Broken
Non
è facile vivere.
Per
niente.
Non
con la consapevolezza di svegliarti la mattina e immergerti in un
ulteriore giorno.
Un
giorno sempre identico e monotono.
Alzi
gli occhi verso le sveglia e sospiri appena: sono le nove e sedici
minuti.
È
buffo.
Il
giorno prima hai aperto gli occhi alle nove e tredici e quello prima
ancora alle nove e quindici.
Il
tuo corpo è più preciso di una sveglia.
Scosti
il pesante piumone; l'aria fresca dell'autunno inizia a farsi
sentire.
Ti
guardi attorno cercando di scorgere un cambiamento, anche piccolo, ma
non c'è niente: è tutto, maledettamente uguale al
giorno precedente.
Chiudi
gli occhi e inspiri forte. Serve per farti coraggio, per prendere la
carica, per iniziare un nuovo giorno.
Posi
i piedi sul freddo pavimento e rabbrividisci. Le pantofole sono
accanto all'armadio.
Ti
guardi alle spalle e nuovamente, sospiri.
La
parte sinistra del letto e orribilmente intatta.
Il
lenzuolo è incalzato nel letto e il cuscino non è
stropicciato.
Ancora
non hai perso quell'abitudine, ma nessuno occuperà più
quella parte di letto accanto a te.
Ti
avvii ingobbita in cucina a prepararti un caffè.
Nessun
latte caldo, nessuna ciambella o cornetto ad ornare il tavolo. Non
hai più bisogno di vedere quelle stronzate e di preparare la
colazione a qualcuno.
Sei
sola.
Apri
lo sportello della credenza per cercare una tazzina e i tuoi occhi,
si posano su una grossa tazza colorata.
La
tua mente la conosce bene.
Conosce
alla perfezione i disegni e le facce buffe dei personaggi stampati
sopra.
Ti
alzi sulle punte e l'afferri, rigirandotela tra le mani.
Si
intravede ancora la colla, segno appunto che molte volte,
accidentalmente, era cascata di mano alla proprietaria.
I
tuoi occhi imprimono nella mente i volti sorridenti delle figure
rappresentate.
Alzi
la tazza per scorgere il nome sotto di essa.
Silk.
Quattro
lettere, semplici e lineari.
Il
solo vederle però, ti fanno battere il cuore.
La
riponi con delicatezza all'interno del mobile e prendi il necessario
per preparare il caffè.
Il
tuo animo è in subbuglio e abile navigatrice, sai bene che
devi dare ascolto al tuo sesto senso.
Percepisci
tensione, dolore e il cuore non smette di battere.
Sei
stupida.
Ti
sei sempre fidata del tuo istinto, ma l'hai miseramente sotterrato.
Ne
hai pagato le conseguenze, ma hai imparato.
Percepisci
nell'aria un leggero miagolio e ti avvicini alla porta finestra che
dà al giardino. Eviti bene di fissare l'altalena che con il
vento, dondola e oscilla da sola.
Abbassi
la maniglia e Coco, sgattaiola dentro lesta.
Con
il suo muso, ti saluta, strusciandolo energica contro la caviglia. Ti
chini per infonderle qualche carezza, per poi, alzarti e andare a
prendere una scatoletta.
Deve
essere affamata: è da due giorni che non si fa vedere.
Non
appena posi un piattino a terra, assieme alla ciotola del latte, si
fionda a mangiare famelica. Ti ricorda Rufy e gli altri.
Apri
un cassetto della credenza, pronta per provvedere al tuo nutrimento,
ma ti fermi: il caffè è terminato.
Chiudi
gli occhi e inclini la testa all'indietro.
Lo
sai.
Lo
sai benissimo.
Devi
uscire.
Paghi
senza fiatare il pacchetto contenete la polvere per il caffè,
pensando mentalmente che i prezzi, sono troppo cari; è dura
andare avanti con un misero stipendio derivato da uno squallido
lavoro.
Afferri
il resto e ti dirigi all'uscita.
Affondi
il volto nel cappotto e ti stringi al petto il nuovo acquisto. Non
hai bisogno di buste, non occorre sprecare soldi inutilmente.
Il
cielo è grigio, le nuvole dense sono color della cenere:
presto avrebbe piovuto.
Avanzi
verso casa, passando per il villaggio. Non sei in vena di salutare
nessuno, nemmeno tua sorella.
Vuoi
andare diretta verso casa, un luogo tranquillo, un rifugio da tutto.
Odi uscire e ripercorrere quelle strade.
Dopo
quel che è capitato, non provi più gioia ne felicità.
La
casa enorme che Franky anni prima ti ha costruito, ti sembra una
prigione.
Una
prigione che ogni giorno, diventa sempre più stretta.
La
gente del villaggio inizia la propria giornata senza degnarti di uno
sguardo.
Ne
sei abituata.
Ormai
tutti sanno e tutti, sono contro di te.
Assottigli
gli occhi mentre fissi la strada sterrata sotto ai piedi; senti di
nuovo una sensazione orribile pressarti il petto, quasi soffocante.
Alzi
gli occhi e li vedi.
Muori.
Muori
come ogni dannata volta che li pensi, che li scorgi e che li senti.
Come
sempre, sono insieme.
Loro
tre.
Zoro,
Silk e quella maledetta copia.
Il
tuo ex marito, tua figlia e l'amante di tuo marito.
Stanno
ridendo, sono felici, una famiglia modello.
Silk
è cresciuta, immagini che abbia iniziato la scuola, lui non è
cambiato, sempre uguale e bello.
Sposti
lo sguardo verso la donna e avvampi di rabbia.
Occhi
color cioccolato.
Capelli
color carota esattamente come i tuoi.
Un
seno sodo e dei fianchi snelli.
Non
ha un filo di pancia, non ha mai partorito del resto.
Guardi
con estremo dolore e irritazione la donna che ti ha portato via
tutto.
L'amore,
la famiglia e la vita.
Tua
figlia nemmeno sa che esisti. Pensa che lei sia la sua vera madre,
era troppo piccola d'altronde per ricordarsi di te.
Fissi
la figura di quello che era stato tuo marito e un tuo nakama.
Ti
odia, ti detesta, ti disprezza.
Non
sei la sua Nami.
Non
lo sei mai stata.
Quella
al suo fianco è la vera Nami.
Per
loro, quella sei tu.
Per
loro però, nemmeno esisti più.
Urli
disperata e straziata.
Sei
a casa, nella tua prigione.
In
preda alla furia scaraventi tutto a terra. L'ordine che negli anni la
casa ha conservato, quel giorno, viene stravolto da te.
Ti
avvicini alla credenza e afferri la tazza di tua figlia.
La
scagli contro il muro mandandola in pezzi.
Rompi
ogni cosa, mandi in frantumi qualunque oggetto che possa ricordarti
loro.
Dovresti
distruggere la casa, perchè quella è un luogo esteso
con impresso il loro essere.
Sei
un intrusa a cui è stato concesso tenere quel luogo, con
ancora la camera della piccola e con ancora gli indumenti di lui.
Corri
fuori, iniziando a strappare le foglie dai mandarini: distruggi
quelle piante testimoni delle vostre unioni sotto la luna.
Torni
in casa verso la palestra, graffi la porta fino a farti sanguinare le
unghie.
Quel
luogo è un martirio: lì hai perso il figlio che portavi
in grembo per proteggere lui. Zoro.
Zoro...
Ti
dirigi come un automa in camera da letto e prendi dal cassettone, una
piccola scatola.
Sollevi
il coperchio e scorgi l'anello.
Non
è mai stato tuo marito.
Non
vi siete mai sposati.
Non
potevate dopotutto. Non siete credenti e un atto di matrimonio,
avrebbe attirato la marina al villaggio.
Te
lo rigiri tra le mani e chiudi gli occhi pieni di lacrime.
Ti
porti una mano al polso.
Conservi
quel braccialetto.
Ancora,
nonostante tutto, lo conservi.
Ci
sono le iniziali di ogni cosa a cui tenevi.
La
Z di Zoro, la S di Silk e la R di Ryuma.
Nuove
lacrime sgorgano lungo le tue guance per poi cadere a terra.
Ti
aveva promesso amore ma ti ha donato solo odio.
Ti
aveva promesso che ci sarebbe stato per sempre e ti ha abbandonato.
Ti
aveva fatto sperare in un altro figlio, ma non è mai nato.
Ti
aveva giurato che eri l'unica ma ti ha rimpiazzato.
Ti
aveva detto tante di quelle cose, ma niente si è avverato.
Ti
ha abbandonato Nami e tu sprofondi sempre di più nella spirare
del dolore.
Che
diavolo sarebbe?
Mah,
dato che non ho molta voglia di spiegare, arrivo al nocciolo della
questione dicendo che è uno sclero.
Uno
sclero bello è buono.
Come
detto in precedenza: ruolavo.
Questa
shot è un po' la situazione in cui il mio personaggio è
stato catapultato.
Non
occorre sapere nient'altro.
Non
ha senso quindi l'ho inserito tra gli avvertimenti.
Non
scriverò un seguito perchè come detto in precedenza è
uno sclero e nulla.
Spero
possa essere gustata lo stesso.
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