Mi sentivo una bambina in un negozio di dolci davanti a quella vetrina; guardavo ogni singolo oggetto con gli occhi sgranati, immaginando come avrei potuto utilizzare tutto quel materiale così vivacemente colorato, con quell'inconfondibile odore di nuovo. Ma non ero più una ragazzina, avevo finito la scuola da un pezzo e non ci avrei fatto nulla con quaderni, matite, raccoglitori e soprattutto diari. Quella era l'unica cosa che mi mancava degli studi: scrivere i miei pensieri nell'agenda.
Tuttavia non potei esimermi dall'entrare e fare il mio unico acquisto di quel giorno: aveva una rosa nera sul frontespizio che pareva quasi dipinta, nessuna scritta, nessun fronzolo particolare. Presi quel piccolo libro dallo scaffale per accarezzarne la copertina e svelare l'arcano della sua stampa senza successo, poi lo sfogliai. Rimasi stupita nel constatare che all'intero vi erano solo pagine bianche, non a righe, non a quadretti, nessuna parola, numero o data; nulla di nulla. Doveva essere un oggetto molto versatile che si adattava a tutti gli usi, quindi anche a me che non avevo più motivo di acquistare materiale scolastico.
Lo strinsi tra le mani come il più prezioso dei doni mentre mi recavo alla cassa. C'era gente quel giorno, l'inizio della scuola era alle porte, così mi misi in fila alla cassa. Iniziai a osservare tutto il negozio: i tre commessi si stavano dando tanto da fare servendo al meglio gli altri clienti, forse erano un po' stanchi di girare a destra e a manca come delle trottole, ma tutti sfoggiavano lo stesso sorriso cordiale.
‘Ovvio,’ mi dissi, ‘grazie a noi stanno guadagnando un botto di soldi.’
Abbassai lo sguardo sull'agenda che avevo preso chiedendomi se fosse giusto spenderci dei soldi, ma giunsi alla stessa conclusione di pochi attimi prima: un oggetto versatile come quello poteva servire anche a me che non frequentavo più nessuna scuola; avrei potuto scriverci qualche mio pensiero, annotare frasi particolari o aneddoti divertenti, o semplicemente appuntare dei numeri di telefono – non avevo mai da scrivere quando qualcuno doveva lasciarmi il suo recapito – invece di continuare a tenere biglietti volanti o nel portafogli che, poverino, non ne poteva più di contenere tutta quella roba, oltre a monete e tessere di ogni sorta, gli oggetti che facevano più spessore.
Quasi non mi accorsi che la fila si era diradata e toccava a me. Pagai, ringraziai il cassiere e uscii dal negozio con un sorriso sulle labbra; mi succedeva sempre così, per quanto fossi in dubbio su un acquisto, non appena avevo con me l'oggetto dei miei desideri ero felice di aver speso una modica cifra solo per me. Non per qualche commissione dei miei, non qualche regalo per mia sorella o le mie amiche, solo per me.
Mentre tornavo a casa mi trovai a sfogliare distrattamente quello diario, come se all'improvviso fosse comparso qualcosa da leggere o qualche immagine che avrebbe attirato la mia attenzione. In realtà non vi era nulla, ma i miei occhi già vedevano le cose che ci avrei scritto su, come una piccola occhiata sul futuro.
Sorrisi di nuovo quando i miei piedi, che conoscevano a memoria la strada senza che io li guidassi, attraversarono la soglia della mia abitazione.