Nickname
sul forum:
_Malika_
Nickname su EFP: Malika
Filone scelto: Draco
Pacchetto: Serpeverde
2:
Asteria Greengrass.
Obbligo: dopo Hogwarts.
Divieto: Commedia.
Frase:
Per amarsi a lungo bisogna conoscersi poco.
Titolo della storia: Machigai
naku koko ni iru yo me wo
fusetetemo
Pairing:
Draco/Asteria
Raiting:
Arancione
Genere:
Angst, Generale, Introspettivo.
Introduzione: Storia partecipante a
“Con chi accoppieresti Draco? E
Harry?” indetto da Mary Black e
“A ogni coppia la sua frase” indetto da Manuela
McGrannit. Il
titolo
di questa storia è una citazione dalla canzone Hoshi
no Mukougawa
del gruppo AKB48 e significa “Io sono proprio qui, non
dubitarne mai”.
Questa
è
principalmente la storia di Draco e di come, quattro anni dopo la
guerra, comincia
a tornare in pace con se stesso e con il mondo. Tutto grazie a una
persona, a
lei. Asteria.
Vostre Note:
//
Machigai
naku koko ni iru yo me wo fusetetemo.
Il
sole cercava inutilmente di
penetrare in quelle finestre protette da pesanti tende scure,
nonostante fosse
ormai estate e lui brillasse meglio di quanto non l’avesse
fatto solo poco più
di quattro anni prima, quando ancora il Mondo Magico Britannico si
trovava
sotto il giogo di Lord Voldemort. Voleva entrare in quella stanza per
portare
gioia e vitalità, prima che…
«Aaaaaah!»
Troppo
tardi, il giovane
abitante di quella stanza si era svegliato urlante come tutte le
mattine da
quando la Seconda Guerra Magica si era conclusa. Il ragazzo, immerso
nel buio
della sua camera, si chinò su se stesso, stringendosi le
mani sugli occhi come
per togliersi quello che aveva sognato dalla mente.
Tutti
i giorni e tutte le notti
ricordava. Ricordava quelle dannate urla provenire dai sotterranei del
maniero,
ricordava il sangue sparso sui pavimenti e i corpi abbandonati
mollemente a
terra, gli occhi spalancati e vitrei. Ricordava di quando anche lui
aveva
dovuto torturare quella gente innocente, innocente, sì,
perché il loro sangue
era uguale al suo. Cosa importava se non avevano una stilla di magia?
Certo,
questo li rendeva inferiori, ma in cuor suo sapeva che era sbagliato,
quello
che gli stavano facendo fare. Opporsi era impossibile, però:
se l’avesse fatto,
la sua famiglia…
«Draco!»
La porta si spalancò e
una voce musicale lo raggiunse, facendolo ritornare al presente.
«Draco, adesso
basta! Avevi promesso!» Lady Malfoy si diresse rapidamente
verso le tende, che
spalancò lasciando al sole la possibilità di
illuminare quel luogo.
«Madre!»
esclamò il giovane,
coprendosi gli occhi irritati dalla luce improvvisa.
«Perché sei entrata nella
mia stanza?»
«Perché?
Draco! Sono tua madre,
è naturale che mi preoccupi per te! Inoltre mi avevi
promesso che avresti preso
la Senza Sogni! Ah, non importa…»
mormorò poi, scuotendo la testa. «Vieni di
sotto, io e tuo padre dobbiamo parlarti». E uscì.
Il
biondo la osservò uscire e,
non appena la porta si fu richiusa, sospirò: sì,
sua madre si preoccupava per
lui, ma lui doveva vedere, doveva ricordare, perché quella
era la giusta punizione.
Scosse la testa: non doveva più pensarci.
Scostò
il lenzuolo e scese dal
letto, dirigendosi verso il bagno; dopo essersi presentato, scese nella
saletta
blu, quella privata, in cui consumavano i pasti in uno spazio piccolo e
accogliente, come una famiglia normale. Trovò suo padre e
sua madre ad
aspettarlo, lui seduto a capotavola e lei alla sua sinistra, mentre la
tavola
era imbandita solo per lui.
«Dobbiamo
parlare, Draco» esordì
suo padre, appena lo vide entrare.
«Lo
so, Madre me l’ha riferito.
È una cosa tanto urgente da doverlo fare adesso,
però?» chiese, sedendosi e
aprendo elegantemente il tovagliolo sulle gambe.
«Non
rivolgerti a me con questo
tono, Draco» lo avvisò suo padre, minaccioso ma
non troppo: le sue convinzioni,
nonostante non avesse più seguito il Signore Oscuro, non
erano cambiate.
«Scusami,
Padre» mormorò Draco,
gli occhi rivolti verso il piatto.
«Va
bene, non importa. Ho saputo
che non hai preso la Senza Sogni come ti aveva detto tua madre.
Perché?» chiese
Lord Malfoy, freddo come il budino che il figlio stava mangiando.
«Non
l’ho ritenuto più
necessario: sono diverse notti, ormai, che non ho più alcun
incubo» disse,
rimanendo concentrato sul cibo; mentiva, naturalmente, dato che, molto
più
semplicemente, la sera prima aveva dimenticato di castare
l’incantesimo
Silenziante.
Lucius
sollevò un sopracciglio,
non credendo a quanto gli era stato detto, e stava aprendo bocca per
ribattere,
quando la moglie gli posò una mano sul braccio, facendolo
così fermare. Le
lanciò uno sguardo, annuì brevemente e
tornò a parlare con il figlio: «In ogni
caso, non è questo quello di cui dobbiamo discutere, ma
qualcosa di più
importante».
“Cosa
ci può essere di più
importante?”, si chiese Draco, alzando gli occhi per fissare
il genitori,
sinceramente curioso e finalmente dimentico di tutti i pensieri che
l’affliggevano.
«Abbiamo
deciso che il casato
dei Malfoy deve continuare, quindi ti sposerai» gli disse
Malfoy sr, facendogli
momentaneamente perdere la solita maschera per mostrare
un’espressione incredula.
«Cosa?»
esclamò il giovane,
quando si riebbe dalla sorpresa.
«Proprio
così» si intromise sua
madre. «Naturalmente, la futura Lady Malfoy dovrà
essere la migliore possibile,
Purosangue, ricca e bella. Secondo me e tuo padre,
c’è solo una giovane donna
degna di questo titolo: Asteria Grengrass» disse con un
sorriso pacato. Suo
marito e lei erano giunti a quella conclusione dopo
un’attenta indagine su
tutte le giovani signorine Purosangue in età da marito e,
onestamente, non era
stato semplice, in quanto oltra alla prescelta c’erano altre
due candidate: la
sorella, naturalmente, e la rossa Tracy Davis.
Draco
cercò di ricordare qualche
dettaglio riguardo alla ragazza: sapeva che era la sorella di Daphne e
che era
bella, anche da bambina, ma di lei non sapeva altro, se non che a volte
litigava con la famiglia a causa del suo temperamento. «Ma
non la conosco
nemmeno!» esclamò poi, rivolto ai suoi genitori.
E
in ogni caso, non poteva
sposarsi: non era degno di avere una famiglia, un figlio. Come avrebbe
potuto,
dopo tutto quello che aveva fatto? Li avrebbe fatti crescere nella
depressione,
nella tristezza, nell’infelicità. Non sarebbe mai
stato adatto.
«Oh,
Draco, questo non è certo
un problema, non lo è mai stato! Non ha impedito a me e tua
madre di sposarci!»
disse Lucius, agitando una mano come per scacciare una mosca fastidiosa.
«E
poi, Draco, per amarsi a
lungo bisogna conoscersi poco» aggiunse Narcissa.
“Amore,
Madre? No, io non sono
capace di amare…”, pensò Draco, mentre
scusandosi si alzava per poter rimanere
da solo e riflettere.
Una
settimana dopo.
«Draco!»
esclamò Narcissa,
spalancando la porta della camera del figlio.
Il
giovane, in piedi davanti
all’armadio con solo gli slip addosso, si voltò
rapidamente verso di lei.
«Madre! Perché non hai bussato?» le
chiese, sbigottito.
«Andiamo,
Draco, non
vergognarti: sapessi quante volte ti ho visto fare il bagno, da
piccolo!»
esclamò la donna con noncuranza. «In ogni caso,
pensavo che fossi ancora a
letto, quindi sono venuta a chiamarti: la famiglia Greengrass
sarà qui tra meno
di un’ora! Devi renderti presentabile!»
“Maledizione!”,
imprecò
silenziosamente Draco. “Me n’ero dimenticato: oggi
devo conoscere quella che
dovrebbe essere la mia futura moglie”, si ricordò
stizzito. Nella settimana che
era trascorsa dall’annuncio dei suoi genitori aveva provato
varie volte a farli
ragionare e retrocedere dalla loro posizione, ma i due avevano
continuato per
la loro strada, sostenendo che “la famiglia ne ha bisogno,
Draco!”. Certo,
grazie mille per la considerazione!, pensò, lanciando
un’occhiata alla madre,
ancora in piedi sulla porta.
«Non
mi guardare così! Sai che
un giorno mi ringrazierai! E sbrigati a prepararti!» disse
lei, uscendo, mentre
il figlio rimase immobile per qualche istante, per poi iniziare
meccanicamente
a vestirsi.
“Perché
non capiscono?”, si
chiese. “Come possono impormi qualcosa di simile?
L’ultima volta non è bastata?
E poi, chi mai potrebbe accettare me, un Mangiamorte, un codardo della
peggior
specie. No, non posso sposarmi, non posso!” Si
sistemò meglio le pieghe della
tunica, poi scese, pronto al supplizio.
Una
volta arrivato nel salotto,
la sua attenzione fu calamitata dalle due giovani donne comodamente
seduto sul
divanetto di fronte alla porta. Quella sulla destra era Daphne,
riconosciuta facilmente
dato che era poco cambiata dai tempi della scuola, mentre
l’altra doveva essere
Asteria, molto simile alla sorella per gli stessi colori scuri, ma per
il resto
differente.
«Draco,
eccoti!» disse sua
madre, seduta sull’altro divano assieme a Lady Greengrass.
«Immagino ti ricordi
di Celine Greengrass» continuò, indicando
l’altra donna che, come voleva
l’etichetta, si alzò, porgendo la mano al giovane.
Draco annuì semplicemente,
le prese la mano ed eseguì un perfetto baciamano:
«Lieto di rivederla, milady».
Dopo
la risposta cortese e
fredda della madre, Daphne si alzò, avvicinandosi
all’ex compagno di scuola:
«Draco, sono molto felice di rivederti!» disse con
un sorriso, dandogli due
sonori baci sulle guance. «E lei è la mia
sorellina! Non trovi che si sia fatta
più carina? Da piccola era così
bruttina!»
Draco
non ricordava nulla del
genere, la piccola Greengrass era sempre stata più che
carina e la giovinezza
non faceva che esaltarne i tratti. Aveva una bellezza dolce, eterea
quasi,
molto differente da quella fredda della madre e della sorella; Asteria
gli
ricordava il caldo e rassicurante fuoco di un caminetto durante
l’inverno,
mentre Daphne era il freddo di quella stessa stagione.
«Ti
ringrazio, Daphne!» ribatté
secca la giovane Greengrass. «Adesso sì
che…»
«Ragazze!
Contegno!» intervenne
la loro madre, evidentemente troncando una litigata sul nascere.
«Scusatemi,
Lady Malfoy e signor Malfoy, a volte la mia figlia più
giovane non riesce
proprio a tenere a freno la lingua, specialmente al di fuori della
famiglia»
spiegò, fulminando Asteria con lo sguardo.
La
giovane abbassò lo sguardo,
mordendosi il labbro, mentre Draco la osservava, curioso: cosa stava
per dire
alla sorella prima dell’interruzione? Sicuramente, a
giudicare dalla luce
arrabbiata nei suoi occhi, non doveva essere qualcosa di troppo gentile.
«Ma,
mia cara Lady Greengrass,
noi saremo presto una famiglia! Non vedo cosa ci sia di male quindi:
Asteria
imparerà col tempo a contenere il suo
temperamento» disse Narcissa, con un
leggero sorriso sul volto.
Draco
ricordò perché si
trovavano lì: il fidanzamento. Lo sguardo gli si
oscurò e aprì la bocca per
ribattere a quell’affermazione, quando suo padre e Lord
Greengrass entrarono
con un sorriso sul volto.
«Signore,
il contratto è pronto
ed entrambi l’abbiamo approvato!» esordì
Romolus Greengrass, posando la
pergamena che aveva in mano sul tavolino. «Ragazzi,
è ora di firmare!»
«Ma,
Padre…!»
«Asteria!
Osi ancora discutere?»
l’uomo cambiò rapidamente espressione,
incupendosi. «È per il bene della
famiglia, di entrambe le famiglie! Quindi farai quello che
dico!» ordinò,
porgendole una piuma.
«Padre…»
«Draco,
non ricominciamo. Subito
dopo Asteria firmerai anche tu» Lucius fulminò il
figlio con un’occhiata.
«Ma
non ci conosciamo!» esclamò
la ragazza, facendo scoppiare a ridere sua madre e sua sorella mentre
sui volti
degli altri, tranne il giovane, apparve un sorriso indulgente.
«Draco
ci disse la stessa cosa e
io rispondo con le stesse parole: per amarsi a lungo bisogna conoscersi
poco»
disse Narcissa. «Quindi, firmate entrambi, così
poi potremo decidere la data».
Il
silenzio si propagò per la
stanza, mentre aspettavano la firma dei due futuri sposi. Asteria si
girò a
guardare Draco e lui non poté fare a meno di notare che lo
sguardo della
giovane, per quanto rassegnato, aveva ancora in sé una luce
combattiva e fiera:
sarebbe andata incontro al suo destino a testa alta. Poi, la giovane
firmò e
passò la penna al biondo che, dopo qualche istante ancora,
fece altrettanto.
“Ho
condannato una donna
innocente a una vita infelice.”
Sette
mesi dopo
Firmò
con uno svolazzo della
piuma e si raddrizzò. “Sono dannato”
pensò, depresso. “Sono più dannato di
quanto non lo fossi in precedenza”.
Nei
cinque mesi che avevano
separato l’incontro con Asteria e il compleanno aveva provato
praticamente ogni
giorno a convincere i suoi genitori ad annullare il fidanzamento, con
urla,
minacce, silenzi pesanti, ma nulla aveva funzionato: Lucius e Narcissa
pretendevano un’ottima ragione per farlo e lui non voleva
– non poteva –
spiegare ai suoi genitori che il motivo era lui. Lui e i suoi incubi.
Lui e il
suo passato.
Sapeva
cosa sarebbe successo se
glielo avesse fatto sapere: Narcissa avrebbe pianto, signorilmente come
qualsiasi lady Purosangue, e gli avrebbe posto molte domande, cercando
di
capire dove lei, come madre, avesse sbagliato. E Lucius sarebbe
impallidito e,
dopo qualche minuto di silenzio, si sarebbe chiuso nel suo studio,
probabilmente a biasimarsi e a bere; Lord Malfoy riusciva a convivere
con i
suoi crimini, i suoi spiriti, ma sapeva che non era facile e ancora in
quel
momento non si perdonava abbastanza per averlo trascinato
all’inferno, tra i
Mangiamorte. No, non poteva dirglielo.
Così,
poco dopo il compleanno di
sua madre, Draco aveva ceduto e aveva cominciato a partecipare
attivamente ai
preparativi per il matrimonio, sfruttando anche un poco il tempo per
conoscere
meglio la sua futura moglie. Non gli era praticamente riuscito stare
solo con
lei per qualche minuto, c’era sempre un membro della sua
famiglia, come se
dovessero controllarla. L’unica cosa che era riuscito a
comprendere era che
aveva un temperamento impulsivo, passionale, ma non sapeva a cosa
quella
passione era rivolta. Sperava che adesso che si erano sposati avrebbe
potuto
capirlo, conoscendola meglio; “chissà se saremo
mai felici. Ma no. È
impossibile, io sono dannato, la condannerò a una vita
infelice. Asteria,
perdonami” pensò, alzando gli occhi dalla
pergamena e posandoli sulla sua
sposa, che aspettava al suo fianco.
«Sei
pronto, Draco? Ci aspetta
il banchetto…» mormorò la giovane,
lanciandogli un breve sguardo, ma aveva la
voce fredda, distante, come se non fosse davvero lì.
Si
raddrizzò e annuì, afferrando
la donna sottobraccio; uscirono, seguiti dai loro genitori e preceduti
da
testimoni e damigelle, come voleva il galateo. Sorrise brevemente ad
Asteria,
forse anche un po’ tristemente, ma lei non rispose.
«Va
tutto bene?» le chiese
sottovoce.
«Questo
dovrei chiederlo io a
te» rispose lei, spiazzandolo totalmente. “Cosa
intende?” si chiese il biondo,
perplesso, ma tutti i pensieri profondi scomparvero, quando raggiunsero
gli
invitati per il banchetto, poiché dovettero attendere a
tutti i loro doveri:
congratulazioni, foto di rito, presiedere il pranzo.
Draco
visse tutto quel tempo
come in un sogno: viveva quello che accadeva, ma non ne percepiva
l’emozione,
sembrava come vederlo attraverso uno specchio.
“Felicità. Ecco cosa proverei,
se non fossi quello che sono” pensò. Si
risvegliò solamente quando Asteria si
alzò in piedi, per la sua attività. Non sapeva
quale fosse, in realtà, ma
pensava che nessuno lo sapesse dato che era una cosa che aveva
organizzato da
sola; vide i suoi neo suoceri scambiarsi un’occhiata,
chiaramente preoccupati
per quello che la figlia avrebbe detto o fatto. Si voltò
verso di lei,
osservandola incuriosito.
«Signore
e signori, potrei avere
la vostra attenzione per qualche minuto?» chiese, silenziando
pian piano
l’uditorio. Sorrise: «Grazie. E grazie anche per
essere venuti al nostro
matrimonio e per l’amicizia che ci dimostrate. Draco e io ne
siamo molto
felici. Ora, è il momento di una piccola
attività; solitamente, non è un’usanza
praticata tra i matrimoni purosangue, ma credo che, visti gli anni
appena
passati, sia una cosa utile».
Queste
parole fecero partire un
mormorio tra i presenti, ognuno dei quali si chiedeva cosa stesse per
succedere. Julia Kavenagh, testimone di Asteria, si alzò in
piedi e agitò la
bacchetta; la cravatta di Draco cadde sul tavolo, sotto gli occhi
sbigottiti di
tutti.
«Adesso,
taglieremo la cravatta
dello sposo in tanti piccoli pezzi: chiunque ne voglia un pezzo
dovrà fare
un’offerta; il ricavato sarà poi devoluto
all’Saint Leonard Magic Orphanage di
Londra» disse Asteria, sedendosi di nuovo tra gli sguardi
sbigottiti di tutti.
«Solo
al Saint Leonard?» chiese
Draco al suo orecchio.
«No»
rispose lei, arrossendo.
«Anche a un paio di orfanotrofi babbani, ma non potevo certo
dirlo! Non
avrebbero mai lasciato nulla!» aggiunse, lo sguardo fiero e
fisso nel suo per
quello che aveva fatto.
Lo
sposo sorrise: «No, non
potevi» e fece cenno a Julia per acquistare un pezzo della
sua cravatta.
«Trattacela
bene, Draco» disse
Lord Greengrass, stringendo la mano al biondo, che sorrise gentilmente
di
rimando: «Lo farò, non si preoccupi».
Erano
in partenza per la luna di
miele, a Parigi, e stavano salutando gli ospiti che sarebbero rimasti
lì ancora
per qualche tempo. Non sapeva altro, in realtà, aveva
semplicemente detto che
qualsiasi cosa Asteria avesse deciso gli sarebbe andata bene.
Perché
intromettersi oltre, comunque? Sapeva che sarebbe stato un matrimonio
infelice
a causa sua, indipendentemente da come sarebbe cominciato.
«Divertitevi,
ragazzi» disse
Narcissa, baciandoli entrambi sulle guance, mentre il suo viso era
adornato da
un’espressione abbastanza calda ma adatta a una Lady. Finiti
i saluti, i due
sposini afferrarono la Passaporta e sparirono.
Ricomparvero
in un vicoletto
nascosto nel centro storico e, valigie alla mano, si avviarono verso
l’hotel; o
meglio, Asteria si avviò e Draco la seguì,
contemplandola.
«Va
tutto bene?» chiese lei a un
certo punto, osservandolo da sopra la spalla.
Lui
si immobilizzò per qualche
istante, mille oscuri pensieri che si agitavano nella sua mente, poi
annuì:
«Sì, non ti preoccupare. Piuttosto, abbiamo ancora
un paio d’ore prima di cena,
cosa vuoi fare?» le chiese gentilmente, affiancandola e
prendendo la sua
valigia. «A proposito, perché abbiamo le valigie?
Insomma, non sarebbe più
pratico rimpicciolirle e infilarle in tasca?»
Lei
lo fissò dubbiosa di
rimando, poi scosse la testa: «L’hotel è
babbano, sarebbe strano arrivare senza
bagaglio con una prenotazione di un mese, non trovi? Comunque, potremmo
fare un
giro per il centro, ci sono molte cose da
visitare…» rispose poi, arrossendo
leggermente.
Entrarono
nell’albergo e,
fortunatamente, riuscirono a sbrigarsi in fretta, raggiungendo la
suite;
disfatte le valigie, Draco si guardò in giro.
«È un bel posticino» disse. La
suite era composta da un ampio soggiorno, un bagno e una camera
matrimoniale,
tutto arredato sul azzurro e sul bianco, perfino i mobili che erano
probabilmente di legno di betulla. Il biondo si girò verso
la moglie: «Vogliamo
andare?»
Asteria
rideva, correndo sul
marciapiede per raggiungere l’albergo.
“È così spensierata, felice…
Durerà
poco!” pensò Draco, mentre il sorriso, che aveva
sul volto perché rincorreva la
sposa, si spegneva.
Entrarono
nell’atrio, lei aveva
ancora la risata sulle labbra, lui invece era serio e la contemplava.
Poi Draco
si avvicinò e le abbracciò la vita:
«Andiamo nel ristorante dell’hotel a
mangiare o preferisci andare in camera?» le chiese,
tranquillo, mentre cercava
di scacciare i cattivi pensieri; Asteria arrossì e
abbassò lo sguardo,
guardandolo da sotto le ciglia.
Draco
ghignò e se ne stupì: non
faceva quell’espressione da quando era a scuola e ancora non
aveva ricevuto
alcun sentore della guerra imminente. Dal suo quinto anno, in effetti,
l’ultimo
davvero tranquillo. Perché l’anno successivo,
aveva ricevuto quel compito dal
Signore Oscuro, il compito che l’aveva iniziato a essere
quello che era, un
uomo dannato, un Mangiamorte; tante volte aveva sperato di morire
durante la
Battaglia di…
La
mano di Asteria sulla sua
guancia lo riscosse dai suoi pensieri. «Va tutto
bene?» chiese dolcemente. «Il
tuo sguardo si è incupito» gli riferì e
Draco scosse la testa: «Sto bene.
Vieni, saliamo» e, afferrandola per un polso
cominciò a trascinarla verso
l’ascensore. Non si accorse del rossore della donna, anche
perché era già calato
quando raggiunsero la loro suite.
Entrarono
e Draco si diresse
automaticamente verso la camera da letto. Una volta
all’interno si voltò verso
Asteria, quasi soppesandola. «Sai che dobbiamo,
vero?»
Lei
sgranò gli occhi: «Non
dovevamo mangiare?» chiese, irrigidendosi.
«Sei
vergine?»
«Ma
che domande sono?» si
indignò.
«Rispondi».
«Non
mi sembra…»
«Rispondi,
Asteria, devo
saperlo!» Draco alzò la voce, zittendola ma
ottenendo in cambio un’occhiata di
fuoco.
«Sì».
Draco
annuì e
le si avvicinò piano: «Tenterò di non
farti male, anche se non penso sarà
possibile, purtroppo»
«Me
l’hanno
detto. Ma che fine ha fatto la cena?» chiese Asteria,
cercando di cambiare
argomento e indietreggiando.
Non
servì: il
biondo la raggiunse e le sfiorò una guancia. «Io
non ti conosco, tu non conosci
me. Eppure, siamo sposati» mormorò con sguardo
triste. «Non sai quanto mi
dispiace…»
«Di
avermi
sposato?»
«Sì,
di
averti sposato» rispose con un po’ di titubanza.
«Ah.
Grazie»
rispose lei, fredda come il ghiaccio. «E perché
non ti sei opposto, se non ti
piaccio?»
Rimase
senza
parole: «Cosa? No! Non sei tu, sono io!»
Fu
lei a
essere sbigottita: «Tu? Perché?»
Draco
la
fissò negli occhi: avrebbe potuto confidarle la
verità? No, l’avrebbe
distrutta, spezzata completamente, e non si sarebbe mai perdonato.
Già non si
perdonava per averla sposata, condannandola ad una vita triste.
«No, niente» le
rispose infine, cominciando poi a slacciarle il vestito, rosso, che
aveva
indossato per la loro passeggiata fuori.
Glielo
fece
scivolare lungo il corpo, lasciandola solo in lingerie. «Sei
bella, non
vergognarti» le disse dolcemente, quando lei cercò
di coprirsi. Poi, avvicinò
il viso al suo, mantenendo gli occhi fissi in quelli di lei: voleva che
capisse
quali erano le sue intenzioni e che non doveva preoccuparsi,
perché lui sarebbe
stato il più dolce possibile. Così, dopo qualche
istante, la baciò,
assaporandola; fece poi guizzare la lingua sulle sue labbra,
chiedendone
l’accesso, e lei, titubante, glielo lasciò.
Fu
strano,
molto più dolce di come era solitamente abituato, ma sapeva
che quella che
aveva davanti non era una donna qualunque: non solo era vergine, ma era
anche
sua moglie. Quando Asteria si staccò, lui
cominciò a baciarle il mento e il
collo, mentre andava a cingerle la vita; accarezzò tutta la
schiena della
donna, arrivando fino al reggiseno che venne sganciato quasi
immediatamente. La
bocca del biondo scese pian piano lungo il petto, fino ad arrivare al
seno, che
venne vezzeggiato, mentre avvertiva Asteria afferrargli i capelli e
gemere.
La
spinse
verso il letto, piano, e poi la sovrastò con il suo corpo;
la avvertì tendersi
e la blandì con baci e carezze, scambiando la paura con il
piacere. Quando si
unirono, cercò di farle passare il dolore, aspettando e
mormorando parole di
conforto, poi si mosse e fu piacere.
Zia
Bella si
avvicinava: aveva un sorriso folle che le illuminava anche gli occhi e
rigirava
la bacchetta tra le mani. «Draco, Draco, devi imparare! Sono
sicura che la
prossima volta andrà meglio» diceva. Arrivata a un
passò da lui voltò il viso
verso destra, rivolta a qualcuno che non poteva vedere, anche se
immaginava chi
fosse: il Signore Oscuro. Poi, zia Bella si girò verso di
lui e ghignò: «Crucio!»
«Draco!»
Una
mano si posò sulla sua spalla, scuotendolo e facendolo
svegliare di
soprassalto.
Urlò,
vedendo
una donna dai capelli scuri davanti a lui, e istintivamente la
colpì, cercando
di allontanarla da lui. Avvertì un colpo, poi il silenzio,
mentre la ragione
tornava a prendere il possesso della sua mente; si guardò
rapidamente intorno,
cercando la figura della donna. E la vide, per terra, con le lacrime
agli occhi
e una mano sulla guancia. Asteria.
«No.
No!»
esclamò, scendendo rapidamente dal letto e avvicinandosi.
«Asteria! Mi
dispiace! Mi dispiace, io…»
«Stammi
lontano!» singhiozzò lei, alzandosi velocemente.
«Stammi lontano!» urlò,
afferrò il lenzuolo sfatto e uscì dalla camera.
Draco
rimase
lì, immobile. “Cosa ho fatto? Merlino,
perché?” si chiese, distrutto. Non la
conosceva, pensava che non gli sarebbe mai importato di lei, che non si
sarebbe
mai preoccupato per lei, ma adesso lo era; era spaventato dalla sua
reazione,
che non voleva. Non voleva quello che era successo, non era riuscito a
controllarsi. E ora l’aveva spezzata.
Si
alzò e
meccanicamente si vestì, avvicinandosi poi a una delle
finestre. Il sole non
era ancora sorto. “Ho dimenticato l’incantesimo
silenziante. Ma ero stanco ieri
sera… Che stupido! Non me la merito, avrei dovuto oppormi al
matrimonio, non
avrei dovuto cedere alle insistenze di madre e padre. Chi sono, io, per
pretendere la felicità? La verità è
che l’ho sempre voluta e cercata, non ho
mai fatto nulla per allontanarla. E ora? Ora, che forse avrei potuto
costruire
un rapporto di amicizia e muto rispetto con mia moglie, ho rovinato
tutto. Sono
dannato, e ho dannato lei. Asteria…”
Non
seppe
quanto tempo era passato, solo che rimase lì, fermo, a
pensare e ripensare a
lei, al sogno, al passato. E si dannava. Arrivò
l’alba.
La
porta si
aprì piano piano, facendo rientrare Asteria. Draco le
lanciò solo un’occhiata,
prima di tornare a guardare fuori dalla finestra. «Pensavo te
ne fossi andata»
disse, e si stupì del suo tono, freddo, formale, distaccato.
Con
la coda
dell’occhio, la vide scuotere la testa: «Le mie
cose sono qui» disse, poi
sospirò: «Cosa è successo?»
Lui
si voltò
a guardarla, cercando di capire se fosse davvero quello che voleva. La
luce
nello sguardo di sua moglie era risoluta e testarda, due
caratteristiche che
non riscontrava in una donna dai tempi di Hermione Granger.
«Un incubo» disse
poi, laconico.
«L’avevo
intuito. Me ne parli, per favore?»
«No».
«Sì!
Ho
ricevuto uno schiaffo immeritato, per quell’incubo».
“Testarda”
pensò lui, ruotando gli occhi. «Non è
la prima volta che li ho e non sarà
l’ultima. Non preoccuparti».
Lei
aggrottò
la fronte, poi si avvicinò ancora avvolta dal lenzuolo; lo
sguardo di lui non
poté fare a meno di scorrere sulle gambe scoperte.
«Io sono qui, non dubitarne
mai» gli disse, fronteggiandolo. «Anche se ci siamo
appena sposati e
praticamente non ci conosciamo, ma sappi che su di me puoi
contare!»
Per
molti
anni a venire, Draco non seppe capire il motivo per cui
riuscì a fidarsi di lei
in quel momento tanto da raccontarle i suoi pensieri, i suoi incubi e
il suo
passato. Però lo fece, sedendosi per terra subito imitato da
lei, e si confidò,
interiormente apprezzando il fatto che Asteria non lo interruppe mai,
neanche
nei momenti in cui si ritrovò a urlare il suo dolore e la
sua frustrazione.
Una
volta
finito, si ritrovò svuotato completamente. Alzò
gli occhi verso sua moglie,
temendo di vederla scappare a gambe levate, e si stupì di
trovare delle lacrime
che le cadevano lungo le braccia.
Rimasero
per
qualche istante immobili, poi la giovane si slanciò verso di
lui. «Io sono
proprio qui, non dubitarne mai».
Un
mese dopo.
«Draco,
la
Passaporta si attiverà tra pochi minuti» lo chiamo
Asteria, dall’altra stanza.
«Dobbiamo raggiungere il video, da qui non possiamo
andarcene» gli ricordò.
Il
tempo era
passato velocemente e in quel mese, Draco aveva avuto numerose crisi:
diversi
incubi avevano costellato le loro notti, momenti di depressione le
giornate. Ma
Asteria era rimasta, sopportando qualsiasi cosa suo marito dicesse,
ignorandola
per il momento e discutendone solo successivamente, in momenti di calma
e
tranquillità. Avevano raggiunto un equilibrio.
Draco
entrò
nel salotto sorridendo: «Sono pronto, tranquilla. Ed
è almeno la terza volta
che me lo ripeti; bastava la prima, sai?» le disse,
abbracciandola e
conducendola verso l’uscita. “Che cosa mi hai
fatto? Come sei riuscita a
spingermi a confidarmi con te? Che incantesimo mi hai
lanciato?” si chiedeva,
come faceva ogni giorno. Ma ormai, non poteva fare a meno di
ringraziare i suoi
genitori, per averlo costretto a sposarla, e l’impulso, per
averlo indotto a
confidarsi, senza un perché.
Solo
anni
dopo, capì perché si era confidato con lei e per
quale motivo Asteria avesse
reagito in quel modo.
Amore.
Ancora
dormiente, ma amore.
Note:
eccomi qua, alla fine della storia.
Innanzi
tutto, vorrei ringraziare le giudici, che mi hanno dato
l’impulso a scriverla.
Thanks!!
Poi,
vorrei
dire che, per quanto non sia del tutto convinta di come è
venuta, ne sono quasi
soddisfatta.
So
che Draco
può risultare OOC, ma penso che sia giustificato:
è avvenuta una guerra e, per
quanto si sia ormai conclusa da quattro anni, i postumi non sono mai
passati e
il passato ritorna spesso. Draco si sente colpevole, sulla Torre di
Astronomia,
per aver quasi causato la morte di Katie e Ron, quindi penso sia
normale che si
senta colpevole per quanto accaduto durante la guerra. Da qui, incubi e
depressione. Che poi, è una cosa che capita davvero ai
soldati!
Fine,
non ho
altro da dire. Spero vi sia piaciuta!
Malika
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