questa
piccola storia apparentemente senza nè capo nè
coda l'ho scritta per l'università.. la consegna erano 8
pagine e una storia d'amore. per quando il genere non sia esattamente
quello che adoro ci ho provato.
spero di essere riuscita a creare qualcosa di decente oppure saranno
guai per me. vi chiedo solo un piccolo favore quando leggerete la mia
storia, per favore commentate, dite la vostra. critiche, consigli,
possibili modifiche, punti deboli della storia, ogni cosa è
più che gradita così potrò modificarla
prima di consegnarla e cercare di prendere qualcosa più di
18!
ATTIMI DI VITA
Sembrava una mattina così dannatamente uguale a tutte le
altre, una di quelle dove ci si sveglia troppo presto, si incontra
tutta Milano in metro e tutta l’università al bar
per finire poi a prendersi un caffè al volo alle
macchinette, giusto due minuti prima che inizi la lezione. Ormai era
più di una settimana che andava avanti così, i
propositi di inizio anno erano definitivamente sfumati e lei era
tornata ad essere la solita ritardataria, esattamente come al liceo.
“Non arriveresti in orario neppure a un appuntamento con il
Liga!”
Così il suo migliore amico Andrea amava canzonarla, peccato
che nemmeno lui fosse capace di arrivare in orario, come di solito gli
facevano notare le ragazze prima di lasciarlo. A dirla tutta
però i ritardi di Andrea erano quasi sempre dovuti alla sua
moto.
“Quando lo butti quel pezzo di antiquariato? Guarda che tra
un po’ ti lascia lei come le tue ex…e poi tocca a
me consolarti!”
Ormai aveva perso il conto di quante volte si era trovata a ripetere a
quel testone una frase del genere, ma lui non le dava mai retta, in
genere scuoteva la testa fingendo di guardarla con una faccia
scandalizzata che nel giro di poco diventava un sorriso.
“ Sei matta? Lei è la donna della mia vita! E poi
stellina, dilla tutta… tu non vedi l’ora di
consolarmi…” Al che di solito Alice si arrendeva e
cambiava discorso.
Quella mattina anche la macchinetta aveva deciso di complicarle la
vita, non dandole né il caffè né tanto
meno i soldi indietro. E poi lo vide per la prima volta.
Lui aveva la faccia stanca e sconvolta che parlava da sola, rivelando
troppo alcol e troppi problemi, ma anche degli occhi così
azzurri e profondi che fecero provare ad Alice la sensazione di
camminare su una nuvola.
La sera toccò ad Andrea e agli altri ascoltare i suoi deliri.
“Ho trovato l’uomo della mia vita!” Era
sicura di avere gli occhi a forma di cuoricino, stile manga giapponesi.
“ Piccolina, ma io sono sempre stato qui!” Disse
Andrea assumendo una posa da calendario sexi che scatenò
ilarità generale nell’intera compagnia.
“Ma chi sta parlando di te, è bellissimo ma
così triste…e poi quegli
occhi…” Alice non riusciva a pensare ad altro
ormai. Nella sua mente aveva elaborato almeno una decina di ragioni,
alcune possibili, altre decisamente ridicole, per spiegarsi la ragione
di quello sguardo.
Si sentiva una stupida a fantasticare a quel modo su un ragazzo che non
conosceva nemmeno e che aveva visto solo una volta.
“Mi sa che sta volta ti abbiamo persa!” Concluse
Andrea fingendosi sconsolato, meritandosi a pieno titolo un pugno sul
naso da parte di Alice.
“ Sono una stupida, non so nemmeno il suo nome, avrei voluto
presentarmi, ma poi sono rimasta senza parole.”
“ Tu senza parole? Mi sembra incredibile! Deve
essere veramente speciale questo tipo per sconvolgerti cosi.”
Concluse Andrea grattandosi la testa, era una visione davvero buffa.
“ Dai, raccontaci qualcosa di questo tizio, su.”
Chiesero gli altri ormai incuriositi da quella storia.
“ Ma se non so nemmeno il suo nome…”
“ Si, ma lo avrai visto in faccia, no? Descrivicelo per
esempio.” Andrea non credeva che quella che aveva davanti era
Alice. Sembrava persa in un altro mondo.
“ Si, si, lui è cosi…Con degli occhi
davvero… Insomma, avete capito, no?” Alice non
riusciva a dire cosa l’aveva colpita, forse gli occhi, oppure
l’espressione così tanto afflitta.
“ Beh, se avessi usato qualche aggettivo in più
forse avremmo capito meglio!” Concluse Andrea interpretando
il pensiero di tutti i presenti.
“ Sembro cosi tanto una stupida?” Si sentiva cosi
stupida, ma era così bello ripensare a lui e fare castelli
in aria
“ Più che altro sembri una ragazza innamorata,
tanto tenera!” E con questa trovata Andrea riuscì
a meritarsi una abbraccio e un bacio da Alice.
Le settimane seguenti passarono veloci e videro Alice decisa a
conoscere quel ragazzo. Trovare informazioni su di lui non fu
così difficile come pensava all’inizio, e in breve
tempo sapeva praticamente tutto di lui. Era di Relazioni Pubbliche, al
terzo anno e aveva gran parte della popolazione femminile
dell’università che gli correva dietro. Faceva
anche parte della squadra di calcio
dell’università, era il portiere. Lei era arrivata
a spiarlo mentre andava a lezione e passava le lezioni scrivendo il suo
nome, Piero, praticamente ovunque, cercando un idea geniale per poterlo
conoscere e parlare con lui, una di quelle che vengono alle
protagoniste dei film che si vedono al cinema. Aveva scoperto che il
motivo di tutta quella tristezza era la sua ex, ma non sapeva altro.
Alla fine una mattina si incontrarono.
Lei era al bar con delle amiche a fare colazione, stavano parlando di
un film appena uscito che volevano andare a vedere quel venerdi, poi
girandosi vide che Piero era seduto ad un tavolino con un amico
più basso di lui. La sua occasione, non poteva perderla.
Rapidamente passò in rassegna una serie di frasi, cercando
la più adatta senza trovare risposta. “Posso
sedermi?”, troppo sfacciata. “Piacere
Alice”, troppo disperata. “Scusa hai una
sigaretta?”, non fumava. Poi l’idea geniale
arrivò. Si avvicino al tavolo con gli occhi bassi e tanti
dubbi, ormai era lì, doveva provare.
“ Scusa, sei Piero del terzo anno di RP? Agli affari
internazionali mi hanno detto di chiedere a te per informazioni
sull’Erasmus.” Parlò senza prendere
fiato. Sapeva che era stato scelto per l’erasmus a Barcellona
l’anno prima, anche se alla fine non era partito.
All’improvviso aveva realizzato quanto fosse stupido e poco
credibile quello che aveva appena detto, ma ormai poteva solo restare
lì o scappare. Scelse la seconda. Lui sembrava stupito, ma
non infastidito, almeno così sembrò ad Alice.
“ e tu sei?” chiese Piero incuriosito. Era fin
troppo chiaro che era una scusa per parlare con lui, ma era originale.
Di solito si auto invitavano al tavolo, oppure si presentavano. E poi
aveva degli occhi fantastici e sembrava una di quelle ragazze sempre
allegre e solari, così diverse da Lucia. Decise di stare al
gioco per vedere come andava a finire. Al massimo si sarebbe fatto
quattro risate.
“ Alice, ma se disturbo non fa nulla. Non voglio darti
fastidio.” Dopo tutto aveva l’intera popolazione
femminile dell’università che lo cercava,
perché avrebbe dovuto perdere tempo con una come lei? Ma non
aveva comunque nessuna intenzione di demordere così
facilmente. Non era nel suo carattere. Ormai voleva arrivare fino in
fondo.
“ No, non scappare.. Hai lezione o ti va un caffè?
Era deciso a conoscerla meglio. Le altre ragazze che aveva conosciuto
fino a quel giorno sarebbero già scappate via.
Alice non credeva alla sue orecchie. Un caffè con lui?
sembrava un sogno. Era sicura di essere sveglia? Fece un cenno alla sua
amica e poi annui a Piero, incapace di dire altro.
“ Io vado, ci vediamo stasera. Ricordati! Non mi va di
andarci da solo da quella..“
L’amico che era seduto con lui prese la tracolla e
andò verso l’edificio di fronte, sorridendo a una
biondina che si fermò ad aspettarlo mentre Alice prese il
suo posto.
“ va bene, ti chiamo dopo.” Rispose Piero dando la
mano all’amico e passandogli i rayban che aveva dimenticato
sul tavolo.
Rimasero al bar tutta la mattina, Alice sapeva che stava perdendosi
tutte le lezioni ma non gli importava, era con Piero. Poi verso
mezzogiorno Piero propose di pranzare insieme in un posto che
conosceva, a qualche minuto dal Duomo, quella ragazza lo aveva proprio
colpito.
Le raccontò di Lucia, la sua ex. Di come lui avesse
rinunciato a partire per la Spagna per lei e di come lei invece non
aveva esitato a lasciarlo per essere libera di fare esperienze nuove
lontana da Milano.
” sto partendo per l’Erasmus a Madrid, non puoi
chiedermi di rinunciare per te. Mi dispiace, per me finisce
qui” Lo aveva detto guardandolo dritto negli occhi e Piero in
quegli occhi aveva letto che non gli importava più di lui.
Era andata via sbattendo la porta lasciandosi la loro storia alle
spalle e lui aveva deciso di dire basta ai legami, situazione che stava
superando per fortuna. La vista di Alice, la sua allegria e esuberanza
gli avevano fatto dimenticare del tutto Lucia in poco tempo.
Qualche sera dopo, sui navigli si baciarono. Erano usciti a mangiare
con degli amici, c’era una luna fantastica, un cielo stellato
che non sembrava vero e Piero le aveva appena chiesto di diventare la
sua ragazza.
I giorni passarono in un baleno, ad Alice non sembrava vero. Stava
vivendo in un sogno dove le sembrava di camminare a piedi nudi sulle
nuvole. Ogni mattina si svegliava felice con un messaggio del suo
Piero. In università camminava con lui mano nella mano, tra
gli sguardi gelosi delle altre. Le sere passavano veloci in un vortice
di locali, amici di Piero, coktail, risate. Le sembrava di vivere una
vita troppo bella per essere la sua. Anche se vedeva meno i suoi amici.
“ Dai Alice, andiamo al De Sade da Nico. Non vorrai mica
passare la sera con il pericolo pubblico e la sua banda” Il
pericolo pubblico per Piero era Andrea a causa della moto distrutta, e
quelli che lei aveva sempre considerato amici fedeli per lui erano
“la sua banda”. Ad Alice faceva male sentire
parlare così di loro, ma voleva troppo bene a Piero. Lui era
abituato a locali alla moda, automobili scattanti, discoteche,
ristoranti di lusso, un mondo troppo lontano da quello fatto di locali
alla buona e moto scassate dei suoi amici. Non era cattiveria la sua,
pensava Alice, non capisce. Andrea invece aveva capito alla
perfezione come stavano le cose, e le stava vicino lo stesso.
“ Stellina, per il mio compleanno ci sarai vero? E io
sarò al tuo, promettimi almeno questo!” aveva
detto Andrea sorridendo. L’unica cosa veramente importante
per lui era la felicità di Alice. Lui e Alice compivano gli
anni a due settimane di distanza, troppe per fare una festa insieme
così ogni hanno ne organizzavano due quasi identiche.
Quel sabato sarebbe stato il suo compleanno, e aveva prenotato dei
tavoli in un discopub scelto da Piero. Per quell’occasione
Alice aveva riunito sia Andrea che Piero e i rispettivi amici. I due
gruppi non si parlavano troppo tra di loro, ma non scoppiarono nemmeno
liti. Andrea era felice di vedere Alice che rideva con Piero. Era
così diversa da come era di solito con loro, ma
così al settimo cielo.
“ Scusa Piero, ti spiace se riaccompagno io la
festeggiata?” Chiese Andrea a festa finita mentre il gruppo
si avvicinava al parcheggio. Alcuni barcollavano un po’, ma
nessuno era in condizioni tali da non poter guidare.
“Sono un po‘ geloso, ma te lo
concederò” Rispose Piero stringendo Alice e
stampandole un bacio sulla bocca. “ Ci vediamo domani
cucciola.” Disse prima di salire sulla sua mini nera.
“Notte Amore mio” Disse lei prendendo il casco che
Andrea gli porgeva e salendo sulla moto.
“Ti vedo felice con lui, sono contento. Cerca di tenertelo
stretto almeno fino alla mia festa!” Disse lui salutandola
sul portone di casa sua.
“Onestamente pensavo di tenermelo stretto per più
di due settimane!” Obiettò lei ridendo mentre
infilava le chiavi nella porta. Era felice, tutto andava
così bene, era innamorata persa e pensava sarebbe durato per
sempre. Il giorno dopo Piero non si fece sentire. Il lunedì
non si presentò nemmeno in università. Alice non
capiva, era preoccupata e aveva una bruttissima sensazione.
Martedì l’amara scoperta al bar
dell’università. Era tutto cosi strano, nessuno si
sarebbe mai aspettato di vedere Alice ridotta in quel modo. Anche per
Andrea tutto questo non aveva senso.
“Alla grande, è tutto perfetto, mi sembra un
sogno!”
Questo aveva detto lei solo il sabato prima alla sua festa di
compleanno, e poi si erano ritrovati una sera a parlare, ed era cosi
triste, con delle occhiaie pazzesche che le segnavano il bel viso, come
se avesse pianto tutto il pomeriggio. Si poteva capire che la cosa era
grave perché non cercava nemmeno di negare che
c’era qualcosa che non andava. Aveva subito detto che si era
illusa troppo presto, per poi cominciare ad urlare contro Lucia, che
era al bar con Piero. Quel bastardo l’ha lasciata per Lucia,
e non si è nemmeno sforzato di trovare un modo carino, o una
scusa almeno credibile, le ha solo detto che voleva una storia seria
con Lucia. Come scusa faceva anche abbastanza pena, visto che Lucia e
storia seria in una sola frase, senza negazioni, battute ironiche,
doppi sensi o punti esclamativi sarebbe sorprendente! Lucia era tornata
dal suo erasmus, era andata da Piero, e lui aveva lasciato Alice senza
pensarci un attimo o trovare almeno il coraggio per dirglielo. Senza
pensare che Lucia lo considerava alla stregua di un giochino erotico.
Alice era a pezzi, vederla così, proprio lei sempre cosi
allegra, ottimista e piena di vita era come guardare una bottiglia di
birra senza poterla bere, rendeva tutti tristi e scocciati. Andrea poi
aveva una voglia incredibile di stringerla forte per dimostrarle che
c’era, che era lì, che non se ne sarebbe andato.
Come poteva stare così male e non capire che era Piero che
ci perdeva, perché lei è una ragazza stupenda, e
come poteva non credere più in se stessa? Come poteva volere
ancora stare con lui dopo che gli aveva fatto una cosa talmente
meschina e crudele?
Lei era il meglio, e si merita solo il meglio, non un bambino che vuole
il gioco più attraente, non una cosa usata che
un’altra non ha più voluto. Più la
guardava e più gli veniva voglia di stringerla un
po’ più stretta, di avvicinare il suo viso a
quello di lei. Voleva sussurrarle teneramente all’orecchio
che era speciale, che le avrebbe sempre voluto bene, che doveva credere
in se stessa. Alla fine Andrea non resistette più, e la
baciò. I loro sguardi si incrociarono solo per pochi attimi,
per poi abbassare la testa imbarazzati tutti e due.
“Che scemo, come ho potuto!”
Era la litania che si ripeteva in mente lui, fino a che si rese conto
che Alice lo guardava, e rideva felice, con quel suo sorriso cosi
festoso e quella fossetta vicino al viso cosi tenera. Non sapeva
nemmeno perché lo aveva fatto.
“Domani non so come starò, ma adesso vediamo di
finire questa birra, con tutti quelli che muoiono di sete al mondo, mi
sembra il minimo..”
Aveva detto lei, la situazione per lei era divertente, per lui invece
era un sollievo, sapere che non lo odiava per il mio gesto, forse un
po’ avventato, che non era cambiato nulla...
Sempre la solita Alice, però adesso almeno rideva e il
ricordo di Piero e Lucia era lontano, anche se forse per una sera
soltanto.
Il giorno dopo fu durissima per Alice, anche alzarsi dal letto sembrava
un impresa impossibile. Era spaventata soprattutto dall’idea
di affrontare la realtà, vederli insieme. La sera prima non
gli sembrava così brutta la realtà
perché c’erano Andrea e gli altri, ma ora si
sentiva sola e sperduta.
Che le stava succedendo, non era da lei arrendersi e deprimersi
così. Avrebbe riconquistato Piero, ne era certa! Le
settimane trascorsero caotiche, Alice era sempre più decisa
a riconquistare Piero, ma non stava ottenendo buoni risultati, anzi lui
sembrava ignorarla. Era come se fingesse di non essere mai stato con
lei. Alice realizzò di avere bisogno di un po’ di
relax e nuove idee, un pomeriggio in centro con le amiche era quello
che le serviva. Poi suonò il telefono e il suo mondo
andò in pezzi. Alla sua mente arrivavano solo parole
sconnesse che provenivano dall‘altro capo del telefono: moto,
ospedale, Andrea, incidente, non poteva essere vero. Si
precipitò in ospedale, tutti gli amici erano lì,
con delle facce preoccupate.
“Che cosa..” Iniziò Alice senza avere il
coraggio di finire la frase. Nessuno aveva il coraggi di alzare gli
occhi o di parlare. Un silenzio irreale, di quelli che si pensa
esistano solo nei film era calato tra loro. Erano distanti mille miglia
nella stessa sala d’attesa di pochi metri quadrati.
“ Che cazzo succede. Andrea come sta? Parlate
diamine” Perché nessuno parlava, perché
non le dicevano nulla. Sentiva la rabbia salirle dentro, era
impotente. Non poteva fare nulla per Andrea.
“ Gli hanno tagliato la strada, la moto non ha frenato.. E
insomma.. È finito addosso a un camion.. Aveva il casco.. Ma
ha battuto la testa.. È in coma”. Alice a quelle
parole sentì la testa girare e Roberto la prese al volo un
attimo prima cadesse. Andrea era in coma. Andrea era in coma e avrebbe
potuto non svegliarsi più. All’improvviso si
sentì completamente vuota, incapace di provare alcun
sentimento. Passarono tutta la notte lì fuori, ad aspettare
notizie che non arrivarono. Nessuno parlò. Ognuno fissava il
pavimento ripensando all’ultima volta che lo avevano visto.
La mattina dopo i dottori cacciarono tutti. Gli dissero che la
situazione era stazionaria, di tornare la sera. Alice vagò
senza metà per le vie di Milano e si ritrovò in
università, seduta a un tavolo, circondata da amici. Nessuno
però riusciva a farla sentire meglio. Ad ogni angolo
sembrava vedere Andrea. In quel momento pensò a Piero. Lui
avrebbe saputo farla stare meglio, prese il telefono e lo
chiamò senza pensarci nemmeno un secondo. Voleva solo
sentire la sua voce, ne aveva bisogno.
Il telefono squillò a lungo, poi finalmente lui rispose.
Alice gli raccontò tutto, sperando in qualche parola di
conforto. Ancora una volta calò il silenzio.
Perché nessuno parlava, dannazione.
“ Mi dispiace, ma io ho da fare. Stasera esco, non ho tempo
per darti retta.” La liquidò in qualche secondo.
Come poteva essere così cinico.
Da quella telefonata passarono dieci giorni nei quali Alice e gli amici
si alternarono nella stanza di Andrea sperando di vederlo aprire gli
occhi, parlandogli incessantemente di ogni minima cosa gli passasse per
la testa. Passò anche il compleanno di Andrea, ma neppure
quel giorno il ragazzo si svegliò. Avevano quasi perso le
speranze, si stavano per rassegnare, poi una sera Andrea mosse una
mano. Era un movimento impercettibile, ma i ragazzi se ne accorsero.
Con grande sforzo aprì gli occhi e guardò
stupefatto gli amici che piangevano. Era debolissimo, non riusciva a
parlare ma era di nuovo con loro.
“ Ge..nte, Pic..Co..La. , ma per..che..”
Cercò di chiedere Andrea. Formulare quelle poche parole era
stato molto faticoso per lui. Era strano vedere tutti gli amici intorno
che piangevano. Non capiva perché, non riusciva a ricordare
nulla.
“ Non sforzarti idiota”Disse Alice piangendo. Gli
prese la mano e cominciò a stringerla forte. Non voleva se
ne andasse di nuovo. Era sveglio, tutto il resto non aveva importanza.
“ Mal di testa..” L’ultima cosa che
ricordava era un camion, poi nulla, e ora un mal di testa terribile.
“ Ci credo con la botta che hai preso.. Certo che
però hai la testa dura!” Questa frase
scatenò l’ilarità generale, e costrinse
l’infermiera a cacciarli perché stavano agitando
il paziente. Andrea rimase colpito dalla donna, da come aiutava le
altre persone e si faceva rispettare. Mentalmente si ripromise di
chiederle come poteva uscire con lei non appena si fosse sentito un
po’ meglio.
Nei giorni successivi venne messo a conoscenza di tutto quello che era
successo. La cosa che lo deluse di più era stato il
compleanno passato.
“ Dai, che modo stupido di perdersi il compleanno!”
Disse lui imbronciato.
“ Festeggeremo quando sei fuori, l’importante
è che sei tutto intero!” ribattè Alice.
Ormai passava tutto il suo tempo il ospedale con lui. Di Piero non gli
importava più nulla. Un’amica le aveva detto che
lui e Lucia si erano lasciati ma la notizia non suscitò in
lei nessuna emozione. Qualche giorno dopo se lo ritrovò di
fronte a una festa di compleanno. Le stava chiedendo di tornare
insieme. Per la prima volta Alice guardava negli occhi Piero e lo
vedeva davvero. Fino a qualche settimana prima avrebbe dato qualsiasi
cosa perché tornasse da lei, implorandola di tornare
insieme, ma quei momenti sembravano così lontani, la vita di
qualcun altro, quando ancora Alice credeva che fosse un ragazzo
incompreso, bisognoso di qualcuno che credesse in lui. Prima che si
mostrasse come un insensibile egoista. Le era sembrato un cucciolo
sperduto da aiutare, da amare, e così aveva fatto, dandogli
tutta se stessa, rinunciando persino agli amici e ad Andrea. Adesso lo
guardava e vedeva solo una persona meschina, che si era presa gioco di
lei per riuscire a portarsela a letto, giusto per ingannare il tempo
mentre gli amici non c’erano e rifarsi del torto di essere
stato lasciato da una ragazza come Lucia. Alice si poteva immaginare la
scena chiaramente, Piero che raccontava a Nico, l’amico di
sempre, di quanto era ingenua la piccola Alice, e di come fosse
semplice ingannarla, farle fare e credere quello che voleva lui. Gli
sembrava quasi impossibile che Piero potesse avere un amico o un cuore,
viscido com’era! Quegli stessi occhi azzurri in cui si
perdeva qualche mese prima che le ricordavano il mare ora le sembravano
freddi, vuoti, senz’anima. Quel suo modo di camminare e di
porsi che aveva amato per la fierezza ora le sembrava presuntuoso. Era
disgustata dal suo modo di pavoneggiarsi quando incontrava uno sguardo
femminile lungo la sua strada e del suo voler sempre essere al centro
dell’attenzione. Come aveva potuto amare una persona come
Piero, e piangere quando se ne era andato da lei per stare con Lucia?
Come aveva potuto non vedere tutto questo, non capire che
l’unica persona che Piero era in grado di amare era se stesso?
Lui ora voleva tornare con Alice, era lì di fronte a lei,
pendeva dalle sue mani, aspettando la sua decisione giocherellando con
le dita, ma lei non gli credeva più.
Adesso tutto era cambiato, la maschera dietro cui nascondeva il suo
vero io era caduta e lui non sembrava così speciale ora, non
riusciva nemmeno a farle pena. Lei lo aveva chiamato disperata mentre
Andrea stava male per avere conforto e lui l’aveva liquidata
perché era in ritardo. Non glielo poteva perdonare. Era
solamente un ragazzino immaturo che gioca a farsi grande, a cui non
importa nulla delle altre persone, che sta con qualcuno quasi per sport.
Alice si disse che poteva farne tranquillamente a meno, e sorridendo
aprì la porta per andarsene.
“Ciao Piero, ci vediamo in università. Andrea mi
aspetta!”
Lui rimase solo in mezza la stanza a fissare intensamente il pavimento
con una faccia da pesce lesso che Alice era sicura, non avrebbe mai
dimenticato. Per una volta una ragazza gli aveva dato una lezione di
vita.
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