NON TI ABBANDONERO’
Il sole splendeva alto nel cielo di quella che poteva
sembrare una giornata tranquilla e pacifica. Ma, per l’equipaggio dell’ormai
famosa nave pirata Going Merry, non era affatto così. Infatti, proprio nel bel mezzo
di quella splendida giornata, era in corso una feroce battaglia tra pirati.
“Maledetto moccioso!! Ti farò soffrire come mai avresti
creduto possibile!”
“Eh eh eh, provaci, se ci riesci!!”
Rufy stava combattendo contro il capitano della ciurma
nemica, mentre i suoi compagni si occupavano del resto dell’equipaggio. Zoro ci
dava dentro con le sue tre spade; Sanji sparava calci ovunque; Usop, da una
postazione nascosta, utilizzava la sua fionda; Chopper, trasformato, combatteva
sfruttando i suoi poteri derivanti dal frutto del diavolo, così come Nico
Robin; Nami, con i suoi Clima Sansetsukon, teneva a distanza gli avversari, e
intanto teneva d’occhio la battaglia del suo capitano. Quel giorno le era
sembrato più esagitato del solito e l’aveva già visto gettarsi in più di una
situazione estremamente rischiosa. Come al solito, sembrava non preoccuparsi
minimamente di mettere a rischio la propria vita. E infatti, proprio in quel
momento, la giovane navigatrice vide il capitano gettarsi dritto contro la spada
dell’avversario, incurante del rischio. L’arma trapassò la spalla sinistra del
giovane.
“RUFYYYY!!!”
Rufy, ancora con la spada conficcata nella spalla, sorrise,
e colpì con un pugno il nemico, liberandosi così anche dell’arma. Nami tirò un
respiro di sollievo, ma notò che la ferita sanguinava in modo preoccupante e
che il giovane non muoveva più il braccio sinistro. Intanto, il pirata nemico
si stava rialzando, e fissava Rufy incredulo.
“Ma tu…Possibile che a te non importi proprio nulla di
morire!?!”
Il cuore di Nami mancò un battito. Detestava sentire porgere
quella domanda al suo capitano. Soprattutto, detestava nel modo più assoluto
sentire Rufy rispondere, sempre nello stesso modo. Chiuse gli occhi e strinse i
denti mentre, puntuale, la solita risposta arrivava.
“No. Sono un pirata e so che c’è questa possibilità. Se
dovessi morire, vuol dire che è arrivato il mio momento. Perché dovrei andare
contro l’inevitabile?”
Queste parole, come sempre, furono pronunciate con un gran
sorriso. Nami, ormai sfinita, non guardò nemmeno la fine dello scontro. Senza
più gettare uno sguardo al capitano, si diresse verso la sua cabina, incurante
di tutto e di tutti.
“Ecco. L’ha detto di nuovo. E, come ogni volta, sento una
grandissima rabbia montarmi dentro. Perché cavolo devo preoccuparmi tanto,
poi?! Se non gliene importa niente a lui, perché deve interessare a me?! E’ la
sua vita. E’ libero di gettarla al vento, se vuole. Però…non può comportarsi
così egoisticamente! Ci ha reclutati praticamente a forza nella sua ciurma, ha
conquistato la nostra assoluta fiducia, la nostra amicizia e il nostro affetto.
E ci ha dato un sogno comune. Ed ora? Vorrebbe semplicemente accettare di
perdere la vita per mano di uno stupido pirata?! No, non può essere tanto
egoista!”
In quel momento, le urla di trionfo di Usop e Chopper la
avvisarono che la battaglia era finita. Avevano vinto. E ancora una volta Rufy
se l’era cavata. Senza quasi accorgersene fece un gran sospiro di sollievo.
Eppure, nonostante ora si sentisse più tranquilla, la rabbia non le era
passata. In quel momento, in cabina, entrò Robin, con una fasciatura sul
braccio destro.
“Ehi, navigatrice…Che è successo? Te la sei data a gambe nel
bel mezzo dello scontro?”
“Lasciami perdere. Piuttosto, sei ferita…E’ grave?”
“Solo un taglio. Chopper mi ha già medicata. Ora si sta
occupando di Rufy. Aveva un gran brutta ferita su una spalla.”
“Sì, lo so.”
La freddezza nello sguardo e nella voce della navigatrice
sorpresero Robin, che la fissò per qualche istante. Poi, senza più una parola,
si distese sul letto a leggere.
I successivi giorni passarono tranquillamente, sulla Going
Merry. Rufy si stava riprendendo dalla ferita e combinava guai ovunque. Era
tornato quello di sempre. Ma, nonostante fosse passata ormai una settimana
dalla battaglia, la rabbia di Nami non era ancora passata. Anzi, ogni giorno,
vedendo il capitano comportarsi in modo spensierato, la sua rabbia aumentava.
Si comportava normalmente, ma ogni volta che Rufy le andava vicino lei si
scansava, ignorandolo. Fino a che un giorno, durante la cena, la giovane
esplose. Erano tutti seduti a tavola e, come al solito, i ragazzi stavano
litigando per il cibo. Rufy stava rubando il contenuto dei piatti degli amici
quando, all’improvviso, si bloccò fissando Nami. Il volto della ragazza era
visibilmente alterato.
“Nami, che hai?”
A quella domanda, tutti si voltarono verso la navigatrice,
interrompendo la guerra per il possesso del cibo. Nami, senza alzare la testa
dal piatto, rispose freddamente:
“Niente.”
Usop e Sanji rabbrividirono. Zoro lasciò cadere la
forchetta. Rufy sbarrò gli occhi. Il tono di voce di Nami li aveva sconvolti.
Era la seconda volta che sentivano la giovane parlare con quel tono. La prima
era stata a Cocoyashi, quando la ragazza aveva detto loro di non considerarli
suoi compagni e di averli seguiti solo per rubar loro il tesoro. Anche Robin e
Chopper erano sorpresi, ma non comprendevano il perché delle reazioni degli
altri.
Dopo alcuni istanti di profondo silenzio, Rufy si riprese.
“Sicura di star bene? Sembri strana. Non è che ti sei
beccata un’altra volta il raffreddore, vero?”
“Sto bene. E ora lasciami in pace, per favore.”
“Eppure sembri arrabbiata. Hai litigato con qualcuno?”
Nami alzò il capo di colpo e fulminò l’amico con lo sguardo.
Tutti rabbrividirono. Usop iniziò a dare lievi colpetti sul braccio a Rufy,
sussurrando:
“Ehi…Rufy…E’ meglio se lasci perdere…Dammi retta…”
“E perché? La vedi anche tu, no? E’ arrabbiata. E’
evidente.”
“Sì, ma…E’ meglio se lasci perdere…”
“No.”
La testardaggine di Rufy era ben conosciuta da tutti i suoi
amici. Infatti Usop sospirò, rassegnandosi a non essere ascoltato.
“Accidenti…Prevedo grossi guai…”
Rufy, testardo come non mai, si sedette di fronte a Nami e
cominciò a fissarla con insistenza. Nami, intanto, s’innervosiva sempre di più.
“Rufy, mollami. Lasciami in pace. Se hai finito di mangiare,
sparisci!!”
“Non ne ho voglia.”
Usop cominciò ad avvicinarsi alla porta, cercando una via di
fuga. Chopper si nascose sotto il tavolo. Era evidente che Nami era al limite
della sopportazione.
“Ma si può sapere che vuoi da me?! Lasciami in pace! Devi
sempre impicciarti degli affari degli altri, non sei capace di preoccuparti di
te stesso?!”
Rufy rispose, con una naturalezza disarmante:
“No.”
A quel punto, Nami non resistette più. Tutta la rabbia
accumulata in quei giorni esplose in un colpo solo. Si alzò in piedi di colpo,
sbattendo le mani sul tavolo e facendo rovesciare diversi bicchieri. Il loro
contenuto si sparse per il tavolo, ma nessuno si preoccupò di raccogliere.
Tutti fissavano Nami, immobili. Lampi d’ira sembravano fuoriuscire dai suoi
occhi.
“Smettila, Rufy!! Io non ti sopporto più, con questo tuo
dannatissimo atteggiamento!! Io…Io…” – lacrime di rabbia presero a scendere
dagli occhi della giovane. – “Io ti odio!! Ti detesto, non ti sopporto!! Vorrei
non essere mai salita su questa nave e vorrei non aver mai accettato di
seguirti!! Se potessi tornare indietro rimarrei alla mia isola, con mia
sorella! E pregherei di non vederti mai più!!! Vorrei non averti mai
incontrato, Monkey D. Rufy!!!”
Nessuno fiatò. Erano tutti troppo sbalorditi da quelle
parole per poter reagire. Rufy continuava a fissare Nami, senza cambiare
minimamente espressione. Poi, lentamente, si alzò, calcandosi per bene il suo
adorato cappello sul capo. Quindi, senza mostrare a nessuno gli occhi,
s’incamminò verso la porta. Prima di uscire, però, si fermò sulla soglia. Con
voce atona disse, senza nemmeno voltarsi:
“Se è davvero così che la pensi, non devi far altro che
andartene. Non sarò certo io ad obbligarti a fare qualcosa che non vuoi.”
E con queste parole lasciò la cucina, lasciando la sua
ciurma ancora più attonita.
Di nuovo, tutto rimase immobile per qualche istante. Poi
Nami si precipitò fuori, andandosi a chiudere in cabina. Spinta dalla rabbia
aveva detto cose non solo che non pensava, ma che esprimevano l’esatto
contrario dei suoi veri sentimenti. E ora si sentiva terribilmente affranta.
Per aver detto quelle cose a Rufy, con il solo scopo di ferirlo. E ancora di
più per la reazione del capitano stesso. Se n’era infischiato. Anzi, le aveva
proprio detto di andarsene. Incredibilmente, sembrava che non gli importasse di
perdere una compagna e amica. Nami si morse con forza il labbro inferiore, ma
non le servì a nulla. Le lacrime scesero nuovamente dai suoi occhi e la giovane
non poté far altro che gettarsi sul letto e premere il volto sul cuscino,
scoppiando in un pianto dirotto. Non si accorse nemmeno di Robin, che era
entrata in cabina e, dopo averle donato uno dei suoi rari sguardi dolci,
l’aveva lasciata sola, libera di sfogarsi. La bella donna viaggiava da
moltissimo tempo e aveva molta più esperienza di loro, anche nel campo dei
sentimenti. Anche se per molto tempo aveva cercato di non provarne, conoscendo
quella ciurma aveva ricominciato a voler bene. E si era molto affezionata a
quella ragazza, che faceva la dura per nascondere i suoi tormenti e le sue
debolezze. La capiva e infatti non le ci era voluto molto per comprendere cosa
si nascondeva davvero dietro a quella rabbia e a quelle parole.
Nel frattempo, Rufy era andato a sedersi sulla polena, come
al suo solito. Ma quel giorno era diverso, e gli altri se n’erano accorti.
Solitamente, anche se stava seduto sulla sua postazione preferita, non stava un
attimo fermo. Si dondolava, faceva scherzi, rubava cibo, rideva. Invece ora era
fermo. Immobile. In silenzio. Fissava il tramonto senza dire una parola. Era
talmente immobile che sembrava non respirasse neanche. Nessuno aveva il
coraggio di avvicinarsi a lui. Era rimasto evidentemente scosso dalle parole di
Nami e dirle che poteva andarsene doveva essergli costata molta fatica. Loro
tutti sapevano bene che Rufy teneva ai suoi compagni più che a se stesso. E che
li avrebbe lasciati andare solo se fosse stato davvero necessario, e con una
profonda sofferenza. Sanji, Zoro e Usop ricordavano ancora bene come si fosse
rifiutato di lasciar scappare Nami senza una spiegazione e successivamente di
abbandonarla, nonostante fosse stata lei a chiederlo. Non capivano per quale
motivo questa volta fosse stato lui a suggerirle di andarsene. Probabilmente le
parole della ragazza lo avevano ferito più di quanto tutti loro potessero
immaginare. Comunque, comprendendo il suo dolore, nessuno andò da lui e lo
lasciano solo, libero di pensare.
A notte fonda, però, quando Sanji si alzò per andare a bere,
era ancora lì, sulla polena, intento a fissare il buio. Il giovane cuoco si
sorprese molto. E si chiese se fosse stata una buona idea lasciarlo solo.
Forse, in fondo, sentiva la necessità di parlare con qualcuno. Dopo essere
passato in cucina a prendere l’acqua e una mela per il capitano, quindi, andò
verso il giovane.
“Ehi, Rufy! Che fai, non dormi?”
Rufy si voltò e vedendolo gli sorrise. Sanji però si accorse
subito che quello non era un sorriso dei soliti. Senza fare commenti gli lanciò
la mela, che Rufy prese al volo.
“Grazie. Effettivamente avevo un po’ d’appetito.”
“Lo immaginavo. Allora, Rufy. ti va di parlare un po’ con il
vecchio Sanji?”
“Ok. Ma di cosa?”
“Non fare il finto tonto, sai a cosa mi riferisco. Sto
parlando di Nami e di ciò che è accaduto oggi.”
“Oh…Beh, non credo ci sia molto da dire. Qui non sta bene. E
allora è giusto che se ne vada.”
“Dici sul serio? Eppure, quando se ne andò per tornare al suo
villaggio, tu non lo accettasti. La volevi riportare indietro.”
“E’ diverso. In quel caso lei se n’era andata senza una
spiegazione. E non voleva davvero abbandonarci. Ora, invece, sì. Ce l’ha detto
chiaramente. Io non ho mai voluto tenere nessuno nella ciurma contro la sua
volontà. Se odia me e questa nave allora non ha alcun senso che rimanga qui.”
Sanji osservò l’amico. Era davvero serio, raramente l’aveva
visto così. E ancor più raramente l’aveva sentito fare un discorso tanto lungo
senza metterci in mezzo qualche cavolata. Sì, era decisamente sconvolto.
“Ma tu credi davvero a quello che ha detto?”
Rufy lo guardò, stupito.
“E perché non dovrei, scusa? Se l’ha detto vuol dire che lo
pensava, no?”
Sanji sorrise. Nonostante tutto, rimaneva comunque il solito
tontolone di un capitano, con la sua ingenuità.
“Rufy, a te non capita mai di non dire quello che pensi? O
di dire un’altra cosa?”
“No.” – rispose candidamente il capitano.
“Ne sei davvero sicuro? Al 100%? Non è davvero mai capitato
che tu volessi dire qualcosa ma poi te la tenessi dentro? Magari per non ferire
qualcuno o te stesso…”
Rufy abbassò il capo e prese tempo staccando un pezzo di
mela con un morso. In un’altra occasione l’avrebbe ingoiata intera.
“Beh, effettivamente…Forse una volta è successo…”
“Ah sì? E quando, se è lecito?”
“…Oggi…Proprio qualche ora fa. E forse…Forse è stata la
prima volta in tutta la mia vita. Io sono abituato a dire sempre quello che
penso, capisci? Non mi piacciono le bugie.”
“…E quando è successo? Mentre parlavi con Nami?”
“…Quando ho detto a Nami di andarsene…”
Sanji sorrise, notando che il capo del suo amico si
abbassava sempre di più. Sembrava quasi imbarazzato.
“Rufy, dimmi una cosa…Che avresti voluto dirle, in realtà,
in quel momento?”
Rufy prese ancora tempo, finendo la mela, sempre a capo
chino. Poi, lentamente, alzò il capo, tornando a fissare il buio davanti a sé.
Sanji pensò non volesse rispondere. Ma poi Rufy mormorò:
“Perdonami…Mi sforzerò di cambiare…Ma ti prego…Non
abbandonarmi ancora…E’ questo che avrei voluto dirle…”
“E perché non l’hai fatto?”
“Perché non sarebbe stato giusto. Lei ha il diritto di
scegliere cosa fare. Non posso obbligarla. Deve decidere lei. Se le avessi
detto quello che pensavo…avrei potuto influenzarla…”
“E non pensi di aver corso questo rischio anche dicendole di
andarsene?”
Rufy non rispose. Per un po’ rimasero entrambi in silenzio.
Mentre Rufy fissava ostinatamente davanti a sé, Sanji prese una sigaretta e,
con gesti meccanici, se l’accese. Poi, soffiando fuori il fumo, chiese:
“Rufy…Sei mai stato innamorato, tu?”
Rufy per poco non cadde dalla polena. Guardò l’amico con gli
occhi fuori dalla testa.
“Che razza di domande sono?!”
“Una domanda come un’altra…Allora? Mai stato innamorato?”
Rufy stava per rispondere con un secco no, ma per qualche
motivo non lo fece, chinando nuovamente il capo. Sanji lo osservava con un
mezzo sorriso.
“Ecco…Non saprei…Magari mi sono innamorato senza
accorgermene. Il fatto è che io non so cosa significhi essere innamorati. Nessuno
me lo ha mai insegnato.”
“Vedi, Rufy…Essere innamorati significa non riuscire a
pensare ad altri che alla persona amata. Sentire il desiderio di renderla
felice a qualsiasi costo. Voler condividere con lei ogni cosa. Non volertene
separare mai. Scioglierti per un suo sorriso e provare il desiderio di uccidere
chiunque glielo tolga. Sentire un tuffo al cuore ogni volta che osservi il suo
profilo. E scoppiare di felicità quando sei vicino a lei.”
Sanji si era reso conto che, con il progredire del suo discorso,
gli occhi di Rufy si erano abbassati sempre di più. Terminato il monologo, con
un gran sorriso dipinto sul volto, chiese:
“Allora, Rufy…Ti sei mai innamorato?”
Ci volle qualche istante prima che, da quella massa
ingobbita in cui si era trasformato il suo capitano, provenisse un sommesso:
“Beh, io…credo proprio…di sì…”
Il cuoco proruppe in una gran risata.
“Beh, amico, sei messo meglio di me! A me non è ancora
capitato di provare una cosa simile per una ragazza, perché mi piacciono tutte!
Comunque, ora vado a dormire. Ti lascio a riflettere su quanto hai scoperto. E
ricorda…Se hai ancora bisogno di parlare di queste cose…Sai dove trovarmi!
Buonanotte, capitano.”
“’Notte, Sanji. Grazie.”
“Figurati…”
E il biondo cuoco tornò in cabina, fischiettando. Non appena
entrò, si ritrovò tre paia d’occhi puntati su di lui.
“Beh? Preoccupati per il capitano?”
“Lascia perdere l’ironia. Allora, che ha?”
“Niente di preoccupante. E’ solo rimasto scosso dopo la
discussione avuta con Nami.”
“Questo l’avevamo capito. Ma quanto scosso?”
“Parecchio. Ma certamente gli passerà.”
“Davvero? Anche se Nami se ne andrà?”
Sorridendo, Sanji andò a distendersi sulla sua amaca. Poi,
dopo aver chiuso gli occhi, rispose:
“Ma lei non se ne andrà. Rufy non glielo permetterà. Sono
pronto a scommetterci.”
E con quest’ultima frase chiuse la discussione.
Il mattino successivo, l’intera ciurma fu svegliata di
soprassalto da forti boati. Robin fu la prima a controllare cosa accadeva,
sfruttando i poteri del frutto del diavolo. Si voltò verso Nami.
“Ci attaccano. Preparati a combattere. Io avverto gli
altri.”
Mentre la navigatrice si preparava, Nico Robin utilizzò
nuovamente i suoi poteri, facendo apparire una bocca nella cabina dei ragazzi.
“Siamo attaccati. Tre navi, saranno un centinaio. Stanno
sparando con dei cannoni. Non conosco il Jolly Roger.”
Rufy, Zoro e Sanji, già in piedi davanti alla porta della
cabina, annuirono.
“Ok. Zoro, Sanji. Noi usciamo allo scoperto. Usop, corri al
cannone. Chopper aiutalo. Robin, tu resta nascosta fino all’ultimo, così li
cogli di sorpresa.”
Ci fu un attimo di silenzio in cui tutti annuirono, in
risposta agli ordini del capitano. Poi, la bocca di Robin parlò nuovamente.
“…E Nami?”
Tutti si voltarono verso Rufy. Lui teneva il capo chino.
“…Dille di decidere lei. Se non vuole più far parte della
ciurma, può starsene nascosta. Ora andiamo, forza!”
E corse fuori, seguito dai due compagni. In cabina, Robin si
voltò verso Nami. La rossa ricambiò lo sguardo, poi chiese:
“Allora?”
“Rufy, Zoro e Sanji sono usciti. Usop e Chopper sono andati
al cannone. Io devo rimanere qui. Aspetterò che siano arrivati sulla nave per
coglierli di sorpresa.”
Nami rimase in attesa, ma Robin sembrava aver terminato.
“Ok. E io? Devo aspettare qui con te?”
“…Il capitano ha detto…che devi decidere tu.”
“Eh?”
“Se non hai più intenzione di far parte di questa
ciurma…Allora vai a nasconderti finché non sarà tutto finito. Altrimenti, esci
a combattere con noi.”
Nami la fissò a bocca aperta. Poi andò a sedersi sul letto,
non mostrando più il volto alla compagna. Stettero in silenzio per un po’, poi
Robin decise di aiutare un po’ quella ragazza che ormai considerava una cara
amica.
“Sai, Nami…L’altro giorno ho fatto quattro chiacchiere con
Sanji. Ero curiosa di sapere come vi eravate conosciuti e cos’era accaduto
durante il vostro viaggio, prima che arrivassi io.”
Nami non si era mossa, però aveva cominciato ad ascoltarla.
“Così, tra una cosa e l’altra, mi ha raccontato di quando è
toccato a lui entrare nella ciurma. E mi ha anche confidato che è stato proprio
in quel periodo l’unica volta che ha visto Rufy davvero infuriato. Aveva a che
fare con te ed il tuo passato, no?”
La navigatrice sussultò.
“E poi mi ha anche detto una cosa che, a pensarci ora, è
strana. Perché sarebbe un controsenso con ciò che è accaduto ieri…E’ una cosa
accaduta subito dopo che tu sei fuggita con la nave e i tesori…Mi ha anche
detto che quella è stata la prima volta che ha pensato che forse Rufy non era
solo un povero idiota…”
Ormai Robin aveva catturato la completa attenzione di Nami.
Infatti la rossa aveva alzato la testa e ora fissava la più grande con sguardo
ansioso. Robin sorrise a se stessa.
“Sanji ha detto che questa è una cosa che forse tu non hai
mai saputo…Quindi non so se è il caso di dirtelo. Però, visto che ci siamo…”
“Dimmelo, Robin. Ti prego.”
“Quando tu fuggisti con la nave…C’erano due vostri amici a
bordo, no?”
“Sì. Johnny e Yusaku.”
“Loro, dopo che tu li avevi buttati in mare, corsero da Rufy
e gli dissero cosa era accaduto. Sanji guardava tutto da lontano, non era
ancora uno di voi. Ma vide chiaramente le varie reazioni. Da ciò che mi ha
raccontato, Usop e Zoro s’infuriarono, mentre Rufy rimase zitto, sbalordito.
Poi Zoro propose di lasciarti perdere, in fondo eri solo una ladra. Usop protestò
per via della nave. Rufy, invece, guardò bene il mare, fino a scorgere,
lontanissima, la sagoma della Going Merry. Quindi ordinò a Zoro e Usop di
seguirti e portarti indietro, perché lui non poteva muoversi da lì.”
“Sì, questo lo sapevo. Ricordo che Zoro mi disse che era
venuto fino a Cocoyashi perché glielo aveva ordinato Rufy.”
“Già. Ma ciò che tu, forse, non sai, è che a quell’ordine
entrambi protestarono. Non volevano seguirti e sostenevano che una altro
navigatore sarebbe stato facile da trovare. Ma a quel punto Rufy si arrabbiò.
Ripeté l’ordine, poi disse, più o meno…Nami è la nostra navigatrice e
senza di lei non si va avanti. Fu solo per quello che Zoro e Usop, alla
fine, partirono.”
Nami era rimasta stupefatta. Fissava il vuoto con gli occhi sbarrati.
“Io…Questo non lo sapevo…”
Robin non fece alcun commento. Semplicemente, con un
sorriso, disse:
“A volte, per cercare di assecondare le persone care, si
dicono cose che non si pensano…Allora, navigatrice…Hai preso la tua decisione?”
Per qualche istante ci fu solo silenzio. Poi, fissando Robin
con sguardo determinato, Nami si alzò e, afferrando la sua arma, disse:
“Puoi scommetterci, compagna!”
Robin sorrise, mentre Nami la ricambiava. Poi entrambe si
gettarono nella battaglia.
Rufy era immerso nel combattimento, ma vide ugualmente Robin
uscire sul ponte pronta a lottare, seguita da Nami, apparentemente con la
stessa intenzione.
“Nami…Allora, almeno per ora, si ritiene ancora una della
ciurma…E va bene. Mi libero di questi bastardi e le parlo!!”
Tornò a combattere, con un sorriso determinato dipinto sul
volto. Lo scontro era duro, i pirati avversari sembravano non finire mai. Poi,
all’improvviso, Rufy venne colpito alla schiena da un bastone e si voltò per
verificare chi fosse stato l’incauto nemico. Il giovane comprese all’istante di
trovarsi di fronte al capitano della ciurma avversaria.
“Eccoti qua, finalmente, bastardo!”
“Moccioso…Hai una pellaccia dura, tu. Ma non credi di
peccare di presunzione nel ritenerti un pirata, o ancor peggio, un CAPITANO?”
“Ma che dici, scemo?! Parla in modo comprensibile, io non
capisco certi paroloni!”
“Stolto! Ora t’insegno io com’è un vero capitano!”
I due ingaggiarono una dura battaglia. Nami se ne accorse e
si avvicinò per vedere meglio. Non poteva fare a meno di preoccuparsi per Rufy.
E poi questa volta doveva assolutamente uscirne sano e salvo. Perché lei doveva
parlargli, e dirgli che aveva mentito, dicendogli che lo odiava e tutte quelle
altre sciocchezze.
Il combattimento proseguì senza esclusione di colpi, fino a
che non si giunse al momento cruciale, tanto odiato da Nami. Quello in cui il
nemico, esausto e sanguinante, guardava Rufy con sguardo sconvolto, e gli
porgeva la solita, temuta domanda.
“Ma a te non importa nulla di morire?!”
Nami, ancora una volta, chiuse gli occhi.
“No! Non posso sentirlo rispondere, o finirò per
arrabbiarmi ancora e dirgli altre sciocchezze!!”
Rufy sorrise e si preparò a rispondere. Ma la risposta non
fu quella che Nami si aspettava. Infatti Rufy esclamò:
“Un tempo no! Ma ora è diverso! Ora c’è una cosa che devo
assolutamente fare, prima di morire! E c’è una persona da cui voglio tornare e
da cui vorrò tornare dopo ogni battaglia! Per questo sconfiggerò te e tutti gli
altri pirati che mi sfideranno! E vivrò! Per la persona che amo!!”
E con questa frase si scagliò sull’avversario, dandogli
l’ultimo, fatale colpo.
Nami fissava Rufy, sconvolta dalle sue parole. Era
completamente indifesa. Ma nessun nemico l’attaccò. Infatti tutti gli uomini,
vedendo la sconfitta del loro capitano, avevano abbandonato lo scontro e si
stavano riversando sulle due navi rimaste (la terza era stata abbattuta dal
grande cecchino Usop) per fuggire. Ben presto il ponte della Going Merry si
ritrovò sgombro, fatta eccezione per il suo equipaggio. I sette si rilassarono,
fortunatamente nessuno di loro era rimasto ferito gravemente. Solo qualche
graffio qua e là. Nami, nonostante si fosse seduta, come gli altri, non aveva
smesso di fissare Rufy. Robin e Sanji se ne accorsero e, con un sorriso, trascinarono
gli altri tre sottocoperta, lasciando soli il capitano e la navigatrice. Rufy,
in quel momento, si accorse che Nami lo stava fissando e prese a guardarla a
sua volta. Poi le sorrise.
“Allora hai deciso di combattere al nostro fianco, alla
fine. E’ una scelta definitiva o è solo per oggi?”
Nami sembrò risvegliarsi dallo stato di semi-trance in cui
era caduta. Scosse la testa per chiarirsi le idee, poi tornò a guardare Rufy.
“Non ho mai avuto la minima intenzione di lasciare la Going
Merry. Ti chiedo perdono per ciò che ti ho detto ieri. Erano tutte bugie.”
Rufy assunse un’aria sorpresa.
“Vuoi dire che non è vero che mi odi e che vorresti non
avermi mai conosciuto?”
“No! Scorda tutto ciò che ho detto ieri, Rufy. Ero nervosa e
mi sono sfogata con te solo perché sei stato l’unico a parlarmi. Ho cercato di
proposito di dire cose che ti avrebbero ferito, perché volevo sfogare la mia
rabbia. Ma non pensavo assolutamente nulla di ciò che ho detto. Io mi trovo
benissimo qui sulla Going Merry e se tornassi indietro, deciderei di seguirti
ancora. E sappi che incontrarti, per me, è stata la cosa migliore che mi sia
mai capitata. Ti devo così tanto…E ti giuro che non ti abbandonerò mai. A meno
che, ovviamente, non sia tu a volere che io me ne vada…”
Nami aveva chinato il capo, ma lo alzò di scatto quando udì
Rufy urlare un secco “NO!!” e balzare in piedi. Lo fissò a bocca aperta.
“Neanche per idea!! Tu sei la mia navigatrice, e senza di te
non vado avanti neanche io!!”
Il cuore di Nami prese a battere all’impazzata, mentre lo
sguardo di Rufy, sempre posato su di lei, si addolcì in un modo che la giovane
non aveva mai visto.
“E poi – proseguì il capitano dolcemente – mi sarebbe
difficile venire a trovarti a casa tua dopo ogni battaglia e poi tornare
indietro. Non riuscirei comunque a proseguire! AH AH AH!!!”
E scoppiò in una risata che gli altri, intenti a spiarli,
interpretarono come diversivo per celare un certo imbarazzo.
“Ma guardatelo! Ride come uno scemo ed è tutto rosso!”
“Non ho mai visto Rufy così imbarazzato.”
“Beh, dopo ciò che ha detto a quel pirata, questa è
praticamente una dichiarazione d’amore!”
“Chi l’avrebbe mai detto! Il capitano innamorato!”
“Comunque direi che anche la nostra navigatrice non è da
meno. E’ addirittura viola!”
“Zitti, altrimenti non sentiamo la sua risposta!”
“Quando lo scriverò a Kaya, impazzirà per questa scena!”
Intanto, fuori, Rufy continuava a ridere e Nami,
imbarazzatissima, lo fissava allibita.
“M- ma Rufy…Vorresti dire…?”
“Eh? Non l’hai capito? Ma come, e poi dite a me che sono
lento a capire le cose!”
“Cos…Rufy, sbaglio o hai appena detto che sono più tonta di
te?!”
“Beh, sì, più o meno…”
Nami scattò in piedi e tirò un pugno in testa al capitano.
“COME TI PERMETTI, IDIOTA!?!?”
“Ma è vero! Se non ci arrivi…”
“Allora continui! E poi l’avevo già capito, solo mi sembrava
troppo assurdo!”
“Eh? Ma perché ti comporti sempre in modo così complicato?
Uffa!”
“Ma la smetti?! Accidenti, tappati la bocca, così la smetti
di offendere! E usala per fare qualcosa di più produttivo!”
“Cioè?”
Nami smise di guardarlo minacciosamente e gli sorrise
dolcemente, avvicinasi lentamente a lui. Poi, arrossendo, avvicinò le labbra al
suo orecchio e sussurrò:
“Baciami…Scemo!”
Anche Rufy divenne rosso, ma dopo un attimo si voltò verso
di lei, sorridendo, e la circondò con le braccia. Quindi obbedì, unendo le sue
labbra a quelle di lei. E con quel bacio, entrambi suggellarono la promessa di
restare sempre insieme, da quel giorno e per l’eternità. Il (futuro) Re dei
Pirati e la sua amata Regina.
FINE