Questa storia partecipa all'"Horror
Contest" indetto da Kath.
Jigsaw
Akiko
sorrise. I ragazzi della compagnia di trasporti erano appena andati
via, lasciandola sola a godersi la sua nuova casa. Si trattava di
quanto di meglio Akiko potesse desiderare: si trovava in una
cittadina nella periferia di Tokyo, lontana dalla confusione della
città ma allo stesso tempo ben servita dai mezzi pubblici.
Non
appena chiuse la porta dietro di sé, Akiko fu accolta dal
profumo di
mobili nuovi, e di muri appena imbiancati. Imbiancati, ma soprattutto
liberi. Nella vecchia casa dei suoi genitori non
c'era mai
stato troppo spazio sui muri, ma ora essi erano vuoti, pronti a
contenere tutte le sue creazioni. Aveva portato con
sé
svariate scatole piene di pezzi da ricomporre; puzzle che aveva
comprato solo perché le immagini l'avevano intrigata. Amava
la
sensazione che le dava il ricreare quelle foto o quei disegni, il
passare notti intere davanti ad un tavolo pieno di pezzi, il guardare
con affetto il lavoro svolto.
La
prima cosa che fece appena entrata nella sua camera da letto fu
accendere il computer e collegarsi ad internet. Vi erano tante
community dedicate agli appassionati di puzzle, e grazie ad esse
aveva conosciuto varie persone che condividevano la sua stessa
passione e che non l'avrebbero mai presa per pazza nel vedere la pila
di puzzle ancora da fare. Non era stato difficile: le era bastato
scegliersi un nickname, Akichan24, ed indicare
alcuni dei
puzzle in commercio che aveva completato.
Mandò
subito un messaggio ad una delle sue migliori amiche, Ray1987,
scrivendole che finalmente avrebbe potuto cominciare la serie di
quadri rinascimentali, una delle più popolari e
più belle.
Sicuramente le avrebbe risposto qualche secondo più tardi,
dicendole
di divertirsi. Lei certamente era alle prese con qualche puzzle 3D a
tema fantascientifico, la sua passione.
Fu
allora, mentre attendeva con trepidazione quella risposta, che il
campanello suonò.
Strano,
pensò Akiko, non aspetto ospiti.
Probabilmente si trattava
soltanto di qualche vicino venuto a darle il benvenuto. Non ci
sarebbe stato nulla di strano.
E
se si trattasse di un maniaco?
La
ragazza aprì la porta, lentamente. Davanti alla porta,
però, non
c'era nessuno.
Tirò
un sospiro di sollievo. Non poteva certo negare che l'aver vissuto
per ventiquattro anni assieme ai suoi genitori l'avesse abituata
troppo bene. Certo, probabilmente sua madre avrebbe potuto difendersi
solo con una padella, ma di sicuro era sempre meglio di stare
completamente da sola.
Prima
di chiudere la porta, abbassò lo sguardo. Ai suoi piedi
c'era una
scatola nera, con un biglietto attaccato. Akiko la portò
dentro,
incuriosita.
Lesse
il biglietto.
"Spero
che questo regalo di benvenuto sia di tuo gradimento.
Il
tuo nuovo vicino"
Non
appena aprì la scatola, sul suo volto si
materializzò un sorriso
smagliante. Dentro, infatti, c'era una busta di plastica piena di
pezzi di puzzle. Un foglio stampato mostrava l'immagine che avrebbe
dovuto ricomporre: si trattava di una foto in bianco e nero che
ritraeva due bambini e una bambina che giocavano: la bambina cullava
tra le braccia una bambola di porcellana; uno dei bambini stringeva a
sé un orsetto di pezza, mentre l'altro giocava con un
trenino di
legno.
Eccitata,
corse nuovamente al computer.
Akichan24:
Indovina? Il mio vicino mi ha appena fatto un regalo. Un
puzzle!
Ray1987:
WOW. Fantastico. È bello?
Akichan24:
Credo di sì. Non l'ho ancora iniziato, a dire il
vero.
Ray1987:
Intendevo il vicino.
Akichan24:
Oh. Non lo so, ora però vado a ringraziarlo!
Ray1987:
Fammi sapere!
Akiko
corse fuori, e si diresse verso la casa accanto. Le finestre erano
sigillate, e il cancello era chiuso. Non c'era nessuno.
Forse
è uscito, pensò, mentre rientrava.
Avrebbe
voluto continuare a chattare con la sua amica, anche giusto per avere
un po' di compagnia durante la sua prima sera da sola, ma appena
entrò nella sua stanza si accorse che il computer si era
spento.
Schiacciò
il pulsante di accensione. Niente.
Akiko
scosse la testa, e andò ad aprire il suo nuovo puzzle.
L'indomani
avrebbe chiamato il servizio tecnico, e qualcuno sarebbe arrivato a
ripararle il pc. Ora, però, aveva qualcosa di ben
più importante e
divertente da fare....
Rovesciò
i pezzi sul grande tavolo della cucina, mise la foto davanti a
sé, e
iniziò a lavorarci su.
Doveva
ammettere che non era così difficile. Nella sua lunga
esperienza da
risolutrice di puzzle, aveva affrontato sfide molto più
complesse. A
volte, era quasi come una battaglia: c'era qualcosa che spesso
l'aveva spinta a spendere ore solo per cercare un pezzo,
perché quel
puzzle non doveva averla vinta.
Razionalmente,
quello non le sembrava il caso: i pezzi non erano troppi e l'immagine
non era molto ricca di dettagli. Normalmente, l'avrebbe archiviato
come un gioco da ragazzi, e probabilmente non l'avrebbe nemmeno
appeso. Mostrare agli altri un puzzle di meno di duemila pezzi? Mai.
E quale orgoglio avrebbe mai potuto provare, se non avesse incontrato
nessun tipo di difficoltà?
Eppure,
mentre prendeva in mano i pezzi, Akiko sentiva una strana sensazione.
Quasi una sorta di eccitazione. Poteva essere perché non
aveva
ancora incontrato chi le avesse regalato quella scatola? O, forse,
poteva essere per il fatto che il puzzle non dava l'impressione di
provenire da nessun negozio?
Akiko
non ne aveva idea, ma era certa che quella notte sarebbe stata una
lunga notte....
*
Un
altro pezzo, ancora un altro pezzo e poi vado a dormire....
La
sua mente ormai era concentrata solo sul mettere assieme quei
tasselli. Un pezzo assieme ad un pezzo assieme ad un altro pezzo...
era così semplice che le dava quasi l'impressione che le sue
mani si
muovessero da sole, mentre finalmente due dei bambini prendevano
vita....
C'era
qualcosa di strano, in loro, qualcosa a cui Akiko, solo osservando la
foto, non aveva fatto particolarmente caso.
Stanno
giocando, sembra uno scatto casuale... allora perché fissano
l'obiettivo?
Era...
spiazzante. E le dava la sensazione di sentirsi osservata.
Forse
è solo la stanchezza.
Guardò
l'orologio. Erano le tre e mezza del mattino. Doveva dormire.
Non
appena si alzò, sentì un brivido percorrerle la
schiena.
Sai
che ogni volta che si sente un brivido lungo la schiena, è
perché
qualcuno sta camminando sulla tua futura tomba?
Era
soltanto una stupida frase pensata per spaventare i bambini. Nulla di
più, naturalmente.
Non
si sentiva molto bene. C'era qualcosa di sbagliato nell'aria, come se
da qualche parte nel mondo stesse per succedere qualcosa di
terribile.
Forse
era soltanto perché era sola in casa nel cuore della notte.
I suoi
genitori l'avevano abituata ad avere compagnia, dunque il sentirsi
così era perfettamente normale.
O,
forse, è perché non devi mollare quel puzzle.
Come hai potuto
fermarti?
Akiko
scosse la testa, e si strofinò gli occhi. Non poteva passare
una
notte insonne solo perché aveva paura di stare da sola. Si
trascinò
sul divano, cercando di addormentarsi....
La
televisione si accese.
Davanti
a lei, sullo schermo, un bambino che giocava, seduto per terra, con
un trenino di legno. Uno dei bambini della foto. Sorrideva, chiamando
sua madre.
Poi
si voltò, guardando davanti a sé. La sua
espressione felice mutò
in un'espressione di terrore, gli enormi occhi azzurri puntati su
Akiko, fissi come se fossero stati di vetro....
-
Mamma...? Aiutami....
Akiko
si svegliò di soprassalto, quasi saltando giù dal
divano. Ancora le
sembrava di vedere il riflesso di quegli occhi penetranti, proprio
lì, sullo schermo del televisore....
Scosse
la testa. Solo un brutto sogno, niente di più.
Ma la
sensazione di inquietudine che l'aveva accompagnata durante il sonno
ancora non l'aveva abbandonata.
Andò
in cucina a prepararsi una tazza di tè. Mentre aspettava che
l'acqua
bollisse, il suo sguardo cadde di nuovo sul puzzle. Sarebbe uscita a
fare compere, poi l'avrebbe continuato.
No,
pensò improvvisamente. Cosa? rispose a
sé stessa.
-
Aiutami....
La
voce del bambino del sogno rimbombò nella sua mente.
Andò
in bagno. Doveva evitare di pensare troppo al puzzle, e doveva
assolutamente uscire. Di certo non poteva cibarsi di carta, e le sue
provviste al momento erano limitate.
Non
guardarti allo specchio, lo sai che poi ti ritroverai qualcuno
dietro.
Sentiva
ancora quella strana sensazione, come se qualcuno fosse in casa con
lei, e la stesse osservando.
Esci,
pensò. Non è la prima volta che ti
succede, è una cosa
perfettamente normale. Una passeggiata sotto il sole, e tutto
passerà.
Cercò
di andare via il più velocemente possibile.
Come
prima cosa, decise di tornare dal vicino. Non sapeva cosa le stesse
succedendo dal momento in cui aveva toccato quel puzzle, ma per
educazione sarebbe stato meglio ringraziare comunque.
Suonò
il campanello. Dopo qualche secondo, qualcuno le aprì.
Si
trattava un uomo alto e dall'aspetto occidentale. I suoi occhi erano
chiusi, come se fosse stato cieco.
-
Buongiorno - disse Akiko. - Volevo ringraziarla per il regalo.
L'uomo
non le rispose, ma le fece cenno di entrare.
-
È tutto a posto? - domandò la ragazza.
Che
sia muto?
L'uomo
le fece cenno di sedersi su una poltrona, poi andò in
cucina.
Akiko
si guardò intorno. Il soggiorno era grande, e i mobili
sembravano
molto antichi, come se lei si trovasse in uno di quei film europei
ambientati nell'Ottocento.
O
si tratta di un amante dell'antiquariato, o qui c'è qualcosa
di
strano.
L'uomo
tornò poco dopo, e le porse una tazza.
Akiko
ne annusò il contenuto. Era del banalissimo tè.
-
Grazie - disse, cercando di sorridere, poi sorseggiò la
bevanda. Il
sapore era normalissimo, come se l'avesse fatto lei stessa.
L'uomo
continuava a non spiccicare parola, e la situazione stava iniziando
ad innervosirla. Così come le era successo in casa, anche
ora non
vedeva l'ora di scappare.
Finì
il suo tè, poi si alzò. L'uomo, quasi come se le
avesse letto il
pensiero, la condusse verso la porta.
-
Arrivederci! - disse Akiko, poi corse fuori.
Respirò
a pieni polmoni l'aria dell'esterno.
-
Signorina!
Davanti
a sé, un'anziana signora la stava chiamando. La stava
osservando con
aria molto preoccupata.
-
Cosa crede di fare? - continuò.
-
Sono... sono appena uscita da qui - rispose Akiko.
-
Come ha fatto ad entrare? La casa è disabitata.
-
C-cosa?
-
Il suo vecchio padrone è morto più di dieci anni
fa, e nessuno ci
ha più abitato. Dicono che sia infestata.
Akiko
si spostò immediatamente dalla porta. - G-grazie –
disse.
-
Stai attenta - disse la donna, allontanandosi.
Akiko
cercò con difficoltà di respirare normalmente.
Doveva
stare calma. Era tutto sotto controllo.
Chi
era quell'uomo? Cosa ho bevuto in casa sua? E cosa mi sta succedendo?
Tremava,
confusa e terrorizzata.
Poi,
proprio davanti a sé, la vide.
Una
bambina in abito bianco che reggeva una bambola, anche lei parte del
puzzle. La pelle era pallida tanto da sembrare grigia, ma i suoi
occhi, fissi su di lei, erano azzurri e limpidi come vetro colorato.
-
Liberaci - mormorò la bambina.
Akiko
urlò, correndo verso casa sua. Sbatté la porta
dietro di sé, e la
chiuse a chiave. Era solo una bambina, ma lei aveva paura.
È
un fantasma, o qualcosa del genere... non puoi tenerla lontana
chiudendo la porta....
Si
rese conto che, nonostante cercasse di ripetere a se stessa che tutto
andava bene, non aveva scampo. Quei bambini avrebbero continuato a
farsi vedere, poi c'era quell'uomo strano (quel fantasma?)
che
sapeva dove abitava, che in qualche modo le aveva fatto arrivare quel
puzzle....
Scoppiò
a piangere. Qualcun altro avrebbe affrontato la situazione con sangue
freddo e mantenendo la calma, ma lei non era proprio quel tipo di
persona.
-
Lasciatemi stare! - urlò, sbattendo un pugno contro la
porta. - Non
vi ho fatto nulla! Andate via!
L'unica
risposta che ottenne fu un brivido di freddo lungo tutto il corpo.
Come
se anche la bambina fosse entrata.
Doveva
subito smettere di piangere, e fare qualcosa. Sicuramente c'era un
modo per mandarli via. Non poteva scappare, perché di sicuro
l'avrebbero seguita.
Il
puzzle.
Si
alzò, e andò in cucina. Il puzzle era
lì, esattamente come l'aveva
lasciato la notte prima, con il bambino e la bambina che la
fissavano.
Si
asciugò le lacrime, e si sedette davanti al mucchietto di
pezzi.
C'era ancora qualcosa di sinistro in essi. Del resto, non era sicura
che il rimetterli assieme potesse condurre alla soluzione.
Eppure,
il suo braccio si muoveva, le sue dita afferravano i pezzi e li
incastravano al punto giusto, uno dopo l'altro, quasi come se fosse
stata una macchina... quasi come se lo stesse facendo
indipendentemente dalla sua volontà.
Era
facile, troppo facile. Eppure non era mai stata così
assorbita da un
puzzle, nemmeno da quelli più belli e difficili.
Anche
se avesse voluto fermarsi per un po', la sua mente avrebbe continuato
a farla andare avanti, ad incastrare tutti i pezzi....
Liberali,
liberali, un pezzo dopo l'altro....
Il
telefono squillò, e con un sobbalzo Akiko si
risvegliò dal torpore.
Devo
rispondere, pensò, spostando con energia le mani
dal puzzle.
Muoverle era difficile, come se fossero trattenute da una forza
maggiore.
Finalmente
riuscì a raggiungere il telefono. Le rispose la voce
rassicurante di
sua madre.
-
Akiko-chan!
La
ragazza cercò di sorridere, anche se la mamma non poteva
vederla.
Era bello sentire una voce familiare, con tutta l'ansia che aveva
accumulato in quelle poche ore. Sentì tutti i muscoli del
suo corpo
rilassarsi. Aveva passato tutta la mattinata in tensione.
-
Ciao, mamma. Come state tu e papà?
-
Stiamo bene. Tu, piccola mia? Sembri tesa. Stai mangiando?
Sua
madre sembrava preoccupata. Davvero la sua voce lasciava trasparire
ciò che le stava capitando?
Avrebbe
voluto raccontarle tutto. Il puzzle, i bambini, la sensazione
generale di pericolo, il fantasma nella casa, il terrore nel
non
sentirsi più del tutto padrona del suo corpo.
Avrebbe
voluto soltanto sciogliersi in lacrime ed avere sua madre
lì, pronta
ad abbracciarla e a rassicurarla nonostante ormai avesse più
di
vent'anni.
Nessun
mostro o fantasma può rompere l'abbraccio di una mamma.
-
Tutto... tutto ben-
Un
urlo agghiacciante le perforò i timpani. Uno strillo che
poteva
appartenere solo ad un essere umano in preda di un terribile dolore.
Un
bambino.
Poi,
arrivarono le voci. Cento, mille voci, mille sussurri disperati.
-
Liberami, liberami, liberami....
Il
cordless cadde per terra; Akiko si portò le mani alle
orecchie, ma
le voci non smisero di risuonarle nella testa....
Poi,
infine, il silenzio, rotto soltanto da un fruscio.
Davanti
a lei, in fondo al corridoio, c'era una donna.
Indossava
un antico abito rosso, ed era pallida come la neve. I capelli scuri
erano raccolti in uno chignon, e minacciose occhiaie le segnavano il
volto. Una linea scura le segnava il collo candido.
Il
segno di una corda.
Stava
osservando un oggetto che teneva tra le mani, e intanto sorrideva
amorevolmente.
-
C'è voluto tanto lavoro, ma ce l'ho fatta –
mormorò.
Intanto
si avvicinava ad Akiko, lentamente ma inesorabilmente.
La
ragazza era in piedi, ferma. Lacrime di terrore le rigavano il volto.
Potrei
scappare, e poi? Lei mi seguirebbe, ovunque io possa andare. Sono
spacciata.
La
donna era sempre più vicina; Akiko sentì il suo
cuore accelerare i
battiti, mentre attendeva con angoscia il momento in cui lei
l'avrebbe toccata....
Non
accadde nulla. La donna era scomparsa. Tuttavia, aveva lasciato un
ricordo di sé.
Per
terra, ai piedi di Akiko, c'era l'oggetto che teneva tra le mani.
Akiko
lo raccolse, e se ne pentì subito dopo.
Era
la stessa foto che lei stava cercando di ricomporre, ma con una
sostanziale differenza....
Gli
occhi, quegli splendidi occhi azzurri, erano stati cavati via,
lasciando al loro posto soltanto le orbite insanguinate.
Akiko
scosse la testa, come se così potesse cancellare
ciò che aveva
davanti.
Tutto
quello che mi sta succedendo ha a che fare con la fine di questi
poveri bambini. Devo fare qualcosa.
Tremando,
si guardò indietro, verso la cucina.
Continua,
le ordinò la voce nella sua mente.
C'erano
attimi in cui lei poteva controllare le sue azioni, momenti in cui
poteva ribellarsi; ma in quel momento, terrorizzata e tremante, non
poté far altro che muoversi verso quel tavolo, sedersi e
rimettersi
al lavoro.
Continuava
a sentire le voci, tutte quelle persone che la pregavano di aiutarle,
di liberarle....
A
malapena vedeva quello che stava facendo, mentre quella forza
misteriosa muoveva le sue mani. Era come se fosse stata assorbita dal
puzzle tanto da esserne controllata.
Non
mangiava nulla dal giorno prima, ma non sentiva la fame; per il suo
corpo, la cosa più importante era finire.
Tuttavia,
mano a mano che il mucchio di pezzi non utilizzati diminuiva, la sua
mente ricominciava a prendere il controllo.
Il
sole stava iniziando a tramontare e si sentiva stanca, ma
soprattutto, aveva un bruttissimo presentimento.
E
se fosse tutta una trappola? E se completare il puzzle non portasse
alla liberazione di nessuno?
La
sua mano si bloccò.
È
giunto il momento di finirla.
Non
aveva la minima idea di cosa fare, e il suo corpo era così
stanco e
pesante che, nonostante il terrore di quella giornata, l'unica cosa
che desiderava era infilarsi nel suo futon e affogare tutto nei
sogni.
Con
le ultime energie rimaste indossò il pigiama, e si
rannicchiò sotto
le coperte.
Forse...
forse potrei bruciarlo, pensò, prima di cadere in
un sonno
profondo.
*
Akiko
sentiva qualcosa strattonarla.
Ecco,
come al solito si è fatto tardi, e mamma mi starà
svegliando,
pensò, la mente ancora impastata dal sonno.
-
Mi sto alzando... - borbottò, poi aprì gli occhi.
Tutta
la paura provata durante il giorno le ricadde immediatamente addosso,
mentre una piccola figura davanti a lei le aveva afferrato i piedi, e
la stava trascinando via.
Il
terzo bambino.
-
Lasciami! - urlò. Ma tutto era inutile.
-
Liberami, liberami, liberami... - ripeteva il
bambino, quasi a
voler dare un ritmo al suo trascinare.
Akiko
cercò di divincolarsi, mentre il bambino la portava via,
lungo il
corridoio.
Sono
il suo orsacchiotto.
La
ragazza continuò ad urlare, a scalciare, cercando di
liberarsi da
quella morsa incredibilmente forte.
Non
voleva che la portasse davanti al puzzle; non voleva che
quell'oggetto diabolico si impossessasse di nuovo del suo corpo,
costringendola a completarlo, costringendola a liberare qualunque
cosa ci fosse dentro di esso....
Con
un calcio più forte, finalmente Akiko riuscì a
liberarsi. Corse
verso la porta, la sua unica via d'uscita, almeno per quella
notte....
Girò
il pomello. Era chiusa. Chiusa, perché lei stessa,
giusto il
mattino prima, aveva creduto che il sigillarla potesse proteggerla da
qualunque cosa potesse entrare.
Trafficò
col mazzo di chiavi, ma le sue mani tremavano incontrollabilmente, e
stava piangendo, e sapeva che se avesse avuto più sangue
freddo
molto probabilmente sarebbe già stata fuori, e si sarebbe
salvata, a
costo di correre per tutta la notte; invece no, lei era la solita
stupida, e quella casa sarebbe stata la sua tomba....
Si
sta avvicinando, si sta avvicinando....
-
Aiuto! - urlò, disperata e consapevole del fatto che nessuno
sarebbe
giunto ad aiutarla, che si trovava nel cuore della notte alle prese
con qualcosa da cui nessuno l'avrebbe potuta salvare, e avrebbe
dovuto semplicemente accettare il fatto che, anche se non fosse
morta, le sarebbe accaduto qualcosa di molto brutto....
Sentì
di nuovo le manine spettrali del bambino che le afferravano le
caviglie, e cadde a terra.
Tutto
è perduto, pensò, mentre il bambino
compiva gli ultimi passi
verso il tavolo. Smise di trascinarla soltanto per sollevarla e farla
sedere.
Le
mani di Akiko si mossero, alla ricerca degli ultimi pezzi.
-
NO! - gridò, cercando di opporre resistenza, ma il controllo
era
ancora più forte.
Tentò
in tutti i modi di fermarsi, mentre la sua mano afferrava l'ultimo
pezzo.
-
BASTA! - urlò, concentrandosi con tutte le forze sul
ritrarre tutto
il suo corpo da quel tavolo.
La
manina gelida del bambino si posò sulle sue dita. Akiko si
voltò
per un attimo verso di lui.
Gli
occhi di vetro azzurro e la carnagione pallida erano gli stessi dei
suoi fratellini.
-
Liberami! - urlò il bambino, e mosse con
forza la mano di
Akiko, andando ad incastrare il pezzo, l'ultimo pezzo, al
suo
posto....
La
stanza iniziò a cambiare aspetto, sciogliendosi davanti a
lei come
cera.
Al
posto della sua cucina c'era una stanza dall'aria antica. Antica, e
decisamente familiare.
La
sala del vicino.
Akiko
si alzò dalla sedia. Si sentiva il corpo pesante, come se
stesse
camminando nell'acqua. Tuttavia, era libera, e ancora non le era
successo niente di male. Le sarebbe bastato uscire da quella stanza,
per finire tutto.
Che
sollievo.
Si
diresse lentamente verso la porta, ma qualcosa le afferrò il
braccio, costringendola a voltarsi.
-
Benvenuta, Akiko-san.
La
donna della foto era davanti a lei. Il segno della corda era sempre
evidente, se non ancora di più: la donna sembrava
più tangibile,
come se non fosse solo un fantasma.
-
Lasciami stare. Ho fatto quello che volevate, ora posso andare? -
disse Akiko.
Il
peggio deve ancora arrivare, mi sa, pensò, e al
pensiero il suo
stomaco si strinse dolorosamente.
-
Non puoi - disse la donna. - Una
chiacchierata non si nega
a nessuno, e nemmeno una foto, vero?
-
Foto? Ma cosa-
-
Vieni, vieni - fece la donna, trascinandola via
dalla porta.
Vicino
ad una delle finestre, c'erano i tre bambini.
La
posa era la stessa della foto, ma avevano gli occhi chiusi.
Davanti
ai bambini c'era un vecchio modello di macchina fotografica,
posizionata su un treppiede; la donna la spostò, ponendola
proprio
davanti ad Akiko.
-
Che cosa vuoi? - urlò la ragazza.
-
Ferma, ferma lì! - disse la donna. - Avrò
un sacco di
tempo per parlarti, tanto.
Akiko
si sentì pervadere da uno strano torpore, simile a quello
che finiva
per provare mentre faceva il puzzle. Il suo corpo era ancora
più
pesante di prima. Tuttavia, riusciva a sentire benissimo le parole
della donna.
Cosa
mi sta succedendo?
-
Adesso, stai ferma. Se starai ferma sarà tutto
più facile, e potrai
sentire tutte le mie parole.
Il
torpore si era esteso, al punto che tutto ciò che Akiko
riusciva a
muovere erano gli occhi.
-
Come puoi ben vedere, in vita ero una fotografa - disse la
donna,
avvicinando alla schiena della ragazza un sostegno, in maniera tale
che non cadesse.
-
I paesaggi erano la mia specialità, tutti me l'hanno sempre
detto.
Ma sai, ad un certo punto ho provato un desiderio, un fortissimo
desiderio.
La
donna mosse il braccio destro di Akiko, tirandolo verso l'alto. La
ragazza non poté reagire in nessun modo, mentre la fotografa
la
manipolava come un burattino.
-
L'innocente desiderio di una madre... quello di vedere i propri figli
immortalati in una foto. Ho provato più e più
volte a ritrarli
mentre giocavano... ma i tempi di posa erano troppo lunghi -
la
donna inclinò la testa di Akiko su un lato - e
quei piccoli
diavoli continuavano a muoversi!
Dunque,
c'era soltanto una cosa che potessi fare. Non è stato
difficile...
giusto qualche goccia di veleno, e i loro corpi, lentamente, si sono
bloccati, piegati al mio volere. Una paralisi graduale, proprio come
quella che sta ingabbiando il tuo corpo, ragazzina... incredibile
come siano necessarie soltanto poche gocce in una tazza di
tè, vero?
- continuò la donna, ridendo, mentre piegava la gamba
sinistra della
ragazza.
Ecco
cosa le aveva dato quell'uomo. Veleno.
-
Il mio povero marito, però, aveva intuito quello che volevo
fare.
Povero stupido, non comprendeva il mio desiderio... voleva chiamare i
gendarmi. Ho dovuto eliminarlo, o non avrei mai potuto esaudire il
mio desiderio. Una foto dei miei piccoli, quello era tutto
ciò che
desideravo....
Ho
scattato alcune foto, ma ho notato che... insomma, c'era qualcosa che
non andava. E poi... poi ho capito! Gli occhi! Non
volevo che
mi fissassero in continuazione. Ho dovuto attuare delle... misure. La
paralisi non è reversibile, così non ho fatto
loro altro che un
favore. Bambini, aprite gli occhi!
Akiko
spostò lo sguardo verso i bambini, terrorizzata da
ciò che avrebbe
visto.
I
bambini, tutti e tre assieme, sollevarono le palpebre.
Era
come nella foto che la donna aveva lasciato cadere ai suoi piedi. I
bambini erano senza occhi, cavati a causa della follia della loro
stessa madre. Le orbite erano piene di sangue incrostato. La madre
aveva pulito soltanto i loro volti.
Questa
è la versione definitiva della foto.
-
Sono finalmente riuscita a scattare la foto che volevo. Ero
soddisfatta del risultato, e potevo finalmente andare via con il mio
capolavoro, con la mia piccola creazione - la donna sorrise,
lasciandosi andare ai suoi ricordi.
-
Purtroppo, però, i gendarmi scoprirono i corpi prima che
potessi
scappare dalla città, e mi catturarono. Venni arrestata, e
condannata a morte per impiccagione. E così, adesso sono qui.
La
donna sollevò i capelli di Akiko, e li fermò in
una coda con un
fiocco.
-
Naturalmente, non ho mai smesso di praticare la mia arte. Mio marito
credeva che dopo la morte non mi avrebbe mai più rivista, e
invece....
Ora,
ironia della sorte, è costretto ad aiutarmi! - la
fotografa rise. - Chi credi che ti abbia offerto
quel tè?
Lui. E adesso tu sei qui, pronta a diventare il mio prossimo
soggetto... sei perfetta, e ormai è quasi tutto pronto per
la tua
foto. C'è solo un ultimo particolare a cui devo
provvedere....
La
donna tirò fuori un cucchiaio da una tasca del suo vestito.
Si
avvicinò pericolosamente al volto di Akiko. Se avesse
potuto, la
ragazza avrebbe tremato.
-
Sai, artisticamente parlando, non credo di amare troppo gli occhi. E
poi, tu continueresti a muoverli....
Poi,
ci furono soltanto il freddo e il dolore.
*
Era
passato soltanto un attimo, e il dolore era quasi svanito.
Troppo,
troppo presto.
Non
poteva muoversi, eppure sapeva di non trovarsi più dentro il
suo
corpo. Poteva vedere.
E
ciò che aveva davanti agli occhi non le piaceva per niente.
Il
suo corpo era nella posizione in cui la fotografa l'aveva contorto.
La donna aveva inserito il cucchiaio nella sua orbita sinistra, e con
esso scavava, penetrando a fondo e lentamente, cercando di estrarre
il suo bulbo oculare ma allo stesso tempo di non danneggiare troppo i
suoi lineamenti. Non voleva certo rovinare la sua opera.
Akiko
avrebbe vomitato, se avesse ancora avuto un corpo con cui farlo.
Avrebbe chiuso gli occhi, ma era ferma; la sua forma spirituale non
era capace di muovere nemmeno un muscolo.
Il
suo occhio sinistro schizzò via e cadde a terra, assieme ad
un'abbondante quantità di sangue.
La
fotografa scosse la testa, e si mise all'opera sull'altro occhio.
Sicuramente non le sarebbe piaciuto per niente ripulire tutto quel
sangue.
Dopo
pochi, dolorosi minuti anche l'altro occhio era sul pavimento. Akiko
si ritrovò a dover fissare quell'orrenda e mutilata versione
di sé,
incapace anche soltanto di scappare dalla vista del suo corpo, dalla
vista dei suoi stessi occhi che rotolavano sul pavimento....
La
donna ripulì il viso di Akiko con un fazzoletto, e sorrise
soddisfatta.
-
Ancora un attimo, tesorino - disse, andando dietro la
macchina
fotografica. Poi, schiacciò uno dei bottoni dell'apparecchio.
Una
luce accecante invase la stanza, e Akiko non vide più nulla.
*
Quando
recuperò l'uso della vista, Akiko si accorse di aver
cambiato luogo.
Davanti a lei c'era ancora il suo corpo, sempre privo di occhi e
sempre fisso in quell'assurda posizione.
Spostò
il suo sguardo verso destra. Una fila di corpi si stagliava lungo un
corridoio che sembrava essere infinito.
Altre
vittime, pensò Akiko, con tristezza.
Alla
sua sinistra, il corridoio era vuoto. In fondo ad esso, c'era una
porta.
Akiko
si mosse. Non poteva realmente correre, essendo ormai uno spirito, ma
avrebbe potuto raggiungere la porta, e andare da qualsiasi altra
parte. Non voleva stare lì. Dovunque, ma non
lì.
Dopo
aver percorso qualche metro, però, una barriera invisibile
la
bloccò. Un muro che nemmeno uno spirito avrebbe mai potuto
attraversare.
In
quel momento, Akiko capì di essere condannata.
Non
poteva più provare nessuna sensazione fisica: non poteva
mangiare,
non poteva bere, non poteva dormire.
Lì,
chiusa in quella specie di cella, poteva solo osservare il suo
vecchio corpo, e ricordare continuamente il modo brutale in cui era
stata uccisa.
Avrebbe
vissuto continuamente e all'infinito quegli
orribili momenti
nei suoi pensieri.
A
meno che... a meno che non arrivasse qualcun altro; qualcuno
più
furbo di lei, qualcuno che non si lasciasse ingannare e che
distruggesse il puzzle e tutto ciò che c'era dietro di esso
prima di
finire in quella situazione. Qualcuno che la tirasse fuori da quel
posto.
Non
poteva fare molto. L'unica cosa che le era consentita, era cercare di
farsi sentire.
Mosse
le labbra, e da esse uscì un unico, leggero sussurro.
-
Liberami....
*
La
prima cosa che Regina fece appena alzata fu accendere il computer, e
controllare le e-mail.
Che
strano, pensò, entrando nel suo sito preferito, Akichan
non
mi ha ancora risposto.
Era
soltanto da qualche mese che aveva deciso di iscriversi a quel sito.
Era il paradiso per gli amanti dei puzzle. Così, si era
scelta un
nickname (Ray1987, per la precisione) e aveva
iniziato a fare
nuove amicizie. Era divertente, anche se non aveva mai scambiato
informazioni personali con nessuno. Neanche il nome.
Akichan
l'aveva colpita soprattutto per la sua allegria. Non le
sarebbe
dispiaciuto incontrarla dal vivo. Era strano per lei smettere di
rispondere all'improvviso, ma si trovava nel bel mezzo di un
trasloco, quindi era comprensibile.
La
pagina iniziale del suo browser le mostrava tutte le news del giorno,
ed una in particolare attirò la sua attenzione:
"Tokyo,
Giappone. Ragazza trovata morta stamattina nel suo appartamento.
L'unico segno di violenza sul suo corpo è la rimozione degli
occhi,
che non sono stati ritrovati nell'appartamento. Non è stata
rinvenuta l'arma del delitto. Nessuna traccia di sangue o impronte
digitali sulla scena del delitto. Al momento, il movente del delitto
e il colpevole restano un mistero."
Il
campanello suonò, e Regina si alzò per andare ad
aprire.
Era
il postino.
Strano,
non aspetto nulla.
-
È arrivato questo per lei - disse, porgendole un grosso
pacco.
Regina
ne lesse il mittente.
Amazon.
Ma non ho ordinato nulla da loro, di recente.
-
Grazie - disse la ragazza, rientrando in casa.
Aprì
il pacco. Oltre alle solite scartoffie, c'era anche un biglietto.
"Dato
che lei è stata per molti anni una nostra cliente fedele,
abbiamo
deciso di farle un omaggio. Speriamo che lei gradisca il nostro
regalo."
Il
regalo era una scatola nera. Incuriosita, Regina la
aprì.
Oh,
bene, pensò la ragazza, sorridendo. Di sicuro non
avrebbero mai
potuto farle un omaggio migliore.
Un
puzzle.
~
~
~
Note
dell'autore: Prima di tutto, grazie per essere arrivati
fino alla fine della storia... è la mia prima storia
originale, nonché il mio primo tentativo di scrivere horror.
Sono graditi i commenti costruttivi!
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