Nota
dell'autrice: Erano tre settimane che avevo voglia di scrivere di
Helena, finalmente m'è riuscito. Non è niente di
che, solo un
piccolo Missing Moment, ma, mi auguro, che chi ha amato
Scoprendo M.lle Sophie Du Bois, ami anche questo breve innocente
one-shot e qualcuno sia portato a leggere la storia, se non la
conosce. Baci belli L.
UNA
STANZA COLOR CIPRIA
**
* **
Faceva
un gran freddo fuori, ma ad Adam Barnard non importava.
Era
il suo dodicesimo compleanno e oggi non doveva andare a scuola.
Era
la cosa più bella di essere nato il cinque gennaio.
Ma
oggi non era un compleanno come tutti gli altri: certo al momento
stava osservando i gemelli e Beth completare un sorridente pupazzo di
neve – o come sarebbe stato più corrispondente al
vero facendo la
baby sitter ai suoi fratelli minori – ma presto Adam avrebbe
avuto
ciò che desiderava da quasi un anno.
Certo,
a sua madre sarebbe venuto un mezzo embolo quando l'avrebbe scoperto,
ma ne sarebbe valsa la pena. Tutti pensavano che Sophie Barnard
Dawson fosse una madre dolcissima ed affettuosa, ed era vero, l'amore
che aveva per i suoi figli era una vera forza della natura, ma Adam
sapeva esattamente quanto la sua voce potesse diventare acuta quando
era in una tirata su cosa fosse prudente e cosa non lo fosse. Il
fatto era che sua madre aveva dovuto affrontare diverse prove dalla
vita, per quanto fosse piccolo all'epoca, Adam ricordava ancora il
periodo in cui erano stati soli, lui, la mamma ed i gemelli. La
tristezza infinita negli occhi di sua madre, il silenzio che aveva
avvolto la fattoria dove era nato come una coltre di neve che non si
scioglieva nemmeno d'estate. Quando confrontava la Sophie di allora
con quella di ora, anche nei momenti peggiori, in cui si trovava
dall'altra parte di una ramanzina di prima categoria, non poteva che
essere felice per come erano andate le cose.
Di
suo padre il ragazzino aveva dei ricordi piuttosto nebulosi, a volte
si chiedeva se non li confondesse con quelli dello zio Barney. In
fondo come Daniel e Gabriel, anche suo padre e suo zio erano gemelli
identici e lui non aveva che quattro anni quando Alfred Barnard era
stato ucciso.
Allen
era un tipo a posto e tutti i ragazzi a scuola gli dicevano che era
stato molto fortunato a trovare un patrigno che gli volesse tanto
bene. Talvolta qualcuno rimarcava la sua straordinaria somiglianza
con l'uomo, facendo delle insinuazioni che ad Adam non piacevano
affatto. Erano le occasioni in cui il ragazzo si metteva nei guai:
tranquillo di natura, non era tuttavia troppo restio a difendere la
sua opinione con i pugni quando si trattava di difendere la sua
famiglia. In genere se la cavava piuttosto bene, seppur magro come un
chiodo, Adam era il più alto tra i suoi compagni di scuola
e,
recentemente, aveva superato in altezza sua madre e sua zia Helena.
Quando però tornava a casa con un occhio nero ed una nota
sul
diario, era matematico che sua madre tirasse giù il soffitto
di casa
a furia di urlargli e che non potesse mangiare la crostata di lamponi
di sua zia Louise per almeno quattro settimane. Per alcuni forse non
sarebbe stata poi una gran punizione, ma Adam Caleb Barnard aveva una
sorta di dipendenza per quel dolce.
La
cosa ridicola era che dopo che sua madre aveva passato un'ora ed un
quarto a spiegargli perché e per come era assolutamente
idiota
cercare di far prevalere la sua opinione prendendo a botte i suoi
compagni di scuola, spedendolo a schiarirsi le idee in camera sua,
Allen sgattaiolava da lui, con una scusa, per sapere come fossero
andate le cose.
Era
successo abbastanza volte che ormai Adam conosceva il copione a
memoria.
Allen
bussava alla porta, aspettava che aprisse e poi con voce volutamente
alta e severa, per essere sentito da sua madre che stava in cucina,
diceva: “Adam, tua madre vuole che parli con te di quanto sia
sbagliato pensare di risolvere i problemi con la violenza, posso
entrare figliolo?”
Appena
lui lo faceva entrare e chiudeva la porta alle sue spalle, la musica
però cambiava.
“Allora
chi le ha prese?”
“Lui!”
“Ah,
ah! Lo sapevo! Bravo, il mio ragazzo. Che hanno detto
stavolta?”
A
quel punto lui spiegava ad Allen quale stronzata si fossero inventati
questa volta sulla sua famiglia. Se c'era una cosa bella del suo
patrigno era che era sempre dalla sua parte e che lo ascoltava
esattamente come avrebbe fatto con un adulto. Mica tutti i padri
erano così!
“Beh,
sai cosa ti dico sempre, vero? La gente ha la lingua perché
gli
piace parlare ed ogni tanto se non si riesce a farli star zitti con
le buone, occorre tappargli la bocca con le cattive. Ma non dire che
l'ho detto a tua madre, ok?”
Comunque
oggi tutto questo non aveva importanza, quello che oggi avrebbe fatto
andare fuori dai gangheri sua madre era ben altro.
Alzando
gli occhi verso la casa con le imposte marroni, Adam vide esattamente
la persona che aspettava.
Sua
zia Helena era avvolta nella sua stola di pelliccia marrone, il
vestito grigio chiaro che indossava sotto aveva dei ricami dello
stesso colore ed anche i suoi guanti erano della stessa
tonalità
color caffé. Era il suo tono preferito, diceva che le donava
e,
benché, Adam non avesse idea di cosa intendesse esattamente,
era
vero che faceva risaltare la sua pelle chiara ed i suoi capelli
scuri.Tutti dicevano che Helena era una bella donna e Adam non
avrebbe saputo dire, insomma, era così... Non sapeva
esattamente
quanti anni avesse sua zia, – non era nemmeno veramente sua
zia, ad
essere sinceri, e anche la sua presenza in casa loro era stata
l'origine di qualche livido per i suoi compagni di scuola –
ma era
più vecchia di Allen, perciò doveva averne
proprio un sacco. Eppure
alcuni ragazzi più grandi avevano detto cose …
Beh, sì, cose che
non stava bene dire sulla zia di nessuno, su di lei. Era necessario
tappargli la bocca con le cattive, se Allen o Ben li avessero
sentiti... Sarebbe stato molto peggio per loro, lui era alto, ma il
suo patrigno ed il signor Dahl erano delle montagne in confronto e
con molti più muscoli di quanto lui sperasse mai di averne.
Adam
voleva molto bene ad Helena. Dopo lo zio Barney, era la sua parente
preferita e poi sua madre gli rammentava sempre come la casa che
abitavano fosse della donna, in realtà, anche se tutte le
volte che
glielo chiedeva, la zia gli rispondeva “Bazzecole,
Spitfire” - quel
nomignolo cominciava ad essere un po' imbarazzante ora che era
praticamente un uomo, ma non sapeva come dirglielo - “La casa
è
vostra, io ho già tutto ciò che ho sempre
desiderato, una stanza
color cipria tutta per me ed una famiglia che mi ama.”
La
zia Helena non aveva una famiglia sua in realtà. Allen gli
aveva
detto una volta che non tutte le donne vogliono sposarsi come sua
madre o sua zia Louise e che Helena s'era sposata una volta ed aveva
deciso che non era cosa adatta a lei. Ad Adam dispiaceva un po': tutti
sapevano che il signor Dahl non avrebbe desiderato altro che sposarla
e vivere con lei, ma immaginava che alcune persone fossero diverse
dalle altre. La zia Helena era così.
“Pronto
per andare, Spitfire?” chiese Helena,
Adam
annuì, vigorosamente.
“Perfetto,
ho già detto a tuo padre che andiamo in città.
Andiamo a prendere
il carro e, se la sorte c'aiuta, sarà l'ultima volta che
farai il
passeggero. Ti ricordi cosa hai promesso a Ben, vero?”
La
zia Helena era l'unica persona che si riferiva ad Allen chiamandolo
“tuo padre”, mentre quando voleva parlargli del suo
defunto papà
diceva semplicemente “Alfred”. Era strano
perché non lo faceva
mai quando parlava ai gemelli, ma Adam aveva da tempo archiviato
quella come una delle tante stranezze della donna.
“Certo!”
“Molto
bene, faremo di te un meraviglioso fattore.”
**
* **
La
strada era ghiacciata ed Helena sperava che il bambino non avesse
freddo, ma l'eccitazione sul suo volto era tale che sembrava che egli
non potesse assolutamente percepire il clima rigido, tanto era contento.
Adorava
vedere quell'espressione sul suo volto, quando la vedeva non poteva
far a meno di pensare che mille anni prima, molto tempo prima di
conoscere lei, anche Allen doveva aver avuto un'espressione
così,
piena di meraviglia e gioia, di stupore per il mondo.
La
vita priva le persone di quella splendida innocenza ed anche Adam un
giorno l'avrebbe persa, ma per ora Helena poteva godersi la bellezza
di essere la fonte di tanta gioia.
La
donna amava tutti quelli che considerava i suoi nipoti: non solo
Adam, ma anche i gemelli e la piccola Elizabeth, la bimba che Allen
aveva dato a Sophie dopo il loro matrimonio. Non avendo figli suoi,
aveva riversato su di loro tutto l'affetto che poteva. Talvolta le
spiaceva che il suo bellissimo Ben non avrebbe avuto quella
felicità.
Più volte aveva cercato di allontanarlo da lei, di spingerlo
a
trovarsi una ragazza più giovane di lei, una sua coetanea
che gli
desse una famiglia, ma l'uomo sembrava non volerne sapere. Il suo
attaccamento a lei era commovente ed, al tempo stesso, ottuso.
Intendiamoci nel tempo la cinica Helena Richardson aveva scoperto di
amare quel ragazzotto pallido e dinoccolato più di quanto
lei stessa
pensasse di essere in grado, ma ciò non le impediva di
pensare in maniera
razionale e lei era troppo vecchia per avere dei figli
già
quando aveva conosciuto Ben, figuriamoci sei anni dopo.
Se
ciò non bastasse gli anni che era stata l'amante di Allen
prima e
quella di Ben poi, avevano confermato l'atroce sospetto che aveva
sempre avuto, quando a diciannove anni aveva perso un figlio per le
botte di suo marito Harold, era successo qualcosa nel suo organismo
che le aveva impedito di concepire di nuovo. Sarebbe rimasta per
sempre la “zia Helena”, ma da tempo aveva deciso
che era comunque
una cosa meravigliosa.
Ed
ora la zia Helena aveva un'importantissima missione da compiere, dare
un regalo di compleanno al suo nipote preferito.
**
* **
“Mi
piacerebbe questo!” Le disse Adam con aria speranzosa.
“Dici che
… Mi piacerebbe chiamarlo Firebrand”
Helena
lo guardò soddisfatta. Il ragazzino aveva sicuramente buon
gusto.
“Bene,
Spitfire. A tua mamma e tuo padre prenderà un colpo, ma se
ti piace,
puoi andare a dire al signor Novelli che lo prendiamo.”
Con
un sorriso giubilante, Adam la abbracciò prima di correre
fuori.
Helena
guardò il manto corvino dell'animale che Adam aveva scelto
come
regalo di compleanno. Era un cavallo meraviglioso, uno che avrebbe
fatto girare i passanti al suo passaggio, uno che sarebbe stato
adatto al principe di una fiaba o ad un bel cowboy tenebroso che
cavalcava nel tramonto in uno dei romanzi che Helena Richardson aveva
cominciato a pubblicare in gran segreto come Lady Lovelace con
l'aiuto di Allen. Romanzi che facevano arrossire e sospirare le
signore bene, ma vendevano molto di più di quanto la bella
vedova
avesse mai sperato.
Tra
qualche anno il suo piccolo Spitfire avrebbe fatto strage di cuori,
sarebbe diventato un giovanotto meraviglioso con tutto il fascino di
Allen e la dolcezza di sua madre, ma per qualche anno ancora era il
suo piccolo cucciolo da coccolare e se voleva un cavallo come regalo
di compleanno, la zia Helena l'avrebbe accontentato. Non vedeva l'ora
di vedere la faccia di Sophie quando l'avrebbe saputo. Una donna
doveva pur divertirsi di tanto in tanto.
“Beh,
mio caro amico, spero che tu non abbia un udito troppo sviluppato. La
stalla dei Barnard non è poi così lontana da casa
nostra e Sophie
ha dei polmoni formidabili.”
FIN
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