Il Palpito di Casa
Usher
Capitolo
4: La Tempesta
La pioggia che non aveva smesso di cadere
leggera per tutto il giorno aveva aumentato di intensità e il vento ululava
nella brughiera, sibilava tra i rami secchi e faceva vibrare i vetri delle
finestre.
Roderick Usher sedeva sulla sedia a dondolo del
suo studio fissando con lo sguardo spento e perso le fiamme morenti del
focolare. Da quando sua sorella aveva esalato l'ultimo respiro era stato
percorso da una frenesia isterica, allontanando con vigore e rabbia il medico
che faceva domande troppo pressanti sulla malattia della defunta e che
proponeva di esaminarne il corpo per il bene della scienza. All'arrivo del
parroco dal paese vicino recitò le preghiere con fervore, ma non accettò il
conforto che il sacerdote cercava di dargli mostrandosi anche riluttante ad
organizzare le esequie.
"Benedite questa salma ora, padre, non
occorrono messe ed incensi. Beneditela, e le farò prendere posto nella vecchia
cappella di famiglia."
Non riuscimmo a dissuaderlo, e dopo una piccola
funzione il sacerdote se ne andò mormorando qualcosa sulla follia in cui si
poteva cadere a causa di un simile dolore e sulle preghiere che avrebbe
comunque rivolto allo sventurato Lord Usher.
Dopodiché Francis gli fece compagnia nella
penosa veglia sino all'alba, mentre io ero tornato nella mia stanza, a rimanere
sul letto vestito e con gli occhi sbarrati in preda alla più angosciosa delle
ansie.
Pregai e farneticai, mi lavai il viso più volte
tremando; caddi in una sorta di torpore agitato dove mi sorpresi a chiamare il
nome di Madeline e sperare di udire ancora i sussurri nell'aria che avevano
preceduto la sua morte.
All'alba lo stalliere andò a chiamare un
becchino, e tornò accompagnato da un piccolo carro funebre disadorno, come per
volontà di Lord Usher, e con una semplcie cassa foderata di raso.
Lady Madeline vi fu posta vestita di una
semplice veste bianca ed avvolta in un sudario. La fissai a lungo assistendo a
quell'operazione, sperando di trovare su quel viso emaciato una parvenza di
vita che potesse darmi la possibilità di urlare a gran voce di fermare tutto.
Ed invece le guance erano diventate ancora più
scavate, le labbra pallide abbandonate a formare un sorriso indistinto e la
punta delle dita sottili che andava illividendosi.
"La somiglianza fra voi è
impressionante" mormorò Francis, ed il suo amico annuì, spiegando che
erano gemelli, poi passò molto tempo a sistemarle le ciocche dei capelli
corvini e ad accarezzarle gli zigomi gelidi, prima di recitare un'ultima
preghiera coprendole il viso di porcellana con il sudario. Mi arresi e uscii
dalla stanza tra i colpi di martello che chiudevano il coperchio.
Poi, sempre dietro l'insistenza di Roderick, lo
sparuto corteo funebre composto da noi e dalla servitù seguì il piccolo carro
attraverso il parco, costeggiando lo stagno sino ad arrivare alle rovine
dell'antica chiesa.
Lì lo stalliere aprì la pesante porta con non
poca difficoltà, e la cassa venne deposta al suo interno, appoggiata per terra
tra due ali di vecchie e polverose casse ammonticchiate l'una sopra l'altra tra
le nicchie.
Quando la porta venne chiusa, il tonfo pesante
mi fece pensare che davvero separasse il mondo dei vivi da quello dei morti.
"Ti rammenti, Francis, di quando passavamo
le serate nella biblioteca della scuola a leggere ad alta voce? Rammenti il
nostro piccolo circolino di letteratura?" Roderick aveva gli occhi tristi
rivolti verso la libreria che prendeva parete intera dello studio, ma un
piccolo sorriso ad illuminargli il viso. Francis annuì, sollevato di vederlo
reagire. "Eri il più bravo, il più espressivo a leggere. Rendevi reali i
racconti, mi facevi sognare. Signor Anderson, sa di avere un figlio portato per
la recitazione?" Ammisi la mia lacuna e Roderick si concesse un piccolo
risolino nervoso. "Ti prego, Francis, mostra a tuo padre di cosa sei capace.
Prendi un libro, e leggilo ad alta voce come facevamo a scuola."
Mentre parlava si era alzato ed era andato verso
la finestra e aveva scostato le tende. Francis, dopo avermi gettato uno sguardo
penoso, si era invece avvicinato alla libreria per studiare i titoli dei volumi
facendosi luce con la lampada ad olio.
"OH!" Esclamò improvvisamente Roderick
indicando fuori dalla finestra "Che bellezza, che spettacolo
terribile!"
Mi avvicinai e così fece Francis: il parco era
spazzato dal vento impetuoso, le nubi nere così basse da sembrare che si
aggrappassero alle torri della casa per strappare il tetto e servirne gli
interni alla pioggia che cadeva violenta. Non vi erano lampi o tuoni, ma
riuscivamo a vedere tutto chiaramente, come se la pioggia stessa potesse
mostraci costa stava colpendo.
Da un angolo della finestra si vedeva una parte
dello stagno: l'acqua nera increspata sotto le sferzate creava giochi di forme
che Roderick, gli occhi follemente sgranati, indicava con il dito tremante
battendolo sul vetro. "Avete visto? Avete visto, vero?" rideva e
singhiozzava contemporaneamente.
"Vieni via, Roderick, non devi vedere
queste cose." Francis lo prese per le spalle e lo trascinò con fermezza
sulla poltrona. Mi affrettai a tirare le tende, senza prima poter evitare di
gettare uno sguardo di nuovo al parco, cercando invano nelle tenebre le rovine
della vecchia magione e pensando alla cripta gelida che conservava il corpo
esanime di Madeline.
Francis era tornato alla libreria, e dopo aver
trovato un libro aveva abbandonato la lampada ad olio su un tavolo vicino alla
porta e aveva preso posto nella poltrona di fronte a Roderick dichiarando, con
la dolcezza che si riserva agli infermi, di aver scelto uno dei sui classici
preferiti: Mad Trist; sul viso dello
sventurato si riaccese il sorriso triste e lo incoraggiò nuovamente a leggere.
"Ed
Ethelred, che era di natura di valoroso cuore, e si sentiva ora piu' che mai
vigoroso,causa la potenza del vino che egli aveva bevuto, non attese di
parlamentare oltre con l'eremita, il quale invero era di una natura maligna e
ostinata, ma sentendo la pioggia cadergli sulle spalle etemendo lo scatenarsi
della tempesta, sollevo' alta la sua mazza e a suon di colpi si apri' rapidamente
una breccia sulle assi dell'uscio per farvi passare la sua mano guantata di
ferro; ed ecco che tirando con questa energicamente spezzo' e lacero' e divelse
ogni cosa sinche' il rumore del legno secco e cavo rimbombo' e si ripercosse
per tutta la foresta".
Francis si interruppe
bruscamente, alzando gli occhi dal libro per guardarsi intorno come se avesse
udito improvvisamente qualcosa. Fissò me e poi il suo amico che, pallido come
un cencio, aveva chiuso gli occhi e artigliati i braccioli della poltrona.
"Non avete
sentito?" Mi domandò "Quel rumore, come di legno spezzato."
Scossi la testa, ed impensierito dalla sua agitazione, tentai di dargli la
spiegazione logica dell'albero secco del giardino che tanto aveva impensierito
lady Madeline. Lui annuì pur non sembrando convinto, e pervaso dal rinnovato
timore mi diressi verso un tavolino che reggeva una bottiglia di brandy e ne
presi un piccolo bicchiere, porgendone un altro a mio figlio per aiuitarlo a
distendersi i nervi. Dopo averne bevuto un piccolo sorso, sempre fissando
l'amico immobile, riprese la lettura.
"Ma il
prode campione Ethelred nell'entrare di la' dalla soglia si adiro' e si stupi'
di non scorgere alcun segno del maligno eremita; ma invece di costui un drago
di aspetto squamoso e prodigioso, dalla lingua di fiamma, che sedeva a guardia
di un palazzo d'oro dal pavimento d'argento; e sul muro era appeso uno scudo di
scintillante bronzo adorno del seguente motto: Colui che quivi entra,
conquistatore e' stato;chi il drago uccide lo scudo otterra'."Ed Ethelred
sollevo' la sua mazza e colpi' al capo il drago che cadde ai suoi piedi
esalando il suo fiato pestilenziale con un urlo cosi' orrido e aspro e al tempo
stesso cosi' penetrante, che Ethelred fu costretto a turarsi le orecchie con le
mani contro quello spaventoso rumore di cui mai aveva inteso prima
l'uguale"
E questa volta il
rumore lo sentii anch'io e pure Roderick spalancò gli occhi stringendo
convulsamente le mani sui braccioli con più nervosismo. Tuttavia non era il
rumore di legno secco spaccato, bensì un urlo. Un lamento cupo e alto che
pareva arrivare da lontano, dal profondo delle viscere della terra ed arrivare
a noi attraverso il vento, seguito dal tonfo sordo di qualcosa di pesante che
cadeva a terra.
Francis era pallido
dalla paura, ed io - dopo un ulteriore sorso di brandy - nuovamente mi
preoccupai di rincuorarlo: "Il vento che ulula" spiegai brevemente,
gettando comunque uno sguardo fuori dalla finestra.
Con la coda
dell'occhio, nella breve e fuggente frazione di un attimo, catturai un
ondeggiare bianco nei pressi dello stagno. Mio figlio riprese a leggere
cercando di mantenere ferma la voce:
"E ora il
campione sfuggito alla terribile furia del drago e pensando allo scudo di
bronzo e alla rottura dell'incantesimo che incombeva su di esso, scosto' dal
suo cammino la carogna del mostro e avanzo' valorosamente sul pavimento
argenteo del castello verso il punto in cui lo scudo pendeva dalla parete"
Mi feci schermo con la
mano ed avvicinai ulteriormente il volto al vetro per guardare meglio
nell'oscurità.
Se la tempesta era
stata sino a quel momento priva di fulmini, ora lampi e saette si alternavano,
illuminando i rami piegati e degli alberi e le increspature dell'acqua.
Tra i cespugli che
delimitavano il sentiero che passava a fianco dello stagno vi era impigliato
qualcosa, sferzato dal vento e dalla pioggia. Un cencio strappato, quasi una
bandiera.
Quasi il brandello di un sudario.
"... ed
esso in verita' non attese il suo giungere, ma cadde ai suoi piedi sul
pavimento d'argento, con un fragore possente, spaventosamente
rimbombante".
E mentre realizzavo
ciò che i miei occhi vedevano, le gambe mi cedettero e la voce di Francis
smetteva di leggere sentimmo distintamente una vibrazione metallica,
prolungata, gelida attraversare i corridoi e salire le scale.
Ed insieme, basse ma
distinte, le voci mormoranti che parevano uscire dalle pareti, dai
suppellettili, dai quadri. Voci concitate, quasi eccitate, nitide in mezzo allo
scrosciare della pioggia e ai lampi.
"Padre... le
sentite anche voi, vero? Roderick!"
Il giovane Usher si
era alzato in piedi, i capelli spettinati e gli occhi spalancati a rendere
ancora più folle l'aspetto, pervaso da un continuo tremore che gli faceva
contrarre la mascella. "Ciò che vive... in questa casa... ciò che resta...
in questa casa... non muore... non muore mai!" mormorarava, avvicinandosi
alla porta. "Desideravo che mia sorella mai fosse più separata da me! Che
potesse essere mia compagna, come lo era stata nella nascita, anche nella vita!
E' osceno a dirsi, vero Francis? Ho visto come la guardavi quella sera a cena!
Ti aveva già colpito la nostra somiglianza, è per questo che la desideravi, era
perché ti ricordava me. Cosa speravi,
che ti dessi la mia benedizione per portarla via? Da questa casa? Da me?" Francis lo guardava terrorizzato, gli occhi fissi
spalancati, cercando di indietreggiare per allontanarsi dal folle. "E' il
motivo per cui ho lasciato che i miei genitori fossero inumati fuori da queste
terre: così non sarebbero potuti tornare, non avrebbero potuto separarci, né
opporsi alla nostra unione. Ma invece mia sorella è qui, qui di nuovo!"
Invano Francis tentò di richiamarlo alla ragione, ma lui scuoteva la testa,
piangendo e ridendo nello stesso momento: "Ed io ti dico, davvero, che la
troverai fuori da quest'uscio!"
Quello che successe
immediatamente dopo lo ricordo con un senso di estraniamento, come se stessi
assistendo ad una rappresentazione teatrale, seduto tra il pubblico, tale il
susseguiresi degli eventi fu veloce e drammaticamente assurdo.
La porta si spalancò
violentemente, come se colpita da una delle sferzate di vento che picchiavano
le pareti esterne, facendo vibrare e cadere a terra la lampada d'olio dal
tavolino.
E tra i guzzi delle
fiamme che attecchivano al tappeto, comparve la visione più terrificante a cui
mai avrei pensato di assistere in vita.
Con le mani rosse di
sangue, consumate sino all'osso dalla disperata lotta, protese in avanti, lady
Madeline Usher varcò l'uscio, l'abito bianco zuppo di pioggia e fango che
aderiva al corpo livido ed i capelli sciolti che coprivano buona parte del
volto sfigurato da una furia ultraterrena. Passò sopra il tappeto incendiato
senza curarsi delle fiamme avvicinandosi a Roderick, che era crollato sulle
ginocchia e la fissava boccheggiando tendendosi una mano premuta sul petto e
con gli occhi fuori dalle orbite. Francis si precipitò verso me, afferrandomi
per il bavero della giacca e forzandomi ad alzarmi, spingendomi verso la porta
urlando ed invocando soccorso, mentre le fiamme iniziavano ad attaccarsi al
legno dei mobili e alle tende ed il fumo diveniva più acre.
L'ultima immagine
terribile che ho dei fratelli Usher è quella di Madeline china sul fratello, i
capelli grondanti acqua scura e putrida che sembravano avvolgerlo e stritolarlo
come i tentacoli fatali d'un mostro marino.
Fuggimo fuori, subito
raggiunti dagli altri domestici, che altro non poterono fare che aggrapparsi
l'uno con l'altro urlando sotto la pioggia, inorriditi davanti alle fiamme che
divoravano velocemente la tenuta della caduta famiglia Usher.
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Ed è FINITA!!!
Bene, così avete a disposizione il quadro
completo di questa assurdità.
Le parti di Mad Trist sono proprio quelle
del racconto originale.
Grazie per averla letta e ringrazio in
particolar modo Efy per essere sempre così puntuale, gentile e 'fedele' e
Thyla, per aver commentato questa storia.
Grazie Grazie Grazie.
Ora anche questo 'sfizio' me lo sono tolto.
Per ogni curiosità, vi rimando al mio Ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos
Per tutto il resto c'è MasterStark!
Alla Prossima,
EC.