Questa storia è stata scritta per divertimento
Disclaimer:
Questa storia è stata scritta per divertimento. Non è mia intenzione offendere
Orlando Bloom. pensate a lui come un attore che recita la parte di se stesso, di
cui io sono la “regista” facendolo agire come mi torna meglio per la
riuscita della storia. Trattasi solo di pensieri e fantasie tradotti in parole.
Ovviamente le situazioni da me descritte sono esclusivamente frutto della
mia immaginazione. Spero che questa storia vi piaccia e come sempre grazie a
tutto coloro che la leggeranno e un grazie particolare a chi avrà la voglia di
farmi sapere che ne pensa.
BUONA
LETTURA!
Prologo
Quando Chiara aveva chiamato
Isabella invitandola a Londra, la ragazza aveva fatto letteralmente i salti di
gioia. Non vedeva la sua amica da oltre un anno, da quando appunto s'era
trasferita nella City per sfuggire ad una situazione brutta che aveva dovuto
affrontare. Studiava da autodidatta e lavorava, per poter affinare il suo
inglese alla perfezione e non era escluso che forse alla fine ci si sarebbe
stabilita in pianta stabile. Isabella pure avrebbe dovuto dare nell’arco di
qualche mese un importante esame in lingua inglese così, aveva unito l’utile al
dilettevole. Prima di partire per telefono Chiara ed Isabella avevano stretto
una specie di patto, quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero
comunicato in lingua madre. Ciò sarebbe servito soprattutto ad Isabella per
migliorare il suo inglese in vista dell’esame. A parte ciò, poter rivedere la
sua amica la riempiva di gioia, ma c'era anche un altro motivo che la faceva
letteralmente saltellare di felicità. A dire il vero era un motivo assurdo e
anche un po’ infantile, di fatto era una sua debolezza che lei non riusciva
neanche a nascondere bene: ma andare a visitare la città dove aveva vissuto il
suo attore preferito, nonché idolo e re incontrastato dei suoi sogni proibiti,
la elettrizzava oltre ogni ragionevole motivo. Non che sperasse di vederlo o
tanto meno di incontrarlo, del resto sapeva che a Londra non c’era quasi mai se
non in casi sporadici, ma il solo fatto di essere nella città dove lui aveva
vissuto, studiato e poter girare nelle strade dove sicuramente, a suo tempo,
aveva girato anche lui, le bastava e la faceva sentire euforica.
Isabella arrivò a Londra un
bigio e plumbeo giovedì pomeriggio dopo aver fatto un volo sgangherato con la
Ryan Air, con partenza da Bologna. Cartina alla mano e mega zaino in spalla,
aveva preso la metropolitana ed era scesa nel quartiere ebraico dove Chiara
viveva da sola, in un minuscolo appartamentino situato in un sottoscala che però
era assai confortevole. Isabella lo trovò delizioso sembrava quasi una casina
delle bambole o delle fate. Fu felicissima di ricongiungersi a Chiara, che oltre
ad ospitarla le decantò subito quanto fosse bello e divertente stare a Londra.
Di come non fosse affatto una città particolarmente pericolosa e vivibilissima.
Ben presto Isabella se ne poté
rendere conto anche da sola.
La prima settimana la
passarono classicamente a fare le turiste. Visitarono la torre di Londra con
relativo tesoro della Regina. Il Big Ben, la cattedrale di Sant Paul,
Kensington, il Tower Bridge, insomma i giri di prassi di chi visita quella città
per la prima volta.
Quella mattina stavano andando
a vedere il cambio della guardia a Buckingham Palace. Erano partite molto presto
per evitare la gran folla e per accaparrarsi un bel posto in prima fila. Prima
però dovettero passare a portare una cosa ad un amico di Chiara. Si trovavano in
una parte periferica piuttosto isolata e in giro non c'era un'anima, forse
proprio perché era mattina presto. Stavano camminando quando dovettero
attraversare la strada. Isabella che era totalmente svagata e persa dietro i
suoi pensieri, non che piuttosto insonnolita; si protrasse in avanti dando
distrattamente un occhio al lato destro della strada, quindi s'apprestò ad
attraversare, ma lo fece troppo velocemente.
“ATTENTA!” le gridò Chiara
“Qui la giuda è a sinistr…” ma non fece in tempo a finire.
Un mono volume Mercedes nero
con i vetri fumé che stava sopraggiungendo dalla parte opposta, proprio mentre
Isabella si era girata di scatto verso l'amica, tentò inutilmente di scansarla,
ma suo malgrado la investì.
La macchina non andava forte,
ma Isabella carambolò sul cofano e cadde pesantemente sul lato sinistro della
strada rimanendo a terra, immobile e presumibilmente svenuta. Chiara si portò le
mani alla bocca inorridita non riuscendo neanche a gridare per lo choc. La
macchina che aveva frenato bruscamente, cercando appunto di evitarla, ovviamente
si fermò. Scese di gran carriera un ragazzo visibilmente scosso che si chinò su
Isabella portandosi le mani alla testa in un gesto di autentica disperazione.
“Oddio! L'ho ammazzata! Che ho
fatto?!” stava dicendo il ragazzo terrorizzato al colmo dello sconforto.
Chiara attraversò di corsa e
lo affiancò chinandosi sull'amica, la quale per fortuna non era affatto morta,
ma solo tramortita dal colpo.
“Invece di stare lì a
guardarla, farneticando, chiama un'ambulanza no?” gli disse subito in malo modo.
Si chinò ancora di più verso l'amica e le sentì il polso “Non è affatto morta
idiota! Ma come cazzo guidi eh? CHIAMA UN'AMBULANZA non lo vedi che perde sangue
dal naso! Pirata della strada che non sei altro!” concluse Chiara con tono
isterico.
Il ragazzo non replicò, del
resto era troppo impaurito e seriamente preoccupato. Così come se si fosse
ridestato da terribile incubo, prese il cellulare e chiamò i soccorsi. Subito
dopo si spostò allontanandosi abbastanza da loro e fece un altro paio di
telefonate.
Intanto Chiara cercava di
capire se Isabella fosse grave o meno. Perdeva sangue dal naso e aveva il
braccio in una posizione innaturale, ma non sembrava messa malissimo. Stava per
prenderle le testa, per scuoterla e tirarla su, quando un urlo agghiacciante la
fermò facendola sobbalzare.
“FERMAAAAAAAAAAA! CHE CAZZO
FAI? NON LA TOCCARE SEI PAZZA!” sbraitò terrorizzato all'improvviso il ragazzo
che staccatosi dal cellulare smanettò vistosamente per richiamare l'attenzione
dell'incauta ragazza dato che ne aveva intuito le intenzioni.
“MA CHE URLI SCHIZZOIDE MI FAI
INFARTARE COSI'!” si rigirò in malo modo lei, poi continuò “Che sei un medico?
Pensa piuttosto a non andare in giro ad ammazzare la gente! Disgraziato!”.
A quel punto il ragazzo
nonostante la paura e lo choc si spazientì.
“Senti, sono mortificatissimo
e assai dispiaciuto per la tua amica, ma cazzo, non è colpa mia se attraversa
senza guardare! E ringraziamo Dio che andavo molto piano o l'avrei potuta
ammazzare sul serio. Non sono un medico, ma anche i muri sanno che non si devono
assolutamente toccare le persone incidentate perché potrebbero riportare dei
traumi e delle lesioni. E non sono affatto schizoide, qui la pazza mi sembri ma
tu!” disse asciutto.
Chiara si rese conto che forse
aveva ragione lui e dovette anche ammettere che non era neanche del tutto colpa
sua, solo che la gran paura la faceva connettere ben poco.
“Hai ragione scusami, non ti
volevo aggredire ma sto morendo di paura”.
Il ragazzo che stranamente
portava un cappello da basket calato su un paio di occhiali Ray Ban scuri e che
addirittura aveva il cappuccio della felpa tirato sopra il cappellino, disse: “E
lo dici a me? Mi sto praticamente cacando addosso! Ti capisco non ti scusare. Al
tuo posto avrei fatto come te se non peggio” rispose comprensivo, poi guardo
nuovamente Isabella con preoccupazione chiese: “Ma la tua amica non si muove per
niente?”. Si interruppe di nuovo e si girò con impazienza verso la strada
deserta “Ma quanto ci mette ad arrivare questa cazzo di ambulanza?” concluse
costernato e ballettando come se avesse il fuoco di Sant'Antonio tanto era
agitato.
Per fortuna di lì a poco
finalmente arrivò l'ambulanza che raccolse la povera Isabella portandola di
filato all'ospedale. Il medico a bordo rassicurò abbastanza cautamente tutti
dicendo che ad un primo esame non sembrava niente di gravissimo, ma che comunque
le avrebbero fatto tutti gli accertamenti del caso. Nel frattempo era arrivato
anche uno strano personaggio che aveva parlottato fitto fitto con il ragazzo
trascinandolo da parte e gesticolando visibilmente come se fosse molto agitato.
Si era occupato di tutto lui. Aveva preso i dati di Isabella e di Chiara, aveva
parlato con i poliziotti che erano sopraggiunti poco dopo l'ambulanza e prima
che Chiara se ne potesse andare, le aveva messo in mano un biglietto da visita
con un numero. L'aveva pregata di chiamare subito non appena accertate le reali
condizioni di Isabella e per il risarcimento assicurativo degli eventuali danni.
“Il mio cliente è ovviamente
assicurato. Risarciremo a dovere la tua amica anche se è in torto, non ti
preoccupare. Cerchiamo solo di non speculare su questa faccenda, ci teniamo alla
privacy, non buttiamola in pasto ai tabloid che chissà quanto ci ricamerebbero
sopra” le stava appunto dicendo e Chiara non ci capiva un tubo. Si domandò
seriamente che stesse farneticando quell'uomo.
“Scusi, sa, ma io vorrei
andare in ospedale. Sono preoccupata per la mia amica, mi frega assai dei
risarcimenti e dei tabloid” rispose Chiara un po’ scocciata.
Il ragazzo si avvicinò e disse
all'uomo: “Ha ragione lei Ben, per piacere accompagnala in ospedale e poi
telefonami subito. Passo da Robin e poi magari faccio anche io una scappata
all'ospedale”.
L'uomo realizzò che la ragazza
non aveva affatto riconosciuto il suo cliente e s'affrettò a dire rivolto al
ragazzo e ammiccando in modo strano: “Si vedrà, insomma, non è mica necessario
che tu venga all'ospedale, ci vado io con la ragazza poi ti faccio sapere. Non
ti preoccupare è tutto sotto controllo”.
Il ragazzo non replicò ma ebbe
come un moto d'insofferenza, quindi fece salire Chiara in macchina con sé e si
avviarono di corsa all'ospedale.
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