UN RITORNO INASPETTATO
Jeffrey uscì dalla sua stanza, al Beacon, per recarsi al
commissariato. In quel periodo c’era molto lavoro. Arrivato a
metà scale, vide Cassie al bancone dell’hotel e
Jonathan entrare. Bene, un’altra guerra che stava per
cominciare...
Cassie si voltò giusto in tempo per vedere Jonathan
chiudersi la porta alle spalle. Gli si avvicinò
immediatamente.
- Che cosa ci fai, qui?
- Hey, insomma, zia Cassie! Che modi sono
questi? E’ così che accogli le persone?
- Per quelle come te, non ci sono modi
migliori... Sparisci!
Per evitare troppi guai, Jeffrey decise di intervenire a dividerli. Si
avvicinò dunque ai due.
- Che succede qui, tutto a posto?
- No, per niente. Anzi, porta via questo
delinquente!
- Non ho fatto niente! Non puoi buttarmi
fuori così!
- Non hai fatto niente?! Che cosa mi dici
di Tammy?
- Calma, calma. Jonathan, forse
è il caso che vada via …
- Zietta, non ho intenzione di fare
niente a Tammy. Anche perché adesso, volendo, avrei la
possibilità di divertirmi con qualcuno di più
vicino, sull’albero genealogico …
- Che intendi dire, scusa?
- Ma come? Non sai niente del ritorno
della mia adorata sorellina in città?
- Che cosa, Marah è tornata?
Jeffrey ebbe un sussulto, sentendo nominare Marah. Lei era
tornata … Era tornata in città? Da quando?
Pensava di aver messo da parte la sua storia con Marah. Eppure, sapere
che lei era tornata, gli faceva uno strano effetto.
Anche Cassie era stupita del ritorno della nipote. Soprattutto
perché Reva non le aveva accennato niente. Prima che J.B.
potesse risponderle, il suo cellulare suonò.
- Scusate... pronto? Reva!! Proprio la
persona che volevo sentire!
- Ciao Cassie, devo dirti una cosa. Marah
è tornata improvvisamente in città.
- Oh si, questo già lo so.
- Cosa? E come? … Hai parlato
con Jonathan?
- Esatto.
- Bene. Ho bisogno di un favore. Devi
fare in modo che Jeffrey O’Neill non sappia che Marah
è in città.
- Beh, mi dispiace, ma credo che sia
troppo tardi.
- Lo sa già? Vuoi dire che era
lì, quando Jonathan te l’ha detto?
- Esatto. Ed è ancora qui, a
dire la verità.
- Va beh, non importa.
L’importante è che non sappia il motivo del
ritorno.
- Cosa che invece vorrei sapere io, se
non ti dispiace.
- Ok, te lo dico, ma se, come penso,
Jeffrey è ancora lì, evita di dare a vedere lo
stupore.
- Che stupore?
- Marah è incinta. E indovina
chi è il padre?
- Cosa? Che cosa? Stai scherzando??? Non
può essere!
- Oh, ti assicuro che invece è
tutto vero. Se vuoi puoi venire a constatarlo di persona, ti aspetto.
- D’accordo. Un’altra
cosa: ma è sicuro che... voglio dire...
- Che il padre è lui? Si. E
questo non deve saperlo, almeno per il momento.
Cassie riattaccò. Incrociando lo sguardo del
procuratore, potè notare come la stesse scrutando per
carpire notizie di Marah. Jonathan, invece, aveva uno sguardo ironico
stampato in faccia.
- Sa che cosa le dico, procuratore? Che
ho trascurato un piccolo dettaglio...
- Bene, credo proprio che io debba
andare. Ho molti impegni, per quest’oggi. E tu, odiato
nipote, verrai con me. Tua madre ti vuole a casa. Ciao Jeffrey!
- Hey, un attimo! Volevo sapere...
Jeffrey comprese quanto fosse inutile continuare il discorso, visto che
Cassie e Jonathan erano già scomparsi. Con l’animo
un po’ scosso dalla notizia, l’uomo si diresse
verso l’uscita del Beacon, per dirigersi a lavoro. Nel
frattempo, stava meditando se andare a fare una capatina a casa Lewis,
in serata.
In macchina, Jonathan sorrise, vedendo la velocità a cui
stava andando la zia.
- Quanta fretta, zietta! Hai veramente
tanta voglia di vedere Marah...
- Non sai che voglia avrei di prenderti a
schiaffi! Cosa pensavi di fare, eh? Volevi per caso rivelare a Jeffrey
O’Neill che Marah aspetta un bambino?
- Perché, che male
c’è, dopotutto? Sai, non capisco che legame ci sia
fra il procuratore e mia sorella... Ma forse tu sai qualcosa in
più di me, giusto?
- Tu vedi solo di non impicciarti e
rimanerne fuori.
Intanto Marah era nella vecchia stanza di suo fratello Shayne. La sua
era stata occupata dal fratellastro Jonathan, quando era andato ad
abitare con i suoi genitori. Quando cinque mesi prima aveva scoperto di
essere incinta, sapeva già da subito che il bambino era di
Jeffrey O’Neill. Da quando era a Parigi, non aveva avuto
alcuno tipo di relazione con nessuno che appartenesse alla sfera
maschile. Era innamorata di Jeffrey. Aveva sofferto molto per la loro
forzata separazione e non era riuscita a rifarsi una vita sentimentale.
Quando aveva appreso della presenza del bambino, si era rifiutata di
pensare all’aborto. Aveva volutamente rinunciato a tornare a
Springfield per Natale – anche se questo le era costato
moltissimo- per evitare che la faccenda venisse fuori. Poi aveva
convinto i suoi genitori a raggiungerla a Parigi. Ci aveva parlato e
aveva manifestato loro la volontà di tenere il bambino,
anche se ciò comportava la difficile condizione di ragazza
madre. Ma la sua gravidanza aveva avuto, fin dai primi mesi, un destino
poco fortunato. Marah aveva dei problemi e aveva bisogno di assistenza.
Tuttavia per Reva era impensabile lasciare Springfield per dei mesi
interi. Doveva infatti stare dietro alle scorribande di Jonathan.
Così Marah aveva deciso di fare ritorno a casa, con la
speranza che Jeffrey non lo venisse mai a sapere e che, soprattutto,
non venisse mai a conoscenza della sua gravidanza.
Cassie e Jonathan erano fuori casa Lewis. La donna bussò
finché Reva non venne ad aprire loro. I due entrarono in
casa.
- Ciao Cassie. Vado a chiamare Marah.
- No, aspetta. Prima vorrei parlare con
te, in privato.
- Va bene. Jonathan, perché
non vai un attimo in camera tua?
- Ok, ok, vi lascio ai vostri affari...
Jonathan uscì dal salotto, ma invece di salire al piano
superiore, si nascose per poter udire la conversazione. Voleva scoprire
tutta la verità.
- Che cosa c’è?
- Dovresti dire a tuo figlio di essere
più discreto con gli affari di famiglia.
- Che vuoi dire?
- Voglio dire che ha sbandierato ai
quattro venti il ritorno di Marah, proprio davanti a Jeffrey
O’Neill. Inoltre, se non l’avessi fermato, gli
avrebbe anche detto che Marah è in dolce attesa.
- Che cosa? Il fatto è che lui
non è a conoscenza della realtà dei fatti.
- Non è un buon motivo per
difenderlo! Non può andare in giro a elargire notizie di
simile portata!
- E va bene, vorrà dire che mi
inventerò qualcosa. Adesso: vuoi vedere Marah?
- Ma certo. Come sta?
- Beh, insomma. Lei ha qualche problema
con la gravidanza.
- Oh, Reva, mi dispiace! Da quanto tempo
è che...
- Cinque mesi. L’ha scoperto
non appena è arrivata a Parigi.
- Quindi nessun dubbio che il padre sia
Jeffrey...
- No, infatti. Solo che non vuole saperne
di dirglielo.
- Ma lui ha il diritto di sapere che sta
per diventare papà!
- Si, lo so. Ma è una scelta
che spetta a lei.
Intanto Jonathan era rimasto senza parole alle notizie apprese. E
così la dolce sorellina se la faceva con il procuratore... E
ne aveva anche ottenuto un regalino... il suo appostamento fu scoperto
nel giro di pochi secondi dalla sorella.
- Che fai qui, nascosto al mondo?
- Marah... Oh, niente. Tua zia
è venuta a trovarti.
- La zia Cassie è qui? E sa
che io...
- Si, sa tutto direi.
A quel punto Marah fece il suo ingresso nel salotto, seguita da
Jonathan. Prima che le donne si accorgessero della sua presenza, Marah
potè udire un’altra frase, della zia.
- Ma che succede se Jeffrey, che ormai sa
del suo ritorno in città, decidesse di vederla?
- Che vuol dire che Jeffrey sa che sono
tornata?!
- Marah, tesoro, ciao!!
- Zia, sono felice di rivederti, ma sarei
ancora più felice se mi spieghi com’è
che Jeffrey sa già del mio ritorno...
- Perché non lo chiedi a tuo
fratello?
- Jonathan, cos’hai combinato?!
- Hey, calma! Sorellina, speravo che
almeno tu, visto che sei appena arrivata, non mi accusassi di tutti i
guai di questa città!! Inoltre, devo dire a mia discolpa,
che non credo di aver fatto niente di male. Ho semplicemente avvisato
la zia Cassie del tuo ritorno. Non pensavo fosse un problema che
Jeffrey O’Neill fosse presente.
- E adesso che faccio?!
- Tranquilla, tesoro. In fondo non
è successo niente di male. Lui sa solo che, in questo
momento, sei a Springfield.
- Si, ma se volesse vedermi? Che dovrei
fare?
- Scusate se mi intrometto.
Dov’è il problema?
- Ascolta, Jonathan, ma non hai niente da
fare tu, durante il giorno?
- Di solito mi diverto a stare in mezzo
alla mia famiglia...
- Beh, vatti a fare un giro! E stai
lontano da mia figlia e dal Beacon! E da ogni altro luogo in cui
potresti far danni!!
- Cassie!!!
- Scusa Reva, ma non sono riuscita a
trattenermi...
- Non importa. Senti Jonathan,
perché davvero non vai a farti una girata in
città, eh?
- D’accordo.
Al distretto, Frank era nell’ufficio del procuratore con
alcuni fogli in mano. Jeffrey O’Neill arrivò e
quando lo vide si scusò per il ritardo.
- Non si preoccupi. Volevo solo tenerla
aggiornata sulle indagini dell’omicidio di Philip Spaulding.
- Bene, fammi un riassunto di
ciò che sappiamo.
Frank iniziò una breve descrizione dei fatti, mentre Jeffrey
si sedette e fece segno all’altro uomo di fare altrettanto.
Il procuratore si distrasse ben presto. Continuava a pensare che Marah
Lewis aveva fatto ritorno a Springfield. La sua Marah. Quella che prima
di partire le aveva detto di amarlo. Quella che lui sapeva di amare, ma
che non aveva avuto il coraggio di dirglielo in faccia. Da quando era
partita si era immerso nel lavoro, nel tentativo di dimenticarla.
Pensava anche di esserci riuscito. Prima di quella mattina,
naturalmente. Aveva una gran voglia di rivederla. Nonostante avesse
avuto qualche incontro con Dinah Marler, nel frattempo, non aveva
scordato Marah. Dinah era stata solo un diversivo.
Frank si accorse che il capo non lo stava ascoltando.
- Ehm... O’Neill, tutto bene?
- C- Cosa? Certo. Mi sono solo distratto
un attimo.
- Ah, ok. Beh, io le lascio qui i
fascicoli. Adesso mi scusi, devo andare.
- D’accordo, grazie.
Jonathan si era diretto al Company. Quando era arrivato aveva notato
che Dinah stava facendo colazione con suo padre. Si era accomodato ad
un tavolo e Marina gli aveva già preso le ordinazioni,
quando Ross Marler si alzò per lasciare il locale e Dinah lo
raggiunse.
- Salve, Jonathan...
- Ciao Dinah, che cosa vuoi?
- Ho già abbastanza persone
ostili nei miei confronti in questa città, non ho bisogno
che anche tu sia scortese con me, grazie.
- Ci mancherebbe... Ma ciò non
toglie la mia curiosità per il motivo che ti ha spinto fino
al mio tavolo.
- Beh, se ti do tanta noia posso sempre
andarmene.
- No, figurati. Solo pensavo che fossi
occupata a sedurre il procuratore Jeffrey O’Neill. Vi ho
visti, l’altra sera alle Torri. O meglio, ho visto come sei
stata scaricata. Forse dovresti puntare a qualcuno di più
accessibile. Se ti interessa, io sono disponibile al dialogo.
- Credevo che su questo punto fosse tutto
chiaro, tra noi. Sei stato una piacevole distrazione, ma il mio
obiettivo è ancora lo stesso: la conquista di Jeffrey. Mi
dispiace se non riesci a fartene una ragione.
- Oh, ti sbagli mia cara, se credi che il
disperato sia io. Io credo che sarai tu, fra poco, a venire a bussare
alla mia porta. Rassegnati: d’ora in poi, Jeffrey
O’Neill è inaccessibile, più che mai.
- Che cosa vuoi dire, con questo? Sai per
caso qualcosa che io ignoro?
- Può darsi... Oppure sono
solo pessimista...
- Non potresti essere più
chiaro, per favore?
- No, mi dispiace. Per il momento ho la
bocca cucita. Adesso ti saluto, ho delle commissioni da sbrigare. Un
consiglio: stai in guardia!
Jonathan la lasciò così, con mille dubbi radicati
in testa. Non sapeva se doveva preoccuparsi per ciò che le
aveva detto quel dannato ragazzo. Forse voleva dire che Jeffrey era
innamorato di qualcun’altra? Avrebbe potuto anche crederci,
se non avesse conosciuto abbastanza bene quell’uomo, da
sapere che lui non impegnava mai il cuore nelle proprie relazioni.
Quando era arrivata a Springfield aveva creduto che lui fosse perso per
Cassie Winslow, la sua acerrima nemica. Ma poi aveva capito di essersi
sbagliata. Eppure aveva comunque la sensazione che qualcosa, in sua
assenza, fosse accaduto. Ma non aveva trovato nessuna pista che portava
Jeffrey ad un’altra donna. Qualunque cosa stesse accadendo,
era comunque utile dare retta a Jonathan. Fare attenzione alle mosse di
Jeffrey non sarebbe stato male.
Gus stava osservando il tabellone con le foto dei possibili colpevoli
dell’omicidio Spaulding da un po’ di tempo.
- Cos’è, Gus, speri
che continuando ad osservarlo, qualcuno esca dalle foto e si dichiari
colpevole?
- Cosa? Ah, salve O’Neill...
Magari fosse così semplice... Che fa, va già via?
- Ho da risolvere una questione. Se
c’è qualche novità, avvertimi.
Tornerò più tardi.
A casa Lewis, Marah si era distesa sul divano. Sapere che Jeffrey era
al corrente della sua presenza in città, la rendeva nervosa.
Sua zia e sua madre erano lì con lei, che cercavano di
tranquillizzarla.
- Stai calma. In fondo non sa e non
sospetta nulla.
- Già. L’unica cosa
che devi fare è cercare di evitarlo.
- Ossia, devo restare chiusa in casa per
quattro mesi.
- Va beh, non vorrei essere puntigliosa,
ma credevi forse di uscire, in caso lui non avesse saputo niente?
Avresti sempre potuto incontrarlo.
- Si, lo so, ma... che succede se vuole
vedermi?
- Potresti dirgli che a Parigi hai
incontrato un ragazzo, ti sei innamorata di lui e sei rimasta incinta.
- Ah si? E dov’è il
mio promesso sposo, allora, mamma?
- E’ rimasto là.
Aveva degli impegni di lavoro.
- No, no! State scherzando? Marah! Non
puoi mentirgli così... Anzi, che ne dici di parlarci e
spiegargli tutto?
- Zia, vorrei farlo, ma non ci riesco. E
comunque non ho intenzione di raccontargli delle bugie.
- E che intendi fare?
- Starò a casa e mi
nasconderò finché posso. Ossia finché
lui non mi verrà a cercare. Magari in questi mesi ha
incontrato qualcuna e si è innamorato, e non
verrà mai a cercarmi. Voi ne sapete niente?
- No, lui non ti ha dimenticato.
- Come fai a dirlo, zia Cassie?
- L’ho capito dalla sua faccia
quando ha saputo del tuo ritorno.
Dopo essere stato in ufficio a riflettere a lungo, Jeffrey era arrivato
alla conclusione che l’unica cosa da fare era rivedere Marah.
Sperò non le dispiacesse se le faceva una visita, per
salutarla. Si chiese se in quei pochi mesi che erano stati separati,
lei lo avesse pensato. Ma era più probabile che lei fosse in
collera con lui, per come si era comportato. Era arrivato fuori casa
Lewis, aveva parcheggiato e ora era davanti alla porta
d’ingresso. L’unica cosa che gli rimaneva da fare
era bussare. Magari sarebbe andata proprio lei ad aprirgli.
Quando sentirono bussare, le tre donne si guardarono l’un
l’altra. Non sapevano chi poteva essere, ma ben presto lo
capirono.
- C’è nessuno in
casa?
Nessun dubbio. La persona che aveva bussato era proprio Jeffrey
O’Neill.
- Oh mio Dio! E adesso che faccio?!
- Vai nella casa in piscina, ci pensiamo
io e tua madre!
Marah fuggì, letteralmente. Subito dopo, Cassie
tornò in sala, cercandosi di comportare normalmente. Reva
aprì la porta.
- Salve Jeffrey.
- Salve, Reva. Disturbo?
- No! Anzi, perché non si
accomoda?
- Grazie.
Reva lo indirizzò verso la sala. Cassie, vedendolo entrare,
si alzò.
- Salve, O’Neill.
- Allora, Jeffrey, a cosa dobbiamo la sua
visita?
- Beh, ho saputo da suo figlio Jonathan
che Marah è tornata in città, così mi
piacerebbe salutarla.
- Ma pensi! Anch’io sono qua
per lo stesso motivo, ma lei ci ha fregato! Non è in casa!
- Eh già. Marah è
uscita molto presto questa mattina. Ha detto che voleva andare a...
trovare Michelle Bauer. Ha saputo della sua amnesia, così,
dato che sono amiche, voleva farle un saluto. Ma se vuole, le
dirò che è passato.
- Certo. Grazie. Sa, volevo solo sapere
come si è trovata a Parigi. Se tutto andava bene. Mi ha
stupito questo suo improvviso ritorno a Springfield.
- Diciamo che ha voluto farci una
sorpresa! Tutto qua.
- Bene. A questo punto tolgo il disturbo
e vado via. Arrivederci.
- Salve Jeffrey.
Mentre tornava alla macchina, O’Neill aveva come il
presentimento di essere spiato. Si voltò, ma potè
solamente notare un fruscio delle tende della casetta in piscina.
Questo particolare insospettì Jeffrey. Fu lo squillo del
cellulare ad impedirgli di indagare.
- Parla O’Neill. Chi
è?
- Salve, procuratore.
- Dinah... Che cosa vuoi?
- Niente. Volevo solo sapere come te la
passi.
- Non c’è male.
- Bene! Ti va se stasera vengo a prendere
un drink da te?
- No. Ho da fare.
- Sei impegnato con
qualcun’altra?
- No, solo non mi va. Senti, Dinah, io
non sono il tuo passatempo. Toglitelo dalla testa. E lasciami in pace.
- Come siamo scortesi! Problemi al lavoro?
- No, ho problemi solo quando sento te.
Jeffrey riattaccò. Dinah Marler era l’ultima
persona che voleva sentire in quel momento. L’uomo decise di
tornare al lavoro. Meglio se si teneva il più occupato
possibile.
Il frusciare della tenda era stato provocato da Marah. La ragazza era
rimasta attaccata alla finestra per rivedere, almeno per un attimo, il
suo Jeffrey. Avrebbe voluto uscire, abbracciarlo e baciarlo. Ma non
poteva. Però sua zia aveva ragione. Jeffrey aveva il diritto
di sapere come stavano realmente le cose. Ma come poteva fare? Non le
sembrava molto delicato presentarsi così su due piedi, con
un figlio in grembo. Ma neanche dirglielo per telefono sarebbe stata
una grande idea. Sicuramente glielo avrebbe detto, in un modo o in un
altro. Il problema era quando... e come.
Qualche giorno dopo, Jeffrey uscì dal distretto
più tardi del solito. Anche quel giorno lui e i suoi uomini
non erano riusciti a sbrogliare la matassa che avvolgeva
l’omicidio di Phillip Spaulding. Si diresse
all’auto, ma prima di salirvi, prese il cellulare e compose
un numero. Tuttavia, nessuno rispose. Rassegnato, spense il telefono.
- Perché non rispondi, Marah?
Aprì l’auto, e se n’andò. Non
si era reso conto della persona che lo aveva seguito. Dinah
uscì dal suo nascondiglio.
- Marah, eh? Scommetto che si tratta di
Marah Lewis.
Dinah si affrettò a cercare il suo telefono cellulare nella
borsa. Aveva bisogno di qualche informazione in più.
- Sono Dinah. Ho bisogno di parlarti. Ci
vediamo fra mezz’ora al parcheggio del bowling.
Senza aggiungere altro, attaccò.
Da un’altra parte della città, anche Jonathan
attaccò. Evidentemente Dinah aveva capito che lui sapeva
cosa passava per la testa al suo procuratore preferito. In quei giorni,
aveva notato che Jeffrey cercava di avere notizie di Marah.
Mezz’ora dopo, Dinah entrò nella macchina di
Jonathan.
- Che cosa ha a che fare Jeffrey con tua
sorella?
- Come sei arrivata a Marah?
- Non sono affari che ti riguardano.
Sappi solo che so che Jeffrey ha un qualche interesse per lei.
- Magari si trattasse solo di
“qualche interesse”!
- Che vuoi dire?
- Hey, calma. Iniziamo a trattare. Io ti
dico quello che so. E tu? Che farai per me?
- Cosa vuoi che faccia?
- Che dire... Non so, forse potresti
essere carina con me, che so... un paio di volte, magari...
- Ma tu non pensi ad altro?!?
- Allora, ci stai?
- ... E sia! Su, adesso sputa il rospo.
- Prima di partire per Parigi mia sorella
Marah ha avuto una relazione con Jeffrey O’Neill. Adesso lei
è tornata improvvisamente in città e non vuole
vederlo, almeno per il momento.
- E come mai? Si è comportato
male con lei, prima della sua partenza?
- No, non credo.
- E allora perché non vuole
più vederlo? E’ ancora innamorata di lui? Nessuno
le ha detto che O’Neill non ha abbastanza cuore per
innamorarsi?
- Forse ti sbagli. Se lui non la ama,
perché sta facendo di tutto per incontrarla?
- Parli sul serio? Vedi, Jeffrey ha
sempre avuto molte storie. Ma non si è mai innamorato. Al
massimo dopo un mese, ha scaricato tutte le sue donne.
- Parli per esperienza personale?
- Non sono affari che ti riguardano.
C’è altro?
- In verità si, ma prima ho
bisogno che tu mi dica le tue intenzioni.
- In che senso?
- Hai qualche piano per mettere fuori
gioco Marah?
- Di certo non voglio ucciderla! Jeffrey
O’Neill non vale così tanto! Perché?
- Perché io so il vero motivo
per cui mia sorella non vuole vedere Jeffrey. Solo che ho bisogno che
tu giuri su ben due cose.
- Ossia?
- Primo: non devi assolutamente parlare a
Jeffrey di questa cosa. Secondo: non devi avvicinarti a mia sorella per
farle del male, o per qualsiasi altra cosa.
- Wow! Deve essere qualcosa di
importante! Giuro. Vedi, devi capire una cosa: a me interessa Jeffrey,
è vero. Ma non mi è indispensabile. Mi
è indispensabile dividere Cassie ed Edmund. E credevo che
lui potesse aiutarmi. Quindi, parla.
- Bene. Marah è incinta. E
indovina chi sta per rendere il papà più
autorevole di Springfield?
- No, non ci credo!! Bene, allora caro
mio, falle tante auguri. Jeffrey ha sempre detto di non volere una
famiglia. I figli non sono fatti per lui.
- Forse non si è mai
innamorato, prima di ora.
Passarono altri giorni, prima che Marah decidesse sul dar farsi. Un
pomeriggio, Marah uscì dalla sua stanza. In cucina,
incontrò sua madre. Reva notò subito che Marah
era in procinto di uscire.
- Hey, dove vai? Pensavo non volessi
farti vedere in giro...
- Vado da Jeffrey. Ho deciso di parlarci.
- Ah. Gli dirai tutto?
- Certo. In fondo è giusto che
lui sappia. Tu e zia Cassie me lo ripetete da giorni. Avete ragione.
- Si, voglio solo assicurarmi che tu sia
decisa al cento per cento, in questa cosa. Un’altra cosa.
Preparati ad ogni sua reazione. Non sai come la prenderà.
- Mamma, sono pronta ad affrontare ogni
cosa. Lui sta ancora al Beacon?
- Si, stesso posto, stessa stanza.
- Bene, allora vado.
- Ciao tesoro.
Cassie stava facendo un po’ di conti, quando vide entrare
Marah al Beacon. Quasi le prese un colpo.
- Marah. Che cosa ci fai qui?
- Zia, ho deciso di parlare con Jeffrey.
Devo chiederti un favore, però.
- Dimmi.
- Devi farmi entrare nella camera di
Jeffrey, prima che lui torni.
- Ma, non posso farlo! Non posso fare
entrare le persona nelle stanze altrui!
- Ti prego, zia. Lui capirà.
- ... E va bene. Però, se poi
lui si arrabbia...
- Dirò che ho preso la chiave
da sola, mentre tu eri distratta. Non preoccuparti, non voglio mettere
nessuno nei guai.
Cassie, ancora con qualche titubanza, porse le chiavi della stanza di
O’Neill alla ragazza.
- Grazie zia.
Al distretto era arrivato Alan Spaulding, il quale stava facendo una
scenata a Gus e a Frank. Attirato dal trambusto, Jeffrey
uscì dal suo ufficio.
- Papà, cerca di stare calmo,
intanto!
- Aitoro, Cooper! Che sta succedendo?
- Procuratore O’Neill! Vorrei
scambiare due parole con lei, se non le dispiace.
- Salve, signor Spaulding, si accomodi
pure nel mio ufficio. Arrivo subito.
Dopo che Alan fu entrato, Jeffrey si avvicinò ai due
poliziotti.
- Si può sapere il
perché di quella discussione?
- Diciamo solo che con mio padre non
è facile discutere.
- Beh, non voglio più vedere
una cosa del genere! Se dovete discutere, fatelo a casa vostra, non nel
distretto di Polizia.
Alan si era già messo a sedere, quando fu raggiunto dal
procuratore.
- Allora, mi dica. Che succede?
- Che succede? E ha anche il coraggio di
chiedermelo?! Voglio sapere chi è la persona che ha ucciso
mio figlio! E i suoi poliziotti non sono ancora riusciti a venire a
capo di niente!
- Si calmi, Alan. Le indagini
sull’omicidio di suo figlio stanno proseguendo. Le posso
assicurare che i miei poliziotti, come me, del resto, stanno facendo il
possibile per risolvere il caso. Tuttavia le devo ricordare che si
tratta di una situazione tutt’altro che facile. Ci
vorrà ancora del tempo, e non so dirle quanto.
- Beh, sarà il caso che vi
sbrighiate. Non posso aspettare in eterno! Voglio vedere
l’assassino di mio figlio dietro le sbarre! Al più
presto!
Senza aggiungere altro, Alan Spaulding si alzò, andandosene.
Jeffrey ringraziò il cielo, quando, mezz’ora dopo,
riuscì ad andarsene. Arrivò al Beacon, dove
notò l’assenza di Cassie. Non ci fece poi tanto
caso, a dire la verità. Quella sera non era passato neanche
da casa Lewis. Si stava arrendendo al fatto che Marah non intendesse
vederlo. Salì in fretta le scale, ansioso di arrivare in
camera per farsi una doccia. Quando aprì la porta,
cercò subito l’interruttore della luce, percependo
una presenza nella stanza. Prima che potesse premerlo, una voce
familiare lo fermò.
- Forse non dovresti accendere la luce,
Jeffrey.
Il suo cuore mancò di un battito, per poi riprendere a
battere più velocemente di prima.
- Marah...
- Per favore, non accendere la luce.
Chiudi la porta. Devo parlarti.
- Ma... al buio?
- Si, per favore. Solo finché
non ti avrò detto tutto.
Jeffrey, un po’ confuso, fece come la ragazza gli aveva
chiesto.
- Pensavo non volessi più
avere niente a che fare con me.
- Perché non mi sono fatta
viva fino ad adesso?
- Esatto. Ho provato a chiamarti, sono
venuto a casa tua... Ho fatto qualcosa di male?
- L’unica cosa che hai fatto di
male è stato spedirmi via con un aereo per Parigi. Ma so che
l’hai fatto per proteggermi, quindi non posso avercela con
te.
- E allora che è successo?
- Ho avuto paura di rivederti.
- Paura? E di che cosa?
- Pensavo che se noi due ci fossimo
incontrati, al mio ritorno, tu poi mi avresti cacciato dalla tua vita.
E forse è quello che accadrà fra poco.
- Marah, di che cosa stai parlando?
- Jeffrey, io mi sono innamorata di te.
Te l’ho anche detto, se ricordi, prima di partire. in questi
mesi il mio sentimento non è mai cambiato. Solo che
è successa una cosa … Vedi, quando sono arrivata
a Parigi, mi sono resa conto che stava succedendo qualcosa,
all’interno del mio corpo. Ho fatto delle analisi e ho
scoperto … di essere incinta. E tu sei il padre. Sei stato
l’unico uomo con cui sia stata in quel periodo ...
- …
- Jeffrey... Senti, non sono qui per
incatenarti a me per tutta la vita. Non ti obbligherò a fare
nulla. Volevo solo dirtelo. Perché è giusto che
tu lo sappia. Sono pronta a crescerlo anche da sola. E’ una
scelta che ho fatto da sola. Ho scelto di tenere il mio bambino.
… Ti prego dì qualcosa...
Jeffrey, ancora senza parole, si limitò ad accendere la
luce. Si ritrovò davanti Marah, con il ventre arrotondato
dalla gravidanza. La maternità aveva addolcito i suoi
lineamenti, rendendola ancora più bella di come se la
ricordasse. Rendendosi conto che lei stava ancora aspettando una sua
reazione, si riscosse, tornando alla realtà. Si
avvicinò a lei, con il cuore pieno di emozioni contrastanti:
paura, amore...
- Marah, io...
- Se non vuoi partecipare, ti capisco,
non devi preoccuparti.
- No, fammi parlare. Io non so che cosa
voglia dire crescere un bambino, essere padre. Non sono neanche sicuro
che potrei farcela. Tuttavia, tu mi sei mancata molto, in questi mesi.
Quando ho saputo del tuo ritorno in città, la prima cosa che
avrei voluto fare era di vederti. Sai, non mi mai successo di tenere ad
una donna in questo modo. Non sono mai stato innamorato. Fino a che non
ho incontrato te. Marah, io ti amo. E quel giorno, quando ti ho
accompagnato all’aereo per Parigi, l’ho detto per
la prima volta ad alta voce. Solo che tu eri già andata via.
E ora, che so che porti in grembo mio figlio, beh... io non posso
abbandonarti. Devi solo avere un po’ di pazienza. Non ho mai
neanche pensato a avere una famiglia, così credo che
avrò bisogno di un po’ di tempo, per abituarmi...
Le lacrime avevano iniziato a rigare il volto di Marah. Non solo
Jeffrey la amava, ma si sarebbe preso cura di lei e del suo bambino.
L’uomo si avvicinò ancora di più a lei
e la baciò appassionatamente, come avrebbe voluto fare non
appena l’aveva vista.
Sei mesi più tardi...
Era un giorno di festa, quello che Springfield si stava apprestando a
festeggiare. All’esterno di casa Lewis, era stato allestito
tutto il necessario per celebrare le nozze di cui si era discusso negli
ultimi mesi. Jeffrey O’Neill, per una volta, avrebbe
ricoperto un ruolo del tutto inedito per lui: quello dello sposo.
L’uomo era già lì, con alle spalle i
testimoni da lui scelti: Gus Aitoro e Frank Cooper. Padre Ray Santos,
il fratello di Tony, era là per celebrare il rito nuziale.
Marina Cooper e Bill Lewis erano i testimoni della sposa, che, come da
tradizione, si faceva attendere. Fra le prima file si potevano scorgere
Cassie, Edmund, Tammy con i fratellini. Per l’occasione aveva
fatto ritorno in città anche Shayne, seduto vicino al
fratello Jonathan. Reva teneva in braccio la piccola Penny, la bambina
che Marah aveva partorito due mesi prima.
Finalmente partì il canto nuziale, che annunciava
l’arrivo della sposa. Marah, a braccetto del padre,
apparì in tutto il suo splendore. Tutti la osservarono,
ognuno con i propri sentimenti. Dinah con astio, Tony con un pizzico di
invidia (sapendo che sarebbe potuto essere al posto di
O’Neill), Reva con commozione.
Quando i due si furono scambiati i voti e furono diventati marito e
moglie a tutti gli effetti, presero la loro bambina e festeggiarono la
loro unione con famiglia e amici, per poi avviarsi verso la loro nuova
vita insieme.
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