White
Day*
[13th March]
"Allora,
Ranma! Cosa regalerai ad Akane domani?"
Hiroshi e Daisuke
erano sempre i soliti. Sempre a ficcare il naso in questioni che non li
riguardavano, per di più private.
Anche se aveva un
rapporto più
che burrascoso con quel maschiaccio, rimaneva il fatto
che lei era la sua fidanzata.
Dunque nessuno doveva immischiarsi nelle loro faccende, anche su cose
che a prima vista apparivano di poco conto. Perché erano
proprio quelle cose di poco
conto che caratterizzavano il loro legame così
impetuoso e traballante.
I sorrisi, gli sguardi
imbarazzati, i bisticci... Ad un occhio esterno potevano sembrare
banalità, ma era di quei gesti che si nutriva l'albero del
loro fidanzamento.
Semplici e privi di
malizia.
Ranma sapeva bene che
per Akane erano di vitale importanza, così com'erano per
lui. Tuttavia, era anche a conoscenza di ciò che poteva
simboleggiare un minuscolo cuoricino di cioccolato nel giorno di S.
Valentino, tra l'altro regalato da una ragazza difficile ed orgogliosa
come lei. Si era presa il disturbo di fargli quel pensierino, mettendo
da parte tutto quel rancore accumulato nel pomeriggio, e lui
naturalmente non voleva essere da meno.
"Ma a voi che importa,
si può sapere?"
Divenuto ormai
paonazzo, aveva sbraitato in modo così vistoso che tutti
quelli che erano con loro al bar della pista di pattinaggio si
voltarono per capire cosa diamine fosse successo. Persino Akane e le
sue due amiche Yuka e Sayuri, sedute ad un tavolo poco distante, furono
attratte dalle sue grida.
"Che ha da gridare,
quello scemo?" si chiese ad alta voce Sayuri.
L'altra scosse la
testa, mentre la giovane Tendo si sentì terribilmente a
disagio. Più della metà delle persone
lì presenti le avevano viste entrare insieme a quei tre
scalmanati, perciò aveva una gran paura di essere
riconosciuta come la loro accompagnatrice, specialmente del ragazzo con
i capelli lunghi. Tentò di coprirsi il volto, ma i suoi
timori fortunatamente non si avverarono.
"Abbassa la voce,
Ranma! Non puoi urlare in un luogo pubblico!" lo ammonì
Daisuke.
"Già,
Daisuke ha ragione. E comunque, amico" disse Hiroshi voltandosi verso
il ragazzo castano "in queste occasioni si regala del cioccolato
bianco, naturalmente!" ironizzò con una punta di furbizia,
tanto che l'altro prese a ridacchiare facendo innervosire ancora di
più il giovane con il codino.
"Mi avete stancato!"
sbottò infine l'oggetto della loro attenzione, alzandosi di
colpo e dirigendosi verso l'uscita. Ne aveva abbastanza delle loro
insinuazioni.
"Ma perchè
se l'è presa tanto?"
"E te lo domandi?"
rispose ovviamente il suo interlocutore assottigliando gli occhi.
Akane lo vide avanzare
verso la porta ed oltrepassarla, finchè riuscì a
scorgere soltanto il colore della sua camicia azzurra, a causa della
lontananza. Non aveva voglia di ritornare a casa da sola; dopotutto si
era avviata con Ranma e rincasare senza di lui avrebbe scatenato una
miriade di domande da parte di tutti i loro familiari, specie di
Nabiki, Soun e Genma.
"Mi dispiace, ragazze.
Devo andare!" si scusò dispiaciuta la giovane con il
caschetto afferrando il cappotto. "Ci vediamo domani a scuola!
Intraprese una modesta
corsetta per arrivare di pari passo con Ranma, ma a quanto pareva lui
non si era nemmeno voltato per guardare o sapere se doveva ancora
rimanere con le sue compagne di classe. L'aveva lasciata con le sue
amiche senza avvertirla. Che stupido!
"Ranma!"
Lo chiamò a
gran voce, ottenendo il risultato sperato soltanto fuori dall'edificio
che ospitava la pista di pattinaggio ed il locale adiacente. Il ragazzo
si fermò voltandosi appena. Si mise le mani in tasca e
sbuffò, dondolando sulle scarpe in uno strano tentativo di
ammazzare il tempo mentre attendeva. Già sapeva che il
maschiaccio avrebbe preteso spiegazioni per il suo riprovevole
comportamento di poco prima e, a dir la verità, non se la
sentiva di fornirle i dettagli di quella conversazione fra lui ed i
suoi amici. Sicuramente si sarebbe arrivati ad un tasto dolente, e lui non
ne aveva la minima intenzione.
Finalmente la giovane
lo raggiunse e, con il fiato corto, lo osservò stranita.
"Ma che cosa ti
è preso prima al bar?"
"Non sono affari tuoi,
Akane..." le rispose il ragazzo con noncuranza, riprendendo a camminare
sorpassandola almeno due metri più avanti.
"Che gentilezza!"
replicò lei offesa, rimanendo ferma sul posto ed aggrottando
le sopracciglia fini. "Ti sto chiedendo che cosa è successo,
siccome avete attirato
l'attenzione di più della metà del locale,"
puntualizzò "e tu ti rivolgi a me in questo modo? Sei un idiota!"
Alla parola "idiota",
Ranma si volse di scatto e si piazzò davanti a lei, conscio
di essere stato, ancora un'ennesima volta, vittima dell'ira della sua dolce
fidanzata.
"Senti un po', tu! Pensi di
essere meglio di me, eh? Neanche tu sei una campionessa di gentilezza!" disse
indispettito, appuntando un enorme accento all'ultima parola, la stessa
che Akane aveva utilizzato prima.
"Uhm, forse."
ipotizzò la ragazza punta sul vivo. "Ma almeno io non
starnazzo in un bar pieno zeppo di gente come se fossi a casa mia!"
concluse, poi riprendendo vigore.
Il giovane Saotome
serrò i pugni e la sgridò con tutto il fiato che
aveva in corpo. "NON SEI PER NIENTE CARINA!"
"Ah, è
così? Bene, allora spero tanto che riuscirai a fare a meno
di me, d'ora in poi!"
Si voltò
furiosa e si avviò verso casa a passo di marcia.
Era troppo fuori di
sé per avere la forza di passarci sopra e ritornare indietro
insieme a lui. Se Ranma continuava a comportarsi in quel modo barbaro,
perché lei
avrebbe dovuto riservargli un trattamento differente? Le aveva intimato
di non impicciarsi nei
fatti suoi e ripetuto per la millesima volta che non era
"carina", probabilmente sottintendendo dei paragoni riferiti alle altre
sue fidanzate, prendendole come modelli esemplari di dolcezza e
bellezza da contrapporre a lei, un maschiaccio violento e privo di
fascino.
Ma Akane era fiera
della differenza che la caratterizzava. Era questo che la rendeva
più individuale, più vera, e non aveva la minima
intenzione di somigliare a quelle arpie che tentavano di baciarlo od
abbracciarlo con tutte quelle sdolcinatezze possibili ed immaginabili,
non contando ovviamente i loro trucchetti sporchi.
Se a lui tutte quelle
ipocrisie andavano bene, poteva benissimo andare a stare da loro ed
anche fidanzarsi con tutte
quante, per quello che le importava. Bastava poco per
dimenticarlo, anzi, tutti i suoi guai si sarebbero risolti in un batter
d'occhio. Sì, Akane ne era convinta, più che
convinta.
Anche se, in fondo, le
sarebbe mancato tutto ciò; ma soprattutto, le sarebbe
mancato proprio lui, quello stupido sbruffone che però
sapeva come farsi perdonare. Naturalmente, quella volta doveva proprio
metterci d'impegno, se non voleva essere defenestrato o spedito in
orbita.
***
A cena non
andò meglio.
Akane si ostinava a
non volergli rivolgere nemmeno una sillaba, figurarsi un semplice
sguardo, mentre lui era fortemente tentato di chiedere agli altri in
malo modo cosa avessero tanto da guardare. Aveva una gran voglia di
abbandonare la cena a metà, anche se non era da lui un
comportamento simile, e di rintanarsi in camera sua o nel dojo pur di
non sorbirsi tutte quelle paia d'occhi interrogative che di tanto in
tanto s'indirizzavano ai due fidanzati. Infatti, gli altri membri delle
due famiglie parlottavano del più e del meno con fare
disinvolto, ma ogni volta che terminavano per attendere una replica dai
propri interlocutori gettavano sempre un'occhiata pressocché
indecifrabile prima alla piccola Tendo e poi un'altra densa di
rimprovero all'altro.
Alla fine, fu la
ragazza ad andarsene per prima. Con una finta serenità che,
a dirla tutta, faceva raggelare peggio delle sue sfuriate, pose
delicatamente sul tavolo il tovagliolo e si scostò quasi
fosse una piastra rovente dal giovane accanto a lei. In risposta, Ranma
aveva aggrottato le sopracciglia e trattenuto un'esclamazione che si
preannunciava esageratamente sdegnosa.
"Avete litigato
ancora, non è vero?" chiese Nabiki con tono seccato, ma con
una punta di sarcasmo.
"Lasciami in pace..."
sibilò il ragazzo con il codino, scattando in piedi
anch'egli e dirigendosi su per le scale.
Chiudendosi nella
propria stanza, il ragazzo si buttò sul suo futon di
schiena, pensando che forse aveva esagerato con la sua fidanzata e che
avrebbe dovuto porre rimedio al danno fatto. Anche se lo avevano fatto
incavolare, quei due impiccioni di Daisuke e Hiroshi avevano ragione:
doveva ricambiare al più presto quella gentilezza che Akane
gli aveva fatto lanciandogli quel cuore di cioccolato; un semplice, innocuo
cioccolatino che aveva provocato così tanto imbarazzo fra
di loro, e anche qualcos'altro. Gli aveva scatenato delle reazioni che
non riusciva a controllare, e poteva giurare sul suo nome che anche
Akane doveva aver provato qualcosa, oltre quel velo di rossore che la
rendeva molto più carina
del solito.
Era evidente che l'uno
non era indifferente all'altro e viceversa, ma l'orgoglio sembrava
vincere su qualsiasi cosa. La sicurezza di sapersela cavare da soli, la
paura di rimanere scottati, la spropositata affermazione di
sé ed altre cose simili non avevano fatto loro altro che
male.
In aggiunta, Akane
sembrava accettare di privarsene soltanto quando anche lui abbassava le
sue difese. Raramente succedeva il contrario. Ma Ranma contava sempre
di avere quel piccolo asso nella manica che sfruttava quando non sapeva
come relazionarsi pacificamente con lei.
Quella chance si
chiamava gentilezza.
Ma non di quelle di cui aveva bisogno per potersela ingraziare, come
spesso succedeva fra loro, magari per farsi aiutare nello studio o per
farsi tirar fuori dalle risse fra i rispettivi spasimanti. Non voleva
sicuramente intendere senza screzi e martellate, perché
quelle c'erano sempre state e molto probabilmente le avrebbe ricevute a vita, ma quella
spontanea, almeno, non forzata dalla necessità di volersi
proteggere dal mondo esterno e prima di tutto, dall'oggetto dei loro
desideri.
Al contrario di quello
che gli aveva detto prima di lasciarlo per le vie del distretto, lui era certo di non poter fare
a meno di lei. Non era una certezza assoluta, ma con il
passare del tempo si era reso conto che oltre Akane Tendo, non c'era
altro che un futuro oscuro ed indefinito che lo attendeva, dove a lui
non rimaneva nulla per cui combattere e per cui sacrificarsi. Gli
capitava persino di sognarla la notte, e questo non fece altro che
alimentare la convinzione che ormai era legato a lei mediante un
rapporto molto più profondo di un semplice accordo fra due
mummie ubriacone quali erano i loro padri. Un legame invisibile, o
qualcos'altro che non sapeva definire.
Non era il tipo da
andare dietro a simili e sciocche credenze tradizionali, ma
più ci pensava e più ne appurava la concretezza.
Doveva, voleva dimostrarle
che al di là delle beffe vi era un sentimento che non poteva
essere scalfito da stupidi battibecchi. Non poteva neanche affermare che
fosse amore, siccome lui non sapeva nemmeno cosa volesse dire
innamorarsi di qualcuno. In ogni caso, quei batticuori ad ogni suo
sorriso qualcosa significavano, così come quel vuoto che non
sapeva di avere finché non fu colmato il primo giorno in
casa Tendo.
Perciò,
l'indomani avrebbe fatto pace con lei, a costo di forzarla.
Sperando che lei non
facesse esageratamente la difficile, ovviamente.
Per Akane invece, non
era così semplice come appariva al giovane con la treccia.
Raggomitolata sul suo letto, rimuginava su ciò che gli aveva
sbattuto in faccia, e a cosa poteva conseguirne. Mai come in quel
momento sentiva la necessità di far pace con lui.
Ma d'altro canto, non
voleva accantonare il fatto che lei aveva ragione in quel frangente.
Perché invece di spiegarle, Ranma l'aveva fatta arrabbiare
ancora. Lei gli aveva risposto a tono, come sempre, puntualizzando
anche che con lei era arrivato al
capolinea: un pensiero che aveva sempre avuto, e che aveva
sempre voluto sbattergli in faccia. Ma chissà
perchè dopo diventava inspiegabilmente triste.
Sembrava quasi che
anche a Ranma non piacessero quelle situazioni appese ad un filo.
Sebbene litigassero ogni giorno, il ragazzo era sempre disposto a
riappacificarsi, soprattutto negli ultimi tempi. Soprattutto, da quando
si erano salvati la vita, l'incolumità e le prime esperienze
con l'altro sesso forzate a vicenda.
Si strinse nelle
coperte, nonostante la serata fosse ancora agli inizi, e
tentò di addormentarsi con la speranza che tutto si sarebbe
andato apposto, come l'esperienza le aveva insegnato.
Naturalmente, non gli
avrebbe offerto il suo perdono su di un piatto d'argento. Questo mai.
***
Perché
quella stupida Akane aveva il potere di non farlo dormire in quelle
circostanze? Aveva passato ore a girarsi e rigirarsi nel futon senza
prendere sonno, cercando di sgombrare la mente e di concentrarsi, ma fu
tutto vano. Senza contare che il suo pigiama aveva fatto la sua parte
accaldandogli esageratamente la pelle fin quasi a sudare.
Scaraventò via il piumone, per poi farsi aria con l'ausilio
delle mani. Non che servisse a molto, constatò.
Si trascinò
via dal letto, sotto il pesante russare del panda steso vicino a lui, e
si avviò fuori dalla camera. Provò a togliersi la
maglia, ma in casa faceva abbastanza freddo da non permetteglielo.
Forse un po' d'acqua avrebbe fatto al caso suo. Dopotutto, la
situazione non era così tragica come appariva. Era sul punto
di sporgersi verso il rubinetto della cucina, quando vide la ragazza
comparire sullo stipite dell'entrata. Dal canto suo, capendo che c'era
qualcun altro lì con lei, rimase pietrificata quando si
accorse di avere di fronte proprio il ragazzo con il codino. I suoi
occhi sembravano brillare, ma pochissimi attimi dopo si riscosse e
scappò via.
Ma Ranma non voleva
dargliela vinta. Si lanciò all'inseguimento chiamandola
piano per non svegliare nessuno, ma lei fu più lesta. Si
chiuse subito in camera sua e per poco l'altro non sbatté il
naso sul legno, imprecando sommessamente.
"Akane, ti devo
parlare!" disse poi, considerandosi fortunato per aver evitato la porta
in faccia.
"Non ho niente da
dirti!" rispose acidamente la ragazza da dietro la porta chiusa a
chiave.
"Io invece
sì!" insisté impettito lui.
"Sparisci!"
"No!"
"Sta zitto e vattene!"
"Allora aprimi, poi me
ne andrò!"
"Mai!"
"Vorrà dire
che entrerò dalla finestra!"
"Non ti permettere,
Ranma!"
"Oh, sì che
mi permetto..."
Non udì
nemmeno cosa aveva da replicare la sua fidanzata che subito si
fiondò verso l'esterno dell'abitazione, salendo sulla
scaletta che portava al tetto ed arrampicandosi sul cornicione fino a
giungere con un balzo al davanzale della finestra semichiusa. Nel
frattempo, Akane si affrettò ad abbassare la serranda
avvolgibile. Ma questa era un bel po' pesante anche per lei, e poco
prima di calarla del tutto, sentì all'esterno il ragazzo con
il codino che tentava di impedirglielo infilando tutte le dita della
mano al di sotto, in modo da poterla alzare quel poco che bastava per
poter parlare a quattr'occhi.
"Sei ostinato, eh?!"
"Tu non sei da
meno..." disse rassegnato lui. Akane gettò gli occhi a
terra, risentita, mentre lui, non appagato dalla visuale,
afferrò la corda della tapparella tirandola violentemente
verso il basso. Il gesto fu così repentino che la piccola
Tendo se ne accorse appena, non avendo in tal modo il tempo per
controbattere l'azione.
Soddisfatto del
risultato, Ranma si sedette sulla scrivania, mentre Akane lo guardava a
metà strada fra il truce ed il sorpreso. Lo sguardo del
giovane si fece serio, prendendo quanto più coraggio avesse
per affrontare la questione che si presentò quel pomeriggio,
e precisamente le ultimissime frasi cariche di astio che si erano
scambiati.
"C-Cosa intendevi
quando mi hai detto che potrei fare a meno di te?" Si stava sfregando
le mani, segno che era estremamente nervoso. Questi piccoli
accorgimenti fecero capire alla ragazza che Ranma stava faticando
parecchio nel porle quella domanda. Non nascose che questo la fece
intenerire e, anche se fece finta di non rammentare di
preciso cosa gli avesse detto prima di andarsene a casa da sola, gli
intimò di lasciar perdere, che non era nelle sue intenzioni
dirgli quella frase e che poteva stare tranquillo.
Si era prefissata di
non fargliela passare liscia, era vero, ma non voleva ignorare quello
che sembrava un vero e proprio sincero pentimento da parte sua. E poi,
quell'espressione sollevata e addolcita sul volto del ragazzo la
convinse che era stata la scelta giusta.
"Beh, ho freddo
adesso." sussurrò Akane, sentendo che l'atmosfera si stava
facendo piuttosto ambigua.
Avevano preso ad arrossire entrambi, e già cominciavano a
sentire molto più caldo del previsto.
"Hai ragione,
scusa..." appurò il ragazzo riscuotendosi. Si osservarono
per qualche secondo ancora prima che Ranma uscisse sempre dalla
finestra e atterrasse sull'erba fresca del giardino.
La giovane lo
seguì prima con lo sguardo, senza muovere un muscolo, poi
affacciandosi lo vide rientrare dalla porta scorrevole.
NDA
*In Giappone
è usanza, di cui non conosco i dettagli, che i ragazzi che hanno ricevuto del cioccolato
scuro il giorno di S. Valentino dalle proprie fidanzate/ragazze,
ricambino esattamente un mese dopo con del cioccolato bianco (da qui il
nome "White Day").
Ora, non so se questa
tradizione viene rispettata alla lettera, ma mi ha sempre interessato
questa "replica" del San Valentino celebrato nel paese del Sol Levante,
anche se per natura sono la prima a non andare dietro a queste cose. XD
Naturalmente, era
giusto un imput per avviare la ff, cominciata quasi per caso,
nell'attesa di trovare altra ispirazione per proseguirla! XP Nonostante
sia partita con questa novità, la ff si prospetta abbastanza
ripetitiva, perciò... a voi la scelta di seguirla e/o
recensirla.
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