058. Cena
Ciao bambiniiiiiiiii!
La vostra eroina preferita è tornata!! Tutti molto
contenti immagino ^^
Aaaallora, questa ff non è come Second Life, ma
neanche come Red Rose...
E’ nata dal mio bisogno
di approfondimento verso i due personaggi di Slam Dunk che in assoluto mi
colpiscono di più, il mio piccolo Volpino e il cucciolo di Porcospino... A mio
parere infatti, l’unica pecca di Inoue è stata quella di non approfondire la
vita di ogni personaggio, lasciando nel dubbio tutta la loro vita privata.
Ma a questo ci penso io XD.
Sono piccole storielle, ognuna fine a sé stessa, che
hanno come protagonisti Akira Sendoh e Kaede Rukawa in tutta una serie di
circostanze che vogliono spiegare un po’ di più la loro psicologia, la loro
quotidianità e le loro famiglie...
Non so perché, ma sento queste micro fic come
dolcissime, delicate, piccolissimi scorci di un mondo che (porca merda) non è
il mio =____________=’
Ho cercato di non rendere OOC nessun personaggio, ma
solo di analizzare la loro vita, i loro gesti e le loro abitudini e le enormi
differenze caratteriali e non dei due protagonisti.
Questa ff si basa sul progetto della Big Damn Table,
una specie di tavola (appunto) con 100 promt uno diverso dall’altro. Ovvio come
la merda che non saranno 100 ^^ ma siccome l’idea è così caruccia che spero di produrne quanto più possibile.
Ç___________ç un’altra fic, che bedddddhoooooo!
Ps. Red Rose e Second Life in arrivo, capitoli quasi
pronti ^____________^
058. Cena
Kaede Rukawa
Da che mondo è mondo, Kaede Rukawa, quando si sedeva a
tavola, trovava sempre la cena pronta.
Che tornasse distrutto e indolenzito da uno dei suo
allenamenti solitari o che si svegliasse all’improvviso a metà pomeriggio
affamato, sua madre, con sorriso complice e accondiscendente, gli posava
davanti agli occhi un piatto fumante, fosse ramen, yakisoba o qualsivoglia
altra pietanza casalinga.
Crescere un piccolo Volpino non era mai stato facile, e
l’alimentazione non faceva affatto eccezione.
Il palato delicato del ragazzo con gli anni si era affinato,
facendo di lui un gourmet pretenzioso e attento, poco incline al capire che nessuno, madre compresa, poteva passare
la vita a corrergli dietro con la cena in mano.
Quando infatti il piatto del giorno non gli era gradito,
semplicemente, si alzava da tavola e si lasciava cadere sul divano, con un’espressione
torva e risentita nel bel volto; e come ogni madre chioccia che si rispetti, la
sua vedeva il lui un cucciolo affamato, privato in quel caso del suo pasto e
lasciato in un angolo a morire di stenti.
Poco importava che il cucciolo
in questione dovesse abbassarsi per schivare gli stipiti delle porte e che,
con un pugno ben assestato, potesse scardinare il cancelletto d’entrata.
Ogni volta che la scena in questione si ripeteva, suo padre
cercava invano di spiegare alla moglie che viziarlo spropositatamente non era
assolutamente un bene; non vedeva forse con i propri occhi quanto chiuso e
scontroso fosse il suo bambino? Non
capiva che dandogliele tutte vinte lo aveva indotto a credere di poter trattare
con supponenza chiunque gli si
parasse davanti?
No, la madre non capiva. E così, seppur dopo una giornata
intera di lavoro, si rimetteva alacremente ai fornelli, sfornando pasti sempre
più complicati e deliziosi, pur di ricevere quello strano, contorno
ringraziamento da suo figlio.
“...’zie mamma...”
E questo, per lei, giustificava tutto.
***
058. Cena
Akira Sendoh
Nell’animo, Akira Sendoh, era
sempre rimasto un bambino.
Dormiva ancora nella sua
cameretta, dipinta di azzurro cielo, con appesi gli stessi poster di quando
aveva 6 anni e aveva cominciato a giocare a basket.
Micheal Jordan, Shaquile O’Neal e
molti altri gli ammiccavano dalle pareti squadrate, immortalati immobili e
eterni nel mezzo delle loro azioni migliori.
Negli scaffali conservava ancora
i libri di fiabe che sua madre leggeva a lui e a suo fratello quand’erano
piccoli, racconti di fate, folletti, gnomi e principesse da salvare.
Poco importava che tra le pagine
conservasse una manciata di preservativi alla frutta, da usare quando la sua
più recente fidanzata passava a fargli visita.
Anche nell’amore infatti, Akira
era rimasto al concetto di fidanzamento dell’asilo.
Quando una ragazza gli piaceva,
sorridente e tranquillo si faceva avanti, invitandola ad uscire, offrendole da
bere, salutandola con un bacio ogni volta che si incontravano, salvo poi
allontanarsene pian piano quando la gioia del primo periodo svaniva.
Non con cattiveria, questo mai.
La natura di Akira Sendoh non
implicava la parola “malignità”.
Semplicemente era curioso, curioso di provare e di sentire
tutto quello che la vita gli offriva, come un bimbo davanti a una sala giochi
tutta per lui, che passa da un videogame all’altro estasiato e gongolante.
E così, nutrire il piccolo
Porcospino per sua madre era poco più di un gioco.
Non amava le pietanze elaborate,
poco chiare, odiava le verdure (che però doveva mangiare, essendo uno sportivo)
e andava matto per la pizza con le patatine e i cheeseburger del McDonald’s,
nel quale era sempre ospite gradito.
Pur pescando, odiava ogni tipo di
pesce, dai gamberetti alla trota, dalla sogliola alla balenottera azzurra.
Così, quando sua madre e suo
fratello si godevano il frutto della sua pesca quotidiana, lui si sbafava tutto
contento un Crispy McBacon con doppio formaggio , salsa ai cetriolini e ketchup
a parte, osservandoli di soppianto, scuotendo la testa, non capendo nella
maniera più totale cosa ci trovassero di tanto buono in quei cosi puzzolenti e
pieni di lische.
“Bah...” Borbottava infine
“Meglio così, almeno non devo dividermelo con voi!” E tornava ad addentare la
sua cena.
Non sono adorabili?!?!
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