UNA FIC SCRITTA DI GETTO, MI E’ VENUTA
D’IMPROVVISO. SPERO SIA VENUTA DECENTEMENTE.
LadyGrief
Era una notte umida e angosciante. L’aria era così
pesante che respirare era una sofferenza, soprattutto per chi aveva
l’affanno.
Severus Piton avanzava titubante, una morsa gli avvolgeva il petto,
strisciando come una serpe attorno al suo cuore. Perché
quello era, una serpe.
Si, se lo ripeteva all’infinito. Serpe. Procedeva
ancora lungo quel viale di Godric’s Hollow, il fiato mozzato
per l’ansia, costretto spesso ad appoggiarsi ai muretti delle
varie case per non stramazzare al suolo. Un unico pensiero nella sua
testa: trovare quella
casa.
Non gli importava se in quel momento i Mangiamorte, e magari il Signore
Oscuro in persona (o quello che ne era rimasto), si stessero domandando
che fine avesse fatto. Che se la fosse data a gambe? No, impossibile,
lui non era un codardo. Probabilmente i più coraggiosi lo
stavano anche cercando, per decidere cosa fare ora.
Non gli importava. Nulla aveva più importanza ormai.
Ecco che d’un tratto il suo cuore si bloccò e per
un attimo penso fosse l’effetto di un Avada Kedavra.
Purtroppo no, lui era ancora vivo… Lui, la Serpe.
Era arrivato. Dovette aggrapparsi alle sbarre gelide e umide del
cancello per non cadere in ginocchio. Davanti a lui, i resti di quella
che fino a pochi giorni fa era Casa
Potter. Era successo. Aveva commesso un gravissimo errore
e aveva cercato di porvi rimedio. Tutto inutile. Macerie era tutto
ciò che restava della sua
casa.
L’angoscia cominciò a farsi largo,
partì dal centro del petto e pian paino si
irradiò in tutte le sue misere membra. Ma non era angoscia,
faticò a riconoscere quella tremenda sensazione. Era dolore. Strinse
convulsamente le mani attorno all’inferriata, spasmi violenti
si impadronirono delle sue spalle e qualcosa di umido riempì
i suoi occhi scuri. Lacrime.
Non riusciva a crederci. Era la prima volta che… piangeva. Fu allora
che notò un cartello a pochi metri dal cancello. Fece un
enorme sforzo per riuscire a distinguere le parole, lottando contro la
vista annebbiata.
“Qui, la notte
del 31 ottobre 1981,
hanno perso la vita Lily
e James Potter.
Il figlio Harry
è l’unico mago
mai sopravvissuto
all’Anatema che Uccide.
La casa, invisibile ai
Babbani, è stata lasciata intatta
nel suo stato di rovina
come monumento ai Potter
e in ricordo della
violenza
che distrusse la loro
famiglia.”
Subito dopo, però, si pentì di averlo letto. Il
suo affanno peggioro e i sensi di colpa si impadronirono di lui
completamente. Immediatamente si staccò da quel cancello
maledetto, quasi fosse incandescente, e corse via. Corse il
più veloce che potè, con la testa china e gli
occhi serrati per arrestare quelle dannate lacrime, corse
finchè le gambe glielo permisero, poi cadde.
Rimase disteso sul marciapiede, benché non fosse affatto
svenuto. Avrebbe voluto, purtroppo era ancora cosciente e quelle
sensazione non accennavano ad abbandonarlo. In quel momento,
lì, col viso pallido e sudato a contatto con la viscida
pietra, desiderò morire. Desiderò la morte come
mai prima di allora, la voleva tutta per sè, bramoso di
marcire all’Inferno, sperando che ce ne fosse uno. Voleva
soffrire fisicamente, altrimenti quel dolore al petto lo avrebbe fatto
impazzire. La morte, però, non lo accontentò. Il
suo momento non era ancora giunto.
Così si rialzò con gran fatica e sgomento
guardò vicino a cosa era caduto. Inquietante nella notte,
seminascosta dall’oscurità, si ergeva la chiesa di
Godric’s Hollow, e sulla destra il piccolo cancelletto che
conduceva al cimitero. Dove c’era lei. E purtroppo
anche lui.
L’istinto era quello di riprendere la sua folle corsa ancor
più in fretta di prima, senza voltarsi, ma si sorprese a
camminare verso il cimitero contro la sua razionalità.
Voleva vederla. Un’ultima volta, doveva dirle addio. Doveva
implorare il suo perdono, anche se consapevole della sua anima ormai
dannata. Doveva dirle che l’amava, che
l’aveva sempre fatto dal primo momento in cui si
incontrarono, e che l’avrebbe fatto per sempre. Sempre. Avrebbe
passato il resto della sua ignobile vita ad odiarsi, ogni giorno e in
ogni momento, per ciò che aveva fatto all’unica
donna (o meglio all’unica persona) che si era dimostrata sua
amica e che gli aveva dato tutto l’affetto di cui era capace.
A volte aveva pensato a lei con amarezza, perché non
ricambiava il suo amore. Ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa
per riaverla, anche solo come amica. Unica amica.
Cominciò allora a passare in rassegna tutte le lapidi, alla
ricerca della sua. Il cuore batteva all’impazzata,
irregolare, poi si blocco nuovamente. Eccola.
Lily Potter, nata il 30
gennaio 1960, morta il 31 ottobre 1981.
L’ultimo
nemico che sarà sconfitto è la morte.
La lapide nuova e lucente risaltava rispetto alle altre, insieme a
quella di suo marito, a destra. “Lily…”
fu l’unica parola che riuscì a pronunciare in un
soffio, prima di lasciarsi cadere in ginocchio. Pianse. Pianse
amaramente, senza trattenersi, pianse con tutte le sue forze, con la
fronte appoggiata sul marmo della desolata lapide e una mano che
sfiorava il nome inciso. Le lacrime scesero copiose lungo il viso,
morendo poi sul terreno ed unendosi a lei.
Chissà se riusciva a sentirlo, chissà se
avvertiva il suo dolore, la sua disperazione. La serpe aveva finito di
girovagare nel suo corpo, aveva smesso di tormentare le mani con i
tremori e gli occhi con le lacrime. La serpe si era avvinghiata al suo
cuore, aveva spalancato le fauci e con un feroce sibilo aveva
attaccato. Aveva affondato i suoi denti velenosi, e dopo un ultimo
spasmo sentì il suo cuore arrestarsi.
Oh si, lo sentì. Il suo cuore andò
definitivamente in frantumi, lo sentì scricchiolare, come
scricchiolano le crepe di uno specchio che cade in mille pezzi, schegge
affilate, insanguinate, che recidono qualsiasi cosa si pari sul loro
cammino. In quel momento Severus Piton provò una morte
peggiore di quella fisica, di gran lunga più terribile. La morte dell’anima.
Fu così che Albus Silente lo trovò. Era immobile
e fissava come assente la lapide di fronte a lui. Si fermò
un attimo, poi gli posò delicatamente una mano sulla spalla.
Come ridestatosi, l’uomo voltò piano la testa e
riconobbe all’istante il vecchio mago.
Sapeva cosa stava per dirgli, sapeva cosa voleva da lui. Eccome se lo
sapeva.Ritornò a fissare la lapide e l’anziano
interruppe il contatto.
“So cosa
cerca, Lily. So perché e qui. L’hai capito anche
tu, vero? Certo… Tu capivi sempre ogni cosa. Sapevi sempre
cosa fare, cosa dire. Lo farò Lily. Lo farò PER
TE. Darò tutto me steso, metterò a rischio la mia
vita, come hai fatto tu. Perdonami Lily, perdonami ti prego per tutto
ciò che ho fatto. Addio.”. Fu tutto
ciò che la mente riuscì a dirle in quel momento.
Dopodichè si alzò e si smaterializzò
insieme al vecchio preside.
GRAZIE PER AVER LETTO. UN SALUTO A TUTTI.
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