Louis Tomlinson è sempre
stato un bambino curioso, uno di quelli che fanno mille domande con gli
occhietti vispi che osservano ogni più piccola cosa.
Fino a quando a sei anni non gli è stata regalata una
macchina fotografica usa e getta, grigia ricorda ancora, e da allora ha
smesso di fare domande e fotografare da sé le risposte.
Ha capito che preferiva fare così.
Se chiedeste a Louis Tomlinson cosa vuol fare nella vita risponderebbe
catturare.
Ma catturare cosa? Frammenti di vita, sensazioni, colori, tutto
ciò che coglie la sua attenzione. Così, Louis
Tomlinson, ventuno anni appena compiuti se ne va sempre in giro con una
macchinetta fotografica appesa al collo, come la coperta di Linus.
Sembra un tipo buffo a primo impatto: cappello con visiera rossa,
maglietta a righe blu, pantaloni aderenti, scarpe rigorosamente senza
calzini e un sorriso birichino sul viso.
Louis passa la vita a fotografare.
O forse è meglio dire che passa così il suo tempo
libero, dato che lavora part-time in un negozio di dischi che un tempo
era di suo padre ma che ormai è diventato di sua
proprietà, ha sempre saputo che non faceva per lui
in realtà.
Fin da piccolo è stato attratto dal modo di camminare delle
persone, dalla loro postura, dalla direzione del loro sguardo. Secondo
lui sono tutti segni, ogni caratteristica dipende dal carattere di una
persona, così prova a immaginarsele, forse qualche volta ci
azzecca anche.
Magari chi cammina tenendo alto il viso è una donna in
carriera, sicura di se che ha tutta la vita davanti; chi ha un passo
tranquillo è qualcuno soddisfatto della propria vita.
Sì, è particolare, ha molte fisse come quella di
cercare di capire la forma delle nuvole, come se potesse dare un senso
alla sua vita o alla giornata. Ovviamente non è
così.
Oppure camminare per le vie di Parigi di notte perché pensa
che il silenzio non debba essere sprecato.
Ma più di tutto, fotografa. Vie, strade, palazzi, artisti di
strada, bambini.
Quello che cerca di raccontare sono storie. I suoi soggetti preferiti
sono i volti delle persone perché raccontano cose.
Tutto a Parigi gli sembra degno di nota, ogni più piccolo
dettaglio è essenziale.
Ha sempre detto che “Sono i dettagli che fanno la
differenza” quindi non si fa scrupoli e cattura le
differenze. Ciò che rende particolare e diverso un soggetto
da un altro, perché un’altra cosa che ha sempre
detto è che “A essere diversi non
c’è niente di male”.
Si ostina a cercare le cose difficili perché dopo di tutto
con quelle semplici non c’è gusto. Cammina per le
strade, i vicoli, sorride ai passanti solo per il gusto di farlo.
Maniche corte, sandali e un cappello in testa, conciato così
sembra quasi un bambino, se poi si aggiungono i super eroi sulla sua
maglietta e lo zaino sulle spalle, il gioco è fatto.
È estate, le strade di Parigi sono in festa. Un turbinio di
colori, di voci, odori.
Folle di turisti che seguono le guide osservano il mondo con occhi
curiosi.
Neanche se ci fossero nascoste le meraviglie del vado di Pandora.
C’è una gran confusione e sebbene Louis ami il
silenzio non può fare a meno di sorridere.
È proprio una bella giornata.
Sorride a un artista di strada che sta dipingendo il suo ultimo quadro,
quando sente un suono che gli pare familiare e si accorge che in
realtà non è altro che la suoneria del suo
telefono. Lo prende dalla tasca, controlla il numero e risponde.
“Ei El, come stai?”
La ragazza dall’altro capo della cornetta è
Eleanor, una delle sue migliori amiche.
Capelli castani, occhi da cerbiatta e gambe snelle.
Una bella ragazza sebbene sia una rompiscatole di prima categoria.
Forse perché telefona la mattina o durante l’ora
di pranzo che è l’unico momento della giornata nel
quale Louis può rilassarsi e prima di andare a dormire.
E questo lo fa praticamente ogni giorno.
Ma Louis lo sa che lo fa solo per il suo bene e che non è
stato facile per lei vederlo in quello stato dopo aver rotto con James.
Piangere ogni sera accanto a una tazza di cioccolata calda non
è il massimo e lei di certo non vuole che lui si senta mai
solo.
Quindi non può certo biasimarla. E poi è
un’ottima amica nonostante tutto.
“Bene, tu?” risponde accorgendosi di avere la gola
secca. Tutta colpa del caldo.
“Bene, ieri ho conosciuto un tipo! Dovresti vederlo, ti
piacerebbe! Vedessi che muscoli che ha! E poi...” non smette
di parlare, è un fiume in piena.
“El starei tutto il giorno a sentirti parlare di quanto sia
magnifico questo tipo ma è la mia giornata libera e vorrei
passarla a fotografare, se non ti dispiace” risponde con voce
piccata.
“Oh si certo Louis, scusa se ogni tanto chiamo eh”
sembra arrabbiata ma lui sa che lo fa solo per scherzare, ama sentirsi
importante.
Infatti “El sai che amo sentirti parlare ma ora veramente
vorrei rilassarmi e stare un po’ da solo” dice con
voce dolce sperando che le sue parole facciano fatto
l’effetto desiderato.
“Va bene Lou, giusto perché sei tu eh.”
Risponde la ragazza “Un bacio, ci sentiamo dopo”
“Come se non facessimo altro tutto il giorno” non
gli dà neanche il tempo di replicare che ha già
attaccato il telefono. Che tipa strana, si ritrova a pensare.
Louis si passa una mano sulla fronte, si scansa la frangia dagli occhi
perché dannazione gli dà fastidio ma si ostina a
non tagliarla, è più forte di lui.
Alza il viso e guardando negli occhi una bambina gli sembra di avere
una sorta di flashback. Come se avesse dimenticato qualcosa, ma non
riesce a ricordare cosa.
È quello il problema.
Si ricorda che in un film di Harry Potter un ragazzo aveva un oggetto
che gli permetteva di sapere quando stava dimenticando qualcosa, gli
farebbe sicuramente comodo.
Il lavoro deve riprenderlo domattina alle otto, la bolletta
dell’acqua l’ha pagata ieri dopo
un’interminabile fila alla posta che ha messo a dura prova la
sua pazienza, poi ha chiamato Liam per ringraziarlo
dell’ottima cena che gli ha offerto e quindi non
c’è proprio nulla ma nulla che può aver
dimenticato.
Quando poi alzando gli occhi al cielo realizza di aver dimenticato il
compleanno di sua madre, gli viene voglia di urlare.
Che razza di figlio è uno che si dimentica il compleanno
della propria madre?
Dove ha la testa in questi giorni?
Beh certo non è facile vivere da solo tra i turni
al lavoro, (stancanti da morire), le fotografie (che non fanno altro
che aumentare) da sviluppare e le bollette da pagare (che sono sempre
troppe) ma è quello che ha sempre voluto fare nella vita,
quindi non si lamenta.
E poi dopotutto è sempre sua madre, lo perdonerà
per essersi scordata del suo compleanno. In fin dei conti gli ha
perdonato cose peggiori.
Tipo quando ha appiccato il fuoco al divano a sei anni giocando con
Stan e ancora giura di non averlo fatto apposta, ma capitelo in fondo
era solo un bambino troppo vivace.
O quella volta in cui ha fatto colare l’olio sul balcone dei
vicini causando gravi danni alle piante. Era più grandicello
ma in fondo nemmeno quella volta l’aveva fatto di proposito.
Quindi sì, decisamente, suo madre gli ha perdonato cose
peggiori di un compleanno dimenticato.
Eppure dovrà pur esserci qualcosa che può fare no?
Insomma è in una delle città più belle
del mondo, in una bella giornata di sole, con negozi in ogni
dove. Deve trovare un rimedio.
Louis si gratta il mento, ha l’espressione assorta come se i
pensieri fluissero davanti ai suoi occhi.
Poi a un tratto sorride come se avesse avuto l’idea del
secolo.
Le comprerà dei fiori. Sono un classico, piacciono a tutte
le donne e le fanno sentire amate, è semplicemente perfetto.
Ora non resta che trovare un fioraio, come se fosse una cosa facile da
fare.
Ci sono così tanti negozi, negozietti, bazar che non sa
proprio da dove cominciare.
Gli viene voglia di strapparsi tutti i capelli.
E addio alla sua giornata di riposo, fotografie e sole.
Ma in fondo sapeva che sarebbe andata così. Non va mai
niente come organizza.
Allora decide di incamminarsi, prima inizia prima finisce, no?
Facendosi strada tra i mille turisti sempre attento alla sua Nikon e a
non farla danneggiare, rassegnato al fatto di dover rinunciare a una
giornata che aspettava da tempo, intraprende una stradina dove sembrano
esserci dei negozi. Che sia proprio il posto giusto?
Sempre con lo zaino in spalla, lo sguardo basso a terra e poca speranza
nel cuore si fa strada scorgendo ai lati della strada delle insegne ma
nessuna sembra fare al caso suo.
Un giovane ragazzo sulla trentina dall’aria stanca e
assonnata è in piedi all’entrata di una
rosticceria dall’insegna vecchia e logora, gli passa davanti
e sorride, solo perché ama farlo.
Il giovane ricambia e Louis procede diritto fermandosi stavolta davanti
a un negozietto di libri usati dove c’è un signore
con i baffi alla cassa e l’odore della carta che arriva fino
alle sue narici che gli fa quasi venire voglia di entrare, poi si
ricorda che ha qualcosa di più importante da fare.
Fortuna che porta sempre con sé una bottiglietta
d’acqua, il caldo è quasi insopportabile e Louis
non ha mai amato il caldo.
Ha quasi perso le speranze dopo essere stato in un negozio di abiti
usati, dove una vecchina con dei capelli lunghissimi, i più
lunghi che Louis abbia mai visto, ha quasi cercato di vendergli un
vecchio foulard rosso che si è di certo risparmiato; dopo
essere stato quasi coinvolto in un litigio tra moglie e marito che non
sapevano scegliere il colore di un quadro quando alza gli occhi quasi
sconsolato e scorge, chiedendosi se se la stia immaginando,
un’insegna a forma di margherita cinquanta metri
più avanti.
Beh un fiore non può che indicare un fioraio, no?
Quasi non ci crede, quindi con un po’ di speranza nel cuore e
gli occhi fissi all’insegna si avvicina a passi incerti.
Giura che è l’ultimo negozio che cerca, se non va
bene neanche questo vorrà dire che sua madre si
dovrà accontentare di una chiamata, in fondo basta il
pensiero, giusto?
Arriva al negozio e non è molto grande eppure sembra
contenere un mondo al suo interno. Pensa di non aver mai visto una
così vasta varietà di fiori.
Ogni forma, colore o dimensione di fiori sono contenuti in quel punto
del mondo. Soprattutto sono ben curati.
Chi gestisce il negozio dev’essere un tipo preciso e che ama
ciò che fa.
Si vede che sono frutto di una passione
A lato dell’entrata un vecchio e logoro bancone a elle dietro
il quale sembra non esserci nessuno. Alle pareti bianche neanche a
farlo apposta un orologio a forma di girasole segna le due e cinque.
Caspita, pensa Louis, ha saltato pure il pranzo. Di male in peggio.
Quadri di paesaggi di ogni genere e grandezza sono affissi alle pareti.
Il negozio è vuoto ma dopotutto a quell’ora non ci
sono mica molti disperati come Louis. Nota che sul bancone, che sembra
essere stato appena lucidato, c’è un campanello e
gli sembra una buona idea suonarlo poiché pare che non ci
sia nessuno pronto a riceverlo. Così si fa avanti e
“Permesso” dice senza ricevere risposta.
Un po’ scoraggiato suona il campanello. E ancora niente.
Gli sembra davvero di essere da solo.
Proprio adesso che forse aveva trovato ciò che
cercava.
Ma si sa che la fortuna non è mai dalla sua parte.
“Ti serve aiuto?” una voce bassa e roca gli giunge
alle spalle, provocandogli non pochi brividi alla schiena.
E poi gli è quasi preso un colpo dato che un attimo prima
pensava di essere completamente solo.
Si gira lentamente trovandosi davanti a quello che sembra avere
l’aria di qualcuno uscito da un fumetto.
Un ragazzo alto, riccio, con una corona di fiori tra i capelli,
sì proprio così, profondi occhi verdi che lo
scrutano come fosse qualcosa di anomalo, tratti ancora delicati su
quello che sembra un ragazzo appena cresciuto.
Spalle larghe ricoperte da una camicia a quadri rossa e sopra una
giacca di jeans, gambe che sembrano continuare all’infinito e
un paio di jeans a sigaretta.
Per un momento gli si mozza il fiato poiché quello che ha di
fronte è decisamente uno dei più bei ragazzi che
abbia mai visto.
Poi ricordandosi del fatto che gli ha fatto una domanda cerca di
respirare regolarmente (non riuscendoci a suo malgrado.)
“Sì, stavo cercando il proprietario o un commesso,
sei tu per caso?” risponde con la voce più alta di
un’ottava. Dannazione, deve darsi un contegno.
“Può darsi. Cosa ti occorre?” chiede con
la voce se possibile ancora più roca senza smettere di
fissarlo neanche un momento.
“Beh ecco, è il compleanno di mia madre, anche se
l’avevo dimenticato, ancora non riesco a capire come ho
fatto, ma beh vedi con tutto quello che ho da fare”
s’interrompe capendo che sta raccontando i fatti suoi a un
estraneo a cui probabilmente non importa nulla, ma che non smette di
fissarlo.
“Ok, mi serve un mazzo di fiori per un regalo di
compleanno” chiarisce sorridendo.
Ecco forse così va meglio, decisamente meglio.
“Certo, faccio subito. Hai qualche preferenza in
particolare?” mentre si avvicina a un nastro da pacchetti
colorato.
“No, fai tu” risponde Louis che è
completamente rapito e che solo ora ha fatto caso alle sue mani che
sono enormi e che ha improvvisamente voglia di stringere.
Il ragazzo, di cui ancora non sa il nome, annuisce e basta.
Nel frattempo Louis dà un’occhiata al negozio
sorridendo senza una vera ragione mentre sente dei piccoli rumori
provenire da vicino la cassa, segno che il ragazzo sta scegliendo e
sistemando i fiori da usare
“Ecco fatto”, si sente chiamare quando ormai era
sovrappensiero, così scuote la testa e si avvicina al
bancone per pagare.
Il ragazzo è in piedi di fronte a lui sorridendogli come se
avesse visto il sole da vicino e “Sono cinque euro e il tuo
numero” dice senza alcuna esitazione, facendogli addirittura
l’occhiolino.
A Louis schizzano fuori gli occhi dalle orbite perché
insomma uno sconosciuto, ma non uno qualsiasi, gli sta chiedendo il
numero dopo neanche dieci minuti che l’ha visto. Continua a
fissarlo senza dire niente.
“Beh, allora?” chiede impaziente il ragazzo.
“Eccoti i soldi” dice Louis porgendogli gli euro
con la mano che trema.
“E il numero?” risponde senza alcun segno
d’imbarazzo, anzi se possibile sorridendo ancora di
più.
“Chiedi il numero a chiunque?”
“No, solamente a quelli carini. Non se ne vedono molti da
queste parti”.
A questo punto Louis sta veramente per strozzarsi con la saliva
perché una risposta del genere nemmeno in uno dei migliori
film è detta.
E cosa dovrebbe dirgli ora? Certo, ecco il mio numero, chiamami quando
vuoi che non aspettavo altro?
Beh, in effetti, era quello che sperava ma non può di certo
dirglielo.
Così “Hai carta e penna?” sussurra rosso
in volto.
Prima di lasciare il negozio Louis scatta una fotografia a
Harry, così ha detto che si chiama ma non gli dice di certo
che quella fotografia l’appenderà sul muro accanto
al suo letto. Questa è la prima volta che Louis Tomlinson
vede Harry Styles.
Harry Styles è sempre stato un tipo preciso, attento
all’ordine e alle cose a cui tiene.
Ha sempre pensato che “Le cose o le faccio bene o per
niente” quindi quando suo padre gli ha lasciato il negozio di
fiori poiché doveva andare in pensione il giovane ha
acconsentito, certo, ma a modo suo.
Ha riammodernato tutti gli interni, verniciato le vernici di bianco
perché a lui piace il sole e la luce e nessuno ha provato a
contraddirlo.
Dopo di che ha ordinato nuove specie di piante, lucidato il bancone e
decretato che sarebbe stato l’unico a lavorare nel negozio.
Niente da obiettare, suo padre gli ha lasciato carta bianca.
Al negozio non c’è mai stata grande affluenza di
gente, un po’ perché non è molto
grande, un po’ perché è in fondo a una
viuzza poco conosciuta, con una veccia insegna malandata. Harry non ha
mai avuto molto da fare ma non si è nemmeno preoccupato dei
guadagni, ciò che guadagna per un ragazzo di
vent’anni va più che bene.
La sua vita è stata scandita da punti ben precisi: il primo
dentino, la prima volta in bici senza rotelle, il primo giorno di
scuola e via dicendo.
Non scordiamoci la prima volta che ha indossato la corona di fiori, i
suoi genitori nemmeno ci credevano ma poi si sono arresi
all’idea di vederlo sempre con quella cosa in testa che loro
definiscono “abominevole” dato che Harry
non la toglie nemmeno per dormire, perché gli piace e basta
quindi a lui va bene così.
E quando un giorno in piena estate entra nel negozio un tipo con una
macchinetta al collo che gli ricorda tanto un bimbo di otto anni, Harry
sente che ogni suo piano è andato in fumo.
È una sensazione a pelle quella che sente. Come se da quel
momento tutto andrà diversamente, non gli era mai capitato
prima.
Non può di certo lasciarsi sfuggire un’occasione
del genere allora gli chiede il numero quando avrebbe voluto
chiedergli “Resti con me tutta la vita?”
Casa di Louis Tomlinson non è grande.
Un salone molto luminoso con un divano fatto per quando Liam rimane a
dormire da lui, giura che è apposta per quello.
Un angolo cottura dai mobili gialli canarino che danno un tocco
particolare alla casa, una camera con un enorme letto blu e comodini
bianchi.
Un bagno con la vasca idromassaggio per le sere in cui Louis
è veramente troppo stanco.
E poi non dimentichiamoci di Meredith, la sua gatta che
gironzola per l’appartamento e che gli fa le fusa quando
torna dopo averlo aspettato tutto il giorno mentre lui era in giro a
fotografare il mondo. Scusate tanto se è la sua passione.
Il suo appartamento non è grande ma è pieno zeppa
di fotografie.
Ce ne sono in ogni dove, in salone, sul frigorifero, in bagno e in
camera da letto e nonostante tutto non fanno altro che aumentare di
giorno in giorno.
Ora, tra tutte le fotografie c’è
n’è una con un ragazzo dagli occhi verdi e una
corona di fiori in testa.
Louis va al negozio di fiori il giorno a seguire.
Dice a Eleanor per ringraziare Harry per l’ottimo mazzo di
orchidee che sua madre ha davvero apprezzato ma sa che è
solo per rivederlo.
Fa la stessa strada del giorno prima ma fortunatamente oggi
il caldo non è soffocante come l’altra volta.
Arriva all’entrata del negozio, fa un lungo sospiro e dopo di
che entra con il cuore che trema.
Dà un occhiata in giro ma sembra non esserci nessuno neanche
stavolta allora si ritrova costretto a dover suonare il campanello.
Attende e meno di un minuto dopo appare un ragazzo, che sfortunatamente
non si rivela essere Harry, anzi legge
sull’etichetta che si chiama Zayn e che non sembra proprio di
quelle parti, ha l’aria da orientale e la pelle troppo scura.
Zayn gli dice che Harry non c’è e non sa quando
tornerà.
Louis smette di fotografare.
Sono passati sette giorni da quando Louis è andato al
negozio, ha messo il cuore in una scatola e la macchinetta fotografica
in un’altra.
Non ha il coraggio di tornarci.
Non potrebbe sentire, soprattutto non vorrebbe, da quel Zen, Zac o come
ha detto che si chiama non importa, che Harry non è
lì neanche stavolta.
Poi a dire il vero, quel tipo non gli piaceva neanche un po’.
Tatuaggi ovunque, un braccio pieno, sul petto gli sembra di averne
visto un altro e a lui non piacciono i tipi troppo misteriosi.
Non certo dopo che ha visto quanto potesse brillare Harry. Ma questo
non lo dice a nessuno.
Harry torna a casa dal lavoro,stanco come non mai, si fa una doccia e
poi aspetta Zayn che va a trovarlo ogni sera.
In pratica lui e Zayn sono amici da una vita.
Da quando il moro si è trasferito nella villetta accanto
alla sua all’età di sei anni.
Sono quelli che si usa definire amici per la pelle.
E Zayn crescendo non è diventato quello che
potrebbe essere il figlio che tutte le madri vorrebbero per via dei
suoi tatuaggi che non fanno altro che aumentare su tutto il corpo,
delle sigarette che continua a fumare da anni e per l’aria da
duro che si ostina a tenere.
Ma Harry lo conosce meglio di chiunque altro e sa benissimo che come
ogni cliché che si rispetti dietro quell’aria da
duro c’è un bravo ragazzo.
E poi quante ne hanno fatte insieme.
Come quella volta che hanno forato le ruote dell’auto della
professoressa o hanno incollato la sedia al pavimento. Ha perso
addirittura il conto.
Beh si, Zayn è a tutti gli effetti quello che si definisce
“miglior amico.”
Suonano alla porta, svogliato e con una mano alla bocca per coprire lo
sbadiglio va ad aprire e come suo solito Zayn ha una sigaretta in mano
e una canottiera bianca a bretelle. Niente di nuovo.
“È passato di nuovo al negozio oggi, si
può sapere che gli hai fatto?” chiede il moro.
“Nulla, Zayn nulla. Voglio sapere lui che ha fatto
a me invece se sto qui con una paura assurda di rivederlo.”
Risponde Harry quasi scosso, dando voce ai suoi pensieri.
“Allora affrontalo e basta” quasi urla Zayn, quasi
esasperato, passandosi una mano fra i capelli.
“No, capisci che non posso? È come se con lui
diventassi vulnerabile. Sembra che mi abbia rotto tutte le difese in
meno di dieci minuti. Tutta colpa di quegli occhi, lo so io che dipende
da loro. Dannazione.” Quasi piagnucola Harry.
“Va bene, io vado, tanto lo sai come la penso.”
Dopo di che si alza dal divano e esce dalla porta.
Harry Styles non si è mai sentito così confuso
prima d’ora.
La seconda volta che Louis vede Harry è quando passeggiando
per gli Champ Elysees all’ora di pranzo, tornando a casa
scorge una massa di capelli ricci senza forma e con
l’immancabile corona di fiori tra centinaia di turisti.
Louis quasi non riesce a crederci e gli fa anche strano camminare senza
la macchina fotografica al collo.
Gli viene voglia di corrergli appresso, raggiungerlo e parlargli almeno.
Ma quando gli sembrava di averlo così vicino,
incredibilmente vicino fa per chiamarlo.
Tempo di un secondo e vede il ragazzo iniziare a correre, lontano.
Louis non capisce.
Sembra quasi che il ragazzo stia scappando da lui, ma perché?
Ripercorre mentalmente il loro incontro e non
c’è niente ma niente che
possa spiegare il comportamento di Harry.
Non l’ha mica aggredito, toccato o peggio baciato
anche se avrebbe voluto farlo.
Ha pagato il conto, preso il mazzo di fiori, dato il suo
numero (anche se ancora stenta a crederci), scattato una foto e uscito
dal negozio.
Niente di strano o che non avrebbe fatto qualcun altro al posto suo.
E per quanto riguarda la questione cellulare Harry non ha risposto a
nessuno dei messaggi che Louis gli ha mandato. Ormai ha perso il conto.
E di Harry nessuna traccia.
Louis continua a non fotografare.
Quando vede Harry per la terza volta sono passate altre due settimane
durante le quali Louis non ha scattato neanche una fotografia, ha
continuato ad andare al lavoro come sempre e a vedere sua madre che lo
vede sciupato, ma non può farci niente.
È al supermercato vicino casa sua nel reparto frutta,
scegliendo tra questo o quel tipo di mele quando dall’altra
parte della corsia sbucano due occhi verdi intenti ad osservare in
giro, in cerca di qualcosa.
Louis quasi stenta a crederci.
Ormai aveva quasi perso le speranze di rivederlo dato che passando al
negozio ogni giorno trovando sempre Zayn
a dirgli che Harry non c’era si è un po’
scoraggiato.
Louis alza una mano sventolandola come per salutarlo, urlando
“Harry!” per tutto il negozio facendo voltare la
testa a diversi curiosi e bambini.
A quel punto il ragazzo lascia cadere tutto quello che aveva in mano,
qualcosa come un pacco di biscotti alla crema e una vaschetta di gelato
al pistacchio e si precipita fuori dal negozio come se stesse scappando
da qualcosa o da qualcuno.
Ora Louis è sicuro: Harry sta scappando da lui.
Dopo essere tornato a casa, essersi fatto una doccia e aver dato da
mangiare a Meredith che l’ha ringraziato con una dose extra
di fuse, Louis decide di affrontare la questione e capire
perché Harry lo sta evitando.
Non può più essere un caso ormai.
Si dirige a passo spedito verso il negozio di fiori, sperando davvero
con tutto il cuore di trovarlo lì.
Che la fortuna sia dalla sua parte per una volta?
Ormai è sera e c’è poca gente in giro,
tutto è molto tranquillo. Meglio così o si
sarebbe agitato ulteriormente.
Arriva in poco tempo davanti al negozio, con il fiato corto, trovando
un Harry stanchissimo e inginocchiato che sta chiudendo la serranda.
Sorride, gli viene spontaneo.
“Perché stai scappando da me?” Harry si
alza di scatto, quasi trema.
Sembra che Louis sial’ultima persona che avrebbe mai voluto
vedere.
“Non sto scappando da te” sputa fuori come fosse
veleno, guardandolo negli occhi.
Louis non ci casca.
“Direi di si invece. Non rispondi al telefono, ti vedo per
strada e scappi, ti incontro in un negozio e fuggi via. Io lo chiamerei
scappare.” Dice sottovoce Louis, avvicinandosi e costringendo
Harry a stare con le spalle al muro.
“Forse ho i miei motivi.” A questo punto Harry si
sente in trappola poiché Louis è assurdamente
vicino al suo viso, se poi si aggiungono le mani ai lati della sua
testa il gioco è fatto.
“E sentiamo, quali sono questi motivi?” chiede
Louis quasi sussurrando sulle sue labbra.
“Mi fai tremare, mi rendi nervoso e ho i miei piani
dannazione.” Harry è a un passo dal crollare
lì per terra, sta tremando.
“Rompiamoli questi piani allora.”
Fa Louis un attimo prima di baciarlo. Ed è come se lo
stessero aspettando da tutta la vita. Harry non si è mai
sentito così confuso e al posto giusto nello stesso momento.
Harry Styles è sempre stato un tipo preciso.
Ogni appuntamento, data importante, ricorrenza viene annotata su un
taccuino, sul calendario o un’agenda che porta sempre con se.
Scrive frasi che gli piacciono, molte prese da vecchi film che Liam
definisce “scadenti” ma che a lui piacciono, versi
di canzoni che non conosce nessuno o film da vedere al cinema, che
sicuramente non vedrà per un motivo o per un altro.
Tutto è organizzato secondo i suoi piani.
Non ha mai creduto alle coincidenze, tutti gli eventi per lui sono una
serie di conseguenze legate alle altre. Un tipo molto meticoloso.
“Se avessi controllato i freni non avrei fatto
l’incidente” e via dicendo.
Razionale e pratico come pochi.
Quindi se un giorno arriva qualcuno con degli occhi azzurri e una
macchinetta fotografica al collo con un nome
dall’accento francese a scombussolare tutti i suo piani
rischia di impazzire. Da manicomio proprio. Non riesce a capirlo
nemmeno lui.
È questo che sta cercando di spiegare a Zayn, che se ne sta
comodo sul ripiano della cucina mangiando una mela.
“Zayn quello che tu non capisci è che io non son
un tipo che si lascia andare trasportare così facilmente. E
nemmeno lui lo capisce. E mi ha baciato.”
Zayn ascolta in silenzio per poi dire “E quale sarebbe il
problema?” come se fosse la cosa più ovvia del
mondo. Forse ha ragione.
“Il problema è che non desidero altro che farlo
ancora da quando mi ha lasciato.”
Louis ha ripreso a fotografare. Non sa neanche il perché.
Va al lavoro tutti i giorni, serve i clienti con il solito sorriso sul
viso e in mente ha degli occhi verdissimi che fanno capolino tra i suoi
pensieri. Tipo, a tutte le ore del giorno.
Poi stacca dal lavoro e va in un negozio di fiori in una viuzza di
Parigi poco conosciuta, dall’insegna spenta e sbiadita con
fiori di ogni specie al suo interno e pareti bianche che si trova al 92
Boulevard Malesherbes.
Quello che l’ha colpito più del negozio
è la luce che si riflette sui muri chiari, se poi si
aggiungono i colori del tramonto è tutta un’altra
storia.
Ormai passa lì tutto il tempo, parlando con i clienti e
scattando loro foto mentre un ragazzo dai capelli ricci confeziona
mazzi di fiori e i clienti sono soddisfatti.
Forse addirittura aumentati, ma non ne è sicuro.
Non è di certo una cosa di cui si preoccupa Harry mentre
è sdraiato con la schiena sul bancone, il cartello sulla
porta segnala che il negozio è chiuso, sotto intendendo
“lasciateci soli” e Louis sdraiato su di lui gli
sta lasciando baci leggeri su tutto il viso.
Si sente quasi in paradiso, pensa Harry.
“Non so se siano peggio i tuoi ricci che non stanno mai
fermi. O la corona di fiori in testa, che non togli neanche per
dormire. O i tuoi occhi che sono così verdi da far paura. O
le tue labbra così rosse. Non so proprio che mi hai
fatto.”
Sussurra a un millimetro dal suo viso.
“Sai, io sono sempre stato un tipo organizzato. Impegni
programmati, date e scadenze. Piani per far andare tutto per il meglio.
Poi un giorno arriva qualcuno con una macchinetta fotografica al collo,
occhi azzurri che cerca un fioraio come l’acqua nel deserto.
E sento improvvisamente come se tutti i miei piani fossero mandati
all’aria.
Che dovrei fare con te?” dice Harry senza smettere di
guardarlo negli occhi.
“Baciami.”
Camera di Harry non è grande.
Il letto è al centro della stanza, le pareti sono bianche e
vi è una vetrata, che Louis ha scoperto di amare, ma come
ogni cosa di Harry del resto, da cui entra il sole di giorno e le
stelle di notte e quadri di qualche artista sconosciuto al mondo sono
appesi ai lati del letto.
Ci sono le luci del tramonto e il rosso e l’arancio si
fondono sulle coperte bianche dove sono distesi Harry e Louis dopo aver
fatto l’amore.
Si sono amati, abbracciati e accarezzati.
Louis, precisamente, indossa solamente un maglione bianco di Harry che
è enorme per lui e potrebbe entrarci quattro volte ma
profuma di casa, affetto e verde.
Quindi va benissimo così.
Harry gli sta accarezzando i capelli che sono sparati in aria dandogli
un’aria buffa e dolce allo stesso tempo e ha ancora le guance
arrossate e gli occhi che brillano.
Louis è vicinissimo a fare le fusa come un gatto e Harry lo
sta guardando come se fosse la cosa più bella del mondo.
Non parlano ma si limitano a guardarsi perché non
c’è bisogno di parole fra loro.
Si sono già detti tutto e si dicono tutto solamente
guardandosi.
Se in quegli occhi si legge amore, cos’altro
c’è da dire?
Sono tutti a tavola, HarryeLouis, Zayn e Liam.
A guardarli formano delle strane coppie. Non si direbbe ma che sono
amici dall’esterno.
Harry e Louis sono in sintonia, si muovono allo stesso
momento e completano uno le frasi dell’altro. Non stanno
insieme da molto eppure sembrano vivere in simbiosi.
Sembrano l’amore che i cantanti cantano, quello che si
racconta nelle favole, quello che ha il lieto fine, quello che fa
sperare nel meglio.
È questo quello che stanno cercando di fargli notare Zayn e
Liam, anche se stentano a crederci loro stessi.
Non è una cosa che capita tutti i giorni, anzi a
dire il vero, non capita mai.
E tutto quello che HarryeLouis dicono è che sono
semplicemente loro, si fidano uno dell’altro e non fingono
niente, non lo fanno apposta. Sono così e basta.
Non hanno programmato nulla, è stato tutto casuale
dall’inizio.
Un giorno, per caso, Louis è alla disperata ricerca di un
regalo per sua madre (che ha gradito moltissimo tra l’altro)
e entra nel negozio di Harry.
Il fatto è che da quel giorno è cambiato tutto.
Louis ha smesso di fotografare poiché tutto gli sembrava
scontato e di poco conto, superficiale da quando ha incontrato gli
occhi così verdi del riccio.
Ha continuato la propria vita. Ogni giorno è andato a
lavoro, venduto dischi e sorriso ai clienti.
È tornato a casa e poi andato regolarmente al negozio di
fiori.
Per trovare Zayn che gli diceva “Harry non
c’è, non so quando torna.”
E andare via, tornando a casa senza spiegarsi il motivo.
Per non parlare di quando lo ha incontrato in giro e lo ha visto
scappare da lui varie volte. Per poi baciarlo e rompere i suoi schemi.
“Non abbiamo mai pensato a nulla” prova a spiegare
Harry, con una scintilla negli occhi e le mani che tremano
“è successo e basta.”
Ed è sicuro che non troverà mai le parole per
spiegare cosa sia successo.
“Si, un giorno prima era così ed il giorno dopo
non più.” Gesticola Louis tenendo la forchetta in
mano, cercando di essere un po’ più preciso, senza
nemmeno riuscirci.
Così Liam e Zayn annuiscono e basta, capendo vagamente cosa
intendono i ragazzi di fronte a loro, ma forse è meglio
così.
È successo e basta.
Louis fotografa Harry, che ormai è il suo soggetto
preferito, sotto l’Arco di Trionfo o vicino la Tour Eiffel.
Poi lo porta a mangiare le crepes da Antonio, uno chef italiano
perché “Harry è impossibile che tu non
le abbia mai mangiate, sono troppo buone.”
A Parigi, in una via poco conosciuta, precisamente 92 Boulevard
Malesherbes c’è un negozio di fiori che gestisce
un giovane ragazzo che ha sempre programmato tutto nella vita e che ora
si ritrova a vivere giorno per giorno.
A Parigi c’è una casa con moltissime foto
attaccate alle pareti che ritraggono dettagli di persone, artisti di
strada, nuvole e fiori.
Ora, a queste foto si sono aggiunte quelle di un ragazzo
dagli occhi verdi e un corona di fiori in testa.
A Parigi, sempre in quella casa, ci sono due ragazzi seduti per terra
davanti a una televisione che stanno guardando un film
d’amore degli anni ’60 con tanto di marshmallow
arrostiti e la testa poggiata sulla spalla dell’altro.
A Parigi un ragazzo sognava di diventare fotografo e ora che ha vinto
un concorso di fotografia sta festeggiando baciando
il suo fidanzato sotto la torre Eiffel e tanti sogni nel
cuore.