Giovani detective crescono

di KiarettaScrittrice92
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La nuova famiglia

Era una mattina come le altre, il sole era sorto da qualche ora e, filtrando dalla finestra, stava illuminando la camera da letto, un raggio colpì il viso dell’uomo che era ancora sdraiato sul letto matrimoniale, infastidendolo un po’ e portandolo, con un gesto quasi bambinesco, a stropicciarsi gli occhi insonnolito, per poi aprirli e mostrare uno sfavillante colore azzurro. La cosa, però, durò un attimo, perché subito dopo dovette socchiuderli nuovamente proprio per via di quella luce che proveniva dalla finestra. 
Si rigirò nel letto, in modo che quel raggio non lo infastidisse più e in quel momento la vide: si stava pettinando i lunghi capelli mori, come faceva ogni mattina dopo essersi cambiata prima di scendere a preparare la colazione. Riusciva a vederne la schiena perfetta, mentre stava seduta sullo sgabello e allo stesso tempo riusciva a vederle il viso, riflesso nello specchio davanti a lei: candido, delicato, come se il tempo fosse passato solo per lui, mentre lei aveva mantenuto la sua freschezza giovanile che aveva il giorno in cui le chiese di sposarlo. Teneva gli occhi chiusi, mentre la sua mano destra continuava a spazzolarsi i capelli. 
Si alzò dal letto con un movimento silenzioso e si avvicinò a lei, quando le fu dietro le scostò i capelli e avvicinò il viso al suo collo. Lei fermò il movimento della spazzola sussurrando un «Buongiorno» appena accennato. Lui assaporò il profumo della sua pelle e poi le baciò il collo: un bacio dolce e sensuale allo stesso tempo, che fece rabbrividire la donna che subito dopo si girò verso di lui che le stava sorridendo.
«Come stai?» domandò.
«Molto bene, mio amato detective.» rispose lei ricambiando il sorriso.
Dopo quel dolce buongiorno la donna scese in cucina, mentre lui andò a farsi una doccia e a vestirsi.
Circa venti minuti dopo era sceso anche lui in cucina a prepararsi la colazione, quando la voce della moglie echeggiò nella casa.
«Conan, Akemi vi volete alzare? Guardate che vengo lì e vi butto un secchio d’acqua in testa!» urlò, facendolo sorridere.
Quando Ran era da sola e li sgridava urlava sempre, quando invece erano assieme era lui a dover fare il poliziotto cattivo. Eppure, ogni tanto guardava i suoi figli e gli sembrava strano avere una famiglia a cui badare. Mentre pensava a quello un bambino identico a lui, tranne per gli occhi di Ran, entrò in cucina, già vestito, ma con ancora l’aria assonnata mentre si stropicciava gli occhi.
«Buongiorno campione!» disse il padre con un sorriso porgendogli la tazza di latte.
«Devo per forza andarci a scuola?» chiese facendo il broncio e buttandosi pesantemente sulla sedia, come se avesse appena finito una corsa e fosse stanco.
«Ricominciamo con questa storia? Conan, pensavo che ieri ci fossimo chiariti. Tu vai a scuola altrimenti ti puoi scordare il computer.» lo rimproverò Shinichi.
Quel bambino era sempre stato una piccola peste fin da piccolo, ma ora che era cresciuto era diventato insolente e svogliato. L’uomo non aveva proprio la minima idea di cosa ci fosse di sbagliato in lui, in fondo non credeva di aver mai viziato i suoi figli, considerato che la maggiore era molto tranquilla ed educata, forse era solo una questione di crescita.
«Uffa…» sbuffò il bambino, per poi tuffare il volto nella sua tazza di latte.
«Uffa, uffa, uffa... - lo rimbeccò sua sorella Akemi, che era appena entrata in cucina - Ma com’è che ti lamenti sempre?»
Lei era uguale alla madre con gli occhi del padre: l'avevano chiamata Akemi in memoria della sorella di Shiho.
«Lasciami in pace tu.» sbuffò il bambino scocciato.
Entrambi i bambini fecero colazione, si misero gli zaini in spalla e si diressero verso la porta.
«Ciao, ci vediamo!» salutò l’undicenne, uscendo di casa con il fratello.
I due seguirono con lo sguardo i loro figli, osservandoli dalla finestra, fino a che non svoltarono l’angolo, dopodiché la donna si rivolse al marito.
«Ora tocca a noi uscire di casa.»
«Già... Oggi all’agenzia ho ben cinque appuntamenti e probabilmente devo pure andare fuori città per un caso importante.» disse Shinichi prendendo la sua ventiquattrore.
«Vedi di non arrivare tardi questa sera, mio instancabile detective.» disse lei dandogli un bacio sulle labbra.
«Tranquilla, tornerò al solito orario. Tu piuttosto fai impazzire un po’ Sonoko a lavoro.»
La donna rise divertita, poi uscirono di casa, si diressero nel garage, si salutarono con un altro bacio ed ognuno salì a bordo della propria auto.





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