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da DeviantArt, Meredith Dillman
Salve
a tutti! Crimson Heart è la mia prima fanfiction su
Twilight, ma
spero possa soddisfare appassionati e non. Attendo con ansia e
piacere i vostri commenti: secondo voi vale la pena continuare? Vale
la pena dare una possibilità al parto della mia mente
contorta?
Grazie a tutti i lettori...
Prologo
Nessuno mi ha mai concesso
di avere
un'anima.
Il mio costruttore,
perché non potrò
mai chiamarlo mio padre, si è preoccupato di conferire una
certa
bellezza ai miei lineamenti: tratti fini, carnagione pallida,
un'ombra rosea sulle gote, boccoli color mogano e grandi occhi scuri
dalle ciglia folte come lame nere. Mi ha chiamato Isabella, un nome
da regina. Ha intrappolato, tra i circuiti che mi animano al posto
del cuore, intelligenza e conoscenza, grazie alla tenebrosa sapienza
dell'alchimia; ha infuso in me, una macchina dalla crisalide di
fanciulla, sensibilità e ragione, e tutti i sentimenti
infiniti e
sfumati come le variazioni di una melodia di cui sono capaci gli
uomini; ma non mi ha mai permesso di usarli davvero, e di lasciarmi
trascinare dal loro flusso spaventoso e dolce. Mi ha creata per uno
scopo, e uno solo, essere una buona compagna per sua figlia
Catherine: una creatura timida e delicata, che io amo come una
sorella; ma in cui non brucia alcun fuoco, e che non mi
potrà perciò
mai comprendere; perchè dentro di me, anche se sono fatta di
vapore
e porcellana e ingranaggi, c'è una luce, una piccola luce
che pulsa
e preme, ardendo nei miei pensieri, balenando nelle mie parole come
polvere di stelle. E da quando è arrivato Edward, la luce ha
premuto
più forte.
Fino a quando il giovane
pupillo del
Maestro non è venuto ad abitare tra le ombre e gli argenti
del
nostro maniero, non mi ero resa conto di quanto vuota fosse la mia
esistenza; quanto le mie giornate, divise tra lo studio e
l'assistenza di Catherine, fossero prive di un vero scopo. Io ero
nata per diventare una dama di compagnia, un'alleata fidata, mai
un'amica. Il Maestro mi insegnava i difficili segreti della sua
scienza solo per avere qualcuno con cui discutere, la mia compagna
era spesso troppo malata o troppo atterrita dal mondo anche per una
semplice passeggiata in giardino. Ma, se non ero felice, non ero
neanche tormentata: per me quella vita, senza infanzia, senza
profondità, senza un fine era la normalità. Ma
nel momento in cui
quello straniero mi ha rivolto il suo sguardo, solido e dorato come
le gonfie nocciole del parco, è stato come spalancare gli
occhi per
la prima volta e sentire il mio petto schiudersi ad accogliere tutto
il piacere e tutto il dolore dell'uomo. Ricordo tutto, come se fosse
inciso nel cristallo: il vento mite d'aprile che gonfiava le tende di
cinz bianco, il suono della sua risata, il doppiopetto grigio che
fasciava la sua figura snella. Io, in piedi accanto al mio creatore e
a sua figlia, indossavo un semplice abito di cotone nero, il colletto
alto e candido come i polsini; ricordo addirittura il piccolo cammeo
che mi brillava sulla gola, intagliato con un profilo di Atena. Sono
dettagli di poco conto, lo so, ma per qualcuno che non possiede altro
senso che la vista e l'udito, rappresentano l'unico strumento per
richiamare indietro il passato: come altro potrei rievocare le mie
memorie, se non sento caldo o freddo, se non posso gustare un sapore,
se mi si può solo descrivere una fragranza? Eppure, in
quell'incontro per la prima volta conobbi in me il calore: un calore
guizzante e vivo e trascinante che mi lasciò ubriacata.
Quasi non
udii Edward quando si inchinò di fronte a me, sussurrando:-É
un piacere conoscerla, Miss Isabella.- Nessuno mi si era mai rivolto
con tanta cortesia: nessuno, tranne nelle lezioni del Maestro, si era
rivolto a me come ad una persona vera. Piano, senza fretta, si
portò
la mia mano alle labbra, sfiorandola in un rapido bacio.
Mai ho desiderato
così tanto di poter
sentire un tocco.
Spiego tutto questo per un
motivo molto
semplice: perché voglio comprendiate che cosa mi abbia
spinto ad
agire come mi è accaduto, e perché, nonostante
tutto il dolore e la
rabbia e la paura che ne sarebbero derivate, non cambierei nulla.
Spiego tutto questo per
cominciare a
raccontare, e lasciare prova della mia esistenza con una magia
più
antica e forse più potente dell'alchimia: la magia delle
parole.
Questa è la
storia di Bella, la
bambola meccanica, e del giorno in cui scoprì di avere un
cuore.
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