World in my eyes
Questa breve one-shot è ambientata
alla fine del quattordicesimo volumetto del manga. Mi è venuta
di getto e non ho proprio potuto fare a meno di scriverla.
Partecipa al contest indetto da Mak-chan sul
forum di efp, sul tema dell'album Violator dei Depeche Mode. Il titolo
è tratto, secondo le regole del contest, da una canzone
dell'album "World in my eyes" . Il brano da "Ti avrei mostrato quel
mondo" a "l’odore
della neve" è una molto libera interpretazione di un brano
della canzone stessa.
Buona lettura e lasciatemi sapere cosa ne pensate.
Continuo a ripeterlo, a tutti quelli che incontriamo, a
tutti quelli che cercano di fermarmi. Di impedirmi di raggiungerti. Ma,
soprattutto, continuo a ripeterlo a me stesso.
Che sto cercando di salvarti, perché ti devo la vita, perché
sono in debito con te.
Ed è vero, Rukia, assolutamente vero, stupida ragazza, che
sono in debito con te, che ti devo la vita.
Come puoi credere il contrario, testa vuota che non sei
altro? Tutte le volte che ricordo il modo in cui ti sei parata davanti a me per
proteggermi, non una, ma due volte, mi vergogno di me stesso, per essere stato
così debole da costringerti a questo, per non essere stato capace di
impedirtelo.
Dove trovi tutta quella forza, quel coraggio, quell’energia,
in quel corpo minuto?
Per questo devo venire a tirarti fuori di là e riportarti
indietro: per ripagare il mio debito e cancellare questa macchia sul mio onore.
Non ho bisogno di altre ragioni.
Dormirai di nuovo nel mio armadio, Rukia, se lo vorrai. Quei
futon aspettano solo te. Certo, adesso che so che appartieni a una famiglia
nobile, seppur per adozione, mi sento un po’ in imbarazzo a pensare che ti ho
permesso di alloggiare dentro quel buco. Non ti sei mai lamentata. Non quando
ti impedivo di usare il bagno, perché c’era il pericolo che qualcuno ti
vedesse, non quando ti costringevo ad alzarti prima, per non arrivare a scuola
insieme e non destare sospetti, nemmeno quando ti portavo soltanto un po’ di
riso bianco per cena.
Allora non pensavo a quanto dovesse essere disagevole per
te, vivere nel mio armadio. Pensavo solo a quanto fosse disagevole per ME.
Tu, invece, hai sempre pensato a me, ogni volta. Non hai
fatto altro che aiutarmi, da quando ci conosciamo. Fino a sacrificarti per la
seconda volta.
Ichigo… che stupido nome. Non riesco mai a proteggere
nessuno; sono sempre gli altri a proteggere me.
Ti devo salvare Rukia, perché sono in debito con te. E’
inevitabile.
Eppure, anche se tu non mi avessi mai salvato, starei
correndo verso di te.
Non ne potrei fare a meno, perciò, vedi, dover ripagare il
mio debito, in verità, non è che una scusa, per quest’urgenza che sento, di
riaverti accanto a me.
La ragione per cui devo salvarti é la stesso per cui deludo
sempre Inoue.
Tu sei l’unica persona al mondo, che proteggo per me stesso.
E’ per egoismo che vengo ad aprire le porte della tua prigione, per egoismo che
affronto i tuoi guardiani, per egoismo che tento di liberarti dalle tue catene.
Ho bisogno di immaginare il tuo respiro e il battito del tuo
cuore, oltre le ante di quell’armadio, riempire tutta la stanza e cullare il
mio sonno, ogni notte.
Una melodia che pulsa lenta e regolare, dolce e
rassicurante, che si diffonde nell’aria e mi avvolge, placa i miei timori e le
mie incertezze. Mi fai sentire forte, Rukia, coraggioso e giusto con un solo
sguardo di quei tuoi occhi immensi. Soltanto mia madre riusciva a farmi sentire
così.
Quando tu dormivi in quell’armadio, per la prima volta dopo
anni, non mi sentivo sbagliato e incapace.
Ho bisogno di sentirmi di nuovo in questo modo.
Nei tuoi occhi si rispecchia Ichigo, come non lo vedo da
nessun’altra parte, nei tuoi occhi grandi e seri.
Ti devo salvare Rukia, perché ho bisogno di te. E’
inevitabile.
Ogni notte giacevo supino sul letto e guardavo il soffitto e
pensavo. Pensavo ai lenzuoli che si sollevavano al ritmo del tuo respiro, al
tuo corpo sottile avvolto dal pigiama di Yuzu, ai tuoi occhi sempre vigili,
finalmente chiusi.
Non so quando ha cominciato a succedere, quando all’imbarazzo
iniziale di avere una sconosciuta che dormiva a pochi metri da me, si è
sostituita una piacevole tranquillità all’idea che tu fossi lì vicina. Mi pare
di non aver provato altro fin dalla prima notte, poi mi dico che non può essere
così, che, sicuramente, le prime volte, mi sentivo a disagio a saperti
addormentata nel mio armadio.
Eppure non riesco a ricordarmi quella sensazione, posso
credere di aver provato qualcosa del genere, ma mi sembra di aver vissuto quei
momenti dall’esterno.
Non poteva essere lo stesso Ichigo che sono adesso, quello
che considerava una fastidiosa seccatura l’idea che tu fossi lì vicino, perché
l’idea che tu non sia lì, mi fa a pezzetti il cuore, con tale violenza da
spezzarmi il respiro.
Avrei voluto essermi alzato, una di quelle notti, quando ne
avevo ancora la possibilità.
Avrei aperto l’anta del tuo armadio e avrei aspettato. La
luce pallida della luna, che filtrava dalla finestra, si sarebbe insinuata
nelle tenebre del tuo riposo e ti avrebbe svegliata.
Cosa avresti fatto allora, Rukia?
Spero che ti saresti voltata verso di me, socchiudendo quei
tuoi occhi così grandi, così limpidi, così luminosi da abbagliarmi ogni volta.
“Cosa c’è?” mi avresti chiesto “Hai avvertito la presenza di
un Hollow?”. Avresti subito pensato a un Hollow, ne sono certo: sei così concentrata
sui tuoi doveri da scordarti di te stessa. Ti scordi persino di preoccuparti
per la tua vita, tanto più facilmente ti scordi dei tuoi bisogni e dei tuoi
sentimenti.
Se tu mi avessi parlato così, io non avrei risposto, mi
sarei limitato a scuotere la testa e a guardarti negli occhi e a sperare che,
nei miei occhi, tu riuscissi a leggere tutto quello che avrei voluto dirti e
che non avrei avuto, ne mai avrò, il coraggio di dire.
Avrei lasciato che tu, nei miei occhi, ti vedessi come io mi
vedo nei tuoi.
Ti avrei mostrato quel mondo che tu ti ostini a osservare da
dietro una lastra di vetro, quel mondo che non vuoi vivere, ma solo proteggere.
Quel mondo di cui non ti rendi di far parte ormai, che tu lo
voglia o no.
Non avresti dovuto nemmeno muoverti, solo star ferma e
distesa e lasciare viaggiare la tua mente.
Ti avrei parlato con uno sguardo e con tutto il mio corpo,
di quanto sia dolce la pioggia estiva sulla pelle, di quanto una giornata senza
nubi, in inverno, può farti sentire felice, di quanto ti può sconvolgere il rumore
della risacca e di come ti può entrare nel cuore l’odore della neve.
Avrei desiderato farti provare ognuna di quelle sensazioni,
perché tu sei così per me, sei la pioggia sulla pelle e il sole che illumina i
miei giorni più bui, sei il canto del mare e il profumo della neve.
Avresti capito allora? Spero di sì.
Così avrei potuto chinarmi, appoggiare le mie mani sul
cuscino, accanto al tuo viso e baciare la tua fronte da bambina, per assaggiare
per la prima volta il sapore della tua pelle, così emozionato da non riuscire
quasi a respirare.
Avresti chiuso gli occhi? Avresti tremato appena, sentendo
il tocco delle mie labbra, l’incombere del mio corpo sul tuo? Avresti sollevato
il tuo viso delicato verso di me, in muta richiesta di qualcosa che non avevi
mai provato?
Spero che avresti lasciato le mie labbra accarezzare le tue
tempie, scendere lungo i tuoi zigomi, giocare con l’angolo della tua bocca rosea,
assaporando la dolcezza della tua pelle.
Sei così forte, Rukia, da farmi desiderare di abbandonarmi a
te, eppure così fragile da far nascere in me un desiderio di proteggerti come
nessuno mi ha fatto mai provare.
Questo ti avrebbero sussurrato le mie labbra, nello sfiorare
il tuo viso, disegnando i tuoi lineamenti minuti.
Mi pare di poter sentire il sospiro un po’ ingenuo che ti
saresti fatta sfuggire, di spavento e di piacere.
Sei tanto più vecchia di me, eppure, mi pare che, in queste
cose, tu debba essere inesperta come una bambina.
Ti avrei guardata di nuovo negli occhi, in quel momento, per
potermi godere quella tua espressione mai vista e sarei stato felice e
orgoglioso, così tanto che il cuore avrebbe rischiato di scoppiarmi, all’idea
di essere stato io, a farti sentire così.
Ad essere io, che tu guardi come un uomo, che tu guardi con
affetto e desiderio e fiducia.
Ti avrei baciato con tutta la reverenza che si offre a una
dea e la delicatezza con cui si stringe un calice di cristallo.
Vorrei chiudere gli occhi e ricordare come avresti reagito,
invece di doverlo immaginare.
Vorrei ricordare il fremito del tuo respiro e il velluto
delle tue guance, il contatto con le tue labbra e il calore della tua bocca.
Non avresti detto niente, spero, ti saresti limitata a
liberare le braccia dalle lenzuola e a stringermi le spalle, un po’ imbarazzata
dalle tue stesse emozioni. Avresti lasciato scorrere le mani tra questi miei
capelli arancioni e sarebbe stato bello pensare che tu, tu sola, li trovassi
attraenti. Mi scorre un brivido, piacevole e crudele, lungo la schiena, quando
penso alle tue dita sottili che mi accarezzano la nuca.
So già che quel tocco mi avrebbe fatto perdere la testa,
completamente, mi avrebbe fatto desiderare di stringere così forte quel tuo corpicino
da rischiare di romperlo. Mi avrebbe fatto battere il cuore così forte da non
riuscire a respirare.
Avrebbe acceso un calore fremente dentro di me, che sarebbe
sceso fino a farmi bruciare le dita della mani e dei piedi. Lo so, perché al
solo immaginarlo, già lo provo.
Avrei avuto bisogno di tutto la mia forza, allora, per
controllarmi, per non strappare via le coperte e morderti il collo e strigerti
i seni con tutta la violenza della mia passione.
Invece ti avrei chiesto, piano, con la voce un po’ roca per
l’emozione e il desiderio trattenuto “Posso stendermi accanto a te?”.
Tu avresti annuito, abbassando il volto una sola volta,
vergognosa. Avresti sollevato appena le coperte e mi avresti lasciato entrare
nel tuo letto. Saresti arrossita un po’ e, anche se le tenebre avrebbero
nascosto il tuo rossore, io lo avrei saputo comunque.
Ti avrei baciato ancora, accarezzandoti le guance e il
collo. Non avrei voluto che tu facessi nulla, oltre a lasciarti baciare, perché
per una volta, avrei voluto essere io a insegnare a te, a mostrarti ciò che non
sapevi vedere.
Piano, piano mi sarei sdraiato su di te, appoggiandomi sui
gomiti, per non schiacciarti. Sentirti con tutto il mio corpo, sentire il
battito del tuo cuore attraverso la pelle, il tuo torace che si sollevava sotto
al mio, come sarebbe stato?
So che il mio respiro si sarebbe fatto affannato e il tuo? Spero
di sì, almeno un poco. Spero che i tuoi occhi si sarebbero fatti di una
tonalità di blu ancora più intensa di quella che già li contraddistingue,
mentre io avrei affondato le dita nei tuoi capelli di seta e la lingua nella
tua bocca.
Avrei lasciato scendere le mani lungo il tuo collo e sulle
tue spalle, avrei disegnato la linea delicata delle clavicole con le dita e
sbottonato i bottoni del tuo pigiama uno ad uno. Avrei lasciato scivolare le
mani intorno alla tua vita sottile, baciando i tuoi seni così piccoli, ma così
perfetti.
Avrei ascoltato ogni tuo sospiro, ogni tuo sussurro. Ti
avrei mostrato con il mio corpo, ciò che non sono in grado di dirti a parole e
spero che tu avresti risposto concedendomi di vedere, quello che di te,
nascondi a tutti gli altri.
E finalmente la pioggia avrebbe smesso di cadere.
Ma non l’ho fatto, perché sono stupido e vigliacco. Non l’ho
fatto e lo rimpiangerò per tutta la vita, se avessi perso per sempre l’occasione.
Ti salverò Rukia e ti riporterò indietro.
Dormirai di nuovo nel mio armadio e, questa volta, mi
alzerò, veramente, e aprirò le ante e ti mostrerò il mondo nei miei occhi.
Ti devo salvare perché non posso vivere senza di te, Rukia.
E’ inevitabile.
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