capitolo4
«Porca puttana!» Urlò poco finemente Gwen,
incazzata con quella sfortuna che, come da previsto, glie l'avrebbe fatta
ancora una volta. «Dov'è andato?» Si guardò nervosamente attorno, frenetica.
Non poteva essere lontano!
L'uomo al quale rivolse quella domanda
però non sembrò darle molto ascolto: se ne stava lì a piangere per il suo
amante defunto, con le ginocchia per terra e le mani che continuavano a
scuoterlo nella speranza che fosse ancora vivo.
Scena che non riuscì ad evitarle un vecchio ricordo con il quale era in
continua lotta.
Non era forse la morte di qualcuno a far diventare un cacciatore tale?
Solo che Gwen aveva reagito, aveva provato a salvare sua zia Jacqueline e,
sebbene non avesse fatto in tempo, aveva almeno tentato. "Non c'è cosa più
avvilente che morire senza lottare" le diceva sempre quella scorbutica
donna. Lo ripeteva così tante volte che riuscì a farla diventare la filosofia
di vita di sua nipote.
Sbattè le palpebre e si riprese, costretta a darsi una mossa dall'imminente
situazione di merda nella quale si trovava.
«Michael, dov'è andato?» Domandò più sicura allontanandolo dal cadavere ancora
caldo del suo compagno.
Lui continuava a disperarsi ma, captata la determinazione di Gwen, anche lui fu
costretto a darsi un contegno.
«Peter è morto! È MORTO!»
Non avrebbe mai dovuto risponderle in quel modo.
Avrebbe tanto voluto avere il tempo di farlo calmare e di fargli assimilare
tutte le idee ma non poteva permetterselo: l'unico modo che aveva per ottenere
una risposta a quella domanda era prenderlo a schiaffi. Cosa che fece senza
problemi.
«Lo sarai anche tu, presto, se non mi dici dove cazzo è andato quell'affare che
l'ha ucciso!» La presa sulle sue spalle divenne più forte, per poco non
rischiava di lasciargli dieci fori come souvenir.
«Non so cosa... era un cane.. la sua co-»
«Dicci dove!» Accelerò saltando quella descrizione che già avevano avuto modo
di ricostruire con le testimonianze dei medici.
Quando vide le pupille dell'uomo dilatarsi per focalizzare qualcosa appena
dietro di lei, non riuscì a girarsi in tempo per colpirlo. Ma uno sparo ci fu
comunque.
Era sempre bello avere un compagno di squadra che ti guardasse le spalle.
«Lo stronzo è veloce.» E da quella frase capì che Dean aveva mancato il suo
bersaglio, sì, ma per lo meno era riuscito a dare il tempo a Gwen per mettere
nell'angolo Michael. Era lui che voleva, no?
«Vieni a prendertelo!» Lo invitò a farsi avanti lei, guardando la porta che
collegava la camera da letto al salotto.
Doveva essere per forza lì dentro.
Non aveva mai visto quella creatura prima d'ora: sembrava un cane, un
rottweiler dai denti un po' più affilati, con il corpo di una lontra e una coda
con, alla fine, una mano con tanto di artigli. Si muoveva in fretta, molto in
fretta. Era così veloce che Dean
non si accorse nemmeno di averlo perso, per un momento. Si guardò attorno, la
pistola puntata ancora nel vuoto, pronto a premere il grilletto una seconda
volta.
«Ssssh» fece a voce bassa, portandosi l'indice di una mano davanti alle labbra.
Lanciò un'occhiata di intesa a Gwen, che lei interpretò subito come un ''tieni
gli occhi aperti''. Poi avanzò cautamente verso il salotto, scivolando nella
penombra. Dean tastò a tentoni la parete, in cerca di un interruttore, e quando
lo trovò poté constatare che erano a corto di luce.
E' furbo, pensò, il bastardo ha staccato la corrente. Dean sospirò e procedette
con qualche passo in avanti. La stanza era vuota e le tende svolazzavano
leggiadre davanti alla finestra spalancata. Senza mai abbassare la guardia, si
avvicinò al davanzale e guardò giù.
Qualunque cosa fosse quell'affare, era riuscito a darsela a gambe. Ne ebbe la
conferma quando notò una piccola macchia di sangue che macchiava la superficie
in marmo. Ripose la pistola nei jeans e tornò da Gwen e il poveraccio sopravvissuto.
«E' scappato» annunciò con un tono irritato. «Ma è ferito. Credo di averlo
preso di striscio.»
«Che cos'era quella cosa?» balbettò Michael Connors, terrorizzato.
«Credimi, non vorresti saperlo» ribatté Dean in tono grave. Poi spostò lo sguardo
sul cadavere.
Una bella gatta da pelare, pensò sconfitto. Prese il telefono e chiamò il 911.
«Vorrei denunciare un cadavere» disse, quando una voce femminile rispose
dall'altro capo. Dean le comunicò l'indirizzo. «Il mio nome? Sì, il mio nome
è...» ma riattaccò con nonchalance prima di terminare la frase.
«Forza, impacchetta il nostro premio e filiamocela prima che arrivi la polizia»
disse a Gwen, prima di tornare davanti alla finestra. Tirò fuori un fazzoletto
e pulì la macchia di sangue sul davanzale. A loro serviva il DNA di quella
cosa, ma soprattutto non dovevano destare sospetti con le forze dell'ordine.
«Chi diavolo siete voi?»
Ottima domanda, Connors.
«Dovrei "impacchettarlo" io?» Indicò il poveretto come se fosse un
oggetto, qualcosa che non aveva il diritto nemmeno di essere ascoltato. E
infatti Gwen non l'aveva minimamente calcolato.
«Ci stavate seguendo?» Proseguì imperterrito, rimanendo nell'angolo come un
piccolo vermetto indifeso.
«E chi sennò?» Disse molto altruisticamente Dean. In realtà quella era solo una
frase che significava "io non ho la minima intenzione di preoccuparmene,
quindi tocca a te".
«Oh, certo! Lasciamo il lavoro sporco alla donna, davvero molto elegante,
complimenti!»
«Voi non siete dell'FBI?» Dio, quando odiava essere interrotta mentre parlava,
specialmente se sul posto di lavoro. Per carità divina però lo lasciò perdere:
ora era coinvolta in una specie di discussione con il suo amato collega. Se.
«Sei tu quella che ha familiarità con gli uomini nudi, Gwen, non io!» Allargò
le braccia Dean motivando la sua proposta. Dannato sorrisetto soddisfatto, glie
lo avrebbe staccato via a suon di pugni.
«Ehi, dico a voi!»
Ecco che contemporaneamente entrambe le teste dei cacciatori si voltarono verso
di lui, fulminandolo con lo sguardo.
«Se continui ad interrompermi, giuro che ti sparo in testa. Chiaro?» Lo avvertì
con la sua poca pazienza Gwen, tornando poi a snobbarlo come fatto fino ad
allora. «Sai cosa? Lo vedo abbastanza vigile e lucido da potersi impacchettare
da solo! Tu raggiungi la macchina e metti in moto. Io vedrò di aspettarlo qui,
visto che sei un uomo davvero esemplare!»
Non era un brutto piano dopotutto. Michael era l'unico socio rimasto, non
potevano rischiare di lasciarlo da solo: era la loro ultima speranza.
Un uomo nudo e tremolante era la loro unica speranza... accidenti che quadro
triste.
«Vedo che inizi ad avere qualche buona idea.»
«Se non sparisci immediatamente da qui farò conoscere il cosetto del nostro
amico Elton John alla tua macchina.»
Non aveva niente contro Elton John anzi, trovava "Sorry seems to be the
hardest word" una delle canzoni più poetiche che avesse mai ascoltato.
Cosa che non avrebbe mai saputo nessuno ovviamente. Era solo convinta che per
Dean, sapere di avere un uomo nudo nella sua Impala che non fosse lui, sarebbe
stato uno dei suoi peggiori incubi.
«Cosa volete farmi?? Dove mi portate??» Urlò l'uomo passando lo sguardo da Gwen
a Dean e da Dean a Gwen, ossessivo e -giustamente- spaventato.
«Mettiti qualcosa addosso e datti anche una mossa. Se sali nudo in macchina
quello a spararti in testa sarà lui.» Suggerì lei indicando con un cenno della
testa la porta che il suo compagno di caccia aveva appena varcato per
raggiungere il piano inferiore.
Quando finalmente furono pronti a partire, Dean schizzò via da quel posto con i
due passeggeri a bordo, prima dell'arrivo della polizia. Come da copione, quel
pover'uomo cominciò ad elencare una lunga lista di domande, domande che Dean
-come anche Gwen- conosceva a memoria per le troppe volte che se l'era sentite
rivolgere: chi siete? Che cosa volete da me? Voi non siete agenti dell'FBI?
Volete uccidermi?
«No, non vogliamo ucciderti, Michael» rispose pazientemente. «Ascolta, quella
cosa ti sta dando la caccia e presto verrà ad ucciderti. Noi vogliamo soltanto
impedirglielo.»
«Perché?! Io non ho fatto niente!» ribatté l'uomo, spaventato e confuso
insieme.
Come se questo importasse qualcosa. Probabilmente quella creatura viveva nel
lago e non accettava che la sua casa andasse sostituita con una diga. Non
voleva essere sfrattata e da lì che nasceva il suo desiderio di vendetta.
Dean e Gwen lo ignorarono, scambiandosi ogni tanto un'occhiata fugace, mentre
Michael Connors ripeteva le domande come se si aspettasse davvero una risposta
almeno da uno dei due. Alla fine si arrese, lo sguardo basso e pensieroso.
Questo era il momento peggiore, quando cominciavano a realizzare ciò che
avevano appena vissuto.
«Quella cosa ha ucciso Peter...»
«Ha ucciso anche gli altri due tuoi soci» aggiunse Dean, guardando il volto in
lacrime dell'uomo attraverso lo specchietto retrovisore.
«Io non voglio morire.»
«E non succederà» tagliò corto, tornando a guardare la strada. «Devi fidarti di
noi. So che ti abbiamo mentito, ma siamo gli unici che possono aiutarti, okay?
Se scappi sei morto, se resti nascosto vivi. E' chiaro?»
Michael annuì, asciugandosi le guance con i polsi. Dean sospirò e Gwen lo
guardò.
«Dobbiamo scoprire cos'è quell'affare» disse ragionevole.
«Prima portiamo Michael in un posto sicuro. Poi torneremo ad uccidere quel
canontra.»
«Canontra?» domandò Gwen, confusa.
Dean abbozzò un sorrisetto divertito, «sì, l'ho chiamato così. E' metà cane e
metà lontra, sai...»
La ragazza inarcò le sopracciglia, stranita. Poi scosse la testa e nascose un
sorriso dietro una mano.
«Ma
cosa sei, una donna? Muoviti!» Bussò ripetutamente alla porta Gwen per
sollecitare Michael -probabilmente nel ben mezzo dell'ennesima crisi di pianto-
ad uscire dal bagno della loro stanza di motel.
Erano tornati lì per dare la possibilità a Michael
di chiamare la sua famiglia ed avvertirla che sarebbe mancato per un po'. E in
più avrebbero dovuto fare rifornimento prima di incamminarsi per dodici, lunghe
ore alla volta di Sioux Falls, diretti dal caro vecchio Bobby.
«Sei sicuro di non voler riposare un po'? Non mi
pare tu abbia dormito granché ultimamente» si rivolse a Dean, indaffarato a
preparare i suoi borsoni. Ricevere una risposta negativa non deluse le sue
aspettative. «Se ci dividessimo faremmo molto prima» disse poi, organizzando nella
sua bella testolina un modo per velocizzare le cose e non rischiare di perdere
la vita in uno stupidissimo incidente stradale causato da un colpo di sonno.
No, Dean era un ragazzo previdente, non si sarebbe
mai messo alla guida della sua macchina se non fosse stato sicuro di poter
guidare senza pericoli.
Forse infondo, ma davvero infondo, Gwen voleva
evitare di spremere le energie di Dean fino all'estremo.
«Io accompagno "Mr.
Pisciata-più-lunga-del-mondo" da Bobby e appena scopriamo qualcosa te lo facciamo
sapere.» Urlò quel nomignolo d proposito, sperando che gli insulti potessero
arrivare al destinatario.
«È altruismo quello che sento nella tua voce?» Le
prestò attenzione lui, più shockato di avere a che fare con una Breakbones
umana che con un mostro mai affrontato prima.
«Abbrevieremmo i tempi, Dean. Sono dodici ore di
andata e dodici di ritorno. Per quanto ne sappiamo quel... quella canlontr-»
«Canontra» la corresse col sorrisetto, facendo
filare la zip del borsone.
«D'accordo, quella cosa potrebbe anche attaccare gli
operai. Ci serve qualcuno qui.»
Incrociò le braccia al petto, seria in volto e
determinata a fargli prendere almeno in considerazione quel suo corretto punto
di vista.
«Mi stai cedendo il caso perchè hai paura che io
possa farci schiantare lungo la strada?»
«No, non ti sto cedendo nessun caso e no, non voglio
dire questo. Non guideresti mai l'Impala sapendo di correre il rischio di
"schiantarti lungo la strada", non sei stupido.» Era strano sentire
la sua bocca aggiungere una negazione davanti ad un insulto.
«Questo posto è un incubo! Tutto è un incubo!» Si
lamentò Michael uscendo dal bagno. Ma, come da copiane, nessuno lo stese a
sentire, specialmente Gwen che ora era occupata a fissare Dean.
Dean spostò lo sguardo su Michael quando questi entrò in scena. Poi
tornò a prepararsi per il viaggio, ignorando le lamentele dell'uomo e le
occhiate scrutanti di Gwen.
«'Sta tranquilla» disse Dean, intento a riempire il secondo borsone con tutte
le armi che aveva precedentemente tirato fuori dall'Impala, una volta arrivato
a Toledo. «Gli operai sono al sicuro.»
«Cosa te lo fa pensare?» domandò Gwen, accigliata.
«Il canontra ha staccato la corrente quando eravamo nel nido d'amore di Michael
e Peter. Il che vuol dire solo una cosa: non gli piace la luce» rispose Dean,
tranquillo, con l'aria di chi aveva capito tutto.
Chiuse la zip del borsone e se lo carico su una spalla, afferrando l'altro con
la mano libera. Guardò Gwen e notò una strana espressione sul suo viso,
sembrava quasi sorpresa.
Che cosa credeva, che Dean non fosse in grado di fare certi ragionamenti?
Abbozzò un sorriso, tra il compiaciuto e il divertito. Poi indicò la porta a
Michael con un cenno della testa, invitandolo a chiudere il becco e a darsi una
mossa.
«Sta dormendo?» domandò Gwen, voltandosi indietro a guardare Miachel, disteso
nei sedili posteriori dell'Impala.
«Come un angioletto» rispose Dean, ironico.
Erano in viaggio da circa sette ore e il sole era sorto da un bel po'. Per
fortuna le strade erano abbastanza sgombre da permettere a Dean di proseguire
con un'andatura veloce.
Aveva come la strana sensazione che Gwen lo stesse osservando, ma decise di non
cercare di averne conferma. Continuò a tenere gli occhi puntati sulla strada,
ignorando gli occhi chiari della giovane cacciatrice.
«Avevo dimenticato quanto sei bravo in quello che fai» confessò all'improvviso
Gwen.
«Ci stai provando, per caso?» ribatté ironico, Dean, disegnandosi un sorrisetto
sghembo tra le labbra.
Gwen sorrise, divertita. «Come se la cosa ti desse fastidio!»
«Niente affatto» ammise Dean con sincerità, rivolgendole uno sguardo fugace.
Entrambi sorrisero e il silenzio calò nuovamente nell'abitacolo.
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