.: Siùil A
Rùn :.
Con
gli occhi di un Khajiti riuscirebbe dare forma al buio, modellando il
profilo del chiavistello e della porta.
Con
la forza di un Orsimer, strapperebbe le catene che gli inchiodano i
polsi dietro la schiena.
La
fortuna di un Imperiale lo porterebbe oltre la soglia senza che si
faccia scoprire.
Si sveglia senza
sapere se siano passati un anno, due o cento. La stanza è un
universo cieco e stretto, un metro e mezzo per due – meno
dello spazio che si concede ad un animale. È la lenta ascesa
dalle profondità di un vortice, la stanchezza di ere
accumulata su ossa rotte e muscoli intorpiditi.
A richiamarlo la prima
volta sono i passi,
calzari militari che scandiscono il tempo davanti alla sua cella. Non
avesse quell'orrendo pezzo di metallo tra i denti griderebbe,
chiamerebbe aiuto – l'istinto di sopravvivenza gli impedisce
di sprecare il fiato. Si affanna a scavare nella memoria per capire,
per ricordare.
A Nortwatch ci sono
solo Thalmor. E le loro attenzioni, ora come ora, sono più
che sufficienti.
Vegliare
nell'incoscienza. Dormire ad occhi aperti.
Non c'è
altro, per lui.
[Siuil, siuil, siul a run,
Siuil go sochair agus siuil go
ciuin
Siuil go doras agus ealaigh
lion
Is go dte tu mo mhuirnin slan ]
*
I
cani da guardia non lo toccherebbero – gli basterebbe uno
sguardo, un soffio nella loro direzione, se venisse da Valenwood.
Non
avrebbe paura della sentinella e dei suoi dardi di fuoco; se la sua
pelle fosse nera come la cenere di Morrowind, le fiamme danzerebbero
per lui.
Con
scaglie e squame da Blackmarsh, la febbre non lo toccherebbe.
Il Justiciar non entra
mai nella cella. Si fa strada fino alla soglia, gli alza il mento con
la punta dello stivale. Una semplice pressione di quella suola pesante
gli potrebbe spezzare il collo, ma il destino gli riserva di peggio di
volta in volta.
Ogni volta lo guarda a
lungo, prima di parlare. Passa in rassegna i tagli, le ferite, i lividi
- la carne gonfia dell'anca, dove il marchio a fuoco non ha ancora
messo di spurgare. Segue le tracce scure dell'urina lungo le sue gambe
e le striature di sangue sul suo volto. Si prende tutto il tempo
necessario per fargli tastare appieno lo stato in cui è
ridotto: sporco, impastoiato come una bestia al macello.
“Può
finire quando vuoi. Lo sai.”
Stupido Altmer.
È qui che si sbaglia. La tortura lo prosciugherà,
prima o poi. Il dolore smetterà di essere così
devastante.
L'incubo...quello
proseguirà. Finché avrà l'aquila
rampante a straziargli un fianco, se anche dovesse uscire, non
riuscirà a staccarsi di dosso il suo ruolo. La maschera che
gli hanno cucito addosso.
Non gli importa nulla
dei Rinnegati – sono parte della sua infanzia, un periodo
chiuso. Non gli importa nemmeno dei Daedra – non lo possono
sentire, non qui, per quanto sia difficile convincersene.
Il Justiciar
se ne va, un'espressione grave che sfocia nella noia della routine.
Al suo posto torna il
buio.
Sempre il buio.
[I wish, I wish, I wish in
vain,
I wish I had my heart again.]
*
E
se fosse un Nord, se fosse un figlio di Skyrim, allora avrebbe un
motivo di scagliare tutto il suo odio verso i Giudici. O il suo
rispetto, se nelle sue vene scorresse sangue degli Altmer.
Semplice
indifferenza, infuocata rabbia di Red Guard – fierezza
davanti alla morte incalzante.
Ogni tanto gli capita
di pensare anche a lui.
E se non avesse un morso, se non fosse ridotto al guinzaglio
– se avesse fiato, riderebbe fino a piangere. O piangerebbe
fino a ridere.
Perfino in una gabbia,
non riesce a chiudere fuori il ricordo di quegli occhi verdi, inumani.
[Walk, walk, walk, O love,
Walk quickly to me, softly
move;
Walk to the door, and away
we'll flee,
And safe may my darling
be. ]
*
Se fosse un Bretone,
solo un Bretone, da High Rock o dal Reach, è sicuro che
finirebbe ancora prima di cominciare. Con la morte rapida che avrebbero
dovuto dargli ad Helgen, o con una condanna ancora più
anonima.
Finché
è buio, il gioco dei se
è alla sua portata. Un girotondo che è semprein
grado di reggere – scivolando, incespicando, cadendo. Se
fosse uno Jarl, se fosse un soldato, se fosse, se fosse, se, se - se
dentro di lui non ruggisse un pezzo d'anima incontrollato, se il suo
sangue smettesse di consumargli le vene.
Non cambia mai nulla, al risveglio.
Lui
è e rimane Surya. Su-rii-ah.
Il cacciatore che non vedrà mai più il cielo
affonda di giorno in giorno. L'essere umano, banale, insignificante,
permane, imparando sulla propria pelle la peggior ironia di sempre.
Meglio un drago morto, che uno seppellito vivo.
NA:
Un paio di cosine, prima
di sparire onde evitare di essere bersagliata di pomodori. La shot
è stata scritta di getto, sulla base di
avvenimenti headcanon del Dovahkiin che sto giocando (un
Bretone Forsworn di nome Surya, appunto) - nella fattispecie, proprio
per il suo retaggio da pazzoide terrorista del Reach viene puntato da
una pattuglia di Thalmor e finisce per scontare un periodo al forte di
Northwatch. Spero che il pezzo possa risultare apprezzabile nonostante
sia solo uno spaccato di vita. La canzone che si accompagna al testo
è Siuil a run, del gruppo Clannad.
Eee...basta, mi sembra
di aver detto tutto. Un ringraziamento a chiunque non mi faccia
inseguire dai Draugr per questo scempio u.u°.
Kei
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