di WarHamster
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自害


Arrivò infine il suo amato.
Il suo fu un pianto straziato, di bestia, di una moglie senza più una via da seguire.
E come una bestia voleva morire, come il lupo senza più compagno, che vaga solo, in cerca della fine.

Guardò il loro talamo, guardò il loro giardino e sentì come se non le appartenessero più.

Si ritirò nella stanza che era stata di Sora; bestie mostruose dipinte sulla carta di riso.
S’inginocchiò con la porta alle spalle, legando le gambe affinché restassero unite, per dignità.

Sollevò la spada, tre gemme a specchio del suo viso.
Un rivolo rosso sulla lama mentre si piegava come un giunco al vento.

 
 
蝶とぶや此世に望みないやうに
小林 一茶
La farfalla vola
senza alcun desiderio
in questo mondo.


 


NdA:
L’haiku citato è del maestro Kobayashi Issa.
Per finire, il gesto di Yuuki non è un semplice suicidio, si tratta del rituale Jigai (con qualche variazione di cui spiegherò il motivo). Lo Jigai è il corrispettivo femminile del Seppuku (il suicidio tramite squarcio del ventre operato dai samurai), ma a differenza di quest’ultimo si svolge utilizzando un coltello tantō o kainen che veniva sovente nascosto sotto l’obi. La donna si inginocchiava in una stanza vuota dando le spalle alla porta e si recideva la vena giugulare, prima di ciò si legava insieme le gambe, così che la posizione del corpo non risultasse disordinata a causa delle convulsioni ante-mortem. Solitamente lo Jigai veniva operato per sfuggire alla conquista dei nemici (e quindi allo stupro) in questo caso però le motivazioni di Yuuki sono ben diverse, Sora è morto ma non vi è alcuna avvisaglia che il suo palazzo possa essere attaccato, quindi il suo suicidio è unicamente per porre fine alle sofferenze dovute alla perdita del marito, per questo invece del coltello utilizza la sua spada, proprio per sottolineare come il suo gesto sia dovuto unicamente alla perdita di Sora. Inoltre, la scelta di questo tipo di suicidio, che preserva la dignità, indica anche come lei voglia lasciare una buona immagine di sé, dopo averla distrutta nei mesi precedenti; è come se volesse lavare via il tradimento e i comportamenti disonorevoli con una morte dignitosa nonostante sia accompagnata da una grande disperazione.
In questa serie di drabble ho voluto concentrarmi non tanto sul samurai, quanto sulla moglie, colei che rimane nella magione e deve portare il peso della lontananza del marito. Ho notato che nei film e nei libri in cui compare una figura femminile di questo tipo (la moglie di un samurai partito in guerra) esse si dividono in due categorie: quelle il cui matrimonio combinato non presentava la benché minima traccia di amore e che quindi vivono tranquille e serene lo stesso (al massimo un po’ scocciate perché si ritrovano ad amministrare tutto da sole) e quelle che, pur amando il proprio compagno, preservano un contegno e una fermezza che, a parer mio, a volte sono fin troppo innaturali; saranno anche donne giapponesi del periodo Edo/Meiji, abituate sin da bambine a far fronte a qualsiasi situazione, cresciute con il pallino della grazia e dell’incorruttibilità della figura femminile, ma c’è un limite a tutto.
In questa serie di drabble ho voluto parlare di una donna che si abbandona alla sofferenza, una donna che amava così tanto il suo compagno da non trovare più alcun significato nel voler mantenere una facciata decorosa e che per lenire il suo dolore incolmabile si spingere a compiere gesti a cui normalmente non avrebbe nemmeno pensato.

Ringrazio chiunque abbia letto questa raccolta, spero vi sia piaciuta.

MaelstromDawn



 




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