Mauschen
Ciao
a tutti. Sono nuova, ma avevo in mente questa fan fiction da secoli.
Finalmente mi sono messa all'opera ed eccomi qua.
I
Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è scritta
senza nessuno scopo di lucro, ma è oggetto della mie
fantasie.
Buona lettura a tutti.
Sono
graditissime le recensioni.
Helena.
Prologo.
Quando la mattina ti
svegli e guardi fuori dalla finestra se non vedi
il sole cominci a deprimerti. Questo succede alle persone normali. Ma
io non sono una persona normale. A me non piace il sole. Mi piaciono la
pioggia, e il vento. Mi piace la neve, e preferisco la notte al giorno.
Eppure quella mattina
quando ho visto il sole battere alla mia finestra
mi sono detto: "Finalmente è arrivata...l'estate."
Non ho potuto elaborare
granchè il pensiero comunque, dato
che
qualcuno si era buttato a peso morto sul mio letto soffocandomi, e
provocando l'arresto immediato del mio flusso sanguigno.
"Bill! E' il primo
giorno di vacanza, ti rendi conto?"
"Swe...mba njon
redspirto..."
"Eh?"
"Togliti dalla mia
faccia!" Sbottai, liberandomi del suo corpo pesante.
"Oh, scusa!" Tom non
sembrava affatto dispiacuto.
Cominciò a saltare lungo tutto il
perimetro del mio letto. "Bye bye giorni grigi e bui, e bentornato
sole!"
Cominciò a fare ciao ciao con la mano alla sfera infuocata e
luminosa che faceva capolino dalla mia finestra.
Mi alzai dal letto con
gli occhi ancora semichiusi e la bocca
impastata, ma con un sorriso. Mi diressi alla porta, e sentì
Tom
camminarmi a fianco. "La mamma è già su di giri
per
domani. Gordon ha detto che possiamo partire anche oggi se vogliamo, ma
mi sà che è meglio di no; oggi dobbiamo salutare
Andreas."
Rizzai il capo con
sguardo vispo. "E' vero, domani partiamo!"
"Penso che ormai non ci
siano più speranze..." Fece Tom, con
voce improvvisamente cupa. Mi voltai verso di lui rattristato. "Ti ha
telefonato ieri per dirtelo?"
Tom annuì.
"Si. Ha detto che la mamma non gli dà
il permesso."
"Uffa..." Sbuffai.
"Sarebbe stato più bello se fosse venuto
anche lui."
"Lo so."
"Ehi, cosa sono quei
musi lunghi?"
Alzai la testa e
guardai negli occhi mia madre bella come sempre, con
la sua chioma di ribelli capelli rossi e il sorriso sghembo, velato da
un debole rimprovero.
"Andreas non
può venire con noi. Sofia non vuole." Soffiai.
Lei
venne ad abbracciarmi per un pò, riempiendomi i polmoni del
suo profumo buono, poi mi sorrise dolcemente. "Posso
provare a parlare io con Sofia, come ultima spiaggia."
Sussurrò.
Vidi Tom spalancare gli occhi. "Ma avevi detto che non volevi metterti
in mezzo!" Esclamò. Mia madre si voltò per
guardare mio fratello negli occhi.
"Non
mi va che state così tutta la vacanza, e poi, se ben
ricordi, avevo detto che ci
avrei pensato sù." Disse, con voce allegra
e sguardo birichino. E prima che nè io,
nè lei ce ne
rendessimo conto, Tom aveva preso la rincorsa e le si era avvinghiato
addosso, stringendola in un abbraccio assassino. "Oh mutti! Sei la
mamma migliore del mondo, non ce ne sono come te, se riesci a
convincere quella megera ti prometto che saprò come
ringraziarti, credo che erigerò una statua solo per te e poi
chi la sà magari anche..."
"Ok, ok, va bene. Ora
basta piccolo ruffiano, ipocrita. Ci
proverò, ma non restateci troppo male se la cosa non va come
sperate, d'accordo?"
"Promesso." Dicemmo io
e Tom all'unisono. Dei gran sorrisi si erano
appena stampati sulle
nostre faccie, ma mentre nostra madre camminava verso il telefono
incrociammo le dita, guardandoci negli occhi.
Chissà cosa
avrebbe pensato Andreas una volta capito che sua madre parlava con la
nostra della famosa vacanza proibita.
Restammo in
attesa febbrile fino a che la chiamata non fu
terminata. Nostra madre si dimostrò gentile come sempre e
non fu
affatto invadente. Parlava col suo tono pacato e rilassato. "Grazie,
Sofia...ciao." La chiamata si chiuse così. Poi Simone si
voltò verso di noi, con sguardo indecifrabile. Io e Tom non
aspettavamo altro che la sua risposta. Lì, immobili, con gli
occhi fissi nei suoi, e delle espressioni ebeti.
Poi, finalmente, quella
si lasciò andare ad una risata
sonora,
il suo viso si illuminò, e annuì. "Viene con noi,
contenti?" E così cominciammo a saltare in lungo e in largo
per
tutto il perimetro della cucina, gridando: "Grazie mamma!"
L'abbracciammo a turno, ridendo come matti. Tanto che quando Gordon,
assonnato ed evidentemente frastornato fece la sua entrata in cucina,
dovette gridare per farsi ascoltare da noi.
"Che succede?
Cos'è tutta questa euforia?"
Mia madre
andò a baciarlo sulla bocca, prima di versargli
del caffè, e mentre io e Tom intonavamo l'ennesino:
"....Andreas viene in
vacanza...Andreas viene in vacanza....",
gli sussurrò nell'orecchio: "Ecco, ho convinto Sofia a farlo
accodare alla combriccola...mi dispiace che ti abbiano svegliato." Ma
Gordon sorrideva bonario mentre si infilava in bocca il suo cornetto al
cioccolato, Andreas gli era sempre piaciuto.
"Io direi che le valige
sono l'ultimo dei nostri problemi, Bill. Ti
rendi conto che con alta probabilità ovunque andremo avremo
bisogno di un passamontagna per passare inosservati?"
Roteai gli occhi.
"Sarà sempre
così, Tom. E' inutile che ti
arrovelli il cervello, spreca le tue energie per qualcosa di
più produttivo, piuttosto." Sbottai.
Quello mi
lanciò un'occhiata in tralice. "Mi stai dicendo
che il miglior uso che posso fare del mio tempo, sarebbe aiutarti a
scegliere quale tonalità di rosso ti dona di più?"
Andreas
sbuffò una risatina, ma si zittì non
appena mi voltai per lanciargli uno sguardo torvo.
"Grazie tante." Sbuffai.
Il mio amico sorrise.
"Dai, ti aiuto io." Disse, e il mio
visò si illuminò di nuovo in un sorriso. Lo presi
per mano trascinandolo fino a dentro la cabina armadio, afferrai la mia
valigia dallo scaffale più alto, e la poggai sul materasso.
Le mie maglie erano tutte sparse lì sù, sembrava
ci fosse appena stata un'esplosione di colori.
Andreas
sganò gli occhi. "Santo cielo, vi trattate
bene voi divi!"
"Dovrebbe essere
abituato a fare le valige ormai, e invece ogni volta
è la stessa storia: Oh
mio dio, e adesso che mi metto? Come farò? Questa
è una tragedia!"
Andreas
ridacchiò di nuovo, ma io sbuffai sonoramente.
"Quando la smetterai di prendermi in giro?"
"Quando tu la pianterai
di fare la prima donna." Tom scrollò
le spalle, sorridendo beffardo.
"Dai, lascia stare la
mia prima donna." Andreas mi poggiò
una mano sulla spalla, mi fece voltare verso di lui, poi mi
appiccicò addosso una maglia rosso scuro con dei disegni
tribali neri e dorati, e cominciò a studiarmi attento da
più angolazioni, come un'artista con la sua tela.
Poi sorrise.
"Questa." Disse. E la
infilò nella valigia.
Tom era inorridito.
"Siete senza ritegno..." Fu il suo commento, poi
prese porta scuotendo il capo.
Io invece regalai ad
Andreas un gran sorriso. "Mi ero anche dimenticato
di averla! Grazie Andi!" Esclamai. Quello fece un cenno col capo.
"Ordinaria amministrazione, cheri." E mi fece l'occhiolino. "Ora vado a
fare le mie di valige, o non credo che potrò essere dei
vostri domattina."
Mi abbracciò
sorridendo, e sparì oltre la porta
anche lui. Col suo passo leggero raggiunse il piano di sotto, e
salutò mia madre col suo tono pieno di allegria. Mi
affacciai alla finestra per guardarlo andare via, e sorrisi quando
dalla strada si voltò, per un ultimo saluto.
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