Solitamente non è di mio uso mettere 'note' a ciò che scrivo, ma
stavolta.. mmh, stavolta è diverso. E' un ciclo di poesie a cui tengo
davvero molto. Perciò, mi pare giusto dare qualche spiegazione, per
salvare loro da voi (senza offesa..) e voi da loro, ecco.
La prima, l'ho scritta circa due anni e mezzo fa, la sento come piuttosto
melanconicoromantica.
Dopo qualche tempo che l'avevo scritta, però, ancora non mi lasciava
quel formicolio di necessità, quella mancanza, quell'incompletezza. E
allora ho deciso. E -con molta difficoltà, davvero- ho scritto la seconda
qualche mese fa. Ed è, a mio parere, la più complicata di tutte, è..
oggettivamente più personale, con alcuni riferimenti che hanno significato
solo per me [uno per tutti: avevo scritto una storia che finiva con un
personaggio che piangeva cicuta blu, e ho immaginato che quest'altro
mondo nascesse da questa lacrima], e siccome la sua aria è
specificatamente più intrisa di dolore, più densa, ho l'impressione che
questa densità si sia riversata nelle parole, ingarbugliandole più del
dovuto. Ma.. uomo avvisato, mezzo salvato. Non c'era altro modo, per
me, per esprimere nel modo più esatto quella sensazione, e
quell'immagine. Pardon.
La terza, aah, l'ho finita ieri, dopo tutta una serie di rimuginamenti, e
mi piace pensarla come un'evoluzione della prima, troppo sdolcinata, e
della seconda, troppo disperata, giungendo ad un equilibrio di meraviglia,
calore, animosità e comunque la mia personale intima maledizione che
ha sempre qualche cosa da bisbigliarmi in seno, in mezzo ai versi.
Ok. Questa era la parte con un po' meno senso.
La parte più tecnica -e ho già in mente qualcuno a cui piacerà solo
quella, nonostante per la sottoscritta abbia la commestibilità di un guscio
d'uovo [di gallina] dipinto-, è presto riassumibile:
le poesie sono in qualche modo parallele, nello schema delle rime, e si
potrebbe dire, anche nei contenuti (luogo, fauna, emozione. OhDdìo! Sto
parlando come la mia professoressa d'italiano! Bleah- ) I colori che ho
scelto sono quelli primari, dalla cui mescolanza s'irradiano tutti gli altri,
come dalle emozioni da cui scaturiscono i limbi viene vomitata l'intera
me.
La cosa che realmente mi piace è il fatto che le rime principali
dell'ultima strofa di ognuna sono le stesse della prima della successiva,
cioè ogni rifugio ha già in sè la strada dell'altro, non ho paura di
perdermi, non c'è pericolo che resti senza guida tra uno e l'altro, e il
mondo
ah! Il mondo non potrà avere ragione di me.
... Un ultima cosa: il Moro sul veliero, non è 'nècastanonèbiondo', ma
appartiene alla Stirpe Moresca, per capirci. E adesso, se non dormite o
non siete scappati borbottando, vi lascio entrare.
Lo faccio senza paura, perché credo che i miei ColoRifugi si plasmino a
seconda di voi che li leggete, e nelle mie personali versioni, sarò
sempre,
stupendamente
sola.
Dasvidania.
Ah, sì. E Buona Pasqua.
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