1.
Pov Bella
Ci
sono momenti nella nostra vita in cui l'amore sconfigge tutto: lo sfinimento,
l’insonnia, tutto, perfino la forza di gravità. E poi ci sono quei momenti in
cui sembra che l'amore non ci porti nulla se non dolore.
Di
solito succede quando l’amore che provi, all’improvviso, smette di essere
ricambiato o, quando, ti ritrovi ad essere tradito da quell’amore a cui hai
creduto fortemente per tanto tempo. Peggio ancora, succede, quando entrambe le
cose ti sbattono al muro e ti impediscono ogni movimento.
È
proprio in quei momenti che inconsapevolmente mettiamo in un ripostiglio
il cuore e questo avviene all’improvviso, non c’è mai un momento preciso. Non
c’è ne rendiamo nemmeno conto.
In realtà ci sembra di essere come al solito, un pò
più tranquilli, ma comunque gli stessi di sempre.
O almeno, è così che è capitato a me.
Avevo appuntamenti, davo baci, andavo avanti con la
mia vita.
Facevo quello che tutti si aspettano: inseguivo i
miei obiettivi, facevo le mie esperienze, cercavo un pò di felicità.
E intanto non mi accorgevo di essermi persa.
Ho smesso di piangere la notte.
Ho smesso di fare discorsi seri.
Ho smesso di dire alle mie amiche: “dai, vieni qui.
Dimmi cosa c’è che non va” e ho iniziato a dire “tranquilla, tanto ti passa”.
Tra un pò di buon sesso e tanti giochi ho
improvvisamente scelto di giocare. E lo facevo semplicemente perché ero
convinta che fosse questo quello che mi andava di fare.
Poi, un giorno, mi sono svegliata e guardandomi
allo specchio ho capito che era tutta una recita, che fingere di sentire ancora
qualcosa non serviva a nulla.
Era tutta una messinscena la mia, una stupida farsa
per non ammettere a me stessa che dentro di me c’era solo il vuoto.
Una farsa per non dire alle mie amiche che avevo un
buco in testa e uno in pancia.
Una farsa per non dire agli altri che toccavo gli
oggetti ma non li sentivo.
Una farsa per non ammettere che dietro ogni mio
abbraccio c’era la volontà di voler essere altrove.
Una farsa per proteggermi da tutto, per evitare
accuratamente qualsiasi cosa che potesse creare scompiglio o lacrime.
Era tutto una fottuta farsa.
E avrei continuato a non dirlo, a non ammetterlo a
me stessa se, una sera, all’improvviso non fossi scoppiata a piangere,
apparentemente senza motivo, e avessi iniziato a dire che mi mancavo.
Mi mancavo da morire e, assurdamente, mi mancava
più di ogni altra cosa al mondo la me capace di soffrire.
Il Blue Moon non era
un posto come gli altri. Il Blue Moon era il luogo che, quattro anni prima, mi
aveva accolta dandomi un lavoro per riuscire a vivere dignitosamente e,
soprattutto, per riuscire a pagare la retta del college senza gravare sulle
spalle dei miei genitori. Era uno tra i locali più belli dell’intera Seattle,
la città dove adesso abitavo.
La mia città natale
era Portland, nell’Oregon, ed era lì che ero nata a cresciuta fino a quando,
dopo il liceo avevo deciso di trasferirmi a Seattle per frequentare lì il
college ed era proprio tra i muri del college che avevo conosciuto i miei
attuali amici ed era lì che avevo conosciuto Jake, il mio ragazzo con il quale
stavamo insieme da due anni.
All’inizio lo
consideravo solo un amico, ma poi, con il tempo, i sentimenti verso di lui si
erano fatti più forti e alla fine avevo ceduto alla sua corte spietata e ci
eravamo messi insieme. Stavamo bene, eravamo più o meno felici nonostante
alcuni alti e bassi, ma dentro di me sapevo che mancava ancora qualcosa, o
forse mancava qualcosa in me in quanto sapevo di non amare Jake al massimo
delle mie possibilità, per lo meno non come avevo amato un tempo.
Mi dicevo, però, che
era normale che fosse così. Succedeva quando un vecchio amore lasciava brutte
cicatrici dentro e allora poi veniva difficile aprirsi nuovamente del tutto ad
un’altra persona.
Seduta comodamente
sulla poltrona di fronte alla cassa del locale approfittai di quel momento di
tregua per immergermi nel mondo dei libri. La lettura era sempre stata la mia
passione fin da bambina e, crescendo, le cose non erano affatto cambiate.
Adoravo i classici, i gialli, le storie sovrannaturali, qualunque cosa purchè
riuscisse a trasportarmi in un mondo nuovo che niente aveva a che fare con la
realtà che vivevo tutti i giorni.
“Ancora quel libro?”
disse una voce che avrei riconosciuto fra mille “possibile che non ti abbia
ancora stufato dopo tutte le centinaia di volte che l’hai letto?” continuò.
Quando sentii queste
parole avevo gli occhi bassi e una mano in bocca a stuzzicare le mie labbra con
le dite, come ero solita fare quando leggevo qualcosa che attirava
particolarmente la mia attenzione, e subito alzai lo sguardo verso la direzione
in cui avevo sentito parlare e un mezzo sorrisino buffo mi increspò le labbra.
“Cime Tempestose è un
classico” mi lasciai scappare in risposta “i classici non possono stufare mai e
poi mai” conclusi sicura di me.
Lui mi guardò e mi
sorrise scrollando le spalle consapevole che su quell’argomento non l’avrebbe
mai avuta vinta, poi si avvicinò e subito affondò le sue labbra sulle mie in un
bacio veloce, ma amorevole.
“Oggi sei più bella
del solito, lo sai?” mi domandò retorico.
Se c’era una cosa che
lui non mi faceva mai mancare erano proprio i complimenti e questo non faceva
altro che farmi spuntare sempre un sorriso ebete sulle labbra. La verità era
che io non ero mai stata abituata ai complimenti. Nessuno che mi diceva “sei
bellissima” o “il tuo sorriso è incantevole”. No, niente di tutto questo. Forse
perché l’ultima e unica volta in cui mi ero innamorata davvero era stato tra i
banchi di scuola e a quell’età i ragazzi pensano ad altro che a fare i
romantici con le proprie donne.
“Jake, smettila” gli
risposi abbassando lo sguardo.
“Credi che prima o
poi riuscirò a farti un complimento senza che tu arrossisca?” mi chiese
sorridendomi.
Il problema era
proprio quello: non essendo abituata a riceverli, i complimenti mi
imbarazzavano sempre.
“Un giorno, forse”
gli risposi colmando di nuovo le distanze e baciandolo in modo da distrarlo e
cambiare così argomento.
Quando ci staccammo
lo osservai per bene e mi accorsi subito che era raggiante come poche volte
l’avevo visto.
“Sprizzi felicità da
tutti i pori” gli feci notare consapevole già di conoscere il motivo di quel
buon’umore.
“Ovvio” mi rispose
subito come se non vedesse l’ora di tirare fuori quell’argomento “questa
settimana andremo a vedere dal vivo quei pazzi piloti correre” mi spiegò “ma tu
ci pensi? Non ti senti raggiante solo per questo?” continuò.
Quella stessa
settimana si sarebbe corsa a Monterey una gara del motomondiale sul circuito di
Laguna Seca e Jake, grande tifoso delle due ruote, aveva convinto me e altri
amici ad andare a vedere la corsa dal vivo.
La cosa,
sinceramente, non mi faceva impazzire più di tanto, ma avevo cercato di non
darlo a vedere perché lui sembrava davvero così felice che non mi sentivo di
fare da guastafeste.
Andare a vedere
quella corsa mi avrebbe sicuramente condotto faccia a faccia con il mio
peggiore incubo, ma Jake non lo avrebbe mai saputo, lui quella parte della mia
vita la conosceva solo di sfuggita.
“Si Jake, certo che
sono felice” gli risposi “non vedo l’ora” mentii.
Non che le corse non
mi piacessero, anzi, io le adoravo. Ero stata quasi costretta a seguire quelle
competizioni sulle due ruote da quando ero davvero piccola e alla fine mi ero
appassionata tantissimo anche io a quello sport, solo che avrei preferito
continuare a guardarlo da casa davanti ad una televisione.
“Sai qual è l’unica
pecca in tutto questo?” mi domandò smorzando leggermente il suo stesso
entusiasmo.
“Quale?” gli domandai
curiosa.
“Che non abbiamo i
pass per riuscire ad avvicinarci ai piloti per autografi e foto” mi spiegò.
Abbassai lo sguardo
colpita da quelle sue parole, ma tornai a guardarlo quasi subito in modo da non
fargli capire il mio cambio d’umore.
“Lo so” riuscii
solamente a dire.
“Tu non puoi capire
cosa darei per averli” tornò a dirmi “arrivare lì, guardarli correre così da
vicino e restare comunque a bocca asciutta non potendo nemmeno scambiare una
parola con loro” mi spiegò.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi mi decisi a porgere quella dannata domanda di cui avevo una
disperata paura di ricevere la risposta.
“Ci tieni così tanto
ad averli?”
“Cosa?” mi chiese non
capendo.
“I pass”.
“Ovvio, ma è
praticamente impossibile riuscire ad averli. Non conosciamo nessuno e anche
ammesso che vogliamo comprarli è troppo tardi per riuscire a trovarne qualcuno”
mi rivelò.
In effetti avevamo
deciso all’ultimo di prendere i biglietti per la corsa, motivo per cui ci erano
costati anche parecchio, ma per i pass era davvero difficile trovarne qualcuno
ad una settimana dalla gara.
“Mi dispiace” gli
dissi solamente.
Lui mi guardò e mi
sorrise.
“Fa nulla” provò a
sdrammatizzare “magari in un’altra occasione” aggiunse avvicinandosi e dandomi
un bacio sulla fronte.
Lo guardai e non mi
fu difficile capire che cercava di non dare a vedere il fatto che gli
dispiacesse per quella storia e mi bastò guardare quell’espressione per
decidere di mandare a puttane gli ultimi quattro anni della mia vita.
“Vado fuori a fare
una telefonata” gli dissi “ti dispiace restare qui nel frattempo e rispondere
al telefono nel caso suonasse?” gli domandai poi.
“Tranquilla, amore.
Ci penso io”.
Anche Jake, da circa
tre anni a questa parte aveva trovato lavoro lì al Blue Moon e così, oltre che
vederci fuori ci vedevamo anche nel posto di lavoro e dovevo ammettere che era
bello averlo lì perché riuscivo a sentirmi a casa anche in quel locale.
Gli sorrisi e
afferrai il cellulare dirigendomi verso l’uscita del locale e quando arrivai
fuori cercai un numero in rubrica. Non appena lo trovai feci partire la
chiamata mettendolo ad un orecchio. Mentre il numero prese a squillare io mi
guardai attorno, senza nemmeno riuscire a capire il motivo per cui lo stessi
facendo.
La verità era che non
avrei mai creduto di arrivare a fare una chiamata del genere, ma mi sentivo
quasi in dovere di farlo. Forse, ero l’unica che avrebbe potuto realizzare il
sogno di Jake e io glielo dovevo in nome a tutte le cose che lui aveva fatto
per me da quando ci eravamo conosciuti fino ad ora.
Al quarto squillo
sentii qualcuno rispondere dall’altro lato.
“Ciao bellissima” mi
disse una voce “sono felice di sentirti” continuò.
“Ciao orso, è un
piacere anche per me” gli risposi sincera “come te la passi?” gli domandai poi.
Emmett faceva parte
di quella schiera di amici che mi ero lasciata a Portland dopo la mia partenza
per il college, ma con il quale avevo mantenuto, nel corso degli anni, un
ottimo rapporto. Ero andata a trovarli qualche volta e spesso e volentieri
venivano loro a trovare me, loro che erano inclini più di me a mettersi in
aereo e partire. Non che io non lo facessi per paura o roba simile, ma l’idea
di tornare con frequenza nella mia vecchia città non mi allettava per nulla.
“Tutto alla grande.
Te, invece?” mi chiese.
“Anche io” gli
risposi “comunque ti ho chiamato per chiederti un favore” gli dissi consapevole
che prima sarei arrivata al dunque meglio sarebbe stato per tutti.
“Spara. Che ti
serve?”
“I pass per la gara
di Laguna Seca” sganciai la bomba senza girarci attorno.
“Che?” mi domandò
sconvolto.
“Dai Emmett, non
farmelo ripetere. Hai capito”.
Ci fu un attimo di
silenzio, quel che bastò perché Emmett diventasse improvvisamente serio.
“Mi stai dicendo che
hai intenzione di andare a vedere la gara?” mi domandò.
“Esattamente. Io e
altri amici abbiamo già preso i biglietti”.
“Bella?” mi chiamò.
“Che c’è?”
“Non è che c’è sotto
qualcosa?” mi chiese.
“No Emmett, non c’è
sotto niente. Ho chiamato te e non Alice proprio perché non volevo che lei si
facesse strani film mentali in testa” gli spiegai “non credevo che per te fosse
lo stesso” continuai.
“Quindi vuoi vedere
la gara e basta?”
“Esattamente”.
“Non vai lì per lui?”
“Ovvio che no”.
“E allora perché ti servono
i pass?” mi chiese curioso.
“Perché voglio regalarli a Jake” gli spiegai sincera.
A quel punto Emmett
scoppiò a ridere e io alzai gli occhi al cielo come se lui potesse vedermi.
“Trovi tutto questo
divertente?” gli domandai.
“No scusa” iniziò a
dire “è solo che tu mi stai dicendo che vuoi dei pass per far conoscere il tuo
ex fidanzato con quello attuale. Fidati, ma suona un po’ ridicolo” continuai.
“Si dia il caso che
il mio ex fidanzato è diventato un personaggio pubblico, quindi nulla di tutto
questo è ridicolo” provai a fargli notare.
Ci fu un attimo di
silenzio come se Emmett stesse riflettendo sulle mie parole e poco dopo riprese
a parlare.
“Ok, ok, hai ragione”
mi rispose “comunque sia Laguna Seca è in programma la prossima settimana
giusto?” mi domandò.
“No, la prossima
settimana si gira a Brno. Laguna Seca è questo week-end” gli spiegai.
“Beh allora abbiamo
un piccolissimo problema” mi rivelò.
“E quale sarebbe?”
“Io, Rose, Jasper ed
Alice siamo in vacanza in Spagna fino agli inizi della prossima settimana”.
“Il che significa che
non puoi farmi avere questi pass?”
“Potrei, ma non ti
arriverebbero mai in tempo”.
“Cazzo” mi lasciai
scappare.
“Però, puoi sempre
chiamare Vic e chiedere a lei di farteli avere tramite James. Lui non avrà
problemi” mi spiegò “se non vuoi chiamarla lo faccio io” aggiunse.
“No, tranquillo. Ci
penso io. Ti ringrazio”.
“Di nulla. Mi
dispiace non esserti stato utile io personalmente”.
“Ma va, tu sei sempre
utile” gli rivelai “non per nulla ti adoro” continuai.
“Ti adoro anche io”.
“Divertitevi in
Spagna e salutami gli altri” gli dissi “ma evita di dire loro del motivo di
questa conversazione soprattutto ad Alice” conclusi.
“Tranquilla. Sarò
muto come un pesce”.
“Ti voglio bene,
Emmett”.
“Te ne voglio anche
io” mi rispose prima che io chiudessi la chiamata.
Con il cellulare
ancora in mano valutai la possibilità di chiamare davvero Vic. Di certo lei
avrebbe potuto aiutarmi. In fondo James era pur sempre il migliore amico di lui
e avere dei pass era pane quotidiano per il biondo. Eppure qualcosa dentro di
me mi frenava, era come se il fatto che Emmett non avesse potuto aiutarmi era
una sorta di segnale a fermarmi, a non andare oltre perché non ci sarebbe stato
nulla di buono in quello che volevo fare.
Stavo quasi per
lasciar stare quando alla mente mi tornò la faccia sorridente di Jake quando
era venuto a dirmi della possibilità di andare a Monterey a vedere la corsa e
nel ricordare quell’espressione compresi che dovevo fare qualcosa.
Dovevo chiamare Vic.
Dovevo fare questo regalo
a Jake anche se farlo avrebbe comportato rivedere lui.
Spoiler:
“C’è Cullen, oddio” urlò Jake euforico
come lo avevo visto poche volte.
Su una cosa non c’erano dubbi: il mio
ragazzo era un tifoso sfegatato di Edward. L’aveva iniziato a seguire fin dalla
Moto3 e non lo aveva mai abbandonato. Diciamo che negli ultimi quattro anni
Jake era stato sempre dietro a quel pilota esordiente di cui non conosceva
nulla se non la passione per le moto e io, ironia del destino, mi ero ritrovata
quotidianamente a dover parlare dell’unica persona di cui avrei fatto
volentieri a meno di nominare.
“Dio quanto è bello” commentò Jessica
ammaliata.
“Ha una tuta che lo fascia per intero
e un casco in testa” le feci notare quasi infastidita per farle capire che
conciato in quel modo era difficile notare la sua bellezza.
“Lo so” mi rispose lei “ma quello lì è
bello sempre. E poi non vedi come gli dona bene la veste di pilota?” mi
domandò.
Scossi la testa decidendo di non
risponderle, del resto serviva a poco. Per quanto fastidio mi desse ero ormai
abituata agli apprezzamenti che le ragazze in generale facevano su di lui: in
fondo era pur sempre un personaggio pubblico.
…Sic58…
Per chi volesse seguirla ho in
corso un’altra storia sempre con protagonisti Edward e Bella. Si intitola “This crazy
love” e la trama è la seguente:
Isabella
Swan è una ragazza di Seattle che conduce una vita normale finchè qualcosa non irrompe
nella sua normalità sconvolgendo ogni cosa. È per questo che, insieme al
fratello, decide di trasferirsi a New York dal padre per iniziare una nuova
vita cercando di buttarsi alle spalle il suo passato. Qui conosce degli amici e
sembra ritrovare un’apparente stabilità.
È nella Grande Mela
che incontra Edward Cullen, un ragazzo difficile dal passato oscuro. Lui è
sexy, miliardario, irresponsabile, ribelle, irrispettoso delle regole e, a
volte, perfino autodistruttivo. Un ragazzo cresciuto tra i motori, le donne e
il sesso e che vive la sua vita in continua lotta con il mondo, sempre
accompagnato dagli amici di una vita.
Bella ed Edward non
potrebbero essere più diversi, eppure sullo scenario di una New York magica e
caotica i due si incontrano, si scontrano e imparano a conoscersi, ma tanti
ostacoli li attendono dietro l’angolo.
Lei lotta con le
questioni irrisolte che ha lasciato a Seattle, mentre lui combatte ogni giorno
con le scelte passate, tra tutte quelle di essersi allontanato inesorabilmente dalla
sua famiglia.
Saranno in grado di
scacciare via i fantasmi passati e aprirsi nuovamente, o per la prima volta,
all’amore?
Vi lascio anche il mio contatto facebook nel caso
qualcuno voglia contattarmi: https://www.facebook.com/sic.efp