigeranti’ acque di Disperazione,
semisperduta nelle ‘impercettibili’ nebbie del Nord
e costantemente battuta da quella ‘fresca’
tramontana che congela i polmoni. Il miglior divertimento che abbiamo
qui sono i nostri animali da compagnia: i draghi. Sì, quelle
‘spaventose creature’ sputa fuoco che volano di qua
e di là, terrorizzando tutti. In realtà, sono
esseri molto speciali con cui noi abbiamo creato un legame molto
speciale, dopo tanti secoli di guerra. Ma questa ormai è
finita da un po’ qui a Berk e ora draghi e umani
convivono in pace… più o meno.”
“Drago
cattivo! Restituiscimi subito la sella!” lo
rimproverò Hiccup.
Quel giorno
Sdentato aveva una tremenda voglia di giocare e fare scherzi.
Stava
tranquillamente saltellando qui e là nel prato innevato
dietro casa, trascinandosi la sella in bocca e lasciando le sue
evidenti orme di zampe e scie di coda dappertutto. Il padroncino era
costretto ad inseguirlo, nonostante la sua gamba artificiale e
continuava a sgridarlo, benché il suo tono esprimeva
più divertimento che ammonimento. Ormai metà del
suo corpo era bagnato fradicio a causa della neve. Continuarono a
rincorrersi per un bel po’ e si allontanarono,
finché il drago nero non notò qualcosa di strano
volare da meridione, dalla costa. Dilatò gli occhioni verdi
e focalizzò la figura; era un corvo con un qualcosa di
strano attorcigliato ad una zampa. Accortosi dello strano comportamento
del suo drago, Hiccup guardò in cielo e notò lo
stesso uccello dirigersi verso casa sua. Sdentato emise un suono simile
ad un ringhio.
“Non
ti preoccupare, bello…” lo calmò Hiccup
“E’ solo un corvo messaggero, non
c’è niente di cui preoccuparsi! Sarà
sicuramente qualcuno che ha scritto a mio padre.”
Sdentato lo
guardò con gl’occhi pieni di curiosità
e le tenere orecchie nere alzate, ma il giovane vichingo non gli diede
altre informazioni. Si limitò a sorridergli e
recuperò finalmente la sua sella che il drago aveva lasciato
in custodita e sbavata nella neve. Tuttavia, intuì dallo
sguardo di Sdentato la stessa domanda che ora si poneva anche lui: chi
mai avrebbe potuto scrivere a suo padre e specialmente da un posto
così lontano come l’oltre mare?
Ci
rifletté un po’ su, poi fece le spallucce e decise
di lasciar perdere. Era convinto che suo padre gliene avrebbe parlato,
forse. Sellò il suo drago e se ne andarono a farsi un giro
in quella fredda giornata.
Era fantastico starsene lassù in cielo, fra le nuvole ad
osservare il mondo dall’alto, da una prospettiva totalmente
diversa. Rendeva il paesaggio magico, sublime. Era tutto
così piccolo e diverso da lassù. Hiccup era
sempre contento di vedere quel panorama meraviglioso dopo gli sforzi
che faceva per volare assieme a Sdentato.
Eh,
sì, cavalcare un drago era un’impresa abbastanza
impegnativa, ma soddisfacente.
“Che
ne dici? Saliamo ancora un po’?” domandò
Hic avvicinandosi al muso di Sdentato.
Questo fece un
verso di approvazione e le sue ali spiegate sbatterono. Una volta, due,
tre e alla quarta erano già in mezzo alla coltre di nubi
bianche. Un altro paio di sbattute e finalmente navigarono su
quell’oceano bianco dove il sole splendeva senza limiti e il
cielo era terso. La Furia Buia decise di planare un po’ su
quella coltre creando un’evidente scia e facendo scuotere un
po’ il padroncino. Hic sorrise e lo fece salire ancora un
po’ di quota. Avvistarono un cumulo di nubi e decisero di
girarci un paio di volte attorno ed aumentarono la velocità.
Il ragazzo si abbassò sulla groppa del drago per non sentire
completamente il vento gelido penetrargli sotto la maglia di lana verde
e il gilet di pelliccia marrone. Guardò avanti e le nuvole
gli sembravano sempre più bianche, più fitte,
finché non sentì Sdentato sussultare.
“Che
succede bello?” chiese Hic, non capendo il suo comportamento.
Il drago si
guardò attorno e non vide altro che banchi di nuvole uno
sopra l’altro, ma era molto agitato. Virò prima a
destra poi a sinistra, poi di nuovo a destra mettendo a prova le
abilità del cavalcatore, che dovette cambiare velocemente la
posizione del piede per poter permettere all’ala artificiale
posteriore di mantenere l’equilibrio.
“Ehi,
ehi!!” lo riprese il vichingo “Vacci piano! Si
può sapere che succede?”
Neanche il
drago non sapeva spiegarselo, ma gli sembrava come se ci fosse qualcosa
che non andasse.
Continuava a
guardarsi attorno, avvertendo una presenza. Allora Hiccup
cercò la ragione per cui il suo amico era così
agitato, ma non la trovò. A sinistra c’erano solo
nuvole tendenti ad un rosa pallido, mentre a destra queste si
diradavano e mostravano il vasto mare blu che circondava
l’isola. Osservò ancora qualcosa lì
intorno, finché non notò le orecchie di Sdentato
rizzarsi e lui guardare avanti. Aveva sentito qualcosa, un rumore
sospetto.
In men che non
si dica, i due vennero letteralmente spintonati via dalla corrente,
come se qualcosa li avesse appena urtati. Ma Hic non aveva sentito
niente, a parte la sensazione di nausea che gli venne dopo aver visto
tutto vorticargli attorno velocemente, troppo velocemente. Stavano
perdendo quota. Dopo l’iniziale stupore di
quell’incredibile folata di vento, Hic dovette riprendere in
fretta il controllo del suo drago e farlo planare. Sdentato si
librò e rimasero sospesi in aria, sopra le gelide acque.
“Fiù!
C’è mancato poco, eh?”
ironizzò Hic, notando la differenza che li separava dallo
strato blu delle onde.
Il drago non
lo calcolò nemmeno e guardò da
tutt’altra parte, più in alto, verso il banco di
nubi. Qualunque cosa li avesse travolti in quel modo, aveva lasciato
una scia dietro di sé, un lunghissimo tunnel tra le nuvole
creato dal suo passaggio e fece capire ai due che la creatura in
questione si stava dirigendo verso Berk.
Il viso di
Hiccup si rabbuiò e, dando un paio di pacche a Sdentato,
decise di seguire quella pista per vedere cosa stava succedendo. Il
drago era anche lui deciso a scoprire la verità e
sbatté le ali più forte che poté verso
casa.
Alla velocità a cui andavano, non ci misero molto
a tornare a Berk. Arrivarono proprio dallo stesso verso in cui
arrivò il corvo quella mattina: da sud. Passarono
velocemente il porto e sotto Hiccup vide le case passargli veloci come
non mai. Era saldamente aggrappato a Sdentato ed aveva come la
sensazione che se si fosse staccato in quel momento, non ci avrebbe
messo neanche mezzo secondo per volare via lui in persona, cosa che
avrebbe voluto evitare molto volentieri.
Scrutò
il cielo: la scia proseguiva verso la foresta e loro con lei. Sdentato
sbatté le ali più forte, finché Hic
non lo costrinse a rallentare e a planare nel bosco dove la traccia
finiva. Scesero dolcemente e il drago si mise a fiutare
l’aria attorno, ma l’odore dei pini gli offuscava
l’olfatto. Il ragazzo invece trovò quel posto
molto familiare e ci mise poco per orientarsi. Sentì una
specie di ‘crack’ sotto i suoi piedi e
controllò cosa aveva pestato di preciso, anche se era quasi
sicuro che si trattasse di un ramo. Invece sotto la sua gamba destra -
quella buona - c’era una squama semitrasparente. La raccolse,
tirò fuori dalla tasca la squama di Sdentato, che teneva per
ricordo, e le confrontò. Erano praticamente identiche, anche
se sulle prime, a Hiccup sembrò più un pezzo di
vetro tagliato a misura. D’istinto lo mise a contrasto con la
luce solare e vide che assunse le sfumature dell’iride.
“Wow!
Ehi, Sdentato hai visto che bello?” chiese non appena vide
l’effetto ottenuto.
Sdentato non
poteva non notarlo perché quella squama tralasciava delle
piccole tracce di luce arcobaleno un po’ dappertutto, proprio
come un pezzo di vetro. Era veramente stupenda.
Poi Hiccup
notò che dietro la squama, c’era un buco fra le
nuvole, come uno sbocco e capì che era la traccia che
stavano cercando di seguire. E notò anche che finiva in
punto molto preciso, molto noto a lui e al suo amico.
“Non
può essere…” mormorò
incredulo.
Si mise a
correre a perdifiato saltando tronchi caduti durante le tempeste,
evitando rami innevati e cercando di non inciampare nei suoi stessi
piedi. Il suo fido drago lo seguì, raggiungendolo e
superandolo data la sua grande agilità sulle quattro zampe.
Arrivato verso dei grandi macigni, decise di appollaiarsi comodamente
su un paio di esse. Anche Hiccup arrivò sul posto e, proprio
come aveva immaginato, era finito in quel posto.
Nel covo.
Era quella
piccolo bacino di terra in mezzo al bosco, attorniato dalle rocce e
dalle radici degli alberi, dove la luce filtrava in mille modi diversi
e si rifletteva nel laghetto, ora ghiacciato, circondato dalla coltre
bianca che aveva coperto le erbacce e la terra morbida, quasi simile a
sabbia. Sdentato era rimasto su quella roccia ad osservare un punto
preciso del loro posto segreto e Hic dovette sporgersi tra le pareti
per poterlo vedere. S’era messo in un punto quasi cieco dalla
sua posizione, ma alla fine lo vide pure lui.
Un drago
completamente bianco che sbatteva il muso contro la parete ghiacciata.
Probabilmente
aveva fame e voleva procurasi un po’ di pesce. Non ci
pensò su molto che s’alzò leggermente
in volo, prese la mira e sputò la sua bella ed infuocata
palla che esplose proprio come un fuoco d’artificio e
spaccò il ghiaccio. Il draghetto contento, immerse il muso e
cercò di raccattare qualcosa, ma riemerse quasi subito,
scuotendolo.
Hiccup decise
di avvicinarsi per poterlo vedere più da vicino.
Strisciò lungo la parete, s’aggrappò ad
una radice semigelata che gli fece rabbrividire le mani,
trovò un appiglio e scese silenziosamente giù
verso una sporgenza, sempre sotto lo sguardo attento del suo drago.
Quest’ultimo ci mise molto meno e con
l’agilità di una pantera arrivò
silenzioso fino al laghetto, facendo cenno al compagno di buttarsi
sulla sua groppa. Hiccup era un po’ scettico al
riguardo, tuttavia si buttò lo stesso.
Finì nella neve con un tonfo sordo e non riuscì a
trattenere un gemito di dolore. Subito si ritrovò il musetto
nero del suo drago di fronte al suo viso, con gli occhioni verdi che
gli chiedevano se stava bene e un piccolo verso.
“Ah,
sto bene tranquillo! Fortuna che la neve è
morbida!” esclamò, poi si rese conto che avrebbe
fatto meglio a tacere.
Si
voltò di scatto verso il drago che lo stava fissando con i
suoi grandi occhi azzurri, proprio come il cielo limpido di quella
mattina. Il suo corpo era completamente bianco, ma
s’intravedevano le sfumature color iride provocate dai raggi
del sole contro le sue squame, ma quello che lasciò Hiccup
veramente di stucco, a bocca aperta, era la forma di quel drago.
Perché
era completamente identico a Sdentato.
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- Ok, è
corto. Troppo corto! Ma secondo voi, cosa dovrebbe fare una persona a
cui balnea in testa un'idea e la vuole condivere con gli altri? Avessi
le mani più veloci... Almeno scriverei cose più
lunghe... Vabbé! Signori, questo era il prologo della mia
storiella. Non vorrei scrivere nulla di che, solo un'idea balzana che
mi è venuta in mente vedendo il film qualcosa come 30.000
volte e che ha continuato a frullarmi per la testa e per cui alla fine
mi sono detta: "Perché no?". E giuro che farò
tutto quello che posso per rendere al meglio la mia storia.
Sperando di
avervi incuriositi un pò...
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