La peggior battaglia è guardarli andare via
Titolo: La peggiore battaglia è guardarli andare via
Rating: Verde
Genere: Malinconico, Introspettivo, Triste
Fandom: The Mortal Instruments
Personaggi: Nuovo personaggio
Pairing: Nessuno
Avvertimenti: Nessuno
La chiamata è arrivata da meno di tre secondi, e già i
miei genitori e mia sorella sono scattati verso l’armeria. Io
rimango nella biblioteca, davanti al camino.
È estate, ma ho freddo. Nemmeno le fiamme che danzano davanti a me riescono a riscaldarmi.
Cerco di non pensare al peggio. È solo un altro demone, un’altra missione. Andrà tutto bene.
Allora perché ho così freddo? Perché ho così tanta paura persino di muovermi?
Passo davanti all’armeria. Mia sorella, che ha venti anni, sta
sistemando l’arco. La vedo prendere venti frecce e infilarle
nella faretra. L’ho vista allenarsi, ha una mira eccezionale e
non ha davvero bisogno di tutte quelle frecce. Non si è mai
fidata troppo, però, del suo talento. Non mi vede, concentrata
com’è.
Papà, invece, nota la mia presenza silenziosa sulla porta. Non
dice nulla, né sorride. Non è mai stato un uomo molto
solare o espansivo. Probabilmente sta pensando a quale demone
dovrà affrontare. Sceglie la spada angelica con una perizia
eccessiva: è sempre stato un perfezionista, attento al minimo
dettaglio.
Mamma, al contrario, fa rifornimento di pugnali. Se mia sorella ha
ereditato la sua dote da qualcuno, quella è nostra madre. Lei mi
sorride, fiduciosa e positiva. Come fai?, vorrei chiederle. Lei
è quella forte della famiglia, quella che sostiene gli altri. La
invidio, perché non si lascia abbattere da nulla, nemmeno dal
pericolo che la aspetta.
Capacità che vorrei avere
anch'io. Per quanto mi sforzi, non riesco a vedere altro che il lato
negativo della nostra vita.
Non credo che ce la farò mai a
sorridere, mentre si preparano. È un blocco mentale, il mio, che
mi impedisce di far finta che vada tutto bene. Non va tutto bene:
c’è un demone feroce in giro per la città, e loro
stanno per andare ad affrontarlo.
Indossano la divisa nera, mentre escono dall’Istituto. Io non
vado con loro, sono ancora troppo piccola per partecipare ai
combattimenti. Rimarrò in biblioteca, ad aspettarli.
Leggerò un libro, mi addormenterò sulla poltrona di
papà, mi preparerò un infuso. È quello che faccio
sempre. A volte penso che mi rilassi, ma è una bugia. Potrei
strapparmi a forza le emozioni, ma continuerei ad avere paura.
Li guardo sparire dietro l’angolo. Mi bruciano gli occhi.
Non di nuovo, dannazione.
È da quando avevo cinque anni
che li guardo andarsene. Prima mamma non mi lasciava assistere,
perché aveva paura che volessi andare con loro, o che mi
mettessi a piangere.
La prima volta, mio papà e mia
sorella stavano andando a stanare un Eidolon. Mentre uscivano, sono
scoppiata a piangere. Quella volta, mamma non ha detto niente. La
seconda, mi ha dato uno schiaffo. Non forte, non violento, ma di
ammonimento. “I Nephilim non dicono mai addio, né fanno
intendere di non aver fiducia nel loro ritorno” mi disse, con
tono tagliente. “Quindi non piangere”. Non so
perché, ma ebbi la sensazione che, invece, anche lei fosse
spaventata come me.
Chiudo il portone principale, e faccio scattare la serratura.
L’atrio è silenzioso e cupo. Lentamente mi dirigo alla
biblioteca, al piano superiore. I miei passi risuonano
nell’edificio. Sono così rumorosi, tanto da riempire il
vuoto creatosi dall’assenza della mia famiglia.
Mi butto sulla poltrona di papà, con un libro in mano. E, come
fanno sempre, le lacrime iniziano a scivolare sulle mie guance,
bagnandomi il viso.
Non le fermo, non posso né
voglio farlo. Semplicemente lascio che cadano, senza fare nulla per
asciugarle. Sono quattro anni che mi beo di questa compagnia:
solitudine e lacrime silenziose. Mamma dice che i Nephilim non
piangono. Credono nel ritorno dei loro colleghi, non ammettono
diversamente. Per loro è un onore combattere i demoni, i nemici
della pace e dell’Alleanza. È la loro missione.
Sarò, un giorno, capace di essere davvero una Shadowhunter?
:::Angolo Autrice:::
Ciao a tutti! Che dire, grazie per aver letto questa cosa. Spero vi sia
piaciuta, anche se non parla di nessun personaggio del libro ed
è una storia generale. È nata parlando con la mia
migliore amica riguardo i pericoli che i protagonisti dei libri corrono
un giorno sì e quello dopo pure. Ho immaginato che non deve
essere facile per tutti guardare i propri cari andare a combattere
creature mostruose o nemici potenzialmente mortali. Soprattutto ho
preso ispirazione dalla frase di Jem Carstairs in “Clockwork
Angel”: Bisogna comportarsi come se il ritorno fosse una cosa certa e non una questione di fortuna.
Spero di non aver commesso errori grammaticali e di aver espresso bene
il concetto che volevo condividere. Se vi è piaciuta (o anche se
non vi è piaciuta) lasciate una recensione, se vi va ^^
Gwen
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