HP e DDM – pagine mancanti…
Harry si girò e uscì dalla stanza del
Preside. Stringeva ancora le due bacchette tra le mani. Domani avrebbe riportato
al suo proprietario l’Antica Bacchetta e avrebbe cercato di dimenticarla il più
velocemente possibile. Aveva davvero avuto guai sufficienti ad un’intera vita e
non intendeva portarli ulteriormente con sé. Si ritrovò a scendere le scale a
chiocciola, prima di chiedersi se Ron e Hermione fossero con lui. Si fermò e
sentì i loro passi. Si girò a guardare entrambi una volta raggiunto il corridoio
della scuola. Non c’era nessuno altro in giro. Vide riflessa sui loro volti,
esausti, tutta la sua stanchezza.
"Devo arrivare a letto senza vedere nessuno,
a parte Kreacher con un panino," disse loro. Era una chiara richiesta di aiuto.
Ron annuì, comprensivo. Hermione si limitò a sorridere.
"Il mantello. Mettitelo," gli suggerì
l’amica.
"E voi?" chiese. Se lui era al centro
dell’attenzione, loro ne erano poco distanti.
"Se qualcuno ci ferma, ci baciamo. Così
rimangono senza parole e non chiedono altro," disse Ron serenamente, alzando le
spalle. Hermione lo guardò spalancando gli occhi e arrossendo leggermente. Harry
iniziò a ridere, troppo stanco per controllarsi, appoggiando le mani sulle gambe
e piegandosi in due. Non vide la reazione di Hermione, ma sentì lo schiaffo sul
braccio di Ron e Ron esclamare, divertito e stizzito allo stesso tempo, "Beh,
con lui ha funzionato, no?"
"Stupido!" esclamò Hermione. Ma stava
trattenendo chiaramente una risatina.
Harry, asciugandosi una lacrima con il dorso
della mano, si rialzò, si fece scivolare addosso il mantello e si incamminò al
loro fianco.
I corridoi erano ancora stranamente deserti.
I segni della battaglia erano ovunque: pezzi di pietra, detriti, schegge di
legno, muri bruciati, armature spezzate, vetri rotti sul pavimento. I quadri
rimasti erano senza proprietari, a parte quale sparuto personaggio che vagava,
incerto, nella tela desolata. Passando vicino alle scale che portavano al
dormitorio dei Tassorosso sentirono un gruppo di voci entusiaste commentare la
battaglia. Non si fermarono ad ascoltare, nessuno di loro desiderava qualcosa di
diverso da un letto.
Quando però si trovarono davanti al ritratto
della Signora Grassa, ancora disabitato, Harry sentì che non era poi così pronto
ad essere lasciato solo.
Non appena varcata la soglia della Sala
Comune, buia e silenziosa, chiamò l’amica.
"Hermione…" Si tolse anche il
mantello.
"Sì?" chiese lei girandosi. Solo allora
Harry vide che la sua mano era intrecciata a quella di Ron. Li guardò
sorridendo. Quel gesto rendeva così vera e concreta la possibilità di
ricominciare ad amare che sentì tutto il peso della sua solitudine. E il peso
dell’assenza di Ginny.
"Se vedi Ginny, dopo…" si fermò incerto. Non
sapeva cosa chiedere. Voleva vederla, ma era stravolto dalla stanchezza.
Desiderava solo vederla e sapere che stava bene. Ma forse non era il momento di
toglierla alla sua famiglia. Si accorse che Hermione lo guardava sorridendo e
Ron ghignava apertamente.
"Le dico di passare da te per salutarti,"
gli disse Hermione.
"Potrei non essere sveglio," si scusò Harry
con una smorfia.
"Non credo che per lei sia importante, sai?"
gli rispose Ron con un tono quasi dolce. "Vorrà solo vederti, la
conosco."
Harry annuì. Anche lui aveva solo bisogno di
vederla. E quel commento di Ron, con lo sguardo diretto che si lanciarono, senza
parole, era una chiara autorizzazione a riprendere i rapporti con
Ginny.
"Se dormo… e voi le parlate… ditele che
domani cercherò di stare con lei il più possibile. Ok?" E con un sorriso e un
cenno della mano li lasciò soli. Si sentiva un po’ imbarazzato pensando a come
si sarebbero lasciati quei due per la notte. Sempre che si lasciassero, disse a
se stesso con divertimento e con un leggero terrore per l’immagine che quasi gli
si stava formando in testa sul modo in cui avrebbero potuto passare la
notte.
La camerata dei Griffondoro aveva risentito,
come tutta la scuola, della battaglia. C’erano parecchi calcinacci sul
pavimento, anche se nessun buco era visibile sul soffitto o nelle pareti. Si
distinguevano diverse crepe lungo i muri. Harry si chiese per un attimo se fosse
poi così sicuro stare lì. Con un sospiro sfoderò la sua bacchetta e lanciò un
generico "Reparo" alla stanza. La maggior parte delle crepe, le più piccole,
sparirono quasi del tutto.
Era troppo stanco. Con voce assonnata chiamò
Kreacher e lui si materializzò. Ascoltò con attenzione le richieste di Harry che
fece preparare per sé panini e burrobirra e lo invitò a prendere le richieste
anche di Ron e Hermione nella Sala Comune.
Non appena l’elfo sparì, servizievole come
l’aveva lasciato a Grimmauld Place, si svestì per poi ricordarsi che non aveva
pigiama o magliette da indossare. Si guardò attorno e, scusandosi mentalmente
con il proprietario, afferrò una delle magliette di Seamus dal suo
baule.
Con addosso mutande e maglietta, senza
nessun pensiero rivolto ad una doccia, si infilò nel letto stranamente già
fatto, lasciando il resto dei vestiti appoggiato disordinatamente sul fondo.
L’Antica Bacchetta di Sambuco venne ben nascosta sotto il cuscino, a portata di
mano.
In pochi minuti Kreacher fu di ritorno con
la cena. Gli affidò i vestiti abbandonati perché li lavasse. Cominciava a
sentirsi un po’ in colpa per tutto quel lavoro, ma l’elfo sembrava ringiovanito
e rinvigorito dalla situazione. Sorrideva e annuiva senza sosta. Scoprì che era
stato lui a preparare il suo letto e quello di Ron e Hermione, non appena aveva
terminato di festeggiare con gli altri elfi in cucina. Finalmente solo, Harry
divorò il cibo quasi senza sentirlo, solo per il gusto di avere qualcosa di
morbido e saporito.
Si sentiva annebbiato. Non riusciva a
concludere nessun ragionamento. Quando cercava di concentrarsi sul futuro, fosse
solo il mattino successivo, si ritrovava a rivivere i momenti più duri di quella
giornata, oppure i momenti meno comprensibili, oppure i momenti di terrore e di
dolore. E ogni pensiero ritornava a Ginny, ai suoi capelli, ai suoi occhi e al
suo corpo. Una volta disteso sotto le coperte si rigirò più volte nel letto,
eppure la stanchezza fisica e mentale non gli permettevano di addormentarsi. Gli
occhi si chiudevano, ma il corpo era dolorante e la testa non smetteva di
ricordare e ricordare e ricordare. Si sentiva impotente e frustrato, invece che
eccitato e felice. Aveva appoggiato gli occhiali sul comodino e teneva gli occhi
ostinatamente chiusi. Non sentì la porta aprirsi, ma solo la sua
voce.
"Harry…" sussurrò esitante.
Era così sorpreso che non riuscì a
rispondere.
"Har…"
"Ginny!" esclamò, tentando con fatica di
alzarsi, sostenendosi con i gomiti.
"Ti ho svegliato?" Sentiva la voce
avvicinarsi, ma il buio era completo nella stanza, dato che aveva chiuso ogni
possibile fonte di luce, per eliminare il sole che all’esterno illuminava quel
nuovo giorno.
"Non riesco ad addormentarmi…" le rispose.
Percepì anche lui il tono quasi capriccioso della sua voce.
Poi sentì il suo profumo, quello dei suoi
capelli e il letto cedere sotto il suo peso. E nel buio riuscì a cogliere il
contorno del suo corpo, seduto al suo fianco, con le gambe raccolte e il sorriso
sul volto.
"Ciao…" gli disse.
"Ginny…" sussurrò quasi come una domanda.
Non sapeva cosa altro dire. La testa gli turbinava.
"Se vuoi rimango con te fino a quando non ti
addormenti," si offri, sottovoce.
"Sì… sì." Harry si sdraiò nuovamente, senza
riuscire a pensare ad altro da dirle. Desiderava solo sapere che lei era lì.
Ginny intrecciò una mano con la sua e con l’altra gli accarezzò, leggera, il
volto e i capelli. Era un movimento lento e ipnotico. Harry chiuse gli occhi e
si lasciò consolare da quel gesto.
Senza quasi accorgersene si
addormentò.
Poco dopo si svegliò.
Gli fu necessario qualche secondo per
prendere coscienza di dove si trovava, dei contorni del suo letto ad Hogwarts.
Ron stava russando. E anche qualcun altro stava dormendo nella stanza. Si
sollevò a sedere sul letto, prese gli occhiali e si guardò attorno.
Erano stati tolti gli incantesimi alle
finestre e si vedevano le stelle ai lati delle tende che coprivano i vetri. Era
notte, allora. Non era passato poco tempo. Doveva essere a letto da più di
dodici ore. La testa era ancora intontita e il corpo dolorante. Girando lo
sguardo riuscì a scorgere Ron nel suo letto, Neville, Dean e Seamus nei loro.
Erano di nuovo tutti lì.
Poi un pensiero improvviso.
Ginny.
L’aveva sognata?
Si guardò attorno per cogliere qualche segno
del suo passaggio. Non vide nulla nel letto o sul comodino. Non sentiva neppure
il suo profumo nella stanza. E poi lentamente tutti gli altri ricordi. La
battaglia. Gli amici morti. Lo scontro finale. Il dialogo con Silente. Tutto gli
passò velocemente davanti agli occhi. Si lasciò cadere contro il cuscino.
Sentiva ancora il bisogno di dormire, ma forse era necessaria ancora Ginny. O
almeno il suo ricordo. Tolse gli occhiali e li appoggiò a casaccio sul comodino,
chiuse gli occhi e si fece trasportare nel passato con lei.
Dopo poco sentì che qualcuno lo
chiamava.
"Harry, svegliati. È ora."
Cercando di controllare il movimento degli
occhi, li aprì quasi del tutto, scorgendo, sopra di sé, il volto del signor
Weasley. Lentamente prese contatto con la realtà, con la luce del sole che
entrava dalla finestra ancora protetta dalle tende, con i contorni molto più
nitidi dei letti e della stanza, con Neville, Seamus e Dean affaccendati a
sistemare le loro cose. Con gli sbadigli sonori e ripetuti di Ron.
"Buongiorno, signor Weasley," biascicò. Si
sentiva la gola come fosse di carta vetrata. Afferrati gli occhiali si guardò
intorno e fece un cenno di saluto a tutti gli altri.
"Ciao, Harry. Sono venuto a chiamarvi almeno
per il pranzo." Il signor Weasley aveva il volto scavato e l’espressione triste,
anche se stava sorridendo.
Harry annuì, cercando di rispondere al
sorriso del signor Weasley, ma non gli riuscì molto bene. Lo osservò camminare
fino al letto di Ron e abbracciare il figlio. Il ricordo della morte di Fred lo
colpì in pieno petto, svegliandolo del tutto.
"Che giorno siamo?" chiese genericamente
alla camera.
"Lo hai sconfitto ieri mattina, Harry,"
rispose il signor Wealsey, guardandolo. "Tu e Ron avete dormito fino ad
ora."
Harry si limitò ad annuire. Osservò
nuovamente la stanza, quasi a cercare di rassicurarsi che era veramente lì,
seguì gli altri ragazzi che sistemavano i bauli per la partenza e si chiese dove
sarebbe potuto andare lui. Sapeva che nessuno lo avrebbe costretto a lasciare
Hogwarts, ma adesso poteva pensare al futuro e una casa era un punto di partenza
molto determinante. Si rese conto che non sapeva in quali condizioni fosse
Grimmauld Place e se poteva considerarla ancora parte dell’eredità di Sirius per
lui. Titubante pensò di chiederlo al signor Weasley.
"Signor Weasley…" esitò un attimo. Si
schiarì la voce. "Sa qualcosa di Grimmauld Place? Se posso tornare a vivere lì?"
Il signor Weasley aveva ancora un braccio attorno alle spalle di Ron.
"Verrai alla Tana per un po’, Harry. Non
credo sia il momento per prendere decisioni questo. O di stare soli. Almeno per
te."
Harry annuì di nuovo. Si sentiva
meravigliosamente all’idea che qualcun altro decidesse per lui, in quel momento.
Lentamente uscì dal letto e si trascinò verso il bagno. Passando accanto al
letto di Ron, si chiese se Hermione avesse visto Ginny.
Entrando in Sala Comune venne accolto da
un’ovazione di complimenti da parte dei presenti. Non solo studenti a quanto
sembrava. Neville stava parlano con la nonna e lo chiamò per presentargliela. La
signora gli fece i complimenti e poi lodò senza sosta il nipote. Neville guardò
l’amico con aria di scusarsi, ma Harry scosse leggermente le spalle come a
dirgli che andava bene così. Intanto il suo sguardo vagava per la stanza alla
ricerca di Ginny. Sentendo dei passi scendere dal dormitorio femminile salutò
velocemente la signora e si avvicinò alle scale.
Hermione lo abbracciò. "Ciao, Harry. Anche
tu hai dormito fino ad ora?"
Harry annuì. "Anche Ron. Arriverà tra poco.
Hai visto Ginny?"
"Scende anche lei adesso con Charlie. Ci ha
risistemato qualche crepa della stanza."
Hermione aveva l’aria stanca, ma sorrideva
ed era molto più carina e rilassata di come la ricordava. Sorridendo a se stesso
si chiese quanto incideva una buona dormita e quanto il nuovo rapporto con
Ron.
"Vieni alla Tana domani?" le
chiese.
"Sì," rispose, mentre gli occhi diventavano
lucidi. "Per il funerale di Fred."
Harry chiuse gli occhi per un
attimo.
"Kingsley ha mandato qualcuno a prendere i
miei genitori. Arriveranno questa sera. Gli hanno tolto l’incantesimo." Sorrise
ancora con gli occhi pieni di lacrime.
"Sono felice, Hermione, davvero," le sorrise
abbracciandola.
All’improvviso, dietro di lei, vide scendere
Ginny. Lasciò l’amica quasi bruscamente. Sentì la mano di Hermione stringerli
dolcemente la spalla e vide il sorriso che le Ginny le rivolgeva, per poi
riportare lo sguardo su di lui.
"Eri proprio tu ieri sera?" le chiese
immediatamente, per accertarsi di non averla solo sognata.
Ginny annuì.
"Grazie, Ginny…" le disse, un po’
impacciato. Non sapeva cosa dire. Non sapeva cosa lei pensasse, come aveva
vissuto quei mesi. Tutto era rimasto al bacio per il suo compleanno. Poi c’era
stato solo il suo immenso desiderio di lei. Qualche sguardo. Ginny gli si
avvicinò e senza dire una parola lo baciò sulle labbra. Il tocco di una piuma,
pensò Harry.
"La prossima volta prendi tu l’iniziativa,
ok?" la sentì sussurrare al suo orecchio. Il cuore di Harry ruggì come un anno
prima. Rimase a guardarla con un sorriso un po’ stranito, cercando le parole per
dirle quanto l’avesse desiderata in quei mesi, ma non le trovava. Allora allungò
una mano e le accarezzò i capelli proprio dietro all’orecchio, stringendone una
ciocca tra le dita. Harry non riusciva a spiegarle nulla in quel momento. Riuscì
solo ad avvicinarsi a lei, annusando l’odore dei suoi capelli e appoggiandole le
labbra sulla tempia. Poi si staccò e vide il dubbio nello sguardo di
Ginny.
"Harry… cosa c’è?"
Negò con un cenno della testa.
"Cosa…?" chiese con voce ancora più
incerta.
"Non riesco a dirti tutto adesso." Le
accarezzò la guancia cercando di essere rassicurante. "Ci sono tante cose che
voglio raccontarti…" Sospirò. "Tante cose che voglio raccontarti, ma sono così
stanco che…" Sospirò di nuovo frustrato. Non era quello il discorso che voleva
farle, non c’era nessuna dichiarazione d’amore in quei gesti. Lasciò cadere le
braccia lungo i fianchi. "Non ho ancora finito tutto quello che devo fare.
Verresti con me dopo pranzo? Non sarà piacevole…"
Non c’era nulla di romantico nel profanare
nuovamente la tomba di Silente per riconsegnargli l’Antica Bacchetta, ma aveva
bisogno di saperla a fianco. Adesso poteva averla a fianco.
Ginny annuì e sorrise. Allora qualcosa si
sciolse dentro di lui tanto da fargli uscire, senza pensarci, le parole per
esprimere esattamente il suo pensiero. "Mi sei mancata così tanto in questi
mesi, Ginny. Anche se ti volevo a casa con i tuoi al sicuro. Ti ho sognato così
tanto che quasi non riesco a capire che adesso sei vera." Gli occhi di Ginny si
illuminarono. Harry pensò che tutto attorno a lei risplendeva della sua
luce.
"Mi sei mancato anche tu."
Rimasero a guardarsi, sulle scale, le mani
intrecciate, mentre dalla Sala Comune Ron urlava il nome di Harry, ricordandogli
che dovevano ancora mangiare, era ora di pranzo e avevano saltato la colazione
perché dormivano.
"Non lo sopporto," brontolò Ginny, senza
staccare gli occhi da quelli di Harry.
Lui le sorrise. "Aspetta che intervenga
Hermione…"
"Me l’ha raccontato!" esclamò Ginny, ridendo
e afferrandogli un braccio. "Si sono baciati davanti a te?"
Harry annuì, sconsolato. "Credo che Ron
l’abbia sconvolta con la storia degli elfi. E comunque avevano cominciato a
cercarsi già dal primo giorno!" Harry la prese per mano e, scendendo dalla Sala
Comune, le raccontò della loro prima notte lontano dalla Tana.
Durante il pranzo chiese a Ron e Hermione di
seguirlo insieme a Ginny verso la tomba di Silente per restituire l’Antica
Bacchetta. La teneva dentro la tasca dei jeans insieme alla sua, nascosta dalla
maglietta. Non chiese a nessuno di loro di avvicinarsi con lui alla tomba tanto
da poter far scendere l’Antica Bacchetta tra le mani di Silente, ma quando
rialzò lo sguardo se li vide accanto, le mani di Hermione intrecciate a quelle
di Ron e una mano di Ginny sorprendentemente stretta alla sua.
"Mi aiuti, Ron?" chiese all’amico indicando
con un cenno della testa al marmo divelto da Voldemort. Insieme sguainarono le
loro bacchette e insieme fecero ritornare la pietra nel punto esatto in cui si
trovava, eliminando ogni traccia dello scempio fatto.
Poi rimasero in silenzio davanti alla
tomba.
Il giorno dopo ci sarebbe stata la prova più
difficile per tutti. Il corpo di Fred sarebbe stato portato alla Tana per essere
sepolto in cima ad una collina a fianco della casa di famiglia. Harry sapeva che
Ron stava pensando a quello e non al Preside mentre le lacrime gli scendevano
sul volto arrossato e stringeva le labbra per trattenere quello che Harry pensò
essere un grido di dolore. Strinse la mano di Ginny e allungò l’altro braccio
per metterlo attorno alle spalle di Ron. Ron allungò il suo per metterlo attorno
alle spalle di Harry.
Per un attimo Harry si chiese chi dei due
stava sostenendo e proteggendo l’altro.
Al rientro al castello Harry venne fermato
in fondo alla scalinata d’ingresso dal signor Weasley.
"Il Ministro chiede di te, Harry. È arrivato
poco fa."
"Kinglsey è qui?" disse,
sorpreso.
Il signor Wealsey rispose con un cenno della
testa e gli fece cenno di seguirlo. Harry, guardando gli amici, salì le scale
dietro a lui. Arrivato in cima di girò nuovamente e li vide tutti e tre ancora
nell’atrio. Fece un cenno con la mano per farsi raggiungere. Ron si grattò la
testa, perplesso, ma fu il primo a mettersi in movimento. Harry li attese fuori
della porta dell’ufficio della professoressa McGrannit. Quando furono nuovamente
insieme si decise a bussare.
"Avanti!"
Kingsley era al centro della stanza e teneva
in mano alcuni libri, il primo dei quali, aperto circa a metà, produceva degli
sbuffi di fumo argenteo.
"Harry!" esclamò Kingsley, lasciando i libri
su una sedia e abbracciandolo. Harry ricambiò con affetto il gesto.
"Grazie," gli disse per prima cosa il
Ministro, appoggiando le mani sulle sue spalle. "Grazie a te e grazie a voi,"
continuò guardando, oltre le sue spalle, Ron e Hermione. "Siete stati la
migliore arma possibile."
Harry non rispose. Non avrebbe saputo cosa
rispondere e preferì starsene in silenzio e arrossire leggermente.
Kingsley si avvicinò a Ron e Hermione e
abbracciò anche loro. Sorrise a Ginny, stringendole con gentilezza un braccio e
fece un cenno di saluto ad Arthur.
"Sono contento che abbiano nominato te,"
commentò Harry con un sorriso.
"Come si sta così in alto?" chiese Ron con
curiosità.
"Si tende a perdere l’equilibrio se non si
fa attenzione," ridacchiò Kingsley.
Harry ripensò a Silente e al suo timore per
il potere. Anche Silente avrebbe approvato la sua nomina.
"Come è la situazione?" chiese
Hermione.
"Lentamente sta migliorando, nel complesso.
Abbiamo preso parecchi Mangiamorte, se non tutti, forse, in queste ore. Stiamo
cercando di identificare i seguaci senza confonderli con coloro che agivano per
paura." Kinglsey le sorrise. "I tuoi genitori sono già in viaggio,
Hermione."
Harry si girò a guardarla e la vide
sorridere e piangere nello stesso momento. Ron le accarezzò i capelli con
dolcezza. Harry scambiò uno sguardo divertito con Kingsley. Ron intravide quello
scambio e li fulminò con un’occhiataccia.
"Bene," esclamò Kingsley diventando serio.
"So che i tuoi rapporti con il Ministero sono stati molto tesi, Harry, in
passato."
Harry annuì deciso.
"Arthur e Molly mi hanno raccontato
dell’eredità di Silente e di quello che è accaduto l’anno scorso. Adesso spero
che le cose cambino e che possiamo collaborare." "Lo voglio anch’io," disse
Harry. "Non mi sono rifiutato di collaborare. Mi sono rifiutato di fare quello
che voleva il Ministero."
"Già, immagino come ti siano state fatte
alcune richieste. Io al momento ho solo delle domande. Hai portato a termine la
missione di Silente?"
Chiedendoglielo lo guardò dritto negli occhi
e Harry vide tutta la determinazione e la forza della sua
personalità.
"Sì, ogni cosa," disse Harry ripensando a
quello che aveva fatto nella foresta e alla tomba di Silente.
"Durante il duello hai parlato della
bacchetta di Silente…" cominciò Kinglsey.
"L’ho appena riconsegnata a lui e abbiamo
sistemato la tomba," spiegò Harry. "La bacchetta doveva tornare a
lui."
"Bene, approvo la scelta." Kingsley si
guardò intorno e fece arrivare vicino a loro delle sedie, facendo cenno a tutti
di accomodarsi.
"Adesso Harry, ho bisogno di sapere cosa
avete fatto in questi mesi. Non tutto," aggiunse vedendo lo sguardo irritato di
Harry, "solo quello che ritieni importante dirmi. Anzi, per essere esatti quello
che mi è utile sapere per affrontare la ripresa e i processi dei
Mangiamorte."
Harry ascoltò con attenzione e
annuì.
"Non sarà l’unica conversazione tra di noi
su quanto è accaduto in questi mesi, Harry. Andando avanti con il mandato che ho
ricevuto dovrò fare delle scelte per le quali mi saranno necessarie anche le
informazioni che tu puoi darmi. Chiedo la tua collaborazione." Aveva parlato
lentamente, sempre guardando Harry negli occhi.
"Sì, va bene."
"Oltre ad Arthur e a me, c’è qualcun altro
che è importante che conosca i fatti?"
Harry si girò a guardare Ron e Hermione che
restituirono lo sguardo, perplessi.
"La professoressa McGrannit, Harry," suggerì
Hermione. "Per Piton…"
"Sì, direi di sì. Parlerà lei con sua
moglie, signor Weasley?" chiese Harry ad Arthur che annuì quasi
impercettibilmente. Sentiva che a loro, più che ad altri, era dovuta una
spiegazione. Non solo per il coinvolgimento di Ron o per la morte di Fred, ma
soprattutto perché erano sempre stati al suo fianco, rappresentavano tutto
quello che lui considerava una famiglia. Anche se non ci fosse stata Ginny a
rendere quella sua sensazione una realtà possibile.
"Allora direi solo la
professoressa."
Kingsley inviò immediatamente un Patronus e
pochi minuti dopo sentirono bussare alla porta.
"Minerva!" esclamò Kingsley, aprendo la
porta con un gesto della mano. "Siamo a casa tua, non bussare!"
"Sei pur sempre un mio superiore, mio caro,"
rispose serafica la donna, entrando nella stanza con determinazione. Si mise
seduta di fianco a lui.
"Ho chiesto ad Harry di raccontarci quello
che ritiene opportuno e ha chiesto di chiamare anche te."
La McGrannit annuì.
"Lo abbiamo scelto insieme," precisò Harry.
"In tutto questo Silente mi ha sempre chiesto di stare insieme a Ron e
Hermione," cominciò guardando gli amici. Guardò per un attimo Ginny, seduta di
fianco a lui. "Credo di dover cominciare dal professor Piton. Anzi dai ricordi
del professore. Erano in una ampolla da qualche parte nello studio di Silente,
professoressa. Adesso sono ancora nel Pensatoio. Vorrei che venissero custoditi
con attenzione," le chiese Harry guardandola. E lentamente, cercando di
raccogliere le idee, iniziò a parlare del ricordo più recente di Piton e della
profezia.
Parlò oltre due ore per raccontare quello
che Silente aveva immaginato riguardo agli Horcrux e quello che loro avevano
scoperto. Tralasciò completamente i tre Doni della Morte, limitandosi a
ricondurre tutto alla somiglianza tra la sua bacchetta e quella di Voldemort.
Tralasciò anche quello che era accaduto dal momento in cui era stato colpito
dalla maledizione di Voldemort al suo risveglio. Voleva prima condividerlo con
Ron, Hermione e Ginny e ascoltare il loro parere.
Sentendo parlare degli Horcrux e della
divisione dell’anima di Voldemort, Kingsley e Arthur si scambiarono sguardi di
forte preoccupazione e Minerva sospirò più volte. Quando Harry accennò al ruolo
del diario e quindi di Ginny, il signor Weasley abbracciò la figlia che aveva a
fianco, quasi per accertarsi che fosse davvero lì con loro.
"Questo è quello che riesco a ricostruire
adesso, Kingsley," terminò Harry, stremato, guardandolo. "Ci sono sicuramente
altre cose, ma questa è la trama principale."
Ron e Hermione erano intervenuti più volte
nel racconto, aggiungendo particolari o raccontando parte della storia. Rimasero
tutti e tre in silenzio. Si sentivano stanchi quasi quanto il giorno prima.
Rivivere gli ultimi mesi, anche solo con il ricordo, ma con la piena
consapevolezza di tutto quello che era accaduto, li aveva svuotati di ogni
energia.
"Sapete quello che avete rischiato?" chiese
la McGrannit, con tono di forte preoccupazione. "Come ha potuto Albus chiedervi
questo?!" esclamò alzandosi in piedi. Harry non si ricordava di averla mai vista
così sconvolta. "Come ha potuto chiederti di fare tutto questo!" Camminò per la
stanza con le mani sui fianchi, respirando in fretta. Era chiaramente arrabbiata
con il suo predecessore.
"Professoressa McGrannit," sussurrò Harry
per avere la sua attenzione.
"Dimmi," sbottò lei fermandosi a
guardarlo.
"Silente mi ha raccontato in parte i motivi
della sua scelta. Gliene parlerò in un altro momento." Non aveva intenzione di
escludere nessuno, ma erano i ricordi più intimi di un’altra persona e non
riteneva corretto parlarne a chiunque. Sperò che Kingsley e il signor Weasley
comprendessero.
"Credo che ognuno debba fare delle scelte
nella vita che anche gli amici più vicini non approvano, Minerva," disse infatti
Arthur, lanciando uno sguardo di comprensione a Harry. "Ehm…" aggiunse con tono
più incerto. "Racconterò a Molly tutto questo, ma non adesso." Guardò i figli e
poi Harry. "Non voglio sconvolgerla più di quanto non lo sia ora."
Ron, Ginny e Harry annuirono.
"Bene," concluse Kingsley. "Grazie per tutte
le informazioni, Harry. Non le userò se non per contrastare quanto diranno i
seguaci di Voldemort. Anche se credo che dovremmo dare spiegazioni chiare e
sincere a tutto il mondo magico. Comincerò a pensare quali di queste
informazioni dare e in che modo, per non sollevare panico o ulteriore paura." Si
alzò in piedi, imitato dagli altri. Sul tavolino davanti a loro c’erano i resti
del te e dei biscotti che avevano mangiato nel pomeriggio.
"Ci sarà la cena tra poco, ragazzi," disse
la profesoressa. "Cercate di stare un po’ senza fare nulla, per ora." Fece loro
cenno di uscire all’aperto.
Arthur, scendendo, disse che avrebbe
raggiunto la moglie. Ginny e Ron vollero unirsi a lui. Harry e Hermione si
guardarono, incerti su cosa fare. Invece fu Arthur ad invitarli a rimanere con
loro. Trovarono parte della famiglia Weasley nella Sala Comune dei Griffondoro.
Charlie e Percy erano nella stanza dove era stato portato il corpo di Fred e lo
stavano vegliando, mentre Molly e Fleur chiacchieravano sottovoce sul divano,
bevendo il te. Vedendo entrare il marito, Molly si alzò per
abbracciarlo.
"Bill e George non hanno voluto che mi
occupassi con loro delle cose di Fred," disse con un mesto sorriso. "Sono alla
Tana a sistemare la stanza." Accarezzò la guancia del marito con una dolcezza e
una tristezza tali che Harry fu costretto a distogliere lo sguardo.
"Vado con loro," disse Ron. Diede un bacio
alla madre e sorrise ad entrambi i genitori. Baciò Hermione con dolcezza davanti
a tutti e poi corse fuori del castello per Smaterializzarsi.
Hermione, arrossendo, si mise seduta sul
divano con Fleur e Ginny. La signora Weasley, con espressione sorpresa e
compiaciuta, anche se tra le lacrime, le si mise accanto, facendo spostare la
figlia. Parlarono a lungo della battaglia e ricordarono Fred, ridendo a tratti
con tale divertimento che, pensò Harry, Fred lo avrebbe sicuramente
apprezzato.
Al momento della cena tutta la famiglia
Weasley era nuovamente insieme. I genitori avevano trascorso l’ultima ora
vegliando il corpo del figlio, poi Madama Sprite li aveva sostituiti per far sì
che mangiassero insieme agli altri.
Il clima era mesto. Andromeda Tonks era
arrivata per chiedere che i corpi della figlia e del genero trovassero riposo
nel cimitero di Hogwarts. La McGrannit aveva fatto preparare la cerimonia per il
giorno successivo, al mattino presto, per lasciare poi che i Weasley
raggiungessero la Tana con Fred.
Harry vedeva quella sera, per la prima
volta, Teddy. Andromeda era seduta di fianco a lui e gli aveva appena dato il
bambino in braccio. Harry si sentiva rigido e imbranato come mai prima. Teddy
era sveglio e stava guardandosi attorno, muovendo braccia e gambe come se
volesse spiccare il volo senza scopa. Harry lo teneva con entrambe le mani,
guardandolo meravigliato di tutta quella vitalità. I capelli erano azzurri in
quel momento, ma Andromeda stava raccontando di come cambiassero senza tregua
anche una volta al giorno, proprio come Ninfadora. Aveva gli occhi colmi di
lacrime trattenute. Attorno a lei Ginny, Hermione, Fleur e Molly osservavano il
bambino e chiedevano notizie alla nonna di tutte quelle piccole cose che le
riempivano la vita: quanto dormiva, quanto mangiava, se riusciva a trovare tutto
il necessario per lui, se aveva già preparato la sua cameretta. Harry trovava
tutte quelle domande un po’ assurde. Era un bambino che aveva appena perso i
genitori. Gli sembrava l’unica cosa importante, eppure attorno a lui erano tutti
presi dalla vitalità di quell’esserino che si dimenava, cercando di sfuggirgli
dalle mani. Cominciava a sentire un leggero indolenzimento alle
braccia.
"Certo che sei un po’ scarso come padrino,"
gli disse Ron arrivandogli alle spalle. "Posso?" gli chiese indicando il
bimbo.
Harry fece segno di sì e allungò le braccia
verso di lui, sollevato. Con sorprendente naturalezza Ron lo prese con un solo
braccio, appoggiandolo sul gomito e iniziò a fargli smorfie e a solleticarlo con
l’altra mano. Il bambino si fermò immediatamente, attratto da quello spettacolo.
Harry guardò Ron con la bocca leggermente aperta per la sorpresa, come se avesse
cominciato a recitare a memoria brani di "Storia di Hogwarts": sembrava che non
avesse fatto altro che tenere neonati tra le braccia.
Ron ricambiò lo sguardo dicendo
semplicemente, "Orde di cugini," continuando a coccolare Teddy.
"Credo che questo sia decisamente compito
tuo, Harry," disse poco dopo con una smorfia. "Cambio di pannolino."
"Eh?!" sbottò Harry. "Assolutamente
no!"
Andromeda si aprì in un sorriso e prese il
bambino dalle braccia di Ron per andare a cambiarlo. Ron e Harry si avviarono a
cena.
"Certo che sei bravo con i bambini," disse
Harry sedendosi a fianco dell’amico.
"Ne ho sempre visti per casa," minimizzò Ron
afferrando una coscia di pollo e buttandola nel piatto. Poi posò la forchetta e
sospirò. Solo allora Harry si ricordò di dove era stato.
"Come è andata?" gli chiese gentilmente,
riempiendo il proprio piatto di puré e passandolo a Ron che si limitò ad una
piccola porzione.
"Sai," sospirò mettendone un po’ nel piatto
di Hermione, vicino al suo, dato che lei era con Andromeda e passando poi tutto
a Percy, "pensavo che sarebbe stato difficile vedere tutte le cose di Fred, ma
il peggio è vedere George piangere. È straziante."
Harry sospirò e guardò il piatto davanti a
sé. Gli stava passando la fame.
"Ride pensando a Fred e poi piange. E io mi
ritrovo a fare come lui." Sospirò. "In realtà abbiamo anche riso parecchio
sistemando le sue cose. Si sarebbe divertito anche lui." Con la forchetta
cominciò a sminuzzare il pezzo di pollo, mangiandone alcuni
spizzichi.
L’arrivo di Hermione e Ginny prese dal
raccontare quanto bello fosse vedere Teddy mentre veniva cambiato dalla nonna,
fece cambiare decisamente l’argomento di conversazione.
Dopo la cena si ritirarono velocemente tutti
nelle Sale Comuni. C’erano molti funerali ai quali assistere il giorno dopo e
negli altri giorni a venire. Dopo il racconto di Harry, la McGrannit aveva
disposto che il corpo del professor Piton venisse portato nella scuola per avere
degna sepoltura nel cimitero, vicino a Silente. Harry le aveva chiesto di
aspettare un giorno in più per permettergli di essere presente.
Nella Sala Comune dei Griffondoro c’era
quasi solo la famiglia Weasley. Dean e Seamus erano tornati a casa e così la
maggior parte degli altri studenti. Molly e Arthur erano ancora con Fred. George
si era addormentato dopo cena con la promessa di Charlie di chiamarlo per dare
loro il cambio.
Ron e Hermione erano seduti sul divano
davanti a Harry. Gli faceva ancora uno strano effetto vederli abbracciati,
vedere gli sguardi teneri che si scambiavano, i baci e le carezze quasi furtive
di Ron e la forza del desiderio di Hermione. Ogni minimo battibecco gli
restituiva un senso di normalità. Lui era seduto a terra con la schiena contro
una poltrona. Desiderava avere Ginny vicino, ma lei aveva scelto di stare un po’
con i genitori.
Harry sospirò. Sentiva la mancanza di Ginny
quasi fisicamente adesso che sapeva di poterla avere vicino a sé. Ogni tanto
pensava a come affrontare l’argomento della loro relazione, quella che quasi non
c’era stata, ma non aveva ancora trovato una strategia. E non poteva chiedere
consiglio a Ron, perché era suo fratello né a Hermione che si sarebbe limitata a
dirgli di buttarsi, che Ginny non aspettava altro. Distrattamente si sfregò la
fronte. Hermione e Ron, che pure si stavano guardando, si girarono
immediatamente verso di lui.
"Harry?" chiese Ron, preoccupato.
Harry alzò lo sguardo verso di lui,
continuando a passarsi la mano sulla faccia.
"Cosa c’è?" gli chiese vedendo l’espressione
dell’amico.
"La cicatrice…" accennò Ron.
"Oh?" Harry tolse la mano dalla faccia. "No,
non c’entra nulla. Stavo solo pensando. Non mi sono accorto di cosa
facevo."
Entrambi sospirarono e si rilassarono. Harry
si mise una mano sotto il mento per sorreggere la testa. Non sapeva da dove
cominciare.
"Ciao."
Era leggera come una piuma. Non l’aveva
sentita avvicinarsi neppure questa volta.
"Come stanno?" chiese Ron.
Ginny gli fece un mezzo sorriso e alzò le
spalle. "Come il solito. Ma parlano tanto tra loro," gli rispose con tono
rassicurante. Ron annuì e le sorrise. Ginny gli si avvicinò e, con uno sguardo
di scusa verso Hermione, abbracciò il fratello. Poi si mise seduta vicino a
Harry.
"Ciao," le disse lui,
guardandola.
"Ciao," rispose Ginny.
Harry allungò un braccio sopra la poltrona,
oltre le spalle di Ginny e si girò verso di lei. Tanto valeva essere
sincero.
"Sto cercando le parole migliori per dirti
quello che vorrei, ma non riesco a metterle in fila."
Ginny gli accarezzò una mano, ma rimase in
silenzio. Harry capì che doveva sforzarsi. Non poteva farla aspettare ancora.
Voleva riuscire a spiegarle quanto importante era per lui, quanto sentisse il
bisogno di averla vicino a sé.
"Vorrei riuscire a spiegarti quanto… quanto
sei importante per me. Anche se ho dovuto stare lontano da te." La guardò negli
occhi, cercando di scrutare le sue reazioni. Lei continuò ad accarezzargli la
mano, in silenzio. Con un profondo respiro Harry si lanciò.
"Adesso posso chiederti di starmi vicino
senza paura di farti del male…"
"Non mi hai mai fatto del male standomi
vicino. È starti lontano che mi spaventa. Lo so," gli disse, fermando con una
mano la sua protesta, "ho capito questo pomeriggio perché lo hai fatto e non lo
discuto. Avrei voluto esserti vicino, ma capisco perché non potevo."
Harry trovò all’improvviso le parole esatte
per spiegarsi. Per dirle quanto invece gli era stata vicino.
"Sai, nella foresta, mentre andavo da
Voldemort… sapevo che dovevo morire…" Ginny sussultò e Harry le accarezzò una
guancia con un dito. "Il mio ultimo pensiero, prima di essere colpito, sei stata
tu, il tuo sguardo, i tuoi baci… era tutto quello che volevo avere con
me."
Ginny lo guardò con la bocca leggermente
aperta per la sorpresa.
"Harry…"
Lui chiuse gli occhi cercando di ricordare
quel momento. Li riaprì cercando i suoi.
"Non è stato un ricordo che ho cercato. Mi è
arrivato così, come la cosa più importante da ricordare. Il ricordo da portare
con me."
"Harry…" Lo disse in tono sommesso, come un
ringraziamento. Aveva gli occhi lucidi.
"Riesci a capirmi?" le chiese.
Ginny annuì. Le sorrise. Sapeva di aver
detto una minima parte di quello che voleva e di averla detta male, ma avrebbe
cercato altre parole in altri momenti per dirle quanto l’amava.
Fece scivolare le braccia attorno al suo
corpo, la strinse contro di sé e la baciò, come avevano iniziato a fare nella
sua camera alla Tana, senza preoccuparsi della presenza di Ron e Hermione. I
quali erano comunque troppo impegnati per potersi accorgere di quello che
accadeva attorno a loro.
Ancora una volta dimenticò ogni cosa,
lasciando che il tempo perdesse di significato, concentrando tutti i suoi
pensieri, le emozioni, i sentimenti sul calore del corpo di Ginny e sulla sua
bocca. Quando si separarono e si guardarono, la forza dirompente della vittoria
lo attraversò come una scossa, dandogli finalmente la sensazione di aver
realizzato i suoi sogni.
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