Tutta
colpa di Edipo
Capitolo
5
Il volto scioccato della donna seduta davanti a sé non lo
sconvolse minimamente: sapeva che reazione poteva provocare una notizia
di quel genere. Quello che non sapeva, era che lo stupore di Robin era
legato a tutt’altro pensiero.
- Fortunatamente io ero già un adolescente, per questo
riuscii a rendermi conto in tempo della situazione. Se il tuo compagno
ha diciassette anni, sono convinto che accadrà la stessa
cosa. Basta affrontarlo nel modo giusto.
Robin non rispose, ma, una volta ripreso il libro fra le mani,
sussurrò alcune parole. - Il complesso di Edipo...
L’uomo non riuscì a trattenere la propria
curiosità. - Come dici?
- Il complesso di Edipo. - ripeté l’archeologa
rivolgendosi al suo sguardo. - Ecco dove avevo già sentito
questo nome.
- Complesso di Edipo?
La donna annuì. - Si tratta di un problema psicologico
solitamente diffuso fra i bambini, che li porta ad innamorarsi del
genitore del sesso opposto. Risale da un’antica leggenda che
narrava di un uomo colpevole di aver ucciso, inconsapevolmente, il
proprio padre ed essere convolato a nozze con la madre. Dev'essere da
qui che nasce il nome con cui è contrassegnato il
protagonista della vostra leggenda. Probabilmente la sua
identità si è persa nei secoli e nel libro si
è deciso di ometterla fino al momento in cui è
chiamato Oedipus, con
chiara valenza dispregiativa.
Robin ripose il libro e la spilla. - Non era una maledizione, solo un
disturbo psichico.
Non aveva sbagliato dunque nell’esaminare i libri
dell’osservatorio. Nella costante ricerca di libri nuovi da
sfogliare, doveva certamente essersi imbattuta in qualche tomo che
trattava della leggenda.
- Probabilmente ne era affetto, ma in seguito a tutte le lodi di cui
era stato oggetto, non è mai stato capace di superare questo
problema. - affermò sicura di sé analizzando la
situazione.
- Dimentichi che io ho incontrato quell’uomo, e che
quell’uomo mi ha spinto alla malattia psichica che dici tu.
Come è possibile? E perché è successo
se non ero più un bambino?
Il pittore non si accontentava della spiegazione scientifica:
quell’uomo e i suoi fiori lo avevano stregato, non era di
certo una sua immaginazione.
- Non lo so. - rispose Robin. - Ma credo che sia meglio chiedersi come
abbia fatto ad incontrarlo.
- Perché, pensi che non me lo sia già domandato?
- le chiese ironico Fuad. - Avevo letto la leggenda. L’avevo
riconosciuto. So benissimo che l’uomo che ho incontrato non
era vivo, ma non è questo quello che mi preoccupa.
Robin si dimostrò nuovamente pronta ad ascoltarlo: forse
poteva ancora ottenere qualche informazione dal pittore.
- Non voglio che altri subiscano la mia stessa sorte. - le disse Fuad
riprendendo il discorso. - In tutti questi anni sono sempre stato
tranquillo, perché credevo che la spilla non esistesse
più e nessuno mi aveva più parlato di questa
storia. Ora che mi hai detto che anche il tuo compagno si comporta in
modo strano, voglio sapere come fare a proteggere le persone che
conosco. Edipo è tornato. Non posso più ignorare
la sua presenza.
- Crede che Edipo sia legato alla spilla?
- Non ne ho idea. - le disse. - So solo che quando
quell’oggetto è sparito, io sono stato molto
meglio. Volevo liberarmi da tutto ciò che me lo ricordasse.
Robin annuì. - Per questo motivo ci ha venduto il libro e il
quadro.
- Non volevo distruggerli. - continuò l’uomo. -
Era solo la spilla ad avermi creato dei danni.
- E la sua unica speranza per liberarsene era venderli a degli
stranieri. - finì per lui la donna ricordando la
conversazione della mattina precedente.
Rimasero qualche istante in silenzio, finchè Robin non
riprese il discorso. - Cosa è successo esattamente ai
genitori di Edipo?
L’uomo le rispose con tono freddo e distaccato. - Uccise il
padre con le proprie mani in seguito ad un attacco d’ira. La
madre si suicidò per il dolore dopo aver visto il figlio
accanto al cadavere del marito. La leggenda dice che Edipo pianse dopo
quell’episodio, e si consegnò spontaneamente alle
autorità per poter dare ai genitori le onoranze funebri che
meritavano. Le Sagge di allora lo ritennero pazzo e lo bandirono.
L’unica cosa che potè fare fu posare un mazzo di
Oedipus sulla tomba della madre, prima di sparire per sempre.
Posso farti una domanda personale? - le chiese poi il pittore.
- Dica pure. - rispose immediatamente la donna.
- Mi stavo chiedendo come potesse un pirata essere soggetto ad un
simile potere. Nella vostra ciurma non credo siano presenti anche i
suoi genitori, quindi come avete fatto ad accorgervi del suo
cambiamento?
- La colpa è mia. - gli rispose la donna con un sorriso
triste. - Sono sempre stata molto affezionata a questo mio compagno,
tanto da comportarmi quasi come una madre per lui. È stato
il suo eccessivo affetto nei miei confronti a farmi insospettire.
- Capisco. - le rispose comprensivo il pittore. - Ma non devi sentirti
colpevole. Non c’è nulla di male nel voler bene a
qualcuno.
- Sì, se lo si tratta come un bambino. - affermò
Robin ricordando le parole di Zoro. - Questo mio compagno non lo
è e non deve essere trattato come tale.
- Su questo hai ragione. - riprese lui. - Ma non essere così
severa con te stessa. Non è solo compito dei genitori
educare i ragazzi.
Robin sorrise. Sapeva bene cosa stava cercando di dirle
quell’uomo: non aveva bisogno di essere imparentata con
Chopper per poterlo aiutare a crescere. Si erano sempre vantati di
essere una famiglia più che una ciurma, creando dei legami
che andavano al di là della semplice amicizia, e quel
concetto di nakamaship
li aveva aiutati tutti a migliorarsi.
Le vennero in mente il rimprovero di Zoro a Chopper di fronte alle sue
lacrime durante il Davy Back Fight, le parole di Rufy quando
l’aveva salvata ad Alabasta e a Enies Lobby, il discorso
dello spadaccino a Water Seven quando si erano posti il problema
dell’abbandono di Usop. Era così che si erano
aiutati fino a quel momento, e così avrebbero continuato.
Il rumore di qualcosa di metallico che cadde sul pavimento
dell’altra stanza la fece risvegliare dai propri pensieri.
- Questo deve essere Zayd. - disse divertito l’uomo. -
Starà preparando la tavola. Vuoi fermarti per il pranzo?
“Pranzo?” Pensò l’archeologa.
- No, grazie. Devo tornare subito sulla nave. I miei compagni mi
staranno aspettando.
Si alzarono e l’uomo le sorrise. - Cosa hai intenzione di
fare con il problema del tuo compagno?
- Cercherò di risolverlo e chiederò ai miei
compagni di porre fine alla questione di Edipo. - gli rispose sicura la
donna. - Non si preoccupi più.
- Vieni pure da me se hai bisogno d’altro.
Quando tornò sulla Thousand Sunny, l’archeologa
sentì distintamente le voci dei suoi compagni provenire
dalla cucina. Non aveva previsto di ripresentarsi così
tardi, ma ora aveva tutte le informazioni che le servivano.
Quando entrò nella stanza calò il silenzio e
tutti si volsero a guardarla: non stavano pranzando. Stavano
semplicemente parlando comodamente seduti, mentre Sanji era al lavoro
ai fornelli.
- Guarda un po’ chi si è deciso a comparire. -
disse Nami con tono scocciato. - Si può sapere
perché te ne sei andata, Robin?
Comprendeva l’irritazione della navigatrice,
poiché non aveva tenuto fede al suo compito.
I volti degli altri mostrarono una certa sorpresa nel sentire il tono
di Nami: la ragazza non si era mai spinta ad un simile comportamento
nei confronti dell’altra donna della ciurma.
- Nami, so che non dovevo e mi dispia-
- Ti dispiace?! - la interruppe la rossa. - Sai
cos’è successo mentre non c’eri? Eh? Lo
sai?
L’archeologa fece segno di no con la testa, e
cominciò a preoccuparsi viste le facce dei propri compagni.
- Zoro è stato male. Lo abbiamo riportato sulla Sunny io e
Sanji, e volevamo chiamare Chopper, ma tu non c’eri. Usop
è dovuto correre in città. Hai idea del tempo che
abbiamo perso?!
Robin non sapeva cosa dire: già solo dopo le prime parole si
era sentita un tuffo al cuore.
- Come sta adesso? - disse mantenendo tutta la calma di cui era capace.
- Chopper è con lui in infermeria. Ha detto che non dobbiamo
preoccuparci, ma non è questo il punto, Robin! -
continuò la navigatrice alzando la voce.
- Nami-san, ora calmati. Sono sicuro che Robin-chwan abbia avuto le sue
buone ragioni per- provò a dire Sanji per calmarla, ma la
rossa lo interruppe e si rivolse nuovamente all’archeologa. -
Giusta osservazione, Sanji-kun. Perché sei scesa, Robin?
- Dovevo parlare urgentemente con una persona. - rispose la donna
incamminandosi verso la porta dell’infermeria.
- Ah sì? E chi sarebbe?
Robin non rispose ed aprì la porta
dell’infermeria. Davanti a lei comparve Chopper, in piedi
sulla sedia accanto al lettino, che avvicinava pericolosamente un paio
di forbici al corpo del proprio paziente.
Uccise il padre con le
proprie mani. - Tres Fleur!
Immediatamente, due braccia immobilizzarono la renna, mentre un terzo
strappava le forbici dalla zampa del medico. Chopper, preso alla
sprovvista, perse l’equilibrio e cadde dalla sedia, portando
con sé anche gli strumenti che aveva appoggiato accanto a
lui. Le conseguenze furono un tonfo e il rumore di oggetti metallici
che urtavano il pavimento di legno.
- Cosa diavolo è successo?! - urlò ancora nervosa
la navigatrice affacciandosi alla porta. Vedere Robin che immobilizzava
Chopper non portò molti miglioramenti alla situazione
già problematica dell’archeologa.
- Ma sei impazzita?! - le chiese immediatamente la navigatrice
costringendola a voltarsi verso di lei.
Anche il resto della ciurma era in piedi, accanto alla porta, ciascuno
curioso di sapere cosa stesse accadendo.
- Si può sapere cosa ti è preso? Non ti riconosco
più! - gridò la navigatrice con le lacrime agli
occhi.
Robin non sapeva come risponderle: lasciò andare la piccola
renna e appoggiò le forbici sulla scrivania, accanto ai vari
medicinali che il medico di bordo aveva allineato ordinatamente. Nami
la rivolse nuovamente verso di sé, costringendola per una
spalla: la rabbia che la animava sembrava incontenibile.
Rufy intervenne a dividerle, rimuovendo la mano di Nami e parandosi
davanti a Robin. - Smettetela adesso!
Rimasero tutti impietriti da quel gesto così insolito:
nessuno si sarebbe aspettato una mossa del genere, soprattutto dal
proprio allegro e bonario capitano, che invece in quel momento
sfoggiava una delle sue espressioni più serie. La sua
determinazione li aveva colpiti ancora una volta. Nemmeno Sanji, che
guardava atterrito la scena, era riuscito ad intervenire: forse, si
trattava di un litigio troppo inconsueto. Nami soffocò un
moto di stizza.
- Bene. - sbottò la navigatrice ricomponendosi. - Se
qualcuno mi cerca sono nella mia cabina.
Uscì a passo di carica dalla stanza, lasciando tutti in
quell’aria pesante che si era formata. A nessuno piaceva la
sensazione che provava in quegli istanti. Eccezion fatta per Brook e
Franky, sembrava di essere tornati ai tempi della Metropoli
dell’Acqua.
- Tutto bene, Chopper? - fu svelto a chiedere il cecchino dopo essere
passato tra Rufy e Robin ed essere entrato in infermeria per soccorrere
la renna.
- S-sì, credo di sì. - rispose il medico poco
convinto. - Perché mi hai attaccato, Robin? - aggiunse poi
con tono innocente e sinceramente stupito.
L’archeologa sospirò: sentiva su di sé
lo sguardo di tutti i suoi compagni, ma non poteva certo dar loro
torto.
- Perdonami, Chopper. - disse alla renna dopo essersi inginocchiata per
essere alla sua stessa altezza. - È stata una reazione
istintiva, non avevo intenzione di farti del male. Ti ho visto con
quelle forbici e-
L’abbraccio della renna la prese alla sprovvista. - Non
preoccuparti. Non mi hai fatto niente. - disse sorridente. - Ora
però devo tornare al lavoro: Zoro ha bisogno di me.
L’archeologa non lesse alcuna bugia in quei grandi
occhi neri: solo il dovere che il piccolo nutriva verso la propria
professione. Rispose al sorriso e si rialzò, accompagnata
dal resto della ciurma al di fuori della stanza.
- Quanto tempo credi che ti serva per il pranzo, Sanji? - chiese poi al
cuoco come se non fosse successo nulla.
- Mi sono appena messo ai fornelli, Robin-chwan. Ci vorrà
ancora un po’ di pazienza. - rispose il cuoco ancora
leggermente scosso.
- Ne approfitterò per parlare con Nami allora. - disse
tranquillamente. - Devo scusarmi ancora per quello che
è successo stamattina: con te, Usop, perché non
avrei dovuto lasciarti solo sulla nave, e con te, Rufy,
perché ho disubbidito ad un ordine. Vi assicuro che non
accadrà di nuovo.
- Nah, figurati! - la rassicurò il capitano con un sorriso a
trentadue denti. - L’importante è che ora sia
tutto a posto! - aggiunse incrociando le braccia dietro la testa. - Non
voglio più vedere te e Nami litigare così.
- Su questo puoi stare tranquillo. - gli rispose Robin. - Non ho
intenzione di creare altri problemi. Bastano quelli che ci sono
già. - Detto questo uscì, lasciando i suoi
compagni confusi e stupiti dal suo tono enigmatico.
- Quest’isola ha qualcosa di strano. - affermò
Franky non appena l’archeologa se ne fu andata. - Prima lo
strano comportamento di Chopper, poi Zoro che sta male, e ora anche
Robin è irriconoscibile.
- Anche tu che non ricordi più niente, Franky! - aggiunse
sicuro di sé il capitano. - Chopper dev’esserci
rimasto malissimo in città!
Lo sguardo del carpentiere si oscurò, facendo venire i
brividi al cecchino e al musicista che non si sarebbero mai voluti
trovare nei panni del loro capitano.
- Quante volte devo ancora ripeterti che non è colpa mia?! -
ruggì infine il carpentiere. Rufy non si scompose: si
limitò a tenersi il cappello di paglia sulla testa.
- Piantatela! - li ammonì Sanji, rimasto impassibile fino a
quel momento. - Ci manca solo che litighiate anche voi due.
- Senti chi parla. - disse Franky tornando a sedersi sul divano. - Se
lo spadaccino fosse in piedi sareste già pronti a scannarvi
l’un l’altro.
Mentre Sanji si avvicinava pericolosamente al cyborg alzandosi le
maniche della camicia, Usop rifletté ad alta voce.
- Chissà perché Robin si è comportata
in quel modo con Chopper poco fa.
Quelle poche parole bastarono perché i suoi compagni lo
facessero oggetto della propria attenzione. Il cecchino, imbarazzato,
cominciò ad agitare furiosamente le mani davanti a
sé. - I-Intendevo dire che mi è sembrato un
po’ strano, tutto qui! Quei due sono sempre andati
d’accordo!
- Il problema non è Chopper, naso lungo. -
continuò Franky. - Deve essere lo spadaccino che
l’ha preoccupata.
- Non dire stronzate! - s’intromise il cuoco. -
Perché la mia bellissima Robin-chwan dovrebbe preoccuparsi
per quella specie di palla di muschio?!
- Yohohoho! Magari quei due ci nascondono qualcosa! -
affermò lo scheletro allegro.
Dopo pochi secondi di silenzio, però, tutti scossero la
testa decisi, facendo risuonare un “nah...” in
tutta la stanza.
- Adesso Sanji rimettiti a cucinare! Ho fame! - urlò il
capitano riacquistando immediatamente il sorriso che lo
contraddistingueva.
Il cuoco ubbidì, commentando sommessamente le solite frasi
di Rufy.
- La cosa non mi convince ugualmente. - riprese poi Usop.
- Non convince nessuno. - gli rispose il cyborg. - Per questo dobbiamo
aspettare la spiegazione di Robin.
Il carpentiere si rilassò sul divano prima di riprendere il
discorso. - Già che stiamo parlando... dove hai detto che
hai trovato la renna, Usop?
- Non molto distante dal porto. - rispose immediatamente. - Mi
è sembrato strano che non fosse con voi, ma ero troppo
preoccupato per darci peso. Si può sapere
cos’è successo?
- Beh... è sparito. - gli disse tranquillamente Franky. -
Semplicemente sparito. Stavamo guardando i cantieri e- il cyborg si
arrestò di colpo quando una scarpa lo colpì in
pieno volto.
- Si può sapere perché diavolo l’hai
fatto?! - urlò poi in direzione del cuoco, che rimase di
spalle, sempre rivolto verso il piano cottura. Sanji alzò
semplicemente una mano, indicando con il pollice la porta
dell’infermeria.
- Oh... - fu il commento di Franky accorgendosi della situazione. -
Ragazzi, cosa ne direste di un aperitivo nel Bar-Acquario? - disse
forzando il tono cordiale con cui aveva pronunciato la frase.
- No, preferisco rimanere qui a sentire il profumino del cibo di San-
ma il capitano venne subito zittito dal cecchino, che immediatamente
gli sigillò la bocca con una mano. Fortunatamente Usop aveva
capito al volo le vere intenzioni di Franky. - Ma certo! Andiamo subito!
Rufy mugolava e si dimenava, ma venne trascinato a forza dai compagni
al di fuori della stanza.
Chopper ascoltò distrattamente la prima parte della loro
conversazione: non si sarebbe mai aspettato un attacco di Robin, ma
sapeva bene che l’aveva fatto per proteggere Zoro, come
sapeva anche che la donna non aveva agito così
istintivamente solo per difendere un semplice compagno. Zoro era
importante per lei e non faceva altro che dimostrarlo.
Soffriva nella consapevolezza di non essere allo stesso livello dello
spadaccino. Si sentiva schiacciato dal conoscere qualcosa che i suoi
compagni, forse, neppure immaginavano. Forse se non avesse scoperto
nulla, le cose sarebbero state diverse. Quel confronto con Zoro non
sarebbe esistito e lui si sarebbe di certo sentito meglio.
Ripensando a quei pochi attimi, però, non riusciva a capire
cosa avesse potuto scatenare quel gesto da parte
dell’archeologa.
Possibile che ce l’avesse con lui? E per cosa, se non aveva
fatto nulla?
Sospirò: in fondo si era già scusata e lui
l’aveva perdonata. Era inutile pensarci ancora.
Si rivolse nuovamente a Zoro: lo spadaccino sembrava che dormisse
rilassato, come se non ci fossero problemi di alcuna sorta.
Si avvicinò nuovamente con le forbici e
un’espressione arrabbiata si dipinse sul volto della renna,
accompagnata da un lieve bagliore negli occhi neri: solo un colpo
deciso. Ne bastava solo uno.
Abbassò di colpo l’oggetto, tranciando di netto le
bende sulla spalla dello spadaccino. Scosse la testa, tornando quello
di sempre: non poteva fargli del male. Aveva un dovere a cui attenersi.
Mentre preparava un nuovo bendaggio, sentì il cambiamento di
tono nelle parole del carpentiere: non aveva più prestato
molta attenzione alla conversazione, ma le urla del cyborg
l’avevano riscosso. Tese l’orecchio, e lo
incuriosì molto come la loro chiacchierata fosse bruscamente
cambiata: il falso tono di Franky, l’interruzione di Rufy
forzata dal cecchino, i suoi amici gli stavano nascondendo qualcosa, se
lo sentiva. Si rivolse nuovamente allo spadaccino: dormiva ancora, ma
sembrò lamentarsi sommessamente. Il primo segno di
vitalità che dava da tempo.
Chopper lasciò perdere gli altri: ancora doveva capire cosa
stava succedendo al corpo del suo paziente.
Robin aprì lentamente la porta degli alloggi femminili: Nami
era seduta sul suo letto, intenta a sfogliare una mazzetta di
banconote. Contare era sempre stato un modo con cui amava calmarsi: se
si trattava di soldi, poi, poteva unire l’utile al
dilettevole.
- Cosa vuoi? - fu la domanda secca dopo aver calcolato le paia di
scarpe possibili all’acquisto.
Robin si sedette ai piedi del letto, e notò il rossore degli
occhi di Nami quando quelli si sollevarono per incontrarla: senza
dubbio aveva pianto.
- Mi spiace, Nami. - cominciò con tono calmo e rassicurante.
- Non era mia intenzione provocare problemi, e non sai quanto mi senta
in colpa per quanto è successo sia stamattina che poco fa.
Gli occhi della navigatrice ricominciarono ad inumidirsi, ma fu pronta
a scacciare le lacrime strofinandoli con una mano e rivolgendo lo
sguardo altrove.
- Lo sai che non avrei mai fatto una cosa simile senza un buon motivo,
no?
Nami si arrese e la guardò di nuovo. - E tu sai che mi hai
delusa, vero? - disse mentre nuove lacrime si accumulavano sulle sue
ciglia. - Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Mi sono
sempre potuta fidare di te e...
Si interruppe, riprendendo a strofinarsi gli occhi. Non riusciva a
parlare, si sentiva un nodo in gola.
Robin sorrise comprensiva e le appoggiò una mano sulla
spalla. Ciò che non si aspettava, era essere ricambiata da
un caldo abbraccio della navigatrice.
Dopo un primo momento di stallo, rispose felice alla stretta
dell’amica, mentre la ragazza riprese a parlare.
- Non sapevo cosa fare quando sono arrivata sulla nave insieme a Sanji.
Ero preoccupata per Zoro e nello stesso momento per te. Cosa avrei
dovuto pensare?! Tu che prendi e te ne vai senza dire niente a nessuno,
e noi che ci ritroviamo con un compagno svenuto, senza sapere nemmeno
da dove cominciare.
Nami la strinse più forte mentre singhiozzava: aveva bisogno
di sfogarsi, di lasciar andare tutto lo stress che si sentiva addosso e
che non le lasciava tregua.
Robin non disse nulla. Rispondeva semplicemente alla stretta della
compagna, aspettando che si calmasse.
Quando Nami sciolse l’abbraccio, l’archeologa si
sentì porre la domanda che si aspettava. - Perché
hai abbandonato la nave stamattina?
- Sono stata a casa del pittore che abbiamo conosciuto ieri mattina. -
rispose. - Ho letto il suo libro, ma purtroppo le ultime pagine erano
molto danneggiate. Ho voluto chiedergli il finale della storia.
- Solo per questo?! - domandò incredula la navigatrice. -
Hai abbandonato la nave per una sciocchezza simile?
- Non credo si tratti di una sciocchezza. - fu la risposta immediata
della donna. - Ho trovato un collegamento significativo tra la leggenda
e il comportamento di Chopper.
- Quale comportamento? - la interruppe l’amica. - Sei tu
quella che ha cominciato a comportarsi in modo strano: hai disubbidito
agli ordini, hai attaccato Chopper... mi sono persa qualcosa, non
è vero?
Robin sospirò. - È da quando è tornato
ieri a pranzo sulla nave che ho notato questo suo cambiamento:
è molto più attento nei miei confronti, e geloso
delle altre persone che mi stanno vicine. Ora però
raggiungiamo gli altri: ho bisogno di spiegare a tutti questa strana
situazione.
Nami annuì consenziente, curiosa di sapere finalmente cosa
stesse succedendo.
Quando uscirono dalla stanza e si recarono sul ponte, videro Usop che,
dalla porta del Bar-Acquario, le invitava calorosamente ad entrare.
Angolino
dell’autrice
Ciao a tutti! ^^
Sono in colossale ritardo... lo so. Quanti mesi sono che non pubblico
nulla? Ormai ho perso il conto... Ma tra vacanze, impegni, ecc ecc., il
tempo per scrivere non era molto. -.-
Tra l'altro, questo è forse il capitolo peggiore che mi sia
toccato scrivere. -.- Ho dovuto riscriverlo più volte, e la
mia beta ci è impazzita a continuare a rileggerlo. XD quindi
tra il tempo per scriverlo, quello per correggerlo, e i problemi della
rete... sì, è passato un bel po'.
Spero comunque che vi piaccia e che vogliate farmi sapere cosa ne
pensate. :)
Non ho assolutamente idea di quando riuscirò a pubblicare il
prossimo capitolo. Spero presto, ma non posso assicurarvelo. Mi spiace
di tenervi ancora sulle spine, ma prometto che farò del mio
meglio. :)
E, a proposito di impegno, dedico questo capitolo a Middle Earth, che
con me ha passato il suo tempo a "cercare" di correggerlo. XD Grazie!
E ovviamente ringrazio ancora tutti quelli che leggono e che mi
seguono. :)
Alla prossima! ^^
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