A Simona, la
mia Nancy e la mia droga preferita
-Un'altra,
Mark! - urlò Sid con la voce impastata dall'alcol, mentre
allungava il braccio verso un bicchiere colmo di un cocktail di cui
nemmeno lui era a conoscenza del contenuto.
Stava
esagerando con quella strana sostanza, ne era consapevole.
Ma
non avrebbe di certo smesso di bere per la sua coscienza, a cui non
aveva mai dato ascolto in vita sua.
Guardò
distrattamente l'orologio: le tre e mezza.
Come
cazzo era possibile? Aveva controllato cinque minuti prima, ed era solo
mezzanotte e un quarto.
Curioso,
il tempo.
Aveva
promesso a Nancy che sarebbe tornato a casa entro l'una: per un attimo
ebbe l'impulso di correre a casa, ma lo represse subito dopo.
Cosa
diavolo gli saltava in mente?
Non
poteva mandare la serata a puttane per colpa sua.
Ricacciò
indietro quel pensiero e continuò a bere.
Un'altra
ora passò esattamente come erano passate quelle precedenti,
bevendo superalcolici ed ingerendo pasticche dall'aspetto ambiguo.
Solo
quando si accorse che tutta la gente cominciava ad andarsene,
barcollando fuori da quello squallido locale, decise di farsi uno
schizzo, per poi tornare a casa dalla sua Nancy.
Le
gambe non riuscivano a reggerlo, ed aveva tutti i sensi annebbiati da
ciò che aveva ingerito.
Sotto
gli occhi dei pochi che rimanevano seduti ai tavoli, ormai tutti
completamente sbronzi, si trascinò lentamente verso la porta
di legno del bagno.
Si
stese a terra, privo di ogni sostegno da parte del suo corpo.
Sentì
un flusso liquido salirgli nell'esofago: cominciò a vomitare
tutto, senza nemmeno preoccuparsi di spostare la testa.
Chiuse
gli occhi, prima di tirare fuori dalla tasca del giubbotto di pelle
nero la sua siringa, un piccolo cucchiaino da caffè e un
sacchetto con della polverina bianca.
Si
preparò la roba alla bell'e meglio, e senza nemmeno
stringersi il braccio si iniettò tutto nella prima vena che
riuscì a trovare.
Dopo
quelli che potevano essere secondi, minuti, ore o anche giorni interi,
si alzò dal bagno e, salutando con un cenno forzato del capo
il barista, si inoltrò per le strade di Londra.
Arrivò
al suo appartamento che aveva completamente perso la cognizione del
tempo.
Suonò
ripetutamente il campanello, senza ricevere risposta, imprecando sotto
voce.
Dopo
svariati calci alla porta ed altre mille bestemmie, Nancy gli
aprì: si accorse subito che era completamente fatto.
-Dormivo...-
cercò di scusarsi, sapendo però che non c'era
nulla da fare quando il suo ragazzo tornava in quelle condizioni.
Quando
le arrivò il primo schiaffo, infatti, era preparata.
Chiuse
gli occhi per trattenere il dolore e le lacrime, per non fargli vedere
quanto ci stava male.
Lui
continuò a colpirla fino a quando riuscì a
tenersi in piedi, prima di abbandonarsi a terra, scendendo lentamente
lungo il muro.
Nancy
non riuscì più a trattenersi e scoppiò
a piangere.
Era
un pianto pieno di sentimenti indecifrabili, il suo.
Amava
Sid più di qualsiasi altra cosa al mondo, sarebbe morta per
lui.
Per
questo non si era mai ribellata alle sue botte, ai suoi tradimenti, ai
suoi continui sbalzi d'umore.
Per
questo aveva sempre sorriso ad ogni suo comportamento violento,
continuando a dirgli che lo amava.
Perché
era l'unica certezza che aveva nella vita, quella di amarlo.
Ed
è questo il motivo per il quale, quando lui tirò fuori il coltello che portava sempre con sé nella tasca
posteriore dei jeans, lei non si mosse e continuò a
sorridere, con le lacrime che le rigavano il volto.
-Perché
stai piangendo? - le chiese, con una punta di ripensamento.
-Perché
ti amo, Sid.
Lui
si bloccò un attimo e cercò di mettere a fuoco le
sue parole.
Non
ci aveva mai pensato seriamente ai suoi sentimenti per Nancy, di certo
non in quello stato.
Nonostante
l'eroina che gli circolava nel corpo, l'alcol e le pasticche che aveva
preso poco prima, in un momento ebbe chiaro tutto ciò che
sentiva.
-Anche
io ti amo. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. Sei mia,
solo mia. - disse alla fine, quasi sussurrando.
Continuava
a ripetere quelle due ultime parole, mentre si rigirava il coltello tra
le mani.
Lei
lo sapeva, sapeva che avrebbe dovuto spaventarsi, ma non riusciva ad
avere paura.
Quelle
parole l'avevano resa la persona più felice del mondo.
Continuò
ad esserlo anche mentre lui si avvicinò, con il coltello
alzato.
Anche
mentre il suo sangue scivolava copiosamente sul pavimento.
Anche
mentre cadeva ai piedi del letto.
Anche
mentre, lentamente, chiudeva gli occhi.
-Solo
mia. - ripeté lui, vicino al suo orecchio, nonostante non
fosse sicuro di essere ascoltato.
Nancy
invece l'aveva sentito eccome.
Se
avesse potuto lo avrebbe baciato, per quanto lo amava.
''Ti
amo', provò a dire, ma alla fine si limitò a
pensarlo.
Era
felice.
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