Acqua

di Soqquadro04
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N/A - Note dell'Autrice - Premessa

Buonsalve, lettrici.
Sarà l'ora tarda o forse la pioggia, ma mi trovate in modalità depressa ç____________________ç
Questa storia nasce perché, semplicemente, ho trovato vagamente assurdo che sia Elena a sognare Stefan.
Io, davvero, capisco che lei è stata il suo appiglio nei momenti difficili, che è il suo amore, so che il rapporto con Damon non è stato fra i più idilliaci da centoquarantacinque anni a questa parte, ma ciò non toglie che è suo fratello.
Hanno lo stesso sangue, condividono un pezzo d'anima anche solo per il fatto di essere stati, prima uno e poi l'altro, nello stesso grembo per nove mesi.
Non è possibile che mentre suo fratello moriva Damon non abbia sentito nulla.
E forse la mia sarà una visione un po' assurda, un po' OOC, ma è venuta fuori e vorrei condividerla con voi.
A presto,
la vostra Soqquadro

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Acqua

 
Chi sa per quanto tempo può durare un lutto. Non è possibile che dopo trenta o quarant’anni dalla scomparsa di un figlio o di un fratello di una sorella, ci si ritrovi nel dormiveglia a pensare al defunto con lo stesso senso di nostalgia e di vuoto, la sensazione di un’assenza che non potrà mai più essere riempita… forse nemmeno dopo la morte.
Stephen King


È panico quello che provi mentre vedi Silas – mentre ti vedi – davanti a te, come fossi di fronte a uno specchio, quando sai che non è un riflesso

Ti spinge, ti rinchiude e tu urli, urli, urli. E nessuno ti sente mentre le tue grida vengono inghiottite dall'acqua – ma sei tu che vieni inglobato, e poi è solo paura e impotenza e confusione mentre ti dimeni e ti accanisci contro le pareti – ma è il soffitto o la porta o il pavimento? – della tua prigione.

L'acqua è fredda, gelida. E brucia.

È un ultimo guizzo di terrore quello che provi quando chiudi gli occhi, e mentre muori ritorni bambino, e ai bambini non importano più gli sbagli e la rabbia e la gelosia e la morte.

I bambini sanno solo che i fratelli devono volersi bene, non conoscono le condizioni, non conoscono i compromessi, non conoscono i meccanismi complicati dell'invidia e della furia.
E sei solo un bambino terrorizzato da qualcosa che non ricordi più – ora c'è solo acqua, ora hai paura dell'acqua in cerca di un abbraccio concesso malvolentieri, un bambino che sussurra un “ti voglio bene” e si addormenta e non ha più paura.

 

Hai un bicchiere di bourbon in mano e un sorrisetto idiota stampato in faccia – e un po' ti detesti per questa tragica dimostrazione di felicità incondizionata, un poco vorresti contenerti perché tutto potrebbe crollare fra poco – quando qualcosa ti colpisce lo sterno e per un attimo sembra che il tuo stesso cuore si stringa e si pieghi senza spezzarsi, torturandoti. È come se qualcuno ti avesse piantato a tradimento un paletto lì vicino, divertendosi a rigirarlo un paio di volte per buona misura.

Ti si spezza il respiro – dolore, sorpresa – e la presa delle tue dita sul bicchiere si stringe tanto da rischiare di mandarlo in frantumi.
Serri le palpebre, forse un gemito ti scappa dalle labbra.

Fa male dentro, come se ti strappassero qualcosa di importante, lo stesso dolore di quando qualcuno muore – ma non c'è più nessuno in pericolo, no.

Non sai cos'è, non capisci, e il tuo primo pensiero è che non è finita, che c'è qualcosa che non va e che Elena è sola al piano superiore, indifesa.

Il secondo è che in tutta probabilità stai morendo per mano di qualcuno di cui non ti potrai vendicare.
E poi tutto finisce, improvviso com'è cominciato. Spalanchi gli occhi, perlustrando il salotto in cerca del pericolo.

Ma non c'è nulla.

Se fossi umano, potresti pensare di aver appena avuto un infarto. Ma non sei umano, e non capisci.

Un brivido ti scuote le spalle mentre ti rendi conto che i polmoni ti bruciano, affaticati, come se fossi stato costretto sott'acqua.





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