Alphard

di BlueSkied
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Alphard



Stavo seduta sul tetto d'ardesia, e guardavo in alto: la luna sembrava una moneta caduta sul fondo di una vasca, le stelle gocce di sangue. D'acqua, volevo dire d'acqua.
Ho salito le scale, tutte d'un fiato, e ho aperto il lucernario. Poi mi sono seduta, ma non mi ricordavo più cosa aspettavo. Il cellulare era scarico.
Non si muoveva un filo d'aria, non si sentiva un grillo, non passavano macchine, ma ascoltavo tutti i rumori del mondo, e mi sono tappata le orecchie.
Le tegole erano bagnate, ma non aveva piovuto, faceva freddo, ma era piena estate. Io ero perfettamente calma, e mangiavo un biscotto che mi era rimasto in tasca.
Era vecchio, e sapeva di polvere, ma mi sembrava la cosa più buona che avessi mai mangiato. Il biscotto scricchiolava come un osso. Una porta, volevo dire una porta.
L'aquilone si è slegato, dopo essere rimasto tutto il giorno impigliato fra i rami, e l'ho guardato volare verso i pali dell'elettricità. Si è incastrato anche lì, e la sua coda sbatteva come quella di un pesce morto.
Non potevo fare nulla per lui, e ho continuato a mordere il biscotto, quasi sperando ce ne fossero altri, ma le tasche erano cucite.
Il cellulare ha cominciato a squillare, ma non ho risposto. Non c'era campo, sul tetto.
Intorno al comignolo c'era un guinzaglio: l'ho preso e ho sciolto il nodo, poi ho alzato il braccio.
Alphard è planato verso di me dall'ombra, e si è fatto legare, docile come sempre.
Alphard non mi ha mai beccato, nemmeno quando poteva. Forse non ha mai potuto, in realtà.
Ricordo quando l'ho portato a casa: un fagotto di piume fredde, zampe contratte, occhi spalancati.
Sembrava più caldo, una volta riempito di segatura, una volta cucito, una volta posizionato sul trespolo.
E non mi ha mai beccato, ma si è fatto portare sempre a spasso, più mansueto di un cane.
Alphard sbatteva le ali sulla mia testa, quella notte. Il soffio d'aria pareva un rantolo. Un respiro, volevo dire un respiro.
Adesso sapevo cosa stavo aspettando, ma solo lui mi ci poteva portare.
Sono scesa dal tetto e ho cominciato a camminare, ma il sonno mi faceva incespicare. Alphard volava sulla mia testa, indicandomi la strada e tirando il laccio.
Si è posato sulla lapide, e io mi sono sdraiata: non avevo idea che il raso fosse così soffice.




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