Simple And Clean
Simple And
Clean
The daily things
Like this and that and what is what
That keep us all busy
Are confusing me
La tenuta degli Hyuuga era sempre stata guardata con rispetto, quasi
con timore, dalla gente che ci passava accanto. Il legno fine,
intarsiato con precisione, i campanelli votivi che oscillavano al vento
lasciando nell’aria un melodia dolce, gli alberi che
svettavano
alti e fieri nell’immenso giardino, anch’esso molto
curato.
A vederlo dall’esterno nessuno avrebbe mai pensato ad
un’atmosfera carica di tensione ed odio
all’interno, eppure
il rancore dei membri della casata cadetta per i membri della casata
principale era così forte che l’aria attorno alla
sfarzosa
tenuta era pesante e rarefatta.
Candidi fiocchi di neve cadevano pigramente al suolo ed un vento freddo
e tagliente aveva cominciato a sferzare le chiome degli alberi.
Nevicava da poco, ma il terreno era già ricoperto da un
manto
bianco, bianco come gli occhi che continuavano a scrutare fuori da una
finestra, con la tristezza e la rassegnazione di chi, oramai, aveva
accettato il suo destino, continuando a vivere nonostante tutto.
Nonostante gli sguardi carichi di odio, nonostante il disprezzo e lo
scherno… nonostante l’affetto fosse diventato poco
più di un ricordo corroso dal tempo.
Un brivido percorse la schiena di Hinata, che si accoccolò
ancora di più accanto alla finestra, stringendo le braccia
attorno alle ginocchia. Il kimono di seta bianca, con ricamato lo
stemma degli Hyuuga, che indossava, era decisamente troppo leggero per
una giornata come quella… ma in fondo, cosa importava? A
nessuno
sarebbe importato se si fosse ammalata… quindi, a che scopo
cambiarsi?
Hinata si morse il labbro e riportò lo sguardo sulla
finestra
appannata dal suo stesso respiro. Una figura indistinta, nonostante il
cattivo tempo, si muoveva con agilità nel cortile, lanciando
kunai e shuriken contro i bersagli attaccati agli alberi, centrandoli
tutti in pieno.
Neji…
La ragazza appoggiò il palmo della mano sulla finestra e
continuò a fissare apatica la figura del cugino.
Da quanto tempo si
sta’ allenando?
Poggiò la fronte sul vetro freddo della finestra con un
sospiro.
Da quanto tempo sono qui?
Improvvisamente sentì una sensazione di vuoto allo stomaco
ed alzò la testa di scatto. Neji si era fermato.
Mi ha… Vista?
Possibile. Con la sua goffaggine ed inesperienza era più che
normale che un chunin del livello di Neji si accorgesse della sua
presenza.
E ora che
faccio…!?
Neji si stava alleando come di consueto ogni giorno. La neve e la bora
di sicuro non sarebbero servite a fermarlo. Lanciò altri due
kunai, centrando perfettamente i due bersagli sugli alberi.
Sbuffò, accigliandosi.
Non è
ancora abbastanza.
Attivò il byakugan e, con un movimento fulmineo,
lanciò
in contemporanea quattro shuriken contro quattro bersagli diversi. Fece
ancora una volta centro.
Perché…?
Portò istintivamente una mano verso la sacca dei kunai.
C’era qualcosa di strano nell’aria che lo
infastidiva. Un
attacco nemico, forse? Rimase in ascolto per qualche istante: a parte
l’ululato feroce del vento, non sembravano esserci altri
rumori.
Ma allora cosa potrebbe
essere?
Attivò ancora una volta il byakugan e scrutò
oltre i confini della tenuta. Niente.
Neji sbuffò ancora una volta, stizzito. Fu allora che colse
con
l’orecchio uno squittio quasi impercettibile.
Possibile…?
Si voltò verso la finestra che dava sul cortile e la vide
lì, spaventata e confusa, mentre lo fissava con
quegl’occhi bianchi così simili eppure
così diversi
dai suoi.
« Ah. »
La ragazza ebbe un sussulto ed abbassò lo sguardo. Neji se
n’era accorto, ed ora la scrutava con quello sguardo astioso
che
era solito rivolgerle ogni volta che i loro occhi si incrociavano.
Perché, Neji,
perché?
Un senso d’oppressione si impadronì di Hinata, che
si
portò le mani al petto e serrò gli occhi per non
vedere
più quello sguardo. Per non vedere più
quegl’occhi
freddi. Per non vedere più quell’odio,
così
radicato all’interno dell’animo di Neji. Per non
vedere
più nulla.
Lacrime silenziose le invasero gli occhi e cominciarono a scorrerle
lungo le guance. Riuscì a trattenere a stento i singhiozzi,
ed
ogni volta che lo faceva, sentiva la gola bruciarle e farle male.
Perché sono
così debole?
Si passò con forza una mano sugl’occhi chiusi e si
asciugò le lacrime. Ma un istante dopo ricominciarono a
scorrerle contro la sua volontà.
Perché non
riesco a reagire?
Si morse con rabbia il labbro. Era stufa di essere trattata in quel
modo. L’indifferenza e la sufficienza con cui suo padre e
tutti i
membri della casata la guardavano giorno per giorno la facevano sentire
inadeguata a quel luogo, a quella ricchezza… a quella
famiglia.
Era davvero quello il luogo a cui apparteneva? Hinata serrò
i
pugni con forza.
Perché non
riesco ad essere forte come te, Neji…?
Ora basta. Questa volta non sarebbe scappata. Riaprì gli
occhi,
gonfi e arrossati dal pianto, e li posò ancora su quella
figura
immobile e rigida nel cortile, pronta a sostenere il suo sguardo; ma
lui non la guardava più. Le aveva già voltato le
spalle,
ricominciando ad allenarsi. La rabbia e l’amarezza ebbero
il
sopravvento su di lei, così aprì la finestra con
un gesto
brusco. Il vento gelido dell’inverno invase la stanza
sferzandole
il viso e mozzandole il respiro.
Non adesso.
Si arrampicò sul davanzale e con un salto atterrò
a piedi
nudi nella coltre bianca. In silenzio, cominciò ad avanzare
verso Neji che, ritto nella sua posizione, continuava a darle le spalle.
Neji, voltati.
Un’ondata particolarmente fredda di vento le aprì
delle
ferite sulle mani, il sangue gocciolò con un riflesso
sinistro
al suolo. Ma Hinata non si lasciò sfuggire un solo gemito e
continuò ad avanzare.
Neji, voltati, ti
prego…
Ormai i piedi le si erano congelati, e tutto il resto del corpo era
scosso da violenti tremiti.
« Neji… »
Hinata si era fermata a poco più di un metro di distanza dal
ragazzo ed aveva sussurrato il suo nome con la voce incrinata dal
tremore.
« Cosa ci fate qui? »
La risposta brusca e lapidaria del cugino la fece
indietreggiare di qualche passo.
« I-io… »
La ragazza strinse le mani contro il petto, cercando conforto nel loro
calore tenue. Dov’era finita tutta la sicurezza che aveva
mostrato quando
era
saltata giù dalla finestra? Perché era
così
intimorita da quella voce che malcelava l’odio con un
rispetto
forzato? Eppure si era ripromessa di affrontarla una volta per
tutte… di affrontare una volta per tutte le sue paure.
« Io… sono qui per sfidarti. »
La sua voce aveva assunto un tono deciso che fece sussultare
leggermente Neji.
« Non siete nelle condizioni per poter combattere. »
Hinata fece per replicare ma il ragazzo la interruppe.
« Il battito accelerato, i forti tremori, le mani ferite e i
piedi congelati non vi permetteranno nemmeno di schivare un colpo. E
poi, a giudicare dal colore della vostra pelle, fra qualche minuto
andrete in
ipotermia. Tornate dentro. »
Come…
stai usando il byakugan,
vero?
Confermando il suo dubbio, Neji si voltò, mostrandole il
viso contratto e le vene rigonfie dall’uso della tecnica. Il
suo cipiglio severo però si rilassò
immediatamente e il byakugan svanì, lasciandogli
sui lineamenti solo indifferenza.
Hinata si sentì ferita da quello sguardo, ma questa
volta lo
sostenne decisa, raddrizzando la schiena e lasciando che le braccia le
ricadessero lungo i fianchi.
« E cosa importa se andrò in ipotermia?
»
Neji non riuscì a
trattenere lo stupore a quella domanda gelida; era chiaro che si stesse
chiedendo il perché di quell’improvviso cambio di
registro.
« A nessuno di voi non è importato mai niente di
me. »
Ed era vero. A nessuno della casata principale, benché meno
della casata cadetta,
importava davvero qualcosa del benessere di Hinata. La linea di
successione avrebbe voluto lei come prima erede, ma era Hanabi la
figlia che veniva seguita, la figlia che veniva istruita, la figlia che
veniva allenata e la figlia che veniva rispettata dal clan. E per lui,
tutto questo, aveva
senso. Era giusto che fosse così.
Perché lui, Neji Hyuuga, era il primo a non
sopportare Hinata. Non sopportava quei gesti impacciati, quei sorrisi
timidi
e quello sguardo dolce e malinconico… quello
sguardo…
Incrociando quello sguardo, tutto l’odio, il rancore e la
rassegnazione che lo tormentavano sin dalla morte di suo padre
perdevano significato e gli lasciavano un vuoto dentro. Per questo non
riusciva a tollerarlo. Perché gli portava via tutto
ciò che gli era rimasto.
« Tornate dentro. » ripeté a denti
stetti, ma Hinata non accennò a
muoversi, fissandolo con un fervore che non riusciva a capire. Cosa le
stava passando per la testa? Che voleva dimostrare?
Neji storse le labbra.
Se non ve ne andate voi,
vorrà dire che lo farò io.
Le diede le spalle per l’ennesima volta, e
cominciò ad allontanarsi.
« A-aspetta… »
La voce della ragazza era poco più di un sussurro, ma Neji
la
percepì senza problemi; e percepì anche il suono
di passi
leggeri nella neve. Si stava avvicinando.
Questa volta non
fuggirò.
Hinata si muoveva a fatica nella neve, la vista ormai stava cominciando
ad annebbiarsi ma continuò ad avanzare.
E non lo farai nemmeno
tu.
« Neji, io sono pronta a convincerti anche combattendo che
non sono solo un peso per il clan. »
Il ragazzo si fermò.
« Sono l’erede della casata. So che questo ti ha
dato sempre fastidio… perché pensi che non sia
all’altezza del compito. »
« Quel che penso non ha importanza. Ognuno di noi ha un destino prestabilito, che non
può essere cambiato. »
Hinata si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato.
Perché sei
così testardo?
« E invece no. Io, il mio, lo sto cambiando adesso.
»
Il ragazzo alzò il viso, stupito da quelle parole.
« Cosa vorreste dire…? »
Il tono di voce scontroso non riuscì a celare la confusione
che cominciava a farsi strada nella sua mente.
« I-io sono stanca di essere trattata come se fossi una
bambola
rotta… inutile. Vorrei che gli altri mi apprezzassero e
rispettassero come fanno con te. Ma non perché sono Hinata
Hyuuga, l’erede del clan Hyuuga, bensì
perché sono
semplicemente Hinata Hyuuga del Villaggio della Foglia. »
« … »
« Ognuno di noi può scegliere e cambiare il
proprio
destino, in base alle scelte che fa. Io ho scelto di reagire.
Mi allenerò. D-darò tutta me stessa, tutti i
giorni. È l’unico modo che ho per essere certa che
il mio destino non sarà
più
quello di essere un peso per gli altri. »
Neji scosse la testa e, con un gesto rapido, si tolse il coprifronte e
le bende, per poi voltarsi verso la ragazza con un ghigno amaro dipinto
sulle labbra.
« Oh… »
Gli occhi perlacei di Hinata si allargarono per la sorpresa: quello
l’aveva fatto vedere solo a Naruto durante l’esame
di
selezione dei chunin!
« Tsk… e voi credete che sia così
facile?
Guardate la mia fronte. Questo è il marchio maledetto che mi
hanno
impresso quando sono diventato un membro della casata cadetta, a soli
due anni. E non posso di certo cancellarlo! Quindi, come vedete, non
tutti posso cambiare a piacimento il loro destino, ed io sono tra
quelli che non posson… »
Prima che il ragazzo potesse dire qualcos’altro, Hinata
allungò un braccio verso la sua fronte, sfiorandogliela
lievemente con la punta della dita.
Il suo tocco era freddo, ma la
sensazione che provò Neji fu tutt’altro che
spiacevole.
Sentì i battiti del cuore accelerare e le guance arrossarsi.
Aprì e chiuse gli occhi più volte, incredulo.
« Mi dispiace, Neji… io… non posso fare
altro. »
« Hinata… cosa…? »
Un goccia di sangue gli scivolò lungo il naso e poi cadde a
terra.
Sangue…?
« Cosa mi avete fatto!? » ripeté Neji
con la voce allarmata, portandosi le mani alla
fronte.
« Fermo, non toccartela! »
Malgrado una certa resistenza interna, le sue braccia si bloccarono a
mezz’aria a quel richiamo.
« Si può sapere cosa avete in mente? »
Il tono della voce era calmo ma autoritario.
« Il tuo marchio, per me, non esiste più.
»
« Cosa!? »
È impossibile…
« Proprio così, ho lavato via il tuo marchio con il
mio sangue, il sangue di un membro della casata principale. Ora sei
come me. Non ci sono più differenze fra noi due. »
Hinata gli rivolse un sorriso e lui rimase immobile nella neve a
scrutarla, incapace di metabolizzare quello che gli aveva appena detto. Il
sorriso le vacillò appena ma lui non cambiò espressione.
Perché aveva
fatto un gesto così sciocco per lui? Era rimasta per tutto
quel tempo a piedi
nudi nella neve, con indosso solo quel kimono leggero, per cosa? Per
ricominciare da capo? … Era
davvero così
importante per lei?
« Io… Non capisco. Non ha senso che
voi… »
« D-dammi pure del tu! »
Hinata provò a sorridergli ancora una volta, incoraggiante,
e lui non riuscì a dire altro. Fu quando perse i
sensi e cadde, che Neji riuscì finalmente ad uscire dal torpore della confusione che stava provando e scattò in avanti,
afferrandola per la vita prima che potesse
toccar
terra. Hinata aveva le guance bianche e le labbra bluastre; doveva
portarla
subito dentro e riscaldarla.
Senza esitare, il ragazzo le passò una mano sotto le ginocchia
e la prese in braccio, dirigendosi rapidamente verso la sua stanza. Da qualche
parte nella sua testa, fu grato che non ci fosse nessuno ad assistere a
quella scena.
Una volta raggiunta la camera, Neji aprì la porta scorrevole ed vi entrò subito dentro, affrettandosi a posare Hinata sul suo
futon, prima di gettarle addosso le coperte.
« Siete… » mormorò,
esaminandole il viso, ora sereno: il
respiro le si stava lentamente normalizzando. «
Sei una sciocca. »
Sapeva bene che la cugina non
poteva sentire le sue parole, ma non aveva importanza.
In ginocchio sul tatami, Neji allungò le dita, sfiorandole la guancia fredda che stava recuperando un po’ di colore. Lo fece delicatamente,
quasi temendo che il suo tocco potesse mandarla in pezzi più di quanto non avessero già fatto anni di angherie. Il sangue di Hinata era ormai secco sulla sua fronte.
Cancellare il passato.
Ricominciare da zero.
Sospirando, Neji si
alzò e uscì fuori da quella stanza che profumava di dolce,
chiudendosi la porta scorrevole alle spalle.
Sei sempre stata
così paurosa e inadeguata che io non ho avuto problemi a
ritenermi superiore a te.
Con l’ombra di un sorriso sul volto, si allontanò dalla porta e percorse il lungo corridoio
di legno che portava all’immenso giardino della tenuta.
Ma, alla fine, sei stata
tu la più coraggiosa tra noi.
.:~*~:.
Finish!! Ed ecco la mia fic d’esordio. È molto
semplice e
senza pretese ma, ehi, folks, ditemi cosa ne pensate con una
recensione, per favore! Per me è davvero molto importante
sapere
il vostro parere! Ringrazio ora chi mi recensirà o anche chi
ha
solo avuto il grande coraggio di leggere ‘sta roba! ^_____^
P.S.: La
canzone che ho usato e "Simple And Clean" di Hikaru Utada.
See ya,
Shadow
Eyes
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