REVELATION
I. Un’identità rivelata
Era una notte buia e senza luna, un ragazzo dai capelli
scuri dormiva inquieto.
Intorno a lui solo il buio. Dove si trovava? Su, giù, si
guardava attorno, perso, senza riuscire a trovare alcun riferimento. Non aveva
certezze a cui aggrapparsi. Camminava in quel luogo paradossale non sapeva dire
da quanto tempo, ma era sicuro che qualcosa non andava. Poi una voce, una voce
terribilmente familiare riempì quel luogo.
“Ryogaaaaa”
L’urlo disperato di Akane. Gli spazi inconsistenti
prendevano forma attorno alla ragazza. Finalmente riusciva a scorgere la sua
luminosa figura in quel mare di oscurità. Così vicina eppur così lontana.
Sembrava ci volesse poco a raggiungerla ma, per quanto si sforzasse, correva a
vuoto.
“Ryogaaaaa”
La donna che aveva imparato ad amare protendeva distrutta la
sua mano come per raggiungere qualcosa, ma dinnanzi a lei il nulla più
assoluto. Cosa cercava di afferrare? Cosa voleva rimanesse con lei? Chi?
“Ryogaaaaa”
La sua Akane era in lacrime. Sapeva il perché e come al
solito la colpa era sua. Ma stavolta non poteva semplicemente chiedere scusa:
il danno era IRREPARABILE.
Ancora quella voce nella testa poi più nulla a parte il
rumore delle ultime foglie gialle che volavano spinte dal gelido vento che
soffiava da nord e il lamentoso pigolio degli uccellini che attendevano la
colazione nei loro piccoli nidi. Il ragazzo dai capelli corvini si era
svegliato in un bagno di sudore e con una forte emicrania. Non era nel suo
solito futon bensì in un sacco a pelo in mezzo alla foresta. Nel raggio di
chilometri solo alberi, altissimi alberi secolari che impedivano la visuale. Le
ampie e intricate chiome filtravano i raggi del sole in modo tale da non
permettere ad essi di riscaldare l’umido suolo. Il verdeggiare dei parchi di
Nerima era ben poca cosa in confronto allo spettacolare paesaggio che gli si
palesava davanti. Un gelido soffio di vento lo fece tremare. Aveva i brividi e
si affrettò a vestirsi. Portava la solita casacca quella che indossava da anni,
alla quale era molto affezionato, compagna di tante avventure. In quella
foresta si era parecchio rovinata; era logora ma non aveva altri ricambi, al
momento della partenza non c’era stato neanche il tempo di farsi la valigia,
doveva sbrigarsi. Inoltre rimanere a casa Tendo ormai era solo infruttuoso se
non dannoso. Non aveva mai visto Akane in quello stato: era delusa,
arrabbiata,amareggiata, triste, confusa. Troppi fattori combinati rendevano
impossibile la loro convivenza già minata in principio. E come al solito doveva
partire, lasciare quella bella casa e cercare di porre rimedio ai propri
sbagli. Era stato distratto, aveva abbassato la guardia e ora ne pagava le
conseguenze.
:::INIZIO FLASH BACK:::
toc…
“Ranma”
Un rumore sordo e una voce pacata infastidivano il quieto
sonno di Ranma che, assonnato e credendo ancora di sognare si rigirò dall’altra
parte senza la benché minima intenzione di alzarsi.
“Ranma” …toc
Chi era che lo disturbava a quel ora della notte?
La luna, alta nel cielo, era a malapena visibile sotto i
grossi nuvoloni neri che la coprivano e che preannunciavano l’imminente arrivo
di un temporale. Le insistenti picchiettate di sassolini alla sua finestra
erano diventate insopportabili. Accanto a lui, Genma dormiva ancora e, in boxer
e canotta, si vide costretto ad alzarsi dal suo caldo giaciglio per avvicinarsi
alla finestra. Affacciatosi vide che la sua fidanzata carina lo attendeva
in giardino con un sorriso smagliante
sulle labbra. Ranma non riusciva proprio a capire cosa volesse da lui nel cuore
della notte. Da lei non se l’aspettava, lei era la sua più cara amica, lei non
era invadente, lei non era pazza; non era come Sham-poo o Kodachi. Stranito da
quel sorriso e sotto sotto preoccupato da quella visita notturna aprì la
finestra e con un salto raggiunse il giardino. L’aria era umida; la ragazza
indossava un dolcevita bianco panna a collo alto. Non l’aveva mai vista così
raggiante. Era cambiata, gli sembrò più femminile e matura.
Nel mentre, in un’altra stanza della casa, la minore delle
sorelle Tendo dormiva abbracciata ad un particolare maialino con una bandana
gialla al collo che, svegliato da alcuni rumori sospetti, cercava di liberarsi
dalla presa di Akane. Finalmente il porcellino aveva raggiunto la finestra ma
ora si trovava davanti un ostacolo ben più grande: i vetri e la porta chiusi.
Era in trappola. L’unica soluzione che aveva trovato per poter uscire a
controllare era svegliare quel angelo di Akane. Sì, quando dorme ha
un’espressione talmente distesa sul volto da sembrare un angelo. Aveva deciso
di svegliarla ma, prima fece un ultimo tentativo alla finestra, con l’ unico
risultato di ritrovarsi col muso arrossato schiacciato sul vetro.
Doveva svegliarla, ma con gentilezza, quindi si avvicinò
alle sue mani e cominciò a strusciarsi contro, purtroppo senza risultati.
Allora si portò all’altezza del viso di lei. Le sue gote, le sue labbra, il
profumo dei sui capelli. Una ragazza perfetta. P-chan era tutto rosso ma
stavolta leccandola delicatamente sul volto riuscì a svegliarla e, a giudicare dal
suo sorriso, l’aveva fatto nel modo giusto.
“Ciao piccolo mio. Cosa c’è?” quel suo tono così amorevole
aveva mandato in tilt le funzioni neurologiche del povero maialino, già
seriamente compromesse; poi udì nuovamente quel suono, ritornando in sé si portò
alla finestra seguito a ruota da Akane, coperta solo dal suo pigiamino giallo.
La ragazza aprì i vetri ma uno spiffero gelido la costrinse a richiuderli
rapidamente. Nonostante ciò P-chan era già fuori. D’impulso lei prese una larga
felpa grigia, souvenir del viaggio in America di Nabiki, la indossò e si
diresse verso il corridoio. Ormai era fuori dalla stanza quando decise di
soffermarsi a prendere la sua katana: poteva esserle utile. Giunta all’ingresso
mise le scarpe e uscì alla ricerca del porcellino nero. I suoi sensi erano
all’erta, aveva un brutto presentimento. Perché il porcellino era così nervoso
e, cos’erano quei rumori? Ispezionò il perimetro della casa fin quando non
avvertì delle presenze. C’erano delle persone che parlavano in giardino, proprio
sotto la finestra della camera degli ospiti. Parzialmente nascosti dai lenzuoli
stesi quella mattina da Kasumi c’erano Ranma e Ukyo abbracciati. Le parvero
così felici. Il suo cuore accelerò il battito, il suo corpo non rispondeva più
agli impulsi del cervello che gli diceva: “vai via, allontanati,
dimentica…dimentica”. Si chiese se infondo al fianco di Ranma fosse mai stata
veramente felice. Era la prima volta che vedeva il ragazzo esprimere i propri
sentimenti in modo così evidente, troppo timido per abbracciare così una
ragazza, eppure…Che sciocca; credeva di conoscerlo!
Li fissava, lì, immobile, inebetita, avrebbe voluto urlare
tutto il suo dolore, la sua rabbia,
avrebbe voluto fargli la parte come del resto faceva sempre ma questa volta
sentiva che era diverso. Lui desiderava quel abbraccio. Avrebbe voluto odiarlo,
avrebbe voluto lasciarlo, avrebbe voluto fare tante cose. Paralizzata da quella
scoperta ci pensò P-chan a vendicarla, il quale si scagliò con tutta la
violenza e la forza che poteva contenere quel misero corpicino, contro la
coppia. Ranma cominciò ad imprecare contro Ryoga. Dal cielo, come se potesse
percepire la tristezza di Akane, iniziarono a cadere grandi e freddi goccioloni
d’acqua che si andarono a mescolare con le stille salate che scivolavano prive
di controllo sulle guance della ragazza. Ukyo aveva aperto l’ombrello per
coprirsi e aveva cacciato un termos per ridare a Ranma le sue sembianze virili.
Una cascata d’acqua bollente investì Ranma-chan e il maialino che ancora non
aveva abbandonato il suo intento di farla pagare al codinato. La trasformazione
come sempre fu immediata.
Davanti agli occhi increduli di Akane ora comparivano tre
figure fin troppo familiari: una sbalordita cuoca di okonomiyaki, quello che
doveva essere il suo ragazzo e Ryoga. La sua mente non riusciva ad accettarlo,
come poteva l’eterno disperso essere il maialino che stringeva la notte e al
quale raccontava tutto? E come poteva essere stata lei così cieca da non
accorgersi di nulla?
Si trovava sotto la pioggia ormai da alcuni minuti ma
nessuno parve accorgersi di lei, risultò come invisibile fin quando, in preda
alla disperazione fece scivolare la sua katana, che cadde rovinosamente in una
pozzanghera di fango sporcandole le scarpe e le gambe nude. In quel momento il
suo pianto silenzioso cessò e si fecero sentire i primi rumorosi singhiozzi. A
terra con le ginocchia nel fango, sporca e per giunta in pigiama si sentiva
così baka. I tre sotto il grande ombrello giallo la fissavano. Ognuno con
stampata in viso una palese espressione di stupore che esprimeva appieno il
loro stato d’animo. Ucchan si sentiva sinceramente dispiaciuta, infondo se non
ci fosse stato Ranma di mezzo sarebbero potute essere ottime amiche, Ranma si
sentiva svuotato e immensamente in colpa e Ryoga, beh lui avrebbe potuto
lanciare lo shishiokodan più potente della sua brave e misera esistenza.
Dimenticatosi della pioggia Ryoga fece un passo in avanti, voleva starle
vicino, spiegarle, sperava che avvicinandosi a lei sarebbe diventato la spalla
su cui sfogare tutta la sua rabbia e colmare così il suo dolore, ma appena ebbe
poggiato il piede al di fuori dell’ombrello si ritrasformò il P-chan. Tutti i
dubbi e le ipotesi formulate da Akane che davano una spiegazione più piacevole
di quella reale caddero come un castello di sabbia al tramonto dell’estate.
Nessuno sapeva che dire, immobili non sapevano come comportarsi davanti alla
shockante evidenza, la ragazza forte e determinata che tutti conoscevano ora
desiderava solo scomparire.
:::FINE FLASH BACK:::
L’ultimo ricordo che il codinato aveva di Akane era
l’immagine di lei svenuta tra le sue braccia in forma femminile sotto la gelida
pioggia. Si chiedeva se per tutto quel tempo avesse fatto bene a nasconderle un
tale avvenimento. Lui in fondo voleva solo proteggerla ma non c’era riuscito,
anzi aveva peggiorato ancor più le cose fra loro distruggendo tutta la fiducia
che la ragazza poneva in lui e nel suo amico Ryoga. L’avrebbe mai perdonato?
Lui aveva solo coperto un amico, l’unico amico che aveva! Stava di fatto che
non attese il risveglio della ragazza per scoprirlo, poiché si mise subito
all’inseguimento di Ryoga partito con negli occhi lo sguardo di chi non sarebbe
tornato.