Non
a
18
~Marzo~
Stringeva stretta contro il petto la borsa di
pelle dalla firma falsa, mentre con l’altra mano tentava di tenere dritto
l’ombrello: sentiva già che le punte dei capelli si erano inzuppate di
pioggia.
Si volse
indietro, e arretrò, sporcandosi i pantaloni con l’acqua di una pozzanghera, e
imprecò contro quei perfetti idioti dei metereologi: avevano previsto una
settimana di sole. Evidentemente, la loro concezione di settimana era diversa da
quella abituale, perché dopo tre giorni quasi primaverili, si era presentata
l’ultima rappresaglia dell’inverno.
Marzo pazzerello…
Sussultò.
Una macchina
– l’ennesima – parcheggiò dietro di lei. Si rese conto che sua madre non aveva
affatto esagerato, consigliandole di andare presto dal medico di famiglia.
Quella nausea continua durava ormai da troppo tempo. Non è il caso di farsi visitare,
bambina?
Strinse così
tanto il manico di plastica dell’ombrello che le nocche diventarono bianche, e
poi livide. Quasi come il cielo. La bambina in questione sbuffò, mentre un
altro signore con i baffi si avvicinava mesto alla porta dello studio.
Non erano
ancora arrivate né la segretaria – Francesca, l’addetta alle ricette – né la
dottoressa, ed era ormai passato un quarto alle tre e cominciava a fare freddo e
la pioggia non accennava a smettere, ma anzi, veniva già con violenza. Poi avrebbe dovuto andare in farmacia e
comprare il latte e..
<<
Signorina? >>
<<
…si? >>
<< È
lei la prima della fila? >>
Si guardò
attorno.
<< Si
>>
<<
Bene, mi scusi. >> e tornò a ripararsi sotto la pensilina di uno dei tanti
vecchi palazzi del centro storico. Bambina tornò ad occuparsi della sua
lista mentale della spesa. Era arrivata alle uova per il dolce che voleva fare
sabato quando sentì il cellulare vibrare nella sua borsa. Con fatica cercò di
tener dritto l’ombrello – senza riuscirci naturalmente – e, tra un pacco di
Vivident e le chiavi di casa riuscì a pescarlo.
Il display,
muto, si illuminò ancora un altro paio di volte, segnalando la presenza di un
NUOVO SMS. Bambina si guardò intorno
prima di aprirlo, e quasi diede le spalle al gruppetto di anziani e
ammalati.
“Ancora
niente?”
Certo che
no. Ma erano passati appena tre mesi e lei non aveva mai avuto, in sei anni, un
ciclo regolare. Perché preoccuparsi? L’ultima volta – sei mesi fa per la
precisione – aveva avuto un ritardo di oltre quattro mesi. Perché mai preoccuparsi?
“
Nulla.”
Era così
preoccupato, lui. Bambina invece non
era nemmeno sfiorata dall’idea della preoccupazione.
L’ultima
volta lo avevano fatto senza preservativo – era stata lei ad insistere, dicendo
che “voleva provare senza” - e
quando lui, mentre fumava, le aveva chiesto perché mai questa imprudenza, la
risposta di Bambina era stata
semplice.
Perché preoccuparsi? Si diventa mamma a 25,
26 anni. Non a 18.
Nel
frattempo era arrivata Francesca, con il suo piumino fucsia e i suoi lunghi
capelli rossi: Bambina guardò i suoi
fitti ricci di un banale castano, e la sua piccola borsa – le cuciture, guarda un po’, cominciano a
cedere – e seguì gli altri pazienti lungo le strette scale dello studio.
Gettò l’ombrello nel vaso accanto alla porta e si sedette insieme agli altri
nella sala d’aspetto. Il cellulare vibrò di nuovo; si sentì addosso gli occhi di
tutti.
“E se
andasse male?”
Rifletté sul
significato di andare male poi spense
il cellulare e sbirciò nello studio del medico, finché non sentì “prima visita”.
Si alzò e bussò.
<<
Permesso? >>
Varcò la
porta dello studio, ripetendosi che, davvero, non c’era nulla di cui
preoccuparsi.
Si diventa mamma a 25, 26 anni. Non a
18.