La mia vita in manicomio

di Alfred il sanguinario
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Quel giorno era successo qualcosa di strano. Mi avevano svegliato di prima mattina, papā mi disse: - Samara, svegliati. Dobbiamo andare -. Non osai replicare, perchč il suo tono rude mi faceva paura. Era un omone alto e grosso, ed io una bambina piccola e magrolina, mi avrebbe potuto uccidere. Ma non l'avrebbe fatto mai, solo per non dare fastidio ai cavalli, il suo unico vero amore, pių della mamma. Ormai č sera tardi, continuo a stare in questa stanza, tutta bianca, mi hanno messo addosso uno strano vestito, bianco, e mi hanno preso le scarpe. Il pavmento di marmo č gelido perciō sto su questa sedia, altrimenti sentirei il dolore sulla palma dei piedi. La mamma non č brava, Neanche lei, l'ho appurato stamattina. Quando papā mi ha ordinato di vestirmi e lavarmi i denti, la mamma non ha battuto ciglio. Mi ha fatto scendere dalla macchina, e mi ha accompagnato in questo grosso edificio. Papā non mi ha nemmeno salutato, č rimasto in macchina. Io non volevo salutarlo; non gli voglio bene. Alla mamma sė, ma lei non mi vuole. Mi voleva solo da piccola, adesso ha paura di me. Per questo mi hanno portato qui. Un dottore brutto e strano mi ha dato questo note-book in mano, senza dire niente, ha acceso una telecamera in fondo alla mia cella, e una in cima. Ha appoggiato una sedia al centro della sala e se ne č andato, sbattendo la pesantissima porta. Questo č solo il primo giorno, ed č sera. Non so che ore siano, ma so che se fossi stata a casa la mamma mi avrebbe fatto andare a letto. Ma io non dormo mai.
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