Atto I (Tanto per cominciare)
- Romeo e
Giulietta.
Uno dei drammi di Shakespeare più conosciuti e
più rappresentati al mondo,
assieme ad Amleto e a Riccardo III. La storia d’amore
di due
giovani che, dopo una serie di vicissitudini, si tolgono la vita.
Nell’aula di Letteratura
della Dalton Academy si sentivano
solo le parole della professoressa Isabelle Plessis, il rumore che
facevano i
tacchi delle sue scarpe, lo strusciare delle penne sui quaderni di quei
pochi
studenti che stavano prendendo appunti. La professoressa Plessis
parlava con
voce bassa e un po’ roca con un accento che denotava le sue
origini francesi e
questo era uno di quei piccoli dettagli che avrebbero potuto renderla
un facile
bersaglio delle burle degli studenti ma nessuno ci avrebbe mai provato,
per un
semplice motivo: Isabelle Plessis non solo era una donna che sapeva
farsi
rispettare ma era anche molto affascinate. Lei era la prova vivente di
quello
che diceva sempre Sebastian sulle donne francesi: “Non
invecchiano mai”. E
infatti, a sessant’anni, la professoressa Isabelle Plessis
aveva un fascino
tutto suo: non era alta e aveva un fisico esile e magro, il viso aveva
rughe
lievi e quelle poche macchie cutanee, indici della vecchiaia, sotto il
fondotinta sembravano delle efelidi; la bocca era piccola e poco
abituata a
sorridere, i capelli, che portava legati in un elegante chignon, erano
di un
rosso sbiadito, che in gioventù doveva essere stato di una
sfumatura più
luminosa, con qualche filo argentato sulle tempie; e gli occhi
sembravano
racchiudere il verde cangiante delle foreste della Francia. Le sue
lezioni
erano le uniche che Nick e Jeff non interrompessero con chiacchiere o
videogame
nascosti sotto il banco, anzi erano le uniche alle quali prestassero
attenzione… sempre che “fissare insistentemente la
prof. con gli occhi da
maniaco e la bava alla bocca” fosse sinonimo di
“prestare attenzione”. Per non
parlare di James Kirk, talmente sicuro dei suoi soldi e del suo
fascino, che ci
provava con lei in maniera non tanto velata ogni volta che le chiedeva
un
approfondimento o un consiglio per una ricerca o quando le consegnava
un
compito, una mano sulla scrivania, una sul fianco, la cravatta
allentata e
l’occhio ammiccante da playboy. Ma la professoressa Plessis
non era tipo da
lasciarsi lusingare da simili attenzioni, anzi esigeva il massimo dai
suoi
studenti e per fortuna riusciva a mantenere vivo l’interesse
di chi la
ascoltava, modulando la voce in modo da non renderla monotona,
camminando per
l’aula e rivolgendo domande, di punto in bianco, ai ragazzi.
Per questo era
l’insegnante preferita di Kurt; a giudicare dal modo di
imporsi e dalla
dizione, sarebbe stato pronto a giurare che la professoressa Plessis
avesse un
passato da attrice.
- La storia dei due sfortunati amanti
di Verona è talmente
conosciuta e ha ispirato così tante storie che molti, al
giorno d’oggi, la
ritengono “sorpassata” o addirittura
“fuori moda”. Ma voler ridurre Romeo
e Giulietta semplicemente alla sua
superficie è sbagliato e fuorviante. Romeo
e Giulietta non è una triste storia di morte ma un
inno alla vita in ogni
sua forma, alla voglia e alla smania di vivere, all’amore
vissuto fino allo
stremo. Signor Smythe – continuò rivolgendosi a
Sebastian cogliendolo di
sorpresa – Signor Smythe, secondo lei perché Romeo
e Giulietta alla fine si
uccidono?
Sin dal primo giorno, Sebastian era
sicuro che la
professoressa Plessis avrebbe avuto un occhio di riguardo per lui,
essendo lei
francese ed essendo lui stesso vissuto per molti anni in Francia, ma si
era
dovuto scontrare con la realtà dell’intransigenza
di quella donna tanto
affascinante quanto fanatica dell’educazione.
- Ehm… be’,
credo… perché Shakespeare si è giocato
la carta
del sesso a metà della storia – provò a
rispondere Sebastian scatenando tra i
suoi compagni un lieve fruscio di risatine maliziose; la Plessis, senza
scomporsi, arricciò le labbra in maniera ironica, come se
volesse fare il verso
a quelli che ridevano.
- Grazie, signor Smythe –
disse lei – Adesso mi piacerebbe
sentire una risposta da uno che non abbia i neuroni collegati
unicamente ai
suoi genitali – continuò, zittendo tutti. Riprese
a passeggiare tranquillamente
tra i banchi, cercando anche solo un guizzo di timido interesse da
parte dei
suoi alunni. E alla fine lo trovò – Signor Hummel
– si fermò davanti al banco
di Kurt, in seconda fila – La vedo molto interessato; forse
lei sa dirci
perché, alla fine, Romeo e Giulietta si uccidono?
- Forse – rispose Kurt,
alzando gli occhi dal quaderno pieno
di appunti – potrebbe dipendere dalla loro età.
- Ecco, ci siamo! –
esclamò la Plessis, portando il dito
indice dalle sue labbra in direzione di Kurt –
L’età. Dettaglio non
trascurabile. Si possono fare pazzie ad ogni età per amore,
ma mai come quando
hai quattordici, quindici o sedici anni, quando tutto è
nuovo e inaspettato.
Quando ci si innamora per la prima volta ci si sente in grado di fare
tutto,
dallo smuovere le montagne allo scrivere stucchevoli
poesie d’amore; si pensa persino
di poter morire per amore, uno può trovarlo quasi giusto;
perdere la persona che
ami ti fa già sentire morto dentro, in un certo senso, e la
morte fisica non ti
sembra poi così terribile perché hai
già sofferto più di quanto potessi
immaginare. Se sei una persona matura puoi anche capire che la vita va
avanti.
Ma quando sei giovane, puoi decidere di lasciarti andare ai colpi di
testa, gli
altri ti accuseranno di incoscienza ma tu avrai semplicemente seguito
la tua
natura. Non è d’accordo col mio punto di vista,
signor Anderson? – si
interruppe notando la smorfia di disappunto che era comparsa sul volto
di
Blaine.
- No, professoressa, non mi trovate
d’accordo – rispose il
ragazzo tranquillamente.
- Per quale ragione?
- Non mi riconosco nella descrizione
che ha fatto del
giovane al suo primo amore. Sicuramente un simile atteggiamento poteva
non
essere… diciamo pure “strano” anni fa,
ma al giorno d’oggi i modi di fare e di
pensare sono diversi, le nuove generazioni sono molto più
ciniche e si tende a
banalizzare certi sentimenti e le priorità sono diventate
altre, per questo
certe pazzie fatte per amore sono non solo inutili, ma ridicole e
patetiche.
- Non vorrei sbagliarmi, ma non
è lei, signor Anderson, che
qualche mese fa ha fatto una serenata ad un commesso di GAP, per poi
ricevere
un due di picche, come si suol dire?
-
Ahia! Colpito e
affondato, Blaine! – esclamò teatralmente Nick,
seduto davanti a Blaine, mentre
il resto della classe si lasciava andare ad una risata più
libera, con la sola
eccezione di Kurt che tenne lo sguardo basso sul suo quaderno,
correggendo
approssimativamente la posizione di un punto o di una virgola, le
guance
arrossate… anche se non come quelle di Blaine.
- Sì, lo ammetto, questa
è un’eccezione – arrancò con
le
parole, il ragazzo – Ma non mi sono disperato più
del dovuto quando sono stato
rifiutato, anzi posso dire di stare bene oggi.
- Forse perché, in fondo,
lei non provava nulla di autentico
per quel ragazzo – replicò tranquillamente la
professoressa Plessis – Chi lo
sa, magari prima o poi, tra un anno o anche tra qualche giorno,
troverà o si
accorgerà dell’esistenza di una persona
“più particolare” delle altre, una per
la quale varrà la pena di fare qualche pazzia, non morire,
certo, ma una di
quelle pazzie tipo: spendere una vagonata di soldi per seguirla
dall’altra
parte del mondo, chiederle di sposarla con una dichiarazione in grande
stile.
Nella vita non si può mai sapere.
Blaine non rispose.
- Compito per la prossima settimana
– continuò la Plessis
ritornando alla cattedra – In questi giorni voglio che
studiate a fondo
quest’opera teatrale e con studiare non intendo semplicemente
leggerla e
analizzarla ma viverla, trovare qui fuori i sentimenti che sono
racchiusi in
quel libro: rabbia, amicizia, rivalità, amore. Alla fine non
dovrete scrivere
nessun compito o saggio. Voglio che parliate, semplicemente e
sinceramente.
- Professoressa – fece
Trent, alzando timidamente la mano –
è molto interessante come compito, ma il fatto è
che lo trovo un po’ difficile
da fare. Uno avrebbe bisogno di parecchio tempo per accumulare simili
esperienze e molti di noi non hanno un minuto libero nemmeno nel fine
settimana. Non credo che avremo molto da raccontare la prossima
settimana.
- Non è un problema che mi
riguarda – lo liquidò
tranquillamente la Plessis – Io vi ho assegnato un compito,
spetta a voi
trovare il modo più adatto per portarlo a termine. E come vi
ho detto, voglio
che parliate sinceramente, non pretendo la trama di un film
adolescenziale.
In quel momento suonò la
campanella.
- La lezione è finita.
Potete andare – li congedò la
professoressa, mettendosi a segnare le presenze sul registro.
- Professoressa – le si
avvicinò Jeff, mentre gli altri
prendevano le loro cose – Non è che, magari,
potrebbe convincere il preside e
gli altri docenti ad esonerarci dai compiti e a concederci delle libere
uscite
per questo fine settimana, così magari potremmo avere
abbastanza tempo per fare
quelle esperienze che ci sono state richieste dal suo compito. Insomma,
anche
noi abbiamo bisogno di qualche ragazza; solo perché siamo un
istituto maschile
non vuol dire che siamo tutti gay…
- Sebbene io ritenga la vostra
incoscienza sessuale un
argomento molto interessante, signor Sterling – lo interruppe
lei, senza alzare
gli occhi dal registro – devo ricordarle che la lezione
è finita. Le auguro una
buona giornata.
Sconfitto, Jeff raggiunse Nick alla
porta mormorando un “Ci
ho provato” a mezza voce.
Kurt era uscito dall’aula
ed era a metà del corridoio quando
si sentì afferrare per il braccio e voltandosi di scatto
incrociò un ansimante
Blaine; doveva aver recuperato i suoi libri e i suoi quaderni in fretta
e furia
ed essersi scapicollato fuori dall’aula ad una
velocità non consentita in un
istituto educativo.
- Blaine, ma che ti prende?!
– fece Kurt, appoggiando una
mano sulla spalla del ragazzo di fronte a lui, che stava cercando di
riprendere
fiato.
- Non volevo perderti di vista nel
cambio dell’ora – rispose
Blaine.
- Blaine, quanto puoi essere idiota
– replicò Kurt,
mollandolo e riprendendo il suo tragitto – Non ho bisogno
della guardia del
corpo qui.
- No, non intendevo…
scusami – incespicò Blaine, seguendolo
– E’ che, visto che abbiamo orari diversi per il
resto della giornata, volevo
sapere cosa ne pensi del compito della Plessis.
- Potevamo discuterne tranquillamente
stasera senza che tu
mettessi a rischio le tue coronarie.
- Mi conosci – rispose
Blaine, ridacchiando – Questo
pensiero mi avrebbe ossessionato per l’intera giornata, non
sarei riuscito a
concentrarmi durante le lezioni e i miei voti sarebbero collassati. Non
vorrai
mica essere responsabile delle mie carenze scolastiche?
- Dio ce ne scampi –
replicò con tono fintamente
melodrammatico Kurt – Comunque, devo dire che come compito
è veramente
interessante, per non dire strano. Al McKinley il massimo a cui si
può aspirare
in fatto di compiti è improvvisare delle mini scenette
recitate tratte dai
brani assegnati e solo quando c’è la supplente, la
professoressa Holiday.
- Sai già cosa fare?
- No – si limitò
a rispondere Kurt con una scrollata di
spalle – Tu invece? Hai qualche nuovo commesso di GAP da
corteggiare? –
scherzò, nascondendo una nota amara nella voce.
- Se fosse possibile, al momento
gradirei evitare qualunque
cosa che abbia a che fare con l’amore. Pensavo che non
esistesse niente di più
complicato dell’algebra. E invece mi sbagliavo di brutto.
- Visto così, questo
compito sembra l’opera di un sadico… e
senza spargimenti di sangue, il che è ancora più
terribile. Senti Blaine,
domani pomeriggio io e…
Kurt non riuscì a
concludere quello che stava dicendo perché
si sentì afferrare nuovamente per il braccio, stavolta con
più violenza di
prima. Senza che potesse nemmeno rendersi conto di cosa stesse
succedendo,
sentì due dita afferrarlo per le guance e girarlo, poi due
labbra umide sullo
zigomo e una voce bassa e fin troppo riconoscibile che urlò
“Oh Giulietta, mia
Giulietta!”
- Ma sei scemo! –
sbottò Blaine contro Sebastian che,
lasciato Kurt, stava correndo via ridendo come un pazzo – Ti
sei fatto male? –
si rivolse a Kurt.
- No, tranquillo – rispose
Kurt, asciugandosi il punto in
cui Sebastian lo aveva baciato e massaggiandosi la mascella –
Ho subito di
peggio.
- Quello dovrebbe seriamente rivedere
le sue priorità –
borbottò Blaine, infastidito, guardando nella direzione
presa da Sebastian.
- Non dargli retta – disse
Kurt, ricomponendosi e
riprendendo a camminare – Andiamo o faremo tardi a lezione.
- Cosa mi stavi dicendo prima che
“mister Simpaticone” ci
interrompesse?
- Ah sì. Domani pomeriggio
io e Mercedes andiamo a farci un
giro al centro commerciale di Lima: giriamo un po’ per i
negozi, ci mangiamo
qualcosa, prendiamo in giro le ragazze che spendono tutti i loro soldi
in mise
orribili – continuò strappando una risatina a
Blaine – E volevo chiederti se ti
andava di unirti a noi.
- Mi piacerebbe tanto; avrei proprio
bisogno di staccare un
po’ la spina, ma domani pomeriggio ho il corso
extracurricolare di Informatica
e il professor Hewet ci tiene alle presenze.
- Ah – si limitò
a rispondere Kurt, non riuscendo a
nascondere la delusione.
- Ma – fu lesto a
rispondere Blaine, notando le labbra di
Kurt ridotte ad una mesta linea dritta – magari, se riesco a
finire prima, vi
raggiungo – si sentiva in grande difficoltà quando
Kurt sembrava perdere il suo
buonumore, mentre riusciva ad esprimersi con maggior scioltezza quando
lo
vedeva sorridere. Questo era uno dei tanti motivi per cui Blaine
avrebbe voluto
avvicinarsi alla psicologia: come riusciva una persona a parlare
tranquillamente semplicemente guardando il sorriso di
un’altra? La risposta,
sicuramente, sarebbe stata uno di quei lunghissimi discorsi complicati
pieni di
“teoria del tale”, “sindrome del
tal’altro” e di “causa derivante
dall’influsso
dell’oggetto sul soggetto” e di altri mille
scioglilingua, Blaine poteva ben
immaginarlo.
- Non voglio che tu ti senta
obbligato – si schernì Kurt –
Era solo un’idea.
- Dai, ti mando un messaggio se mi
libero – Blaine non
demorse – Te l’ho detto che piacerebbe tanto anche
a me venire con voi. Non mi
perderei le vostre critiche da stilisti per nulla al mondo.
- Basta che mi prometti di non
correre in macchina.
- Promesso, papino – lo
sbeffeggiò Blaine dandogli un
colpetto con la spalla.
- A proposito di correre –
Kurt si fermò davanti alla porta
dell’aula di Storia, sul viso un sorrisetto crudele
– Io sono arrivato alla mia
destinazione ma, se non sbaglio, tu non dovresti essere a lezione di
Biologia,
adesso?
“Oh cazzo”
pensò Blaine; aveva completamente scordato di
dover andare nell’aula di Biologia… che si trovava
nell’ala opposta della
Dalton.
- Penso che ti convenga correre,
almeno per questa volta –
canticchiò crudelmente Kurt, gli angoli delle labbra di
nuovo alti, a sollevare
la carne delle guance sugli zigomi.
Blaine non gli diede nemmeno il tempo
di finire di parlare
che subito si era voltato e si era messo a correre, fendendo la folla
di
studenti ritardatari, la testa che già era al momento in cui
il professore lo
avrebbe strigliato per benino per il ritardo; al momento in cui, il
giorno
dopo, nell’aula di Informatica avrebbe spiato in
continuazione l’orologio,
aspettando la fine dell’ora; il momento in cui lui, Kurt e
Mercedes avrebbero
tastato i morbidi maglioncini esposti nei negozi
d’abbigliamento, ascoltato gli
ultimi successi nei negozi di dischi, detto ad alta voce che non si
è mai
troppo grandi per entrare in un Disney Store, ingozzatisi di muffin al
bar… ok,
solo lui e Mercedes, mentre Kurt avrebbe sgranocchiato uno dei suoi
“amatissimi” biscotti integrali, salvo poi
lasciarsi tentare da una porzione di
marmellata; al momento in cui Kurt avrebbe sorriso ancora,
perché quello
sarebbe stato il momento in cui avrebbe sorriso anche Blaine.
* * *
Tra le cose su cui si era
espressamente raccomandato Kurt
per il suo appuntamento con Mercedes, c’era il dettaglio
(importantissimo) di
non dire nulla a Rachel: avevano intenzione di prendere di mira
principalmente
i negozi d’abbigliamento e l’ultima cosa di cui
avevano bisogno erano i
consigli di una che si ostinava a vestire come una vecchia signora con
la fissa
per le fiere di paese.
Poterono, quindi, passare quel
pomeriggio come ai primi
tempi della loro amicizia, quando argomenti ora irrilevanti erano
ancora di
vitale importanza ai loro occhi di neo-adolescenti.
- Evitando di parlare di scalette e
canzoni per le Regionali
– disse Kurt, provando un berretto davanti allo specchietto
rotondo
dell’espositore – come vanno le cose tra le New
Direction?
- Come al solito – gli
rispose Mercedes che intanto si stava
provando una serie di occhiali da sole, di quelli che però
servivano a
ripararsi dal sole come ultima opzione – Non puoi immaginare
cos’è successo
questa settimana, poi. Rachel ha detto che qualcuno le ha messo del
lassativo
nel pranzo alla mensa e ha fatto scoppiare un putiferio: si
è messa a dire che
qualcuno di noi ha cercato di “sabotarla per soffiarle
l’assolo per le
Regionali”.
- Tipico di Rachel –
commentò Kurt con una smorfia di fastidio
al ricordo del carattere da diva consumata di Rachel.
- E dovevi vedere come il professor
Schuester la difendeva!
Ha attaccato con uno di quei suoi discorsi del tipo “Dobbiamo
restare uniti”,
“Rachel è la nostra arma vincente”,
“Rachel è la reincarnazione della Grande
Dea Creatrice del Mondo e dobbiamo farle da zerbini perché
non siamo degni di
stare alla sua presenza”; insomma, le solite cose.
- Questa è una di quelle
cose che non mi mancano del
McKinley.
- Alla fine, nella lista dei
sospettati siamo finiti io,
Santana e Puck anche se sospettiamo tutti di Brittany –
concluse Mercedes con
una risata; anche Kurt la seguì posando allegramente il
berretto al gancio e
prendendo la ragazza sottobraccio ed uscendo dal negozio in pieno stile
“Mago
di Oz” – E alla Dalton come vanno le cose?
– si informò Mercedes.
- Sarà anche una scuola a
“tolleranza zero per il bullismo”,
ma le teste di cazzo si trovano anche lì; e nei Warblers
c’è sempre una
continua lotta per gli assoli, sembra di avere a che fare con un
esercito di
Rachel Berry in blazer. Incomincio a credere che tutta quella facciata
di
gruppo corale formato da super amiconi democratici sia una montatura
per
confondere gli avversari.
- Sai benissimo cosa voglio dire
– replicò Mercedes, alzando
gli occhi al cielo – Tu e Blaine siete ancora in
modalità “amici e basta” o
avete finalmente deciso di diventare “amici che si esplorano
le tonsille a
vicenda”? – ridacchiò ricevendo per
tutta risposta una lieve gomitata nel
fianco dal ragazzo.
- Per favore Mercedes evitiamo certi
discorsi – sibilò Kurt.
- Perché? – fece
lei, stupita – Siete tutti e due giovani,
belli, con molte cose in comune e, a giudicare dalle vostre ultime
cotte,
seriamente bisognosi di un qualche tipo di rapporto più
approfondito. Se certe
cose non si fanno alla nostra età, allora quando?
- E che mi dici della
“tua” vita sentimentale?
A quella domanda Mercedes si
zittì, stringendo le labbra in
una smorfietta imbarazzata.
- Touché – si
limitò a dire – Scherzi a parte, veramente non
state provando a far evolvere le cose tra voi due?
- Ma perché dovremmo? Solo
perché siamo tutti e due gay? Sì,
è vero, non nego di averci fatto un pensiero quando
l’ho conosciuto, ma dopo
tutto quello che è successo tra noi… sicuramente
Blaine aveva ragione: abbiamo
una bellissima amicizia, stiamo bene tutti e due così come
siamo. A che
servirebbe rischiare di rovinare tutto con una relazione che non
sappiamo
nemmeno se e quanto durerà?
Involontariamente, Kurt concluse quel
discorso con un
sospiro che gridava a gran voce “frustrazione”,
“rassegnazione” e “sono stufo
marcio di aspettare”. Se Mercedes gli avesse chiesto se
preferiva avere Blaine
come amico o come fidanzato o ragazzo, non avrebbe assolutamente
nascosto di
aver preferito mille volte la seconda opzione, ma se c’era
una cosa che la vita
gli aveva insegnato, a parte che il peggiore degli outfit poteva
passare per un
capolavoro della moda se indossato nel modo giusto, era che non
c’era niente di
più fragile del rapporto esclusivo tra due persone;
già un’amicizia poteva
avere una data di scadenza che nessuno conosceva e
l’amore… stesse modalità ma
più doloroso. In fondo, anche questa era una cosa che lui e
Blaine avevano in
comune: talmente terrorizzati dal pensiero di perdere qualcuno per uno
sbaglio
da preferire un’amicizia priva di scossoni; e sebbene, in
alcuni momenti,
sembrasse tutto irreale e di circostanza, Kurt non avrebbe mai
rinunciato a
quello che avevano.
- E’ meglio così
– disse – Lo preferiamo entrambi.
- Se è questo che
preferite – replicò Mercedes con
un’alzata
di spalle – Ciò non toglie che siete due idioti,
lui perché dice queste cose,
tu perché ci credi.
Proprio mentre Mercedes pronunciava
il “ci credi” si sentì
il trillo del cellulare di Kurt dalla tasca del ragazzo che lo prese e
rispose
– Blaine.
- Parli del diavolo –
ridacchiò Mercedes.
- Dove sei? –
continuò Kurt parlando al telefono.
- Sono entrato proprio adesso nel
centro commerciale – gli
rispose la voce Blaine – Voi dove siete?
- Siamo al piano di sopra, vicino al
bar – rispose Kurt – Ti
aspettiamo dentro.
- Spero che non siate ancora andati
al Disney Store –
continuò Blaine e, a giudicare dal fiatone, stava correndo
di nuovo; sempre per
raggiungerlo – E, comunque, poco importa; anche se ci siete
già stati, ora che
ci sono anch’io, è d’obbligo una visita.
- Va bene, piccolino – lo
prese in giro Kurt entrando nel
bar con Mercedes – Intanto, papà ti ordina un
muffin al cioccolato.
- Non ho bisogno di altri incentivi,
sto già correndo –
rispose Blaine.
Kurt terminò la telefonata
con un sorriso per poi vedere
Mercedes che lo fissava con un sopracciglio sollevato.
- “Piccolino”?
“Papà”? Siete passati ai
“giochi di ruolo”
con una sola telefonata?
- Oh, guarda Mercedes –
Kurt corse ai ripari, già sapendo
che l’amica sarebbe ritornata alla carica, indicandole un
tavolino – Lì ci sono
dei posti con i nostri nomi scritti sopra. Deve essere un segno del
destino,
andiamo – e la trascinò al centro del bar senza
darle il tempo di replicare.
Si sedettero e subito una cameriera
munita di una penna e di
un block notes si avvicinò a loro per le ordinazioni e
proprio mentre Mercedes
chiedeva una cioccolata calda e Kurt un cappuccino medio, Blaine
“piovve”
letteralmente accanto a loro, su una sedia rimasta vuota, e con un tono
di voce
strozzato che gli usciva dalla bocca aperta in un sorriso a trentadue
denti
disse – Muffin!
- E un muffin al cioccolato per lui
– disse Kurt alla
cameriera.
- Facciamo due – disse
Mercedes – Anzi tre. Conto sulla
presenza di Blaine per farti mangiare come noi, almeno per questa
volta.
Il resto della giornata
passò in quella maniera doppiamente
spensierata per Kurt, con l’amica e l’amico che
sarebbe potuto essere qualcosa
di più, senza particolari avvenimenti, una giornata alla
quale bastano le cose
più semplici per rimanere nel cuore di chi la vive. Un
muffin condiviso, una
corsa all’indietro sulle scale mobili, saltare da un negozio
all’altro,
spendere un bel po’ di soldi in peluche della Disney.
- Ditemi quello che volete, ma
Malefica vale tutte le
Principesse Disney – disse Mercedes, ammirando il suo peluche
di Malefica –
Questa mi terrà compagnia nei momenti in cui sarò
di malumore per i problemi
d’amore. A proposito di “problemi
d’amore” – continuò rivolgendo
ai due ragazzi
un’occhiata che a Kurt non piacque per niente – con
il vostro permesso, dovrei
andare alla toilette delle signore.
- E cosa centrerebbe con i
“problemi d’amore”? –
sbottò
Kurt, sconvolto.
- Fidati “cioccolatino
bianco”, un giorno mi ringrazierai –
Mercedes gli fece l’occhiolino ed entrò nella
toilette più vicina.
- Cosa voleva dire? –
chiese Blaine, confuso.
- Ha comprato un peluche di Malefica;
ha preso una tartina
alla carota al bar; è ovvio che è impazzita
– disse Kurt, poi notò l’insegna
del negozio di fronte a loro: abbigliamento da notte; a quanto
sembrava,
scrivere semplicemente “pigiami” non sarebbe stato
abbastanza elegante – Be’,
visto che siamo qui, entriamo un momento. Avevo proprio bisogno di un
pigiama
nuovo.
I due ragazzi entrarono: quello era
un normale negozio
d’abiti immerso nell’atmosfera ovattata di un gran
hotel che si prepara ad
andare in letargo: manichini coperti da morbidi pigiami e vestaglie,
scaffali
con indumenti piegati a mo’ di cuscini, grucce che esibivano
capi
d’abbigliamento come le cortine di un letto a baldacchino.
Blaine si immerse
tra quelle cortine col naso per aria, mentre Kurt buttava un occhio sui
pigiami
negli scaffali; ad attirare la sua attenzione fu un pigiama di taglio
primaverile di stoffa leggera color blu notte, i bottoni del colletto
erano di
un azzurro nuovo e luminoso. Passò l’indice sul
secondo bottone, tastandone la
liscia morbidezza un po’ fredda tipica di un oggetto mai
toccato. Mentre il
dito percorreva quel minuscolo cerchio, gli tornò in mente
il ricordo di un
gesto simile che faceva quando era piccolo, un gesto rassicurante e
denso di
momenti a lungo addormentati nella sua memoria. Quattro o cinque anni;
sì,
doveva avere più o meno quell’età
l’ultima volta che aveva passato l’indice su
un bottone in quel modo.
- Ah, Kurt! – sentendo la
voce di Blaine dietro di sé, Kurt
ritirò la mano; voleva mantenere solo per sé quel
ricordo – Mi ero dimenticato
di dirti che Nick e Jeff hanno organizzato una “notte
bianca” per domani alla
Dalton; nulla di troppo estremo o chiassoso, vogliono evitare problemi,
è solo
un modo per passare una notte in compagnia. Naturalmente anche tu sei
dei
nostri.
- In questo caso, un elegante pigiama
nuovo è d’obbligo –
rispose Kurt sorridendogli e facendo per rimettersi a cercare tra gli
scaffali
quando un gesto di Blaine lo bloccò.
Quasi con nonchalance, Blaine
passò l’indice nello stesso
identico modo, sullo stesso bottone azzurro toccato da Kurt; non poteva
averlo
notato, anche mentre parlavano Blaine continuava a girare la testa in
ogni
direzione per vedere la merce esposta. Anche per lui era stato un gesto
semplice e naturale. Un’altra piccola cosa che li aveva uniti
in un istante
della loro storia.
- Mi ricorda il colore dei tuoi occhi
– mormorò Blaine
guardando il bottone.
Quando uscirono dal negozio per
recuperare Mercedes (e anche
Malefica) Kurt aveva una busta di carta con il logo del negozio; dentro
c’era
il pigiama blu notte con i bottoni azzurri.
Nota
dell’autore
Salve a tutti, eccomi di ritorno. E
come sempre non
rispettando quanto detto in precedenza. Avevo detto solo OS per il
momento ed
ecco che sforno una mini-long.
Be’, non credo che sia un
male… dipende sempre se questa ff
sarà o non sarà di vostro gradimento.
Da quanto si sarà capito e
da quanto scritto nelle note
introduttive, questa storia si colloca durante la seconda stagione, con
i
dovuti maneggiamenti d’autore, presenza di Sebastian in
primis; diciamo che mi
stuzzicava l’idea di prendere in mano l’inizio
della storia d’amore tra Kurt e
Blaine e farne un versione “secondo me…”
Non aspettatevi nulla di eclatante;
non ci saranno
avvenimenti sconvolgenti, colpi di scena ed altro. Stavolta ho
preferito puntare
sulla portata dei sentimenti dei personaggi. Non sarà un
capolavoro di trama ma
almeno è qualcosa che sono riuscito a portare a termine,
bene o male e senza
nemmeno tanti rimpianti o timori. Ma credo che si potrà dire
che è una cosa
buona solo dal prossimo capitolo.
Il personaggio della professore
Isabelle Plessis è ispirato
ad una delle più grandi attrici francesi della vecchia
guardia: Isabelle
Huppert, famosa per aver recitato in film come “La storia
vera della signora
delle camelie”, “Madame Bovary”,
“Il buio nella mente”, “8 donne e un
mistero”
e “La pianista”. In questa fic. me la immagino
così: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=414736711978163&set=pb.162610203857483.-2207520000.1378984224.&type=3&src=https%3A%2F%2Ffbcdn-sphotos-g-a.akamaihd.net%2Fhphotos-ak-frc3%2F970169_414736711978163_539518790_n.jpg&size=289%2C409
Chiedo perdono a chi shippa Niff, ma
per il mio solito amore
della credibilità non potevo fare una Dalton Academy formata
da tanti ragazzi
gay, quindi ho dovuto mostrarli etero; ma almeno la loro pazzia (ormai
canon,
possiamo dirlo) è rimasta invariata.
E ci tengo a precisare che il
racconto si Mercedes non è
inteso come una presa in giro nei confronti di Rachel ma di Schuester
che mi
sta scendendo troppo; e poi non sono cose inventate: nelle prime due
stagioni
lui tende veramente a piazzare in prima linea Rachel e anche Finn.
Non penso di avere altro da dire. Il
prossimo capitolo
arriverà la prossima settimana, non so se sempre di
giovedì o un altro giorno,
dipende dai miei impegni. Spero comunque di avervi incuriosito con
questa
introduzione.
Per qualsiasi cosa, mi trovate alla
mia pagina fb: https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483
E se volete pormi qualche domanda mi
trovate anche su ask: http://ask.fm/LusioEFP
Ciao a tutti e alla prossima
settimana ; )
Lusio
P.S. Un saluto da Malefica (per
gentile concessione della
signorina Mercedes Jones) http://cdn.s7.disneystore.com/is/image/DisneyShopping/1261000440006?$mercdetail$
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