Warnings: H/C,
Post S3A, Femslash se vi va di vedercelo.
N/A: Scritta
per il Genetics Fest @ fanfic_italia,
prompt piante liv. 2 (linfa) + Elementale (Terra), e per 500themes_ita,
prompt #47. Un sogno, una vita intera.
Dust
bowl dance
Nel
sogno il mondo era così vecchio da sembrare di nuovo
giovane, e l'albero era di nuovo vivo, e potente, e affamato.
Nel
sogno c'era una creatura intrappolata nell'albero. Il suo volto
emergeva appena dal tronco, e il suo corpo sembrava fuso nella
corteccia; i suoi capelli erano foglie al vento, e le lacrime che le
solcavano le guance avevano il sapore della linfa.
La
creatura riaprì gli occhi di scatto, facendo sussultare gli
alberi e le piante tutt'intorno. Sentiva il pericolo avvicinarsi.
L'odore della morte ─ un odore umido come quello della terra e
dell'erba bagnata di brina, e antico come quello delle querce secolari
che la circondavano ─ era sempre più forte. Odiava
quell'odore, ma allo stesso tempo ne traeva forza.
Sbatté
le palpebre un paio di volte, come a voler scacciare le ultime briciole
di sonno, poi iniziò a liberarsi, allungando i due arti che
potevano definirsi le sue braccia ed inarcando il più
possibile la schiena, causando così una piccola frana di
pezzi di corteccia. Le foglie vibrarono, sussurrando nel vento, e gli
altri alberi scossero le chiome, anch'essi mormorando. La creatura si
rifiutò di ascoltare.
Dopo
essersi separata dall'albero si inoltrò più a
fondo nel bosco, camminando sicura tra le felci e le radici nascoste.
Il profumo della menta selvatica, mischiato con quello dei gelsomini,
la inebriava ad ogni passo, e quasi riusciva a coprire del tutto il
sottile ma costante tanfo di decomposizione che aleggiava ovunque.
La
creatura non sapeva dove stava andando, ma continuò ad
avanzare, nuda, con i capelli del colore delle foglie autunnali sciolti
sulle spalle, e con gli occhi rossi spalancati nella notte.
Era
una bellissima notte per morire, pensava intanto, volgendo lentamente
quello sguardo scarlatto al cielo notturno trapuntato di stelle. La
luna era tonda ed argentata come una moneta, e sembrava altrettanto
fredda. Tutto intorno le foglie frusciavano leggere nel vento notturno,
piccoli roditori rumoreggiavano nel sottobosco e, negli anfratti
più nascosti, brillavano gli occhi gialli dei gufi e di
altri ben più pericolosi animali.
Alla
fine giunse nel luogo in cui ormai sapeva di dover essere, e non ne fu
sorpresa.
Quella
che una voce nella sua testa riconosceva ancora come Beacon Hills era
ormai soltanto un villaggio di capanne, abitato da pastori e da
agricoltori. Un tempo c'erano state città e strade, e
computer e civiltà, ma ora non rimaneva che foresta e
polvere e memorie di un mondo distrutto troppo in fretta.
Lo
sguardo della creatura vagò tutt'intorno per qualche
istante, prima di posarsi sulla casa più vicina, costruita
proprio al limitare della radura. Un'unica lampada brillava sul
portico, illuminando parzialmente la figura di un uomo con il volto
nascosto tra le mani. Le sue spalle sussultavano in un modo che faceva
male soltanto a guardarlo.
La
creatura lo osservò a lungo, confusa. Era venuta per loro,
dunque? Ne dubitava. Iniziò comunque a piangere a sua volta,
perché conosceva l'uomo e conosceva la sua famiglia, e tutti
loro sapevano che la Morte stava arrivando. Il loro lutto era il suo.
All'inizio
la creatura pianse con soffici singhiozzi, poi con gemiti sempre
più alti, fino a quando un unico, doloroso urlo
spaccò il silenzio della notte come un tuono.
La
Cacciatrice la trovò proprio in quel momento, accasciata
sulla fredda terra e col volto nascosto tra le mani. La linfa le
scivolava tra le dita, strane lacrime profumate come fiori.
Nel
sogno la Cacciatrice aveva in mano un'arma che non si era
più vista da tanto tempo, un fucile di bronzo e d'acciaio,
che brillava appena sotto la luce della luna.
Nel
sogno la creatura allungava una mano, piangendo, tentando di spiegare
che non era colpa sua, pur sapendo che l'altra non l'avrebbe ascoltata.
Nel
sogno la Cacciatrice prendeva la mira con occhi gelidi e impietosi, e
sparava senza esitazione.
Nel
sogno la Banshee moriva piangendo la propria morte.
*
Nella
realtà Lydia si svegliò con un mal di testa
atroce, le lenzuola aggrovigliate intorno al corpo come funi, e la vaga
sensazione di aver decisamente esagerato con il gelato la sera prima.
Accanto
a lei, Allison dormiva ancora, apparentemente indisturbata dagli incubi
della sua amica. Per un attimo, guardandola, Lydia sentì un
brivido freddo scenderle giù per la spina dorsale, e alcuni
frammenti del sogno che stava facendo le tornarono improvvisamente in
mente. Sangue e lacrime e alberi e fucili. L'odore della terra. L'eco
di un urlo che ancora le ronzava nelle orecchie.
La
brutta sensazione passò non appena chiuse di nuovo gli
occhi, ma la ragazza continuò a rabbrividire senza sapere
bene perché.
«Tutto
bene?», domandò allora Allison con voce assonnata.
Lydia
si limitò ad annuire.
«Sono
arrabbiata con te», le comunicò poi, sistemando le
lenzuola in modo da potercisi di nuovo infilare sotto.
Allison
sbadigliò.
«Per
un motivo particolare o solo perché ti sei svegliata
così?», s'informò, girandosi su un
fianco e passandole un braccio intorno alla vita.
Lydia
si lasciò abbracciare, confortata dal calore dell'altra
ragazza. Non le capitava più molto spesso di fare incubi
come quello, quindi ─ anche se non lo avrebbe mai ammesso ─ era
sollevata che fosse successo proprio la sera in cui Allison si era
fermata a dormire da lei.
«La
seconda», rispose infine. «Ma anche
perché russi mentre dormi», mentì
spudoratamente.
Si
addormentò pochi minuti dopo, sorridendo, mentre Allison
ancora protestava, offesa ed indignata, che lei non russava affatto e
che se Lydia avesse mai provato a dire una cosa del genere davanti a
Scott, Isaac e gli altri le avrebbe strappato via i boccoli con una
pinzetta per sopracciglia.
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