Warnings: AU,
violenza, sangue, badwrongness generale.
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Count: 1815
(fdp)
N/A: Scritta
per la #FreeWhiteNight @ free_perlatrama,
prompt “Serial Killer AU ispirata a queste
immagini”
& per 500themes_ita prompt
#386. Preso alle spalle.
Cosmic love
Il
motivo per cui non la uccidono subito è che Gou non ha paura.
Non
sta semplicemente pretendendo di non averne, in quel caso lo
noterebbero subito. La ragazza ha attraversato il cortile e poi
l'ingresso della vecchia scuola abbandonata con un passo fermo, deciso,
quasi di sfida. E anche adesso, scendendo in quella piscina vuota e
mezza distrutta che Nagisa ha eletto a loro
“ufficio”, non un singolo tremore scuote le sue
spalle dritte.
Quando
Gou lo capisce, quasi le viene da sorridere. Solo una settimana prima
non sarebbe stata in grado di una tale prova di coraggio. Se ci fosse
di mezzo chiunque altro, non sarebbe mai arrivata a tanto.
Né avrebbe mai pensato alla disperazione come antidoto alla
paura. Avrebbe preferito non scoprirlo.
Li
guarda uno alla volta, cercando la scintilla di un ricordo, l'ombra di
una qualche familiarità, ma non trova nulla se non quattro
sguardi spenti. Deve stare attenta, ora. Stare in piedi sul fondo di
quella grande vasca è come essere in trappola. Non
riuscirebbe mai a scappare.
«Makoto»,
è il primo nome che le esce dalle labbra. È alto,
ha spalle grandi e larghe e mani grosse come badili. Gou ha sentito
dire che, sebbene usi più spesso mazze da baseball o tubi
d'acciaio per non lasciare impronte, è più che
capace di uccidere un uomo solo con quelle mani. Eppure ha un volto
gentile e le maniere di un gentiluomo. Lui le sorride.
«Haruka»,
dice poi, spostando il suo sguardo verso il ragazzo al fianco di
Makoto. Tanto tempo fa, lei aveva una cotta per quel ragazzo.
Così serio e pacato, con lo sguardo sempre perso e lontano,
verso quelli che lei credeva essere mondi fantastici, e che invece si
erano rivelati essere abissi di follia. Gou sa che Haruka uccide solo
in acqua. Nessuno ha mai pensato di chiedergli il perché, e
come riesca a farlo è un segreto che rimane tra lui e gli
innumerevoli cadaveri blu e gonfi che di tanto in tanto si arenano
sulla spiaggia. Lui non si volta nemmeno a guardarla.
«Rei»,
esita un istante prima di fare quel nome, ma i suoi occhi si posano
sicuri sull'ombra accucciata ai piedi della poltrona dove è
seduto il capobanda. Rei è l'unico che non conosce, e della
cosa non è dispiaciuta affatto. I giornali scandalistici lo
amano perché ogni suo omicidio è un'opera d'arte,
per quanto di artistico possa esserci nel togliere la vita ad una
persona. Gou ha visto le foto: ali di farfalla dipinte col sangue e
versi di poesia incisi sulla pelle. Di bellezza, personalmente, non ne
ha vista. Lui si sistema gli occhiali e china appena il capo, in quello
che potrebbe essere un segno di saluto.
«Nagisa»,
mormora infine, e lui è l'unico a guardarla dritta negli
occhi. C'è stato un tempo in cui le capitava di incontrarlo
al parco, vestito da bambina e circondato dalle sue sorelle che si
divertivano ad usarlo come bambola. Forse è ancora alle
bambole che pensa adesso, quando ricuce i corpi squartati delle sue
vittime per farle somigliare ad enormi marionette che di umano non
hanno che il ricordo. Di sicuro c'è che è
cambiato parecchio da allora. Adesso è lui il capo, e come
abbia fatto a guadagnarsi il rango è un segreto di cui Gou
non vuole essere messa a parte.
«Sono
Gou Matsuoka», si presenta. «Sono─»
«Gou-chan»,
esclama Nagisa, alzandosi in piedi. «Ci ricordiamo di
te.»
«Non
io», interviene Rei.
«È
la sorella di un... vecchio amico», spiega Makoto.
Solo
in quel momento Haruka si degna di voltarsi verso di lei.
Gou
indugia ancora un momento. L'esitazione nel tono di Makoto non le
è piaciuta affatto, e non le piace nemmeno lo sguardo di
Haruka. E il sorriso di Nagisa le dà i brividi.
«È
proprio a causa di Rin che sono qui», si decide finalmente a
dire. Ormai è arrivata fin lì, fare marcia
indietro sarebbe stupido. Anche se l'hanno riconosciuta non vuol dire
che siano disposti a lasciarla andare se non offre loro qualcosa in
cambio.
«Rin?»,
domanda Haruka. La sua voce è roca e le parole vengono fuori
in modo rugginoso, come se il suo proprietario non fosse abituato a
parlare molto.
Gou
si morde appena un labbro.
«È
tornato», rivela alla fine.
Per
qualche istante la notizia rimane sospesa nel silenzio riempito
soltanto dal frinire delle cicale. L'ultimo giorno di primavera sta
finendo con un tramonto che colora il mondo di rosso e fa scomparire
nell'ombra gli angoli della piscina. Inizia a fare freddo.
Gli
occhi di Haruka sono appena un po' più spalancati, e Makoto
ha lo sguardo fisso su di lui. Rei, dal canto suo, non sembra per nulla
impressionato, ma Nagisa sorride quasi con gentilezza.
«E
perché sei venuta a dircelo?», domanda.
«Perché
vuole unirsi alla Samezuka. Io invece voglio che torni con
voi», risponde Gou. In realtà quello che vorrebbe
è che suo fratello si tirasse fuori del tutto da quel mondo,
ma non è una stupida né un'illusa, e visto che
Rin continuerà comunque a lavorare come sicario, tanto vale
che lo faccia con il team vincente. È verso Haruka che si
volta adesso.
«Pensa
che loro siano più professionali e che abbiano i lavori
migliori», continua. E forse è davvero
così, ma è anche vero che lì dentro i
ragazzi muoiono a manciate. A Rin non importa perché si
considera immortale oltre che meglio di chiunque altro, ma grazie
all'amicizia con Ama-chan, il capo della polizia, Gou sa che la
strategia della Samezuka è molto semplicemente quella di
puntare sul numero. Hanno decine e decine di ragazzi che lavorano per
loro, un paio di morti per missione non sono nulla. Per lei, invece,
potrebbero essere tutto. «Fategli capire che non è
vero.»
«E
come dovremmo “farglielo capire”?»,
domanda Nagisa, piegando appena la testa di lato. L'idea gli piace,
è palese, ma Gou continua a parlare direttamente ad Haruka.
«In
qualsiasi modo. Non m'importa», risponde. Sa che sta mettendo
in gioco la vita di suo fratello per una supposizione, per un affetto
che crede che esista ma di cui non ha nessuna prova, ma è
comunque meglio che guardarlo andare al macello con un sorriso
strafottente sulle labbra. «Ve lo chiedo in favore della
vostra vecchia amicizia.»
Il
silenzio torna a fare da padrone. Anche le cicale si sono azzittite.
Ormai è buio, e le prime stelle iniziano ad affacciarsi
sopra di loro.
«Me
ne occuperò io», si offre infine Haruka.
«Ce
ne occuperemo tutti insieme», lo corregge Nagisa, ancora
sorridendo. «In nome della nostra vecchia amicizia,
ovviamente.»
«Vorrei
sottolineare che io continuo a non conoscere nessuno dei
due», si lamenta Rei.
«Ti
spiegheremo strada facendo», interviene Makoto.
«Volete
farlo stasera?», chiede Gou, spalancando appena gli occhi.
«Perché
aspettare?», commenta Nagisa.
«Sarà
meglio che tu vada a casa, Gou», le consiglia Makoto.
«E di corsa, anche. Si è fatto davvero
tardi.»
Gou
non se lo fa ripetere. Corre via come se avesse l'inferno alle
calcagna, ed intanto piange e prega di aver preso la decisione giusta.
*
Il
vicolo è buio, e isolato, e maleodorante. Il tipo di luogo
in cui Rin ha sempre pensato che sarebbe morto, insomma.
Preso
alle spalle, si difende bene dai pugni di Makoto e schiva con
facilità uno dei coltelli di Nagisa, ma la frusta di Rei
arriva inaspettata a cingergli il collo in una stretta mortale, e il
ragazzo è costretto ad arretrare e portarsi le mani alla
gola, tentando di liberarsi prima di soffocare.
Haru
attacca in quel momento, affondandogli il ginocchio nello stomaco.
Tutto diventa nero e Rin finisce a terra, tra il fango e la polvere,
sputando sangue e annaspando nel tentativo di succhiare un rivolo
d'aria.
Makoto
si china su un ginocchio, lo afferra per i capelli e gli solleva la
testa abbastanza da allentare la presa della striscia di cuoio.
«Non
sarebbe molto educato perdere i sensi così presto,
Rin», lo informa con gentilezza, prima di lasciarlo andare.
Rin
tossisce e si alza su un gomito, imprecando tra i denti. Con una mano
si massaggia la gola e con l'altra tenta di liberarsi del sangue che
gli cola a fiotti dal naso rotto, impedendogli di respirare. Anche la
sua bocca è piena di sangue, ma quello appartiene ad Haru.
Lo ingoia con soddisfazione. I segni di quel morso gli dureranno
parecchio.
Con
la coda dell'occhio nota Nagisa avvicinarsi, e solleva lo sguardo
appena in tempo per vederlo passare le braccia intorno al collo di
Makoto, ancora accucciato accanto a lui, e posare il mento sulla sua
spalla.
«È
stato scortese da parte tua non venire a salutarci,
Rin-chan», lo rimprovera il ragazzo, assottigliando appena
gli occhi. «Ma come vedi abbiamo deciso di venire noi da te,
quindi va bene lo stesso, no?»
Rin
ride, sputando saliva rossastra.
«Siete
stati molto gentili», ribatte, massaggiandosi le costole. Ora
riesce a respirare un po' meglio, in compenso ogni parte del suo corpo
si è messa a pulsare dolorosamente.
«Allora,
lo uccidiamo o no?», domanda Rei, avvicinandosi a sua volta.
«Mi piacciono i suoi capelli. Farebbero un bel contrasto col
sangue, soprattutto con il buio.»
Rin
vorrebbe chiedere chi diamine è quell'idiota e come si
permette di parlare dei suoi capelli o di suggerire la sua morte, ma in
quel momento la mano di Haru si posa con leggerezza sulla sua spalla.
Ora è accoccolato dietro di lui e Rin può sentire
le sue ginocchia pungolargli la schiena.
«Solo
io posso uccidere Rin. È una promessa che ci siamo
fatti», risponde semplicemente.
Rin
la ricorda quella promessa. In
questo mare di merda,
aveva detto una vita fa, se
proprio devo morire, dovrai essere tu ad uccidermi. E dovrai farlo in
un modo grandioso. Dovrai mostrarmi qualcosa che non ho mai visto prima.
«Mi
mostrerai l'oceano, allora?», domanda Rin con una smorfia che
vorrebbe essere divertita.
«Non
ancora», risponde Haru. E poi si volta a guardare Nagisa, che
si limita a stringersi nelle spalle, ancora aggrappato al collo di
Makoto. Tanto basta a Rin per capire che probabilmente non
morirà quella sera.
«Boicottarci
in favore della Samezuka, però, è stato davvero
poco carino da parte tua», continua Makoto. «In
qualche modo dovrai pagare.»
«Tsk.
Hanno armi vere», lo rimbecca Rin. «Non i
giocattoli con cui andate avanti voi.»
«Sarà
per questo che sono così poco divertenti»,
commenta Nagisa.
«Insomma!»,
si intromette Rei. «Qualcuno vuole dirmi una buona volta che
cosa sta succedendo? Non ci sto capendo più niente, e
abbiamo ancora un altro lavoro da portare a termine!»
«Ti
spiegheremo strada facendo», ribatte Makoto, tirandosi in
piedi e trascinando con sé anche Nagisa.
«Questo
l'hai già detto due ore fa, Makoto-senpai!»,
protesta Rei, ma lo segue comunque quando l'altro si dirige verso
l'uscita del vicolo. «Voi rimanete qui?», non
riesce a trattenersi dal domandare ancora, voltandosi verso gli altri.
«No,
solo Haru-chan rimane qui. Io vengo a darvi una mano»,
risponde Nagisa. Poi si accuccia al fianco di Rin, chinandosi per
avvicinare il volto al suo, e Haru si tira istintivamente indietro, in
modo da non essergli di intralcio.
«A
meno che Haru-chan non decida di ucciderti stanotte... bentornato nel
team, Rin-chan», gli mormora Nagisa in un orecchio, prima di
allontanarsi. E a Rin viene quasi voglia di ridere.
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