L'oceano
Ocra
Mentre questo pianeta caduco
di se stesso diventa vampiro,
riuscirò a compiere il raggiro
perfetto, e a rintanarmi nel mio buco:
accoccolarmi, trepida, bruco
nella più dolce e bizzarra delle mele.
Svettano, pallidi, obelischi
di cera, da una distesa di giallo
mare, popolato da città di corallo.
Svettano, avvinti da spire d'ibischi
mentre il vento ruggisce i suoi fischi.
Il sole è spento, accese le candele.
Ogni flutto più scuro è una duna
sotto la quale seppelliti stanno
squali di coccio, con occhi d'inganno.
E ancor più giù, una piovra bruna
e pavida, e ancor più giù una cuna
in cui, silente, una sirena piange fiele.
C'è invece, in superficie, un veliero
che beccheggia, ancorato, tutto d'oro,
su cui siamo io e il capitano, un Moro,
a giocarci a dadi: uno schiniero
bronzeo, lui, io il mio pensiero
di pece. Sorseggiamo, da fiaschette, del miele.
In quest'utero salato e biondo
troverò un vecchio sogno sfuggente
che splende, irriverente
di un lucore iracondo
e mi formicola nel cuore errabondo:
ecco! Sarò dannata, frizzante, crudele.
| |
|