367 Giorni Senza Gravità

di RuboLaVitaDentroDiMe
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12 aprile 2013,
Primavera
"almeno... fuori di me."


Mi sveglio, stamattina, e non ci sei.
Mi basta guardarmi attorno, per capire: è chiaro che non ci sei, che non ci vuoi essere e che non hai intenzione di tornare indietro.

Il tuo cuscino è stropicciato e confuso, sa che qualcuno ha dormito su di lui, ma non ricorda più la forma che ha la tua testa e ha perso il tuo profumo, o forse non l'ha mai avuto, così me ne lancia addosso uno che non sa di te, come a chiedermi Dov'è lui? Non lo senti che ho l'odore sbagliato?
Lo specchio si è dimenticato come rifletterti. Ci prova, mette assieme forme confuse, se strizzo gli occhi mi sembra quasi di vedere il tuo profilo che mi spunta alle spalle nel gesto di chinarsi a baciarmi il collo, ma alla fine il tentativo fallisce. Desistiamo entrambi. L'unica cosa che può fare è dipingere la mia espressione sperduta, cercando di farmi capire quanto lui la condivida, ma non basta: la cornice dello specchio sembra così vuota, ora che c'è tanto spazio da occupare e solo il mio viso minuto disposto a distendercisi.
L'anta dell'armadio è rimasta aperta e gli scheletri delle grucce appendiabiti rabbrividiscono e stendono invano le loro braccia scarne, perché tu le hai spogliate dei loro vestiti e mi ci vorrà tempo – e voglia, e coraggio, e forza – per decidere che non voglio lasciarle livide di freddo o di pudore e occupare tutto il guardaroba con i miei e basta, di vestiti, senza lasciarti altro spazio.
La tua tazza preferita ti ha seguito nella tua fuga. Avrei dovuto immaginarlo, tenevi a lei più di quanto tenessi a me. Dovevi sempre averla accanto, altrimenti ti sentivi perso. Adesso le mie tazze hanno fatto cerchio attorno al vuoto lasciato dalla tua e lo evitano come se lei fosse stata una lebbrosa e avesse contaminato quel piccolo pezzo di scolapiatti. La cosa mi fa piacere, in modo crudele ma soddisfacente. Le mie tazze trattano la tua come un'appestata.
Mi ci vuole un po' più di tempo, ma alla fine scopro anche questo. La segreteria del nostro telefono si è trincerata nel suo malinconico silenzio, e si compiange per il tuo abbandono. Non c'è più il caldo messaggio delle nostre voci che allegramente comunicano la nostra assenza.
Adesso l'unico assente sei tu. E forse anche le parti di me che tu ti sei portato via senza saperlo e senza che io potessi impedirlo.
Mi rendo conto che sono bastati pochi gesti e poche ore per cancellare la tua presenza da questa casa e mi chiedo perché.
Perché io ti ricordo ogni istante, nei miei pensieri, e invece tutto quello che mi circonda ti ha subito declassato ad estraneo? Perché tutto ti ha dimenticato e io non posso cancellarti con un colpo di spugna?
Mi sveglio, stamattina, e mi sento persa.
E allora mi siedo sul divano e aspetto che torni, dovessi metterci anche vent'anni.
Aspetto che tu torni, e intanto scrivo, giusto perché non voglio che tu ti perda nemmeno un secondo della mia vita.
Aspetto... e non so come faccio a saperlo, ma sono certa che tu non hai intenzione di tornare indietro.


 



Poche briciole:
E' una raccolta palesemente senza senso, questa. Ha avuto la luce solo per permettermi di scrivere capitoli senza alcuno scopo in tutta liberà, così, come una discarica di pensieri stracci che non troveranno mai il loro spazio e che quindi piazzo qui, un po' alla rinfusa, ma sostanzialmente liberi di essere cosa, come, dove, chi, perché vogliono. Mi limito a gettarli qui e li lascio giochicchiare liberi, dandogli solo un po' di forma.
Spero solo che così senza controllo non si facciamo male.
LadraDiVita




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